Il Vaccino Rende Liberi…?

Non vorrei che si oltrepassasse il confine tra: “il vaccino vi salverà ” a ” il vaccino rende liberi”.
Ma la storia è troppo munifica di esempi in cui la paura ha superato il limite della condizione ed è diventata uno strumento.

Ennio Romano Forina

Acchiappafarfalle ed Estinzione

“La vispa Teresa avea tra l’erbetta a volo sorpresa gentil farfalletta”.
Penso che questa famosissima filastrocca di Luigi Sailer, non sia mai stata letta e compresa fino in fondo nelle scuole quanto nelle famiglie, altrimenti non si vedrebbero, anche in questa incipiente primavera, i tanti negozi di oggetti di plastica in gran parte inutili e brutti, esporre in vendita grandi contenitori pieni di retine per catturare farfalle.
Il senso della poesia era contrario all’uso di questi strumenti di distruzione, ma nella comune consapevolezza è stato totalmente ignorato se ancora oggi, più che mai vediamo mamme uscire dai negozi con i loro bambini felici che brandiscono questi perversi ineducativi strumenti che servono alle allegre e giocose uccisioni.
Eh già, perché se l’immagine di una bimba che agita felice nel vento la retina colorata, suscita un benevolo sorriso nel comune pensiero superficiale e ottuso, così tristemente diffuso e imperante, in realtà quello strumento rende certamente felice la bimba, ma per le farfalle ha lo stesso effetto che una clava avrebbe sulle nostre teste, quello che per noi è un innocuo arnese di gioco, per le farfalle è uno strumento di morte.
Ma che importa? La filastrocca la si impara forse a memoria a scuola e in famiglia ma senza volerne decifrare il senso, né più né meno di quanto si sia mai veramente capito del senso del discorso che parlava di stati di beatitudini in un tempo lontano, che evidentemente è passato come una folata di vento tra le orecchie degli astanti e dei successori senza lasciarvi traccia, visto come vanno le cose umane da sempre.
Dunque, consideriamo il senso della asserzione contenuta nel titolo di questo mio articolo.
Penso che vi sia una stretta correlazione fra le azioni più insignificanti con quelle più macroscopiche nel determinare la realtà oggettiva nel bene e nel male, in quanto la realtà è una conseguenza della “sostanza” di cui è fatta, che la rende possibile anche nei suoi effetti, siano questi benefici o devastanti, dipende sempre dalla sostanza.
Alla sostanza, del pensiero o dell’omissione del pensiero, consegue l’attitudine e l’attitudine si suddivide in due sensi: passiva e attiva, quindi nel caso che la sostanza di fondo sia negativa e dannosa, ambedue i modelli di attitudine saranno di conseguenza negativi e dannosi.
Questo vuol dire che se il genere umano non comprende e non ha rispetto ed empatia per il mondo vivente, partendo dagli aspetti vitali che noi consideriamo i più irrisori e trascurabili e spesso anche fastidiosi, come ad esempio gli insetti e le piante che chiamiamo erbacce, noi agiremo sempre e solo secondo quello che ci fa comodo e purtroppo quello che fa comodo a noi, quasi sempre, risulta essere tremendamente distruttivo per le altre vite e per gli equilibri naturali, dimostrando anche che la sostanza del pensiero umano non ha fatto progressi evolutivi etici e benefici.
Continuando a ferire e devastare pervicacemente le delicate armonie del complesso vivente e alla fine anche noi stessi.
A causa dell’impatto umano, bilioni di insetti muoiono ogni istante, avvelenati da tutto ciò che produciamo, dalle acque tossiche, sfracellati sui fari e e i parabrezza delle auto, prigionieri nelle nostre costruzioni, in ogni tipo di ambiente, dove finiscono senza poter più uscire, sbattendo le ali invano sui vetri di appartamenti e palazzi, muoiono così esausti nel loro ultimo flebile battito d’ali nel tentativo invano di attraversare quel diaframma di materia a loro sconosciuta, il vetro. Senza contare api e uccelli dalle microonde che avvolgono ormai l’intero pianeta come cellule impazzite di un cancro inarrestabile.
Ma noi non ce ne accorgiamo, o meglio, non vogliamo accorgerci. Gli insetti sono abbondanti, come l’acqua e l’aria e noi di solito disprezziamo l’abbondanza vitale mentre apprezziamo l’oro che è raro ma non è vitale. Paradosso umano? No è la dimostrazione del pensiero debole umano.
Siamo così stolti da non capire ad esempio, che più puliamo ossessivamente le nostre case e i nostri corpi, più ci sporchiamo all’interno dei nostri organismi.
Non è solo per l’immenso dispiacere di constatare il disprezzo di forme di vita sacrificate all’insensibilità umana, poiché come ho scritto altrove, le foreste si salvano rispettando anche le erbacce e il ramoscello, e la Natura si salva rispettando tutte le sue forme, anche le più piccole, difendendosi certo da invadenze pericolose, ma anche difendendo loro dai nostri eccessi, che sono molto più pericolosi e dannosi.
Ecco perché, oggi ho seguito per qualche istante con lo sguardo desolato e una profonda, infinita tristezza nel cuore, la bimba che con una mano teneva quella della madre e con l’altra stringeva felice la bacchetta di vistosi colori sormontata dalla brutale, micidiale retina, distruttrice delle farfalle gentili, ma non solo, simbolo emblematico del fallimento immane dell’evoluzione dell’anima collettiva umana, che sembra sempre più essere inversamente proporzionale all’evoluzione della tecnologia.
Ennio Romano Forina

Note di una Diversa Evoluzione

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Se, in ogni primavera incipiente, ci fermassimo ad osservare attentamente il miracolo del risveglio della vita nel calore e nell’energia dei raggi solari, saremmo forse pervasi dal desiderio di capire le ragioni e i significati dei meravigliosi eventi naturali che spesso non trovano risposte nella maggior parte dei libri scolastici e nei trattati scientifici classici, laddove i fenomeni della vita vengono esaminati più attraverso i meccanismi e gli effetti che producono, e meno, molto meno, per le ragioni che li determinano.
Dunque, nell’intento di sfatare alcuni miti sostenuti dai consumatori di proteine animali, ho deciso di pubblicare una delle mie teorie contenute nel saggio che riguarda un modo diverso di considerare l’evoluzione della vita e, in specie, la particolare evoluzione umana.È noto che i colori hanno nel mondo vivente e sopratutto vegetale, una funzione di richiamo e a volte di avvertimento. Di certo i fiori non sintetizzano colori specifici nelle loro cellule per ragioni puramente estetiche, o per ornare i giardini umani, direi che la bellezza dei fiori è la conseguenza della bellezza della loro funzione promotrice, vale a dire: farsi pubblicità. Infatti né la pubblicità né tantomeno il commercio, li abbiamo inventato noi. Nel mondo vivente esistono da miliardi di anni. Noi le chiamiamo simbiosi, che comprendono un infinito numero di interazioni tra specie diverse, ancora in gran parte sconosciute. Dunque, è noto che i colori hanno la funzione di attrarre gli insetti e insieme agli odori che essi possono anche percepire costituiscono un’offerta di prodotti che richiamano i “consumatori” che da quei prodotti ricevono nutrimento a loro volta pagando questi prodotti in servizi indispensabili, in genere il trasporto dei semi (cioè degli embrioni delle piante). Ma non mi soffermo sui dettagli delle interazioni simbiotiche tra insetti e piante, è un altra storia, piuttosto vado subito alla prossima considerazione: se i fiori, per i loro colori sono in grado di attrarre determinati insetti, come mai anche noi umani siamo in grado di percepire i sette colori primari e le loro sfumature pur non essendo insetti e non in grado in origine di fornire alcun aiuto alla propagazione dei pollini? Sappiamo che gli animali che non interagiscono con le piante non hanno le cellule specifiche in grado di percepire i colori, i carnivori ad esempio, sappiamo che cani e gatti vedono con sfumature di grigio e non a colori. Ebbene, penso che la ragione non sia casualmente evolutiva per adattamento, ma determinata come sempre dalla funzione relativa alla morfologia degli animali, in questo caso degli animali predatori. Sappiamo che cani e gatti hanno un olfatto molto superiore al nostro, sopratutto i cani, poiché i predatori più grandi devono percepire la presenza di prede anche nascoste o lontane, quindi olfatto e udito sono estremamente potenziati, anche la vista lo è per acutezza ma non per i colori. La mia deduzione perciò riguarda il fatto che cani e gatti semplicemente non hanno bisogno esistenziale di “vedere” molti colori, ma per la loro sopravvivenza è stato più utile sviluppare al meglio gli altri sensi. Infatti la carne nascosta sotto il pelame delle prede ha un solo colore: il rosso e non serve avere la cognizione del rosso a un predatore per trovare il suo cibo. Ma l’animale umano? È noto che siamo forzatamente diventati carnivori per imitazione in tempi relativamente recenti, poiché siamo noi i veri pappagalli nel mondo vivente, ma anche per necessità durante le glaciazioni per esserci trovati in condizioni estreme in ambienti freddi e privi di vegetazione dato che siamo nomadi per natura. In seguito ci siamo assuefatti al consumo di carne e ci abbiamo preso gusto come fosse una droga energetica, lo stesso accade con il fumo e l’alcol, non servono, sono dannosi ci uccidono ma li tolleriamo lo stesso e lo stesso piacciono. Così abbiamo imparato a nutrirci di carne, che non è il nostro cibo naturale, non per un vero adattamento non ancora realizzato, ma per una faticosa capacità di riuscire in qualche modo a metabolizzarla negli inadatti intestini umani come risulta evidente dalla morfologia dell’animale umano che se la specie umana non avesse usato le arti magiche degli strumenti “esterni” al corpo non sarebbe stata in grado di sopravvivere come carnivora, al massimo come insettivora, ma solo in parte. Io penso che la risposta vera rappresenta un’ulteriore conferma del fatto che siamo animali FRUGIVORI, NON carnivori. Infatti, la nostra capacità di distinguere i colori deriva appunto dalla necessità di distinguere il nostro VERO cibo, che viene offerto dagli alberi per processi simbiotici. Quasi tutti i frutti acerbi sono velenosi o indigesti e comunque non danno nutrimento. Le piante devono “fabbricare” i frutti che contenga nutrimento e protezione sia per gli embrioni, in essi contenuti, che per gli animali incaricati di trasportarli altrove, dopo aver ricevuto in pagamento per il trasloco, le sostanze altamente nutritive e protettive della polpa e della buccia. E come potremmo noi umani, saper riconoscere il momento ideale per cogliere un frutto e ricavarne il massimo di preziosità nutritive senza peraltro correre il rischio di un mal di pancia o di essere avvelenati da frutti immaturi? La risposta risiede nelle sfumature gradevoli dei colori “alimentari”, gli stessi che vengono usati dalle pubblicità delle industrie umane e dei marchi e loghi ispirati ai colori più appetitosi dei frutti, i meravigliosi gialli, arancioni,rossi, verdi e i viola, sono evidenze di sostanze altamente nutritive contenute nei frutti maturi che seducono i nostri occhi quanto le nostre papille gustative da tempi ancestrali. Dunque, dobbiamo al fatto di essere mangiatori di frutti, una serie infinita di vantaggi e possibilità che spaziano dall’arte alla tecnologia, dalla scienza e alla vita pratica, in innumerevoli esempi di percezione e utilizzo dei colori che, le piante prodigiosamente e generosamente offrono a tutto il mondo vivente. Persino la nostra supposta creatività, è un dono derivato e stimolato da quei colori che abbiamo imparato a distinguere dal rapporto simbiotico con le piante, poiché abbiamo dimorato nel loro seno come ospiti graditi, ma poi abbiamo dimenticato di essere così tanto in debito con loro e nella nostra suprema ingratitudine oggi, invece di rispettarle e amarle persino, le rapiniamo e le distruggiamo per profitto, disprezzo e molteplici motivi abbietti che non hanno nulla a che vedere con la sopravvivenza. Le piante ci hanno offerto ospitalità e cibo e protezione, hanno ampliato immensamente le nostre percezioni, ci hanno regalato la loro magia e noi con disprezzo e senza alcun rimorso divoriamo tutti i loro corpi mentre loro ci avevano offerto solo i frutti. Credo che il mito del giardino dell’Eden debba essere rivisto in questa chiave; il peccato originale non consisterebbe nell’aver mangiato il frutto della conoscenza, quello era in dono, il vero peccato era il fatto di aver voluto divorare l’albero intero.
NOTA AGGIUNTIVA NECESSARIA: Non sono in grado di sapere se qualcun altro abbia, nell’universo umano, asserito la mia stessa teoria riguardo alla ragione per cui l’animale umano sia in grado di percepire e distinguere i colori, ma preciso che la tesi che ho esposto è tratta esclusivamente dalla mia personale ricerca della ragione delle cose. Non ho tratto ispirazione da nessuna altra fonte o scritto. È una tesi che è parte della mia indagine sul fenomeno della vita e dell’evoluzione su cui lavoro da molti anni ed è tuttora in corso di stesura. È ovviamente possibile che anche altri abbiano tratto conclusioni simili alle mie, ma io non sono a conoscenza di nessuna teoria simile, così come di altre che ho pubblicato e pubblicherò riferendomi alla sofisticata intelligenza delle piante.
Ennio Romano Forina

Indagine Sulla Perversione

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Quando si parla di perversioni il riferimento immediato è alla sfera della sessualità, come se le perversioni si verificassero solo in quell’ambito. In realtà le perversioni sono innumerevoli e attengono a molte delle attitudini e scelte arbitrarie del genere umano. È perverso ciò che si fa per prepotenza volontaria o indifferenza e superficialità. Ogni azione invasiva o brutale che si compie senza porsi la domanda se sia giusta o meno, se non arrechi danno alle altrui esistenze, può essere perversa. Tagliare dei fiori per farli marcire in un vaso è una perversione. Un prato d’erba gradevole ai nostri gusti è una perversione, un albero o una siepe ritagliati e costretti a rappresentare forme geometriche forzate sono una perversione, la distinzione fra piante decorative ed “erbacce” è una perversione.
Ancora per far divertire i bambini si regalano retine acchiappafarfalle, questa è una perversione. Costringere un cavallo a trascinare un carretto o ad essere sellato per portare un centauro è altrettanto una perversione. Cosa distingue una perversione da un atto invece simbiotico e collaborativo? Tre cose essenzialmente: una motivazione opportuna in senso universale, l’assenza di un abuso di potere e infine il beneficio o il male che dall’atto consegue, tra chi lo effettua e chi lo subisce.
Nella sfera della sessualità, la perversione semantica e linguistica è la prima evidenza di un utilizzo deforme di una funzione creativa e benefica che non dovrebbe essere soggetta a regole arbitrarie culturali imposte, e corrisponde alla perversione mentale che ha deformato il concetto e la funzione della sessualità anche in senso ludico. Nel linguaggio comune è subentrata l’espressione “fare sesso” al posto di “fare l’amore” o persino, a metafore popolari come “scopare” ad esempio, non essendovi in alternativa, altre espressioni in mezzo fra quelle cliniche e quelle volgari, dispregiative, popolari. Questo perché la sessualità è ancora vissuta come una cosa sporca, se esce dai parametri convenzionali del momento, condizionati da rituali e parametri specifici adattabili alle diverse situazioni. L’unione di due corpi e lo scambio dei fluidi di due organismi diventa preda ed oggetto delle deformazioni culturali stratificate della mente umana, e infatti “fare sesso” è del tutto errato, il sesso è un genere con il suo ambito, quindi il sesso non si può “fare” o avere, ma si può vivere semmai.
Di fatto questa locuzione di derivazione anglosassone corrisponde alla trasformazione dell’atto in un oggetto, una cosa, un esercizio funzionale e non a una esperienza creativa e mistica che dovrebbe coinvolgere sia lo spirito dell’organismo che quello dell’anima sensibile, così come dovrebbe essere, laddove il “fare sesso” non è diverso nella sostanza di fare jogging.Quindi la vera perversione non è nell’atto stesso quando esce dai parametri convenzionali, ma nella motivazione e nella qualità dell’impulso che lo genera “prima” che si compia l’atto stesso.L’intelligenza della vita ha ideato impulsi e stimoli del piacere che non sono limitati alla mera procreazione, poiché essi sono impulsi vitali che devono essere sempre attivi, appaganti e variegati come varia, appagante e variegata è la creatività della vita stessa, così come altri impulsi che sono attivi indipendentemente dalla nostra volontà e danno sensazioni piacevoli salutari, insite nelle funzioni del vivere e del respirare come il battito del cuore e il respiro. Poiché la potentissima energia espressa dalle funzioni organiche dell’amore, può avere un immenso potere di scambio, quindi economico, la mente umana, nella sua generale attitudine perversa, ha capito di poterla sfruttare per ottenere cose del tutto diverse da questa energia e dalle ragioni per cui questa energia esiste, ed è questa la vera perversione fondamentale, ma solo una delle tante che vengono attuate, per ogni cosa su cui si possono mettere le mani e che viene così deformata a piacere per saziare questa mostruosa cupidigia che caratterizza la specie.
Anche gli impulsi che possiamo in parte regolare, finiscono con il subire i danni dall’attitudine di deformare le funzioni per sfruttarle narcisisticamente allo scopo di ottenere cose diverse da quello che deriva solo dalla bellezza e armonia della funzione stessa. Siamo in grado a volte di fare cose lodevoli e di estendere il sentimento della compassione ma la predisposizione alla prepotenza malefica è ancora di gran lunga dominante nella mente e nelle culture della gran parte dell’umanità. (segue).
Da “A Different Evolution”, di Ennio Romano Forina

La Religione della Scienza

Quelli che irridono, dai vari pulpiti, allo scetticismo della parte minore di popolo che si è educata ad esercitare la facoltà del pensiero libero e profondo, i denigratori del pensiero libero, che non si ferma a considerare solo gli effetti degli eventi, ma a ricercarne le cause, dimostrano di non conoscere la storia o di non averne tratto un fruttuoso insegnamento. Da sempre, nel lontano passato fino quasi in questa era, tutti i popoli troppo indaffarati nella ricerca del benessere o adagiati in una comoda indolenza, idiotizzati da scaltri manipolatori, si sono lasciati trascinare spesso in avventure disastrose, colti nel vortice della follia collettiva o dei miti collettivi sono stati complici e autori dei più orrendi crimini, mistificati come azioni per il bene comune. E dunque ora, con la consapevolezza delle azioni orrende che la mente umana è riuscita a concepire e realizzare con la collaborazione anche dei pilastri fondanti della società umana globale, il potere dell’oro, la religione e la scienza tecnologica, dovremmo credere di trovarci al di fuori della nefasta dimensione di conflitti, stragi, schiavismi, menzogne, olocausti che hanno segnato anche i tempi a noi così drammaticamente vicini? Come se la natura umana sia stata colpita solo oggi da una improvvisa illuminazione, solo adesso? E perché questo non è mai veramente successo nei secoli e millenni precedenti, liberandoci della violenza, delle oppressioni e delle falsità che da sempre l’hanno caratterizzata? Le buone novelle filosofiche e scientifiche che contenevano segni veri di evoluzione e davano speranza alle aspirazioni dei popoli, quasi sempre sono state poi rapinate dei loro contenuti sostanziali, deformate e usate dalle diverse tirannie come motivazioni per affermare il loro potere all’interno e all’esterno delle nazioni. Non è il sottoscritto a dirlo, lo dice la storia, basta saperla leggere. Quindi, perché ora dovremmo accettare senza riflettere profondamente e seriamente, senza analizzare e discutere su quello che è accaduto o fatto accadere e sui modi e i termini del contrasto in attuazione che sembra assumere sempre di più i toni sinistri di una crociata dogmatica per la quale si deve credere o perire?. Come mai non si cercano le “cause” di questo drammatico evento? Si studiano da anni i nuovi virus definendoli scientificamente come zoonosi, sono d’accordo tutti su questo, ma io li chiamerei piuttosto”umanosi”, perché che siano nati dagli animali detenuti nei modi orrendi che nessuno può negare negli allevamenti intensivi torturati e uccisi nei mercati, oppure sfuggiti da qualche laboratorio nascosto alla coscienzqa pubblica e ai controlli, la responsabilità in un modo o nell’altro origina negli abusi che il genere umano compie sul mondo vivente. Inoltre, poiché il distanziamento sociale è un acclarato mezzo efficace di contrasto alla diffusione dei virus, come mai non si si considera di distanziare anche gli animali negli allevamenti intensivi? Ciò richiederebbe ovviamente un ripensamento totale dell’industria non solo per ragioni di opportunità medico – scientifiche ovvie ed evidenti, ma sopratutto per ragioni etiche, perché l’etica non è amici mie una astrazione, ma una fase evolutiva più alta che evidentemente non abbiamo ancora raggiunto al contrario di quanto è avvenuto nella tecnologia e badate bene, dico di proposito tecnologia, non Scienza. L’Etica è il modo di considerare le cose non egoistico ma altruistico, l’etica rappresenta l’universalità dei sentimenti e dell’azione, la ricerca dell’armonia nella filosofia di vita come nella ricerca della conoscenza, l’etica rappresenta il rispetto e attinge dall’energia cosmica dell’amore. Quindi non ci si può fidare così come è accaduto in tutta la storia umana del semplice progresso tecnologico-scientifico quando assume la connotazione di una religione. È lecito dubitare e se nella storia del genere umano si fosse esercitata l’arte e la virtù del dubbio piuttosto del vizio della certezza comoda, forse si sarebbero evitati tanti crimini, tanta ingiusta sofferenza a noi come al mondo vivente, ma è chiaro che così non è stato e non è, sopratutto ora che il mondo vivente subisce l’inferno che abbiamo realizzato per loro mai come prima, mai ai livelli tremendi attuali, un inferno popolato dai demoni tecnologici che tormentano gli esseri viventi senza pietà prima di sopprimerli. Ma è un inferno diverso da quello ipotizzato per noi dalle religioni e dai poeti, poiché nei nostri inferni sono destinati i malvagi, mentre gli inferni per gli animali sono costruiti per gli innocenti. Sostituendo semplicemente un sostantivo, direi che così come “Dio” non è mai stato dalla parte di nessuno, sembra al contrario che la religione ed anche la scienza siano troppo spesso stati dalla parte di qualcuno. E lo dimostrano bene quando sono imposti come assoluti. È la storia umana che lo dice.
Ennio Romano Forina

Memoria e Presente

Se per noi questo è il giorno della memoria, per gli animali è uno dei giorni senza fine della realtà.
La Compassione deve essere un sentimento universale, che suscita ed esprime empatia per la sofferenza imposta a tutti gli esseri viventi. Non può essere parziale, non può essere specifica, se fa distinzioni non è vera compassione.
Esiste un negazionismo ottuso e incolto del passato, ma esiste anche un negazionismo del presente, che non vuole ammettere una realtà orrenda nascosta e perversamente mistificata come giusta e lecita.
Ma qualsiasi ragionamento limpido e scevro di opportunismo, riconoscerebbe che alla base di tutti i razzismi ci sono sempre gli artefici delle distinzioni e della perversa presunzione di superiorità che è la potente tossina che li genera.
La vera coscienza universale si perde inesorabilmente nel pensiero sbagliato di vita maggiore e vita minore, ma la Vita è unica e non potrebbe essere altrimenti. La matrice di tutti i delitti che sono stati commessi nella storia, alternativamente, da tutti, in fondo è la stessa.

Ennio Romano Forina

Danni Collaterali

DANNI COLLATERALI

Penso che i danni collaterali della gestione globale di questa epidemia multipla potrebbero avere effetti peggiori persino di quelli dell’epidemia stessa, se considerati anche a lungo termine. Io la chiamo così: “epidemia” multipla, non pandemia, di pandemico c’è la realtà di una globalizzazione imposta non si sa da chi, altrettanto insana quanto questo virus, uno dei tanti, attivati dai nostri giochi di onnipotenza, globalizzazione che forse è anche alla base degli eventi che stiamo vivendo. 

L’impatto delle misure in corso ha già devastato larghe aree di economia privata, non entro ora nel merito in questa riflessione, la realtà parla da sé, basta seguire la cronaca di questi giorni, quello che invece mi preoccupa maggiormente sono le conseguenze nefaste di una condizione di terrore generalizzata sul sistema immunitario, sull’anima e sul corpo di un popolo intero. La soppressione e privazione di contatti famigliari, interpersonali, fondamentali, produttivi, aggravati da un clima di totale incertezza e plateale confusione, tutto questo già sta conducendo a stati depressivi gravi che si possono tranquillamente definire “epidemici”. Si può reagire alle malattie di qualunque genere, aprendosi di più alla vita e non richiudendosi in involucri di plastica che stanno oltretutto soffocando l’intero pianeta. Anche questo è un debito che stanno pagando gli ecosistemi e pagheranno le future generazioni. L’ossigeno e il movimento sono essenziali al sistema immunitario. Passare la maggior parte del tempo in casa, accasciati sul divano a riempirsi di “entertainment e tg che ripetono le stesse litanie e allegramente comunicano il racing dei contagi e dei decessi, questo è un modo sicuro per abbreviarsi la vita favorendo lo sviluppo di un numero vario e vasto di malattie gravi, non lo dico solo io, ma qualsiasi specialista e qualsiasi medico, che la depressione della psiche possa favorire l’insorgere di malattie gravissime, è un’altra acclarata verità.

Personalmente non credo affatto al racconto che si fa che la seconda ondata autunnale sia stata provocata dalla spensieratezza estiva, anzi, penso che le persone che hanno vissuto ed esposto i loro corpi al sole e fatto attività fisica hanno aumentato le difese e la resistenza di specie, hanno fatto qualcosa di salutare sia a livello individuale che collettivo mentre il virus era dormiente come d’estate sono i virus delle influenze, altrimenti avrebbe fatto strage allora e non in autunno, quando è ritornato ad esprimersi. 

Stimolare il sistema immunitario e la sanità mentale, non significa essere irresponsabili, significa voler essere sani. Sarebbe bastato e sarebbe stato meglio istruire tutti i cittadini subito, nel preciso momento in cui  l’epidemia era rivelata in Cina, quindi avere una strategia pronta per personale e mezzi, attuare le precauzioni ragionevoli e più efficaci indicando subito i comportamenti corretti per arginare il pericolo di contagio. Questo nuovo virus, che ha causato un così acceso dibattito, anzi dei veri scontri frontali nel mondo scientifico, è comunque opera della presunzione e degli abusi di questa epoca tecnologica quasi priva di etica, una zoonosi come le altre che incombono da decenni e io credo che quasi tutte derivino da una sintesi tra i giochi dei tanti apprendisti stregoni di tutto il mondo in concomitanza ai mostruosi e orrendi allevamenti intensivi nei quali il disprezzo degli esseri viventi e della loro salute supera qualsiasi immaginabile incubo mentre purtroppo è la realtà di umana fattura. Si può solo sopravvivere per un breve tempo, in quelle condizioni di atroci torture, gli animali sono già morti prima di essere uccisi, ma nei loro corpi macerati e ammassati, i virus invece possono proliferare e rimodellarsi nella loro funzione ancestrale forse anche come grandi equilibratori.

Ennio Romano Forina

Falsità e Dispotismi

Tutti gli olocausti, tutti gli schiavismi ed i razzismi, hanno una radice comune: la presunzione di essere superiori, prescelti e di avere un dio e un destino speciale dalla propria parte, che concede la licenza di esercitare un potere sugli altri. Questa è la stessa presunzione che consente al genere umano di attuare un olocausto incontrollato degli animali, giustificandolo con l’enorme menzogna che essi esistano per soddisfare i nostri bisogni e i nostri abusi. In nessuna parte del mondo la scienza, la religione, la politica e i popoli si impegnano per ammettere la verità di questo mostruoso abuso e decidere di demolire questa infame menzogna, ma alla fine l’idea della superiorità di specie è la stessa che alimenta anche tutte le idee perverse di superiorità etniche e razziali che segnano da sempre la storia umana, con le conseguenze nefaste ben note.
Le razze non esistono, sono una mistificazione come i confini geografici, esistono soltanto delle tipologie, umane e animali, ed esistono le diversità, di pensiero, culturali, fisiologiche che, in quanto tali sono biologicamente e intellettivamente benefiche. Ogni singolo individuo è diverso da un altro per morfologia e pensiero, quindi ogni singolo individuo potrebbe rappresentare una “razza” nella sua unicità, basterebbe rendersi conto di questa evidenza per cancellare tutte le discriminazioni e le intolleranze, ma si vede che questo mondo, solo tecnologicamente evoluto è condizionato dal primato e dal dominio dell’idiozia.
Per l’intelligenza della vita la diversità è un bene, se fossimo tutti uguali non vi sarebbe evoluzione, ma la diversità non conferisce nessun diritto alla prepotenza e all’abuso. Ciò che è davvero dannoso e pericoloso è il pensiero debole e superficiale e l’ottusità che ne consegue.
Il risultato della pretesa di presunzione di superiorità, porta come conseguenza l’alienazione e l’intolleranza e questo vale sia per chi opprime che per chi subisce alternativamente la discriminazione e la persecuzione. Tutti i popoli hanno subito oppressioni parziali o totali e tutti, quando ne hanno avuto la possibilità e il potere, hanno esercitato a loro volta il loro dominio su altri popoli o gruppi, questa è la sostanza dell’egoismo cieco umano e della sua presunzione, nessuno popolo ne è esente. Quindi, ammettendo che sia giusto e normale abusare del potere e condannando gli esseri viventi alle attuali atroci sofferenze e al sacrificio senza limiti, il genere umano decide anche di nutrire e coltivare nell’egoismo insano della sua coscienza il veleno della presunzione, che è la sorgente di tutte le perversioni e di tutti i massacri e i delitti della storia umana. Presunzione ed egoismo insano sono attigui e alleati nelle loro espressioni distruttive, l’offuscamento delle coscienze, l’ignoranza e il rifiuto della compassione per il mondo vivente, sono la conseguenza alla fine, anche dei delitti contro lo stesso popolo umano. Questo è dunque il tributo che sento di dare a tutti gli animali, miei simili, mie sorelle e fratelli, che continuano a soffrire per la presunzione, la prepotenza e l’ignoranza che da tempo immemore, hanno spento l’anima umana.

Ennio Romano Forina

L’Invenzione della Rotella Parte III

Sento ancora parlare di banchi a rotelle in termini critici di spesa eccessiva e ritardi delle consegne, ma non sento nessuno chiedersi ed esigere le “ragioni” scientifiche e pratiche per cui le ruote di questi banchetti fornirebbero un’efficace difesa contro il contagio nelle aule o per favorire lo studio.
Quali sono state le motivazioni di questa scelta? Su quale base logica l’idea è andata a compimento, senza che nessuno sia intervenuto in modo critico e analitico, reclamando spiegazioni ed evidenze tali da giustificarne l’attuazione? Io penso che quel denaro avrebbe potuto avere ben altre destinazioni davvero utili e proficue. Ma, visto che nemmeno dalle critiche più feroci espresse da più parti, ho mai recepito una richiesta di chiarimento sulle motivazioni, prima, durante e dopo il fatto compiuto, mi sono impegnato, come faccio sempre, a cercare da solo queste motivazioni. Ebbene, non ne ho trovata alcuna, eccetto una, tanto surreale quanto follemente ridicola. Forse c’era la convinzione che con i banchi a rotelle ci si potesse scansare velocemente all’arrivo di una nuvoletta di virus!? Se qualcuno ha una supposizione migliore della mia lo invito ad illuminare la mia ignoranza.Ennio Romano Forina

Pensiero Debole e Dispotismi


Non è la storia che si ripete ma siamo noi che ci ripetiamo, perché abbiamo scelto di evolvere solo la ragione, lasciando l’anima marcire. Ma la ragione lasciata da sola diventa tossica come una vera droga perché persegue il controllo e l’onnipotenza, ed è figlia e al tempo stesso serva dell’egoismo supremo, intendo quello cattivo, perché esiste un egoismo di base funzionale, necessario alla sopravvivenza, ma non alla distruzione della sopravvivenza altrui, quindi non c’è da stupirsi dei devastanti effetti prodotti dal predominio dell’egoismo cattivo in ogni generazione, questa attuale inclusa. La tecnologia si evolve rapidamente, mentre l’anima resta ai primordi, la tecnologia ha un grande potere ma non ha cuore, non ha sensibilità e non ha visione del bene comune. È arida e non ha direzione perciò per compensare ciò che la ragione non può fornire abbiamo da sempre costruito dei miti, degli artifici di improbabili entità sovrannaturali che compiacciono le nostre aspirazioni e placano le nostre angosce e fondato delle religioni, ma anche la scienza cerca l’assoluto e finisce con l’imporsi come una religione con i suoi dogmi. Non comprendiamo ciò che non ci somiglia perché abbiamo perso il contatto con l’essenza delle cose. Abbiamo seguito altre divinità che sono proiezioni delle nostre aspirazioni e infatti si comportano esattamente come noi, promettendo compensi e minacciando punizioni per seguire comportamenti tollerabili ma non giusti e sinceri. La ragione ci ha sedotto con gli strumenti del potere e dell’onnipotenza, perché ci ha protetti fatto sopravvivere e vincerei, ci ha consegnato solo un dominio illusorio sul mondo vivente ma in cambio gli abbiamo dato l’anima. Nel pianeta vivente esistono crudeltà insopportabili se considerate nel dettaglio, nella loro particolarità, ma queste rispondono all’intelligenza della vita e di ciò che è opportuno alla vita nel suo insieme, nel grande scenario, alla fine esse sono temporaneamente funzionali nel grande organismo vivente costituito dagli equilibri di specie diverse, così come all’interno dei nostri organismi avvengono alleanze e conflitti di cellule, siamo vivi per questa interazione anche cruenta per rendere creativo l’esperimento armonico della vita organica che persegue ciò che è opportuno per la Vita stessa nel suo complesso. Ma noi vogliamo solo quello che è opportuno e gratificante per noi stessi, individualmente e collettivamente nel disprezzo di tutto il resto. EGOISMO fine a sé stesso quindi, folle e distruttivo. Di fatto siamo un cancro, cellule creative ma impazzite, voraci e insaziabili, a cui non basta divorare tutto ciò che vive e distruggere tutti gli equilibri e la diabolica realtà che stiamo attraversando è la conseguenza inevitabile di questo nostro unico perverso egoismo, che in fondo è alla base di tutti i crimini umani. Divorare il mondo non ci basta più, l’ingordigia umana è mostruosa, senza limiti, ed ora stiamo semplicemente iniziando a divorare noi stessi. Ciclicamente gli imperi si instaurano nel vuoto del pensiero debole, sono castelli e prigioni costruiti sulla sabbia, non hanno futuro ma hanno effetti devastanti finché durano; sul muro della mia cucina scrissi anni fa questa riflessione: “La peggior tirannia è l’ignoranza generata dall’insano egoismo, poiché permette a tutti i bugiardi di regnare”. Se il dispotismo di questo 21 mo secolo regnerà, non sarà solo per colpa dei “cattivi” di turno, ma di tutti noi, per aver creduto e voler continuare a credere ai miti artificiali che abbiamo creato per giustificare da sempre le nostre azioni peggiori. Siamo tutti colpevoli.
Ennio Romano Forina

Pandemia/Pandemonium

Quando un’ infezione non si risolve
con una terapia durissima,
non è detto che questo dipenda
per forza dalla resistenza dell’infezione,
ma forse che la terapia non è quella giusta,
quindi, se invece di cambiare terapia
si inasprisce ulteriormente la somministrazione
di una medicina che dimostra di non avere effetti positivi,
la saggezza vorrebbe che si cambiasse la terapia
invece di aumentarne le dosi,
facendo ammalare l’intero organismo
e renderla ancora più devastante
per tutti i suoi effetti collaterali distruttivi.
Ennio Romano Forina

La Notte dei Fuochi Fatui

Questa è la notte in cui, nell’apoteosi dell’egoismo supremo, il nulla si riempie del nulla.
Nell’aria violata dal fragore delle esplosioni, si accende l’esaltazione ed il parossismo di una allegria tanto prepotente e brutale quanto fittizia, effimera e vana che non rispetta la sacralità della notte e dei firmamenti ormai banditi dai cieli, né il diritto al giusto riposo di quella parte di mondo vivente sempre più esigua stremata dall’impatto umano, già privata ovunque del necessario e confortante suono del silenzio,
che oltre agli infiniti oltraggi e abusi è costretta anche a subire i devastanti effetti di queste noncuranti celebrazioni festose.
E non importa se questa gioia artificiale imposta, turbi, offenda e uccida con la sua letale indifferenza.
L’umanità ama e odia solo sé stessa, mentre disprezza tutto il resto e per volontà, insensibile ignoranza o sadica licenza, distrugge e uccide sempre tutto ciò che vuole disprezzare.
Ennio Romano Forina

Il Teorema della Paura Tiranna

Io temo quello stato di cose dove la libera ragione viene sconfitta dall’impero della paura che impone la sua unica verità come fosse un inconfutabile dogma. La scienza umana, come tutte le attività del pensiero umano, non è infallibile e non è assoluta pur avendo compiuto progressi mirabili. La conoscenza e l’intuizione delle cose deriva spesso dall’osservazione, dall’imitazione e dall’uso di quanto già avevano scoperto altre forme di intelligenza viventi, come le ingegnose e affascinanti invenzioni e realizzazioni biochimiche delle piante, che dovrebbero suggerire un’attitudine meno presuntuosa della conoscenza umana e una maggiore disposizione alla dialettica di tesi scientifiche opposte senza che alcune prevalgano sulle altre in ragione della forza che le sostiene e non della ragione stessa.Questo è quello che ho sempre pensato nel voler percorrere i sentieri della conoscenza che, spesso sconfinano nel dogmatismo nel momento in cui trovano risposte convenienti piuttosto che vere e che escludono tutte le altre che non lo sono. La vera scienza è quella che non si basa sugli assoluti ma cerca evidenze e infinite conferme in grado di indicare il cammino più giusto. Ennio Romano Forina

Pecore Nere

Quello che non può essere reso obbligatorio, può diventare un dogma, e i dogmi, da sempre, producono due effetti: la paura generalizzata e l’obbligo che è la conseguenza della paura collettiva.
Ma si sa, la fede non sarebbe fede, se non fosse priva di domande e avara di adeguate risposte.
Non siamo più quindi, nelle mani di Dio, siamo nelle mani della Scienza, e delle sue molteplici e contrastanti voci, una scienza che non ha nemmeno saputo prevedere né voluto impedire forse, quello che adesso sta cercando in gran fretta di curare, oppure di chi sa usare la Scienza che quasi sempre è stata al servizio dei potenti e da questi abilmente usata come uno strumento di potere, di dissuasione e di oppressione, di dominazione, come del resto è stato da millenni e tutt’ora è sfruttando i miti delle religioni.
Che la nuova piaga sia derivata dalle zoonosi, dalle intrinseche capacità dei virus di modificarsi e passare da specie animali all’animale umano, o che sia sfuggita accidentalmente dai laboratori di ricerca
(ove le motivazioni e i percorsi delle ricerche sono una tra le più oscure e nebulose attività umane),
il dato ultimo è che sia sempre un prodotto dell’intervento umano disarmonizzante sugli elementi e gli equilibri che si sono formati in milioni di anni, seguendo percorsi evolutivi positivi e armonici per tutto il sistema vivente e non a favore di una singola specie.
Certo, non vi è dubbio che da queste ricerche derivino importanti scoperte e realizzazioni, che hanno reso migliori le condizioni della vita umana, ma questo è proprio il punto debole del pensiero e delle motivazioni deboli e malevoli; cioè che la ricerca scientifica umana si occupa quasi totalmente di migliorare e salvaguardare le condizioni esistenziali di sé stessa nell’ambito di un egoismo supremo e ottuso mistificato dall’etica nefasta della superiorità di specie, così come nefasta è da sempre l’idea della superiorità di razza.
Ed anche quando si attiva per salvaguardare e aver cura di specie minori lo fa sempre in una ottica egoistica, al grido di: “Salvare l’ambiente! Salvare il clima per il nostro futuro e quello dei nostri figli!”.
Mentre assistiamo quasi impotenti, che sull’altare di questa fede, vengono spente tutte le contrastanti tesi.
È il caso di dire: che la Scienza ce la mandi buona.
Ennio Romano Forina.

Anima e Sangue Verdi

I PATIBOLI DEGLI ALBERI

Anche quest’anno, al centro di quasi tutte le capitali del mondo ci saranno alberi agonizzanti strappati alle loro dimore  che avevano vivificato con la loro presenza e le loro benefiche capacità ricoperti di stupide luci e addobbi che dovrebbero infondere gioia mentre nascondono la sofferenza silenziosa di una vita che muore.Così anche quest’anno, al centro del grande abbraccio del colonnato della piazza di S. Pietro, ci saranno altre due colonne, di forma e materie diverse, ma che hanno almeno due fattori in comune, ambedue strappate a un mondo lontano e ambedue senza vita, ma con la differenza che mentre una di queste colonne la vita non l’ha mai avuta, l’altra invece sì e ne aveva tanta.
Era una vita ricca di sensazioni che offriva profumi inebrianti nell’aria circostante, arricchiva il suolo e nutriva di prezioso ossigeno l’aria, era un sicuro riparo e forniva cibo a molti altri esseri viventi specialmente nella stagione invernale. Passeri e altri uccelli sostavano fra i rami e alcuni l’avevano sicuramente anche scelta come dimora. Era una vita che contribuiva a purificare l’atmosfera di questo pianeta soffocato dai gas venefici provenienti dalle molteplici attività umane, sostanze che solo gli alberi sanno metabolizzare, rendere innocue scomponendole e trasformare in energia per gli organismi, nella loro immensa intelligenza, che è la ragione per cui questo pianeta è racchiuso in un involucro di preziosa atmosfera che rende possibile l’esistenza di tutto il mondo vivente.
Intelligenza, sì non è un caso che questo pianeta sia avvolto da un azzurro manto che lo protegge dai raggi cosmici senza che gli ingrati bipedi umani, sedicenti “evoluti,” si rendano conto nemmeno adesso, di quanta gratitudine debbano all’intelligenza delle piante in generale e agli alberi in particolare, mentre la specie umana ancora oggi, nonostante il progresso tecnologico e scientifico continua a sacrificare esseri viventi per celebrare  tradizioni insulse negli stessi modi barbari in cui i popoli antichi, primitivi e incolti celebravano le loro. Se consideriamo bene la struttura di una pianta, meglio ancora di un albero possiamo trovare una sorprendente analogia alla struttura di questo pianeta vivente, infatti un  albero è costituito da tre parti evidenti allo sguardo, un tronco una chioma di foglie e delle radici. Ma anche il tronco è costituito da parti diverse, vediamo la corteccia, come un involucro protettivo di una sottile membrana al di sotto di essa che avvolge tutto il tronco ed è la parte sensibile dell’albero che comunica con l’esterno, che vede con occhi diversi e sente con sensi diversi, poi, all’interno del tronco tra gli strati lignei che di anno in anno determinano la crescita in volume e in altezza, i vasi del sangue della pianta la linfa ricavata dall’incessante lavoro di assorbimento di sostanze nutritive e acqua dal terreno. La sottile membrana sotto la corteccia sono i sensi principali della pianta, il suo cervello pensante la cui intelligenza è stata disconosciuta e disprezzata e in realtà lo è tuttora, salvo le nuove consapevolezze ed evidenze, che però non influiscono sui nostri abusi, sappiamo che non sono solo legno e foglie ma ci comportiamo lo stesso come se fossero cose, consapevolezze per lo più relegate ad una parte di mondo scientifico, ma ancora quasi del tutto ignorate e disprezzate tuttora dalla coscienza collettiva, tasche per la maggior parte di individui le piante vegetano crescono e si sviluppano in base ad automatismi biologici privi di una intelligenza e sensibilità simile alla nostra. 
Dove la mente umana fallisce miseramente, non è tanto nella conoscenza delle cose, ma nell’elaborazione e nell’uso perverso che fa delle consapevolezze e delle evidenze acquisite durante il percorso storico – evolutivo, e di fatto, mentre si proietta in avanti realizzando tecnologie sempre più complesse e potenti, sul piano etico dimostra di sguazzare ancora nelle paludi nebbiose e ottuse dei primordi.
Ogni individuo di questa era è in grado di comprendere (se vuole, se si sforza), che tutto ciò che nasce, cresce e vive, lo fa intelligentemente e sensibilmente per le stesse ragioni, gli stessi sentimenti, seguendo gli stessi impulsi che muovono le “nostre” azioni e motivano le nostre esistenze ed i “nostri” sentimenti. Tuttavia, nonostante la attuale, maggiore consapevolezza di tutto ciò che è palese ed innegabile, noi ci comportiamo ancora con le forme di vita come se fossero sassi, delle semplici cose. Dalle famiglie e dalle istituzioni scolastiche non arriva nessuna indicazione , nessun insegnamento per sfatare i miti e i preconcetti che hanno un effetto devastante sul rapporto individuale e collettivo dell’umano con il fenomeno vitale che chiamiamo Natura. Quindi, delle due l’una: o la comprensione della mente umana è solo apparente e si ferma da sempre nella semplice constatazione di causa ed effetto, senza minimamente comprendere l’essenza e la ragione delle cose, oppure è talmente malvagia e distruttiva che non ha mai voluto generare nessun freno etico, che impedisca di fare del male al resto del mondo vivente. Io penso che siano vere ambedue le cose. Questo denota che la conoscenza, la consapevolezza anche del mondo scientifico, delle menti intellettuali, delle religioni e delle culture in genere è ancora basata su presupposti di falsità e menzogne che vengono propinate alle nuove generazioni confermando la nefasta dicotomia umano – natura che è proprio alla base di tutte le azioni distruttive umane subite dal mondo vivente, dalle altre forme di vita. 
È evidente che il genere umano stia ancora proseguendo nel suo delirio di egoismo ed onnipotenza seguendo la legge della clava, appena attenuata e controllata dalle leggi punitive e coercitive, che servono come argine agli eccessi agli abusi individuali, ma sono disegnate e agiscono sempre nell’ambito dell’egoismo di specie e non in quello dell’etica universale. 
Se un ideale tribunale cosmico chiamasse un giorno a giudizio la specie umana, non vi sarebbero attenuanti per giustificare i suoi delitti e mitigare una inevitabile condanna. Io penso che quel tribunale esista.
Questa concezione comune fa sì che il genere umano possa disporre della vita delle piante come meglio aggrada senza che vi siano insegnamenti e leggi in nessun paese che considerino l’abbattimento degli alberi in quanto esseri viventi intelligenti e senzienti come un delitto, ma solo semmai in termini di opportunità egoistica volta al benessere umano e non a quello di un singolo albero come soggetto ma ad una popolazione di alberi da sfruttare per la produzione di ossigeno e come risorse. Coloro che gridano alla  salvezza delle foreste non lo fanno per il rispetto dovuto ad una forma di vita senziente e intelligente ma per conservare un “ambiente” schiavo delle nostre necessità dei nostri costumi e dei nostri vizi.Ebbene, fatta questa premessa, se consideriamo la struttura di questo pianeta vivente di cui siamo parte, possiamo renderci conto che è fatto come un albero e vive come vive un albero. L’atmosfera che lo circonda è la sua corteccia protettiva, il sottile strato di troposfera, ove si generano e si svolgono le principali forme di vita equivale alla membrana pensante dell’albero situata tra la corteccia e gli anelli lignei, i tubuli della linfa che risale dalle radici arricchita di sostanze nutritive e che si mischiano a quelle generate dalle foglie che interagiscono con la luce del sole sono i fiumi e le acque degli oceani del pianeta che raccolgono le stesse sostanze dal suolo arricchito dai processi metabolici delle piante, da tutto quello che muore e rivive sotto forma di fecondo nutrimento per i processi vitali del grande corpo del pianeta, infine, le rocce sono la parte lignea l’ossatura portante che consente lo sviluppo della vita sopra la superficie dei mari. MA questa analogia è …poiché se il pianeta è vivo e culla di vita lo è per l’azione delle piante che lo hanno reso vivo così come esse sono vive, in altre parole a loro stessa immagine e somiglianza.
Nonostante queste evidenze, cosa facciamo noi di intelligente nel mondo e specificamente in questo paese? Non solo manteniamo in essere le nostre tradizioni brutali che implicano il sacrificio di un immane numero di esseri viventi, non basta; introduciamo anche le tradizioni truci e crudeli di altre culture nel nome di una falsa fratellanza dei popoli, fatte scontare come sempre sugli animali innocenti che le leggi umane rendono quasi ovunque indifendibili.
I massacri tradizionali di altre culture si sovrappongono sempre di più ai nostri e per una distorta interpretazione del rispetto culturale noi le accettiamo tutte. Quindi per non offendere gli orientali, dovremmo lasciare che anche qui cani e gatti siano scuoiati e bolliti vivi? Che gli animali delle fattorie possano essere torturati anche con fiamme ossidriche per arricchire le carni con l’adrenalina generata dal terrore, dalla sofferenza della tortura, che secondo le loro culture farebbe miracoli alla loro vita sessuale o a qualche altra funzione organica?
Costruiremo anche noi arene per consentire lo spettacolo infame delle corride? Siamo nella civile, comune Europa, ci potrebbero chiedere anche questo dopo le misure standard delle cozze e delle zucchine. Ogni tanto qualche pubblico censore del political correct, salta fuori con la geniale osservazione che anche da noi si uccidono gli agnelli, i maiali, le mucche e persino i cavalli e dal suo pulpito ci insegna che non c’è differenza tra un maiale e un gatto, tra un cane e una mucca o una gallina, pensando di aver battuto la nostra compassione con questa emblematica espressione del pensiero corto, e dunque per costoro quale sarebbe la logica conseguenza? Come dire ad un accanito fumatore di non preoccuparsi, poiché si respirano ovunque così tante sostanze inquinanti che tanto vale che lui fumi tutte le sigarette che vuole. Sappiamo che un fumatore rischierebbe molte volte in più un cancro ai polmoni, ma aumentare in una società civile la quantità e la “qualità” dei massacri rituali offerti alle varie divinità e al “dio” universale del profitto, provocherebbe sopratutto il cancro dell’anima che è molto peggio. Dovremmo rendere lecito ucciderli tutti, mangiarli tutti e raddoppiare, triplicare i massacri permettendo i metodi peggiori, solo per essere rispettosi dei vari costumi e tradizioni, come l’imposizione di togliere i simboli di croci della storia di questa penisola che nel bene e nel male comunque è nostra cultura e ci appartiene?
Dunque, anche questa volta un albero in più, nel nome della fratellanza dei popoli e delle religioni è stato sacrificato, nel momento in cui scrivevo questo testo quel magnifico gigante era ancora immerso nella sua silenziosa sofferenza, nella sua agonia occultata dagli addobbi e dalle luci che accecano gli occhi estasiati di bimbi, ai quali si insegna la menzogna o niente, in modo che anch’essi da adulti, non saranno mai in grado di prendere le giuste decisioni, ma agiranno esattamente come i loro genitori e progenitori, ripetendo gli stessi errori della realtà ottusa e fittizia che abbiamo per noi e loro costruito. In più, oltre ai tanti abeti che vengono fatti nascere per essere uccisi, non per produrre gioia ma profitti, per una distorta concezione di felicità e sacralità. L’ “esecuzione” finale anche di questa nobile vita, sigillata nel fuoco che poi consumerà il suo corpo fatto a pezzi, nei vari forni, non è diversa dal rogo di un’altra piazza, in un altro tempo non lontano. Allora non si volevano ammettere le evidenze rilevate da una mente geniale ed evoluta, qui ed oggi si ignora l’evidenza di un essere vivente e senziente, sacrificato nel rogo di una tradizione peraltro aliena.
Le puerili e insulse dichiarazioni provenienti dai media, che giustificano allegramente l’uccisione dell’albero con la semina compensativa di altri alberi, (anch’essi in gran parte da sacrificare) aggiungono al danno e alle ferite le beffe, se anche non si riesce a capire che continuando a volere un albero vero ad ogni natale si causerà l’allevamento forzato di queste vittime predestinate al sacrificio. Noi parliamo di vite, loro parlano di prodotti e di legname “ecologico”, che vuol dire ecologico come se un padre assassino che volesse uccidere i propri figli dicesse: Tanto li ho fatti nascere io”. Non riconoscere il diritto di vivere di quest’albero come essere senziente, significa essere totalmente immersi nel buio della ragione, oltre a quello dell’anima.
Tuttavia, non abbiamo ancora finito di sacrificare animali ai variegati Olimpi e divinità, non ultima quella del profitto, così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire, assisteremo ad ulteriori sacrifici di questi giganti verdi, in quasi tutte le città del mondo, piccole o grandi che siano. E quest’altro ennesima prepotente rapina di una vita, estirpata da qualche parte delle montagne alpine per finire come tante altre nelle piazze di molte città italiane e persino in quella piazza che non avrebbe bisogno di introdurre una tradizione pagana, che nulla ha a che vedere con il significato profondo del vero Natale cristiano, condannandolo ad una vera e propria via crucis per un essere vivente che viene reciso brutalmente dalle sue radici, iniziando così una lenta agonia in tutte le sue “stazioni” fino a raggiungere il suo Golgota, dove l’agonia avrà fine senza che il sole si oscuri e il monito di una tempesta improvvisa cali sulle festanti folle, per ricordare che anche un abete è un figlio di quel dio in cui si crede e che comunque, vero o presunto che sia, di sicuro non richiederebbe un tale simile sacrificio inutile e perverso.
Un dio è un dio se crea non se distrugge, e perché mai avrebbe dato una tale meravigliosa e generosa vita a un essere per farlo marcire su un patibolo ammantato di mistificata gioia festiva, e ferito, con il suo sangue verde che trasuda dai tagli e dalle offese del trasporto, umiliato e soffocato dai decori luccicanti, diventa solo un triste simulacro morente coperto dai fuochi fatui delle luci che celano l’agonia del suo nobile corpo e di quelli che sono i suoi polmoni: le foglie, che durante tutto il trasporto e la collocazione in situ, hanno cercato disperatamente e invano di dialogare come prima con le radici senza trovare risposta, perse per sempre.
Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza, si continua a trattarle come se questo non importasse nulla, tanto non gridano come gridiamo noi, quando le spezziamo e le menomiamo. Non gridano? Nemmeno noi grideremmo senza corde vocali, soffriremmo dunque meno alle torture per non gridare come fanno gli ipocriti carnefici delle vivisezioni?
E lo stesso genere umano, che pretende da vari pulpiti di voler proteggere la Natura e l’ambiente che ritiene gli appartengano, non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra. E persino i nuovi celebrati e ossequiati tribuni della salvezza climatica, usano ancora pervicacemente come grido di battaglia quel grido di morte che è la causa principale del disastro ambientale. “ Vogliamo che i governi salvino il NOSTRO pianeta, per salvare il NOSTRO futuro”. Non hai capito nulla, ragazzina del nord, proprio perché da sempre pensiamo che il pianeta e tutto ciò che in esso vive sia “nostro” che è ridotto così, mentre le cose cambierebbero se avessimo la volontà tutti di porre dei limiti alle nostre ambizioni. I governi sono l’espressione dei popoli, sono il frutto del terreno di coltura e non si cambia il frutto se non si cambia prima il terreno in cui la pianta cresce. Sono prima i popoli che non vogliono imparare dalle proprie scelte nefaste.
L’ipocrisia che nasconde il delitto lo giustifica con l’insulto finale del riutilizzo “ecologico” dei tronchi, vale a dire legna da ardere. Come ci riempie di conforto! Togliamo a un albero vivo il diritto di continuare a vivere, ma va bene, perché ne piantiamo altri 40. È esattamente il ragionamento che giustificava i sacrifici umani e di animali nella storia della civiltà umana, sacrificare la vita di alcuni, per garantirsi la benevolenza e i favori del dio di turno, Cambiato qualcosa? E qual’è il dio attuale così potente e munifico da giustificare uno o più sacrifici? Io lo so e penso lo sappia anche chi ha avuto interesse a leggere fin qui.
L’albero che per ora si staglia al fianco dell’albero di pietra, è stato sacrificato non alla vera gioia festiva, ma all’altare dell’ignoranza, all’interpretazione arbitraria e distorta del concetto di felicità e sacralità. Non potremmo esistere senza le piante, non saremmo comparsi su questo pianeta se non fosse stato per i plancton vegetali, né mai dalle distese dei mari saremmo approdati sulla terraferma senza di loro. Le studiamo per carpirne i segreti, tutte le meravigliose invenzioni che hanno realizzato da miliardi di anni, le loro funzioni e le innumerevoli sostanze che esse hanno saputo sintetizzare per la loro sussistenza (senza aver frequentato corsi universitari e laboratori), per la loro diffusione e per l’interazione simbiotica con le altre forme di vita animale. Invece ancora adesso pensiamo agli alberi più che altro come delle “cose” mutevoli ma poco più che sassi e rocce che producono semi, – erroneamente perché quelli che chiamiamo semi sono embrioni – e frutti e che lasciano cadere le foglie in autunno come se seguissero processi automatici, che sbrigativamente e superficialmente definiamo “naturali”, dando a questo termine il più grossolano e superficiale significato e ancora oggi come sempre, nonostante le evidenze scientifiche, quando basterebbero anche solo quelle intuitive, se si fosse in grado di pensare, si crede che siano forme di vita inferiori e non pensanti e comunque suddite della vita umana.
Siamo immersi nella più profonda e ottusa ignoranza, senza riuscire minimamente a immaginare che cosa significhi per una pianta vivere e interagire non solo con l’ambiente circostante, ma con il cosmo, noi che ci reputiamo intelligenze superiori, noi che ci esponiamo ai raggi del sole seminudi sulla spiagge estive con i nostri pensieri corti, focalizzati sulle nostre banalità culturali, come far bella figura al ritorno delle vacanze con una bella abbronzatura, ma per il resto, pensiamo che il sole, fonte di luce o calore per noi non fa differenza, basta che dia luce. Noi, non i nostri organismi, che sono il più delle volte più intelligenti del nostro “superiore” cervello “sapiens,” cercano la luce del sole perché sanno decifrarla e impiegarla. Le piante fanno anche di meglio, sono altruiste, non pensano solo a loro, hanno costruito le condizioni perché la vita organica potesse colonizzare mare, terra e cielo. Non riusciamo a immaginare che le piante, oltre a “pensare” in modo del tutto autonomo, sono anche in grado di comunicare e di percepire molte più cose veramente essenziali di noi e di quante noi possiamo immaginare.
Molto, molto tempo prima che noi smettessimo di considerare il sole una divinità, a cui offrire sacrifici tanto sanguinari e crudeli quanto idioti, le piante sapevano già sfruttare la sua energia in zuccheri carburanti per la vita comune, con sistemi biochimici sofisticatissimi, tuttavia non abbiamo ancora finito di sacrificare animali alle improbabili e pervicaci divinità di molte culture umane, così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire, saremo spettatori dell’ulteriore sacrificio di uno di questi giganti verdi, spezzato, umiliato, soffocato dai decori luccicanti festivi, e condannato come tanti suoi simili più giovani ad una lenta agonia in cui il loro inascoltato gemito di morte si spegnerà fra le luci, le risate e gli abbracci delle festanti famiglie umane o delle loro truculenti cene e pranzi festivi. Queste splendide colonne di vita emanavano la vera gioia quando erano vive, nei luoghi in cui erano nate, fra le pendici montane, con il loro respiro, i loro colori i loro profumi ed poi ricoperte di luci fatue nascondono a malapena la decomposizione mentre sono lasciate ad avvizzire come un triste simulacro di falsa felicità. Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza , la conoscenza scientifica le evidenze di tutto lo scibile di cui disponiamo, della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza continuiamo a considerare le piante come in secoli e millenni di storia umana incolta del passato, e per questo il genere umano è doppiamente colpevole.
Senza contare che perseverare in queste forme culturali di uso indiscriminato delle forme di vita, significa insegnare ai piccoli della specie umana a disprezzarle, invece che ad amarle e non serve poi gridare “Natura, Natura” mentre la si distrugge nelle nostre stesse case, per la nostra proterva ignoranza. E lo stesso genere umano che pretende da vari pulpiti di voler proteggere l’ambiente che pensa di possedere, non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra, nemmeno in quei comportamenti abituali, nella mania di tagliare i loro rami non appena siano sviluppati, privandole dei loro polmoni, e in tutti quei gesti apparentemente innocui, ma offensivi che ogni umano piccolo o grande, rivolge verso le piante in genere, come strappare i rami solo per noia e per impulso, rivelando di non aver assimilato affatto la cognizione che una pianta è un animale e che se produce rami e foglie non lo fa per il sollazzo dei bimbi ma per vivere la sua vita, e se non insegniamo nostri infanti di avere rispetto del ramoscello, dell’arbusto o del piccolo albero, non saremo mai capaci di fermare la distruzione delle foreste.
La gioia che esige il prezzo di una vita – quale essa sia – non potrà mai essere una vera gioia. Se si trovasse un arbusto su Marte o sulla Luna grideremmo al miracolo e lo chiameremmo “vita” e faremmo di tutto per proteggerlo, ma qui, sulla terra lo chiamiamo “cosa”, questo vuol dire anche che imparare e ritenere cognizioni senza capire il loro significato sostanziale equivale a non sapere nulla.
Ma gli eventi passano e passa anche l’illusione della gioia festiva, dei fuochi artificiali, degli addobbi e dei decori e quando tutte le luci della festa si spegneranno, più tardi e altrove, si accenderanno le luci dei piccoli roghi dei pezzi del gigante verde e dei tanti piccoli roghi di tanti altri piccoli di giganti verdi che avranno subito la stessa sorte in milioni di case, ovunque nel mondo, in un atroce farsa di sangue verde. Essere nati o fatti nascere solo per essere torturati e agonizzanti in due settimane di falsa allegria. Come si può pensare, se si ha la capacità di intendere, che un albero mutilato dalle radici, possa portare la vera gioia che manca negli spiriti nelle case umane abitate da esseri che non sanno distinguere ciò che è vivo da ciò che non ha vita propria, potrebbe significare che i veri morti sono tutti coloro che, pur essendo consapevoli, continuano pervicacemente a celebrare una festa della vita che nasce intorno ad una vita che muore mentre ancora anela quella luce solare e quell’acqua piovana che aveva conosciuto nascendo e che gli aveva dato l’illusione del luminoso futuro che gli spettava di diritto. Natale significherebbe Nascita, non morte. Abbiamo pianto per gli incendi che hanno devastato grandi aree di ecosistemi, vale a dire vita vegetale e animale, abbiamo pianto per le tempeste e le trombe d’aria che hanno abbattuto alberi e causato devastazioni, piangiamo o fingiamo di piangere per le foreste tropicali che vengono metodicamente distrutte e piangiamo per i cambiamenti climatici, che sono sicuramente favoriti dall’ingombrante presenza della specie umana su questo pianeta, ma non piangiamo mai per il continuo martirio e massacro di alberi sacrificati alla celebrazione di tradizioni che andrebbero meglio decifrate e vissute per la loro sostanza più che per la forma. La mancanza di sensibilità impedisce la percezione corretta della realtà e induce a commettere errori ed infamie di cui non vogliamo renderci conto da sempre…ma una volta acquisita la consapevolezza delle conseguenze delle nostre azioni perché non agiamo in modo conforme, evitando scelte consapevoli del dolore e del danno che con esse causiamo ad altri esseri viventi? E di queste scelte, siamo “tutti” in un modo o nell’altro, stati o continuiamo ad essere, consapevolmente colpevoli. Fosse anche solo per convenienza, poiché abbiamo bisogno degli alberi letteralmente come dell’aria che respiriamo, invece abbattiamo giganti generosi di vita per trascinarli agonizzanti nella gogna delle piazze delle città tra la folla festante volutamente indifferente alla loro triste sorte e ingiusta fine. Quale senso di gioia può trasmettere una vita che si spegne lentamente tra gli edifici e il traffico o nei saloni delle nostre case? È solo il modo distorto e confuso in cui ci ostiniamo a respingere le evidenze, che ci porta non solo a perpetuare ma ad esaltare i nostri comportamenti più superficiali e deleteri se non perversi. Le piazze cittadine esprimerebbero più felicità con dei semplici addobbi di luci, utilizzando le nostre capacità di simulare artificialmente i simboli di vita, con dei semplici surrogati senza sacrifici crudeli e inutili…che sia rosso e si chiami sangue, o verde e si chiami linfa, il fluido che scorre vuol dire morte…gli aghi degli abeti morenti che cadono sono i rantoli della lunga agonia che sono condannati a subire nelle case umane.
Come ho detto altrove, la vita si difende e si rispetta partendo dalle sue forme più minute e apparentemente insignificanti. Se si vuole salvare la foresta, si deve rispettare il singolo albero e la singola pianta, poiché la vita vegetale sa meglio di noi distribuirsi e interagire con il resto dell’ambiente e non ha certo bisogno del nostro spesso improvvido e incompetente intervento, che di solito arreca più danni e condizioni di pericolo futuro che vantaggi, come fanno molte potature spesso sbagliate, adempio quelle di pini ad ombrello la cui chioma viene continuamente privata dei rami partendo dal basso in modo che l’albero capisce che deve sollevarla per evitare che il “predatore ” di rami mangi tutta la sua chioma e cresce in altezza come le sequoie dello Yellowstone che divennero gigantesche per fuggire alle fauci dei dinosauri che in quelle zone abbondavano. Ma crescendo in altezza il baricentri si sposta in alto rendendo l’albero più esposto ai colpi di vento e ovviamente più instabile anche essendo privato dei rami bassi come bilanciere simile a quelli usati dai trapezisti per mantenere l’equilibrio e infine, le radici sono proporzionali alla chioma perché interagiscono con la chioma pompano tanta acqua quanta ne serve alla chioma e devono fare uno sforzo maggiore per raggiungerla essendo elevata e più lontana, ma non è finita qui, nelle aree cittadine dove il terreno su cui questi alberi (pochi) ancora si trovano, è sempre ricoperto di asfalto o lastricati che impedisce alle radici di respirare e al terreno di arricchirsi delle sostanze rilasciate dalle foglie che cadono, quindi si sollevano per rompere la soffocante coltre di asfalto. Per tutta queste condizioni, “colpevolmente” causate dall’intervento umano; che sorpresa! Spesso i pini cadono in testa alle persone, con o senza la minima folata di vento e distruggono anche i nostri preziosi veicoli.
Quell’albero che è stato ammirato nel Natale appena passato, avrebbe invece dovuto restare fra i pendii di un monte o tra i suoi fratelli dei boschi, a dipingere le pianure di verde, a profumare l’aria delle valli, a offrirsi come dimora per gli uccelli o almeno in un parco cittadino, per attenuare lo squallore delle prigioni di cemento che chiamiamo case. Questo non doveva essere il suo destino, non era nato per questo, né per essere torturato dalla gloria degli orpelli luminescenti festivi che dispensano felicità illusoria come una droga ottica, da aggiungere alla droga delle abbuffate fatte per soddisfare orgasmi organolettici e non per nutrirsi. Tutte cose che non hanno vita, come quella vita che è, era nelle sue foglie e se fosse rimasto nella terra e nell’aria sarebbe stata vita donata a noi anche e che invece lentamente si spegne nello scempio di un bidone della spazzatura in cui non solo il suo corpo si disgrega, ma anche la nostra etica, la nostra coscienza, la sensibilità e finanche la nostra migliore ragione.
In natura, quest’albero sarebbe stato un gigante di sensazioni vitali, mentre nelle nostre case è solo un attaccapanni delle nostre più artefatte illusioni, ma preferiamo godere della loro morte che della loro vita, di quella piena vita che possono offrire per il solo fatto di esistere. Tale è l’insana sostanza della nostra mente e le limitate pulsazioni dei nostri cuori. Se la sacralità delle tradizioni pretende il sacrificio di esseri viventi non può esservi vera gioia né vero amore in esse, solo l’oblio del Giusto e della Compassione. Gli alberi che dovrebbero celebrare tradizioni di altre latitudini ci offrono solo lo spettacolo della loro agonia nelle case e nelle piazze e cosa c’è di più paradossale e folle che celebrare la gioia e il calore della vita uccidendo la vita stessa?
Ed è per questo che il cambiamento climatico è ormai inarrestabile, al pari della nostra inamovibile volontà di non cambiare la nostra mente.
Ennio Romano Forina Dicembre 2018 – Maggio 2020
Un albero ucciso è morto. Cronaca del Natale 201
Questa appendice è rivolta a tutti i livelli di comunicazione, anche quelli internazionali insieme a buona parte del popolo di Roma che si erano divertiti a dileggiare la morte di un albero con un sarcasmo tanto idiota quanto abbietto, un sadismo puerile e ancora continuano a farlo anche in questo difficile evento consumistico e religioso denominato “Natale” e che ancora stanno usando l’appellativo di “Spelacchio”.  In questo divertimento squallido, essi non insultano soltanto la sofferenza e la fine ingiusta di un essere vivente, ma anche l’intelligenza e la sensibilità di chi invece sa vedere la morte, non solo quella dell’albero, ma anche la morte della intelligenza sensibile e del pensiero profondo.Un essere vivente, un abete, muore anzitempo e ci si preoccupa sopratutto della brutta figura, della sua apparenza, mentre dai loculi pubblici dei “social”, spuntano come funghi tutte gli zombi insensibili, senza compassione né anima, facendo a gara per ricoprire con lazzi e sarcasmi vomitevoli e impietosi quella nobile vita, nell’ultima fase della sua agonia. Fingendo di scandalizzarsi, anche o solo per lo spreco di denaro impiegato per avere e per trasportare un cadavere “in fieri” e peggio ancora, preoccupandosi che la sua agonia non sia durata abbastanza a lungo per far gioire il popolo divoratore di “feste”.Questo è il progresso etico, la consapevolezza del valore della vita esistente? Ripianteranno 10, 100, 10.000 alberi? E che differenza fa? Dove sono i princìpi dei cambiamenti, i segni di evoluzione della mente e dei comportamenti? Quest’albero era stato ucciso comunque. Popolo stolto, che irridi alla morte altrui, se non sai sentire la morte degli altri, sei tu che non sei affatto vivo! – Era sacrificato per niente in ogni caso, anche se fosse riuscito a dare una illusione di vitalità mentre si decomponeva lentamente. Dunque dobbiamo invidiare tutti gli altri cadaveri decorati sparsi nelle piazze e nelle case del mondo perché hanno solo impiegato più tempo a decomporsi? Questa per me non è festa, ma una dolorosa constatazione che niente è cambiato e niente cambierà finché la mente umana resterà sempre ottusa a raccontarsi le stesse vere storie di orrore travestite da false favole. Possibile che questo stupido mondo umano, non sappia che la gioia e la morte non possono coesistere? Alberi di Natale e bestie da macello; è la stessa cosa, il fatto è che non esistono bestie e alberi da macello. Esistono animali e alberi e VERITA’ da noi bestialmente macellate.

Ennio Romano Forina 2017/2020

Il Fallimento della Mente

Dove la mente umana fallisce miseramente, non è tanto nella conoscenza delle cose, ma nell’elaborazione e nel cattivo uso che fa delle consapevolezze e delle evidenze acquisite durante il percorso storico- evolutivo, e di fatto, mentre si proietta in avanti realizzando tecnologie sempre più complesse e potenti, sul piano etico rimane a sguazzare nelle paludi nebbiose ed ottuse dei primordi. Ogni individuo di questa era è in grado di capire che tutto ciò che nasce, cresce e vive, lo fa intelligentemente e sensibilmente, per le stesse ragioni, gli stessi sentimenti e seguendo gli stessi impulsi che muovono le “nostre” azioni e motivano le nostre esistenze e i “nostri” sentimenti. Tuttavia, nonostante l’attuale, maggiore consapevolezza di tutto ciò che è palese ed innegabile, noi ci comportiamo ancora con le forme di vita come se fossero sassi, delle semplici cose.
Delle due l’una: o la comprensione della mente umana è solo apparente e si ferma da sempre nella semplice constatazione di causa ed effetto, senza minimamente comprendere l’essenza e la ragione delle cose, oppure è talmente malvagia e distruttiva che non ha mai voluto generare nessun freno etico, che impedisca di fare del male al resto del mondo vivente. Io penso che siano vere ambedue le cose. È evidente che il genere umano stia ancora proseguendo nel suo delirio di egoismo ed onnipotenza seguendo la legge della clava, appena attenuata e controllata dalle leggi punitive e coercitive, che servono come argine agli eccessi agli abusi individuali, ma sono disegnate e agiscono sempre nell’ambito dell’egoismo di specie e non in quello dell’etica universale. Se un ideale tribunale cosmico chiamasse un giorno a giudizio la specie umana, non vi sarebbero attenuanti per giustificare i suoi delitti e mitigare l’inevitabile condanna. Io penso che quel tribunale esista.

Ennio Romano Forina

Riflessioni Dolorose di Una Notte di Mezzo Autunno

Ma in fondo che differenza c’è fra il mito della razza superiore e il mito della “specie” superiore? Ambedue sono farneticanti presunzioni basate su nessuna evidenza profonda, scientifica o etica elementare, ancora di più considerando che le azioni “bestiali” che compie la specie umana, sono infinitamente più crudeli, devastanti e non utili agli equilibri del mondo vivente, di quelle compiute da qualsiasi altra specie. Non basterebbe una enciclopedia per elencarle tutte. Ambedue si fondano su presupposti arbitrari, sia che provengano dai dettami di religioni che dimostrano di non aver compiuto alcun progresso conoscitivo ed etico, che rifiutano quelle evidenze della logica che non sono convenienti, ma che allo stesso tempo usufruiscono delle scoperte e delle realizzazioni di quella stessa razionalità rifiutata. Sia altresì che provengano dai dogmi della religione della scienza, quasi sempre aderente se non asservita agli stessi parametri di convenienza delle altre religioni, prima fra tutte quella del profitto. Tutte cose tranquillamente accettate e metabolizzate dalla comune consapevolezza mondiale, che ritiene giusto e necessario tutto quello che conviene, quali che siano le latitudini di origine ed il proprio retaggio storico e ancestrale. TUTTE concordano nel saccheggio indiscriminato di ogni forma vivente arrivando alla perversione massima, farla rigenerare allo scopo di sfruttarla, torturarla e massacrarla, nei più crudeli dei modi. Nemmeno il nazismo e molte altre esemplari tirannie, che hanno da sempre esercitato la violenza e il sopruso all’interno stesso di questa specie superiore arrivavano a tanto. Per comodità d’uso, agli schiavi di tutti i tempi, era consentito riprodursi per poter sfruttare anche l’energia dei loro figli, è abbastanza analogo a quello che si fa con gli animali costringendoli a replicarsi per continuare all’infinito a rapinarli del loro latte delle loro carni delle loro pelli, ma in modi infinitamente peggiori. Di superiore e di specifico c’è solo l’ipocrisia e la capacità di deformare le verità, come coloro che gridano contro il razzismo, confondendo l’intolleranza con quest’ultimo, non per vera superiore empatia ma per ragioni faziose, ignorando totalmente che la motivazione fondamentale da sempre addotta per ogni arbitraria discriminazione mistificata come naturale, ovvia e persino giusta, è esattamente la stessa che giustificava tutti gli schiavismi e tutti i razzismi, tanto per gli umani quanto da sempre, per gli altri animali. Purché ci si trovi dalla parte vincente, che da sempre ama definirsi superiore per diritto divino ma che non è altro che la legge abbietta del più forte. Che la si applichi per gli umani o per gli animali o le piante non fa differenza; la matrice perversa è la stessa.

Continueremo quindi a definirci superiori e a lottare e distruggerci fra noi per decidere chi sia il più degno e prediletto figlio dell’Ente Supremo, ma tutti insieme, di comune accordo e senza conflitti, continueremo ad asserire e validare le regole che consentono a tutti il massacro e il sacrificio perpetuo degli altri esseri viventi. Perpetuo…a tempo determinato…la Natura ha la visione lunga e sa aspettare il momento adatto per ristabilire la sua armonia. “Cognoscere et memoria tenere”… Anche in questo 19 Novembre, come in ogni giorno non è possibile essere privi di coscienza e non è possibile restare muti di fronte a tale scempio.Ennio Romano Forina…almeno per quelli che amano la Vita e non la distruggono.

IL Colore Giallo dei Nobili Intenti

Tutti applaudono al“nobile” intento
della ricerca di una cura per le nuove epidemie virali,
mentre trascurano con colpevole indifferenza
la ricerca delle “ignobili” e vere cause di queste.
Quando lo stesso mondo scientifico, da vari decenni,
definisce questi inediti ceppi virali come zoonosi,
nuovi virus derivanti da animali
che nelle condizioni orrende degli allevamenti intensivi
e con gli esperimenti incontrollati sanno diventare
più pericolosi e in grado di compiere salti di specie.
Ma è noto che la realizzazione di una cura
può generare enormi profitti per alcuni
mentre l’eliminazione delle cause
si tradurrebbe in ingenti perdite
per tutti quelli che devono le loro ricchezze
al sangue, alla carne e all’olocausto continuo e di massa
di miliardi di animali, resi schiavi e sacrificati
a quell’unico dio adorato da sempre
da tutto il mondo umano: il denaro.
Ennio Romano Forina

Spazi Vitali

È paradossale ma è anche
un segno evidente di cecità scientifica e politica,
che mentre nel mondo si obbligano popoli interi
a rispettare opportune condizioni di distanza
e ad evitare affollamenti di qualsiasi genere
per contenere la diffusione dei virus,
non si fa cenno e non si interviene
su un uguale “distanziamento” degli animali,
prigionieri negli orrendi allevamenti intensivi,
costretti solo a “resistere in vita”, senza spazi, aria e luce,
ammassati nei loro escrementi e sangue,
malati e con le difese immunitarie azzerate,
subendo sofferenze indescrivibili
fino al momento della loro barbara uccisione
essendo di fatto generatori e diffusori di virus
molto più di quanto possiamo esserlo noi.
Ennio Romano Forina

Paura Tiranna

Le tirannie peggiori
sono quelle che instaurano il loro dominio
in modo subdolo,
attuando una serie di imposizioni
apparentemente indispensabili,
tuttavia controverse, discordanti
e spesso prive di logica,
che, nell’intento dichiarato di combattere
un nemico della salute pubblica,
sopprimono gradualmente
il diritto di essere sanamente liberi.

Da sempre, i dispotismi si sono affermati sfruttando un clima di paura diffusa che offuscava e inibiva le libertà individuali e collettive, di continuare a vivere, ragionare e pensare operativamente e liberamente.

Implementare e aumentare i mezzi di contrasto, contenimento e cura, senza reprimere e avvilire i salutari benefici della libertà e delle libere attività.
Spesso le cure si sono dimostrate peggiori dei mali, senza una equilibrata e completa visione degli eventi, non serve diffondere soltanto paura che non può dare nessuna direzione, serve piuttosto una saggia consapevolezza costruttiva e operativa nella ricerca anche delle cause del male e non limitandosi a contenerne gli effetti. E che sia sfuggito da un laboratorio o dagli allevamenti intensivi e dai disequilibri causati dal devastante impatto dei perversi soprusi umani sul mondo vivente, o da tutti questi fattori insieme, alla fine dei conti siamo noi i veri responsabili del nostro stesso male.

Ennio Romano Forina

Stati Pandemici di Allucinazione

La pandemia non cambierà il mondo umano, non spazzerà via le sue illusioni di onnipotenza e nemmeno potrà eliminare dalla mente collettiva la presunzione di un falso progresso, che  impedisce la giusta visione delle cose, costruendo mistificate, improbabili certezze, talmente fittizie che basta un minimo soffio di vento avverso, per farle crollare e sparire, mostrando il baratro verso cui si sta dirigendo da tempo. 

I potentati aristocratici, che di nascosto dettano le regole e i costumi ormai in questo processo di globalizzazione imposta, spesso nel nome ipocrita del bene dell’umanità, mentre pensano a mantenere salde le loro egemonie e i loro profitti, si illudono ancora una volta di sfruttare la paura dei popoli per trarne vantaggio, come è sempre stato, ma al punto in cui in questa era l’umanità è giunta seguendo i falsi miti di potere e supremazia, alla fine non ci sarà vantaggio per nessun potere, nessun popolo e nessun individuo. 

Di solito, l’umanità si ferma a riflettere solo dopo gli immani disastri che causa al sistema vivente e a se stessa, fin quando i disastri sono contenibili per quanto devastanti, ma prima o poi potrebbe non esserci più nessuna cenere superstite delle sue pervicaci opere di distruzione da cui poter risorgere .

Io non vedo elementi di una possibile inversione di rotta, poiché come sempre, si cerca solo di contenere gli effetti e spesso, persino trarre perversamente profitto dall’opera di contenimento di questi effetti, dimostrando che un vero ravvedimento non si scorge all’orizzonte e confermando il fatto che sia la stessa natura umana mai realmente evoluta, la vera causa di questo come di altri antichi mali generalizzati e che essa non è in grado e non vuole affatto cambiare direzione e nemmeno rallentare. 

La chiave per decifrare questa asserzione sta nel fatto che ancora una volta si corre ad arginare gli effetti senza voler cercare, riconoscere e ammetterne le cause, per la semplice ragione che si dovrebbe cambiare la natura stessa dell’umanità, reprimendo la sua brama di possesso, la sua insaziabile voracità e pretesa di controllo su tutto. Al contrario, nonostante tutte le evidenze che riconducono ai suoi eccessi le ragioni dei disastri, non sento nemmeno l’eco di una parola dagli organi ufficiali, sui devastanti effetti degli squilibri ambientali, tra le specie e nella biodiversità, per gli allevamenti intensivi che favoriscono le mutazioni e le diffusioni dei virus e sullo stessa densità ed eccessiva presenza dell’animale umano in ogni settore del pianeta, essendo l’animale che consuma, inquina e avvelena la biosfera più di ogni altro, per via della enorme quantità di prodotti che rapina, produce e usa nell’arco di vita di ciascun individuo. 

Pensare che tutto questo possa essere attuato e convenientemente metabolizzato dall’azione benefica della biosfera per sempre, è pura follia, per il semplice fatto che si sta distruggendo la capacità della biosfera di metabolizzare i nostri virus, cioè i nostri veleni. 

 I virus si sono visti diffondere da alcuni decenni ed era evidente che la causa delle loro pericolose mutazioni fossero dovute all’impatto brutale della presenza umana sul mondo vivente nell’insieme, ce ne sono molti in giro che aspettano solo le condizioni opportune e compiere il salto di specie, e non saranno le mascherine e  i “nostri” distanziamenti da soli a salvarci sempre da essi. 

È talmente paradossale e persino surreale che, mentre parliamo di distanziare gli individui fra loro, non vediamo la necessità di “distanziare” i poveri animali, che a miliardi soffrono negli allevamenti intensivi umani gli inferni che abbiamo costruito per loro. 

È acclarato e inconfutabile, che queste epidemie sono zoonosi, che provengono da altre specie animali maltrattate, massacrate e fatte ammalare per i sistemi orrendi in cui le facciamo “sopravvivere” prima di essere sacrificate ai nostri vizi, meno che alle nostre necessità. Se questa regola vale per noi ora come mai non è valsa per gli animali negli allevamenti intensivi prima? Non c’è, mi risulta, nessuna disposizione mirata a risalire all’origine della pandemia per iniziare finalmente a guardare la verità e non a limitarsi a distruggere le prove dei nostri misfatti bruciandole nel rogo della menzogna.

Ma non ho sentito nessuna dichiarazione politica, scientifica, intellettuale o religiosa, che richieda, auspichi e suggerisca con forza ai parlamenti globali, di mettere fuori legge gli allevamenti intensivi e anche di iniziare a restituire alle specie viventi i loro legittimi territori in modo da non creare i destabilizzanti e pericolosi effetti della distruzione degli equilibri e delle interazioni tra tutte le specie, invece noi ancora ci dilettiamo ogni giorno a modificare e distruggere, violentando brutalmente quel fenomeno di intelligenza vivente che chiamiamo Natura, che ci preoccupiamo di salvare solo per continuare a rapinarlo ed a trarne profitto.
Sarebbe davvero il segno di un vero passo evolutivo, mentre ora ci comportiamo peggio dei nostri antenati preistorici.

Il nostro tocco è letale, molto più velenoso di qualsiasi altro veleno concepito e utilizzato dagli organismi viventi per difesa o predazione, poiché non è specifico e limitato come il loro, ma generalizzato e smisurato e in grado di avvelenare interi ecosistemi, non già una semplice preda. 

Questa umanità sembra gestita da pazzi ubriachi di onnipotenza, che guidano masse di tonti, schiavi delle loro angosce e della loro indifferente superficiale attitudine, purché si ricevano i trastulli che dovrebbero compensare il vuoto della realtà globale ludica, falsamente gioiosa ma di fatto nichilista. 

Tutte le guerre hanno fatto fare balzi in avanti alle tecnologie e molti dei comfort moderni sono dovuti alle intelligenze “deboli” di scienziati, ricercatori e tecnocrati che si sono impegnati nell’ideazione e sviluppo di sistemi di distruzione piuttosto che di creazione e persino i nostri processi “creativi ” migliori sono tali quasi sempre solo per noi, mentre per il resto del mondo vivente rappresentano un cancro e una immensa ingiustizia. 

Questa specie non sarà distrutta da uno o più virus o dai cambiamenti climatici o da invasioni aliene, il suo veleno vero e più pericoloso è dentro di essa da lungo tempo, un virus che l’umanità non vuole riconoscere, men che meno combattere, ma che anzi, venera come fosse il suo dio, il suo mito e la sua certa, tragica direzione. 

Ennio Romano Forina.

Pensiero Debole e Visione Corta.

JUNE, 7 – 2013 by ENNIO FORINA da: ” Note Di Un Viaggiatore Della Mente”.

“Qualcuno dice di non avere ha più il tempo, altri la possibilità, o la volontà, o la capacità e nemmeno il desiderio di riflettere, accettando le cose come sono. Ma la maggior parte di persone non ha tutte queste cose insieme ed è per questo che il genere umano sta procedendo ancora una volta verso il baratro, forse il peggiore di sempre, perché senza la riflessione profonda non vi è saggezza,…e senza la saggezza esiste solo la devastazione della barbarie”.

Il Tocco Fatale di Mida

Erano, ricordo, tutti alla ricerca del caso zero, ma molto meno interessati alla “causa” zero, come se non fosse importante risalire all’origine dalle condizioni che hanno favorito lo sviluppo di questo nuovo ceppo virale, in grado di compiere il salto fatale da specie a specie. Questo è il problema maggiore della società umana globale: il pensiero debole e la visione corta, o nessuna visione del tutto. 

Eppure, adesso ci danno i consigli migliori, ora che l’epidemia è in pieno corso e bisogna chiedere un finanziamento. per comprare un paio di bottigliette di disinfettante e due mascherine, ma tant’è un pochino di sana e moderata prudenza non sarebbe stata superflua sapendo che in questo pianetino, piccolo, piccolo e così sovraffollato nel Cosmo, tutto viaggia e si trasferisce da un continente all’altro, trasportato dai venti, dalle correnti marine dalle nubi e infine sopratutto da noi.  

Abbiamo visto la “nuvoletta” radioattiva di Chernobyl invadere tutta l’Europa e oltre, era una minaccia invisibile, non potevamo accorgercene, ma il bagno di radiazioni ce lo siamo fatti tutti, alcuni anche nel grembo delle loro madri, anche lì c’era un evidente rischio potenziale, una causa “zero” del disastro nucleare che rappresenta ancora e per molti anni a venire una minaccia, tuttavia ignorata dalla maggior parte delle nazioni, visto che le centrali nucleari si continuano a costruire e le scorie non si sa bene dove finiscano. 

In Asia, mi sembra ci siano molte centrali nucleari e quante ce ne sono nel mondo intero? Visto che ne basta una fuori controllo per inguaiare mezzo mondo per secoli? Fino a che non succederà ancora. Fino alla prossima volta.

Ma ora finalmente, abbiamo degli input seri, ponderati ed efficaci, prima no, non si poteva allarmare, era meglio non parlarne. Eppure io sono convinto che se ci fossimo allarmati un po’ prima, non ci saremmo allarmati così tanto adesso. Tra l’altro nell’altalena dei “stiamo sereni, ma preoccupiamoci” sublime ossimoro della classe “dirigibile”  italiana sempre trascinata nei vortici dei venti dei sondaggi e preoccupata di compiacere più che di essere di beneficio, si evidenziano le più assurde contraddizioni e incertezze, evitare gli assembramenti, la folla, lavarsi spesso le mani con detergenti disinfettanti e uno stato di buona salute, avere il sistema immunitario efficiente, tutte cose valide anche per le influenze stagionali, ma in ritardo, si sarebbe dovuto dare più enfasi a queste informazioni utilissime, anche senza l’immanente arrivo di una nuova epidemia, ma prima dell’inizio della solita influenza stagionale che tra l’altro include varianti di virus già conosciuti, invece si consigliano solo i vaccini, sempre e solo i vaccini. 

Si cerca sempre la soluzione più improbabile e costosa, chissà perché. Quando accadde il fenomeno della “mucca pazza” che pazza non era, ma era la pretesa demenziale di alimentare degli erbivori con proteine animali di scarto, e dopo poco tempo venne messo a punto un vaccino ovviamente sperimentato su altri animali innocenti sacrificati ai profitti dell’industria, per neutralizzare la malattia che derivava dal consumare le carni dei poveri bovini. Un vaccino? Non sarebbe stato più intelligente ammettere la pazzia umana e non quella della mucca e tornare ad alimentare i grandi erbivori con i vecchi e sicuri foraggi d’erba e magari lasciarli pascolare all’aperto, nel loro ambiente, e senza provocare anche i nostri organismi a reazioni imprevedibili? 

E non sarebbe meglio ora impiegare le migliori risorse mentali anche per indagare sulla causa, sull’origine di questa variazione, dato che negli ultimi decenni ci siamo trovati in varie occasioni di fronte all’insorgenza di nuovi pericolosissimi virus, volenti e capaci di adattarsi per invadere le cellule di organismi diversi da quelli per loro soliti? Consideriamo alcuni fattori certi: i virus sono esseri viventi, e che ci piaccia o no, sono anche molto intelligenti e in grado di sfruttare le situazioni per loro più vantaggiose. 

Il virus del raffreddore è antico e ci colpisce da tempo immemore, perciò è diventato “benevolo”, poiché in effetti qualsiasi virus non ha nessun interesse a uccidere il proprio ospite, ma cerca solo un terreno fertile di cellule vive per potersi replicare il più possibile, come del resto fanno tutte le forme viventi, noi compresi. E non è verosimile che per la loro intelligenza, preferiscano cellule sane di organismi sani piuttosto che replicarsi nelle cellule spente di organismi malati e fortemente depressi come presumibilmente sono le cellule degli animali che soffrono pene indicibili negli allevamenti intensivi di tutto il mondo? Sfruttando la loro capacità di modificarsi e adattarsi così come fanno i batteri.

Il virus da raffreddore può dare disagi più o meno seri, in relazione alle condizioni immunitarie del soggetto. I virus passano da un organismo all’altro veicolandosi nell’aria con le microscopiche goccioline emesse respirando, parlando, e sono così capaci di risorse che io penso sia evidente che starnutire non sia affatto un sistema che l’organismo raffreddato usa per liberarsi dai virus, ma una reazione che il virus stesso provoca per infettare altri organismi più efficacemente facendosi “sparare” all’esterno  il più lontano possibile.  

Ciò detto, vorrei precisare che sono abituato a svolgere le mie ricerche secondo processi di indagine intuitivi, mettendo insieme le varie informazioni ed evidenze per poi sintetizzarle in un sistema logico e mi chiedo, se a noi per contenere la diffusione e il contagio di una epidemia indicano di lavare spesso e bene le mani, disinfettare, evitare assembramenti, coprirsi il naso e la bocca quando si starnutisce o si hanno colpi di tosse, se si deve restare ad una certa distanza di sicurezza da altre persone e mantenere in gran forma il nostro sistema immunitario, questo vuol dire che, in assenza di queste condizioni, un virus vecchio o nuovo che sia farebbe la bella vita e tutti i suoi comodi anche nell’animale umano, ma queste non sono le condizioni degli allevamenti intensivi e nella maggior parte degli allevamenti di tutto il mondo, per cibo e pelli, per miliardi di persone che ogni giorno si nutrono di ogni tipo di animali, che da quanto si evidenzia da filmati elargiti generosamente nel web – che ha il pregio di rendere note certe orrende realtà -, vengono mangiati anche crudi e persino vivi. 

So che continuerò a denunciare questa orrenda realtà fino a che questa realtà esiste; polli, suini, bovini, pecore, capre, cani, gatti, oche, pipistrelli, serpenti, topi, insetti e qualunque cosa palpiti di vita, tutti mischiati insieme da vivi e da morti negli allevamenti industriali e nelle fattorie piuttosto che nei cortili domestici  addensati, stipati e pressati dalla nascita alla morte, in condizioni igieniche orrende e trasportati in camion, legati e avvolti strettamente in reti come sacchi di patate anche se le patate godono di maggiore spazio dei cani, gatti che si vedono nei video online, dove sono schiacciati fra loro fino a essere scaricati nei mercati dove vengono indifferentemente, suppongo a richiesta venduti vivi, uccisi sul posto o scuoiati vivi,bolliti vivi a fuoco lento, nei mercati stessi o nei cortili familiari, ma davvero tutti gli scienziati non si rendono conto del pericolo insito negli allevamenti di miliardi di animali tenuti nelle condizioni più favorevoli allo sviluppo di infezioni massive e mutazioni opportunistiche? E i politici, i media, pensano che a questi poveri animali si lavino le zampe e vengano disinfettati e possano godere di buona salute e che i loro fiati e umori separati e che se “starnutiscono” o vomitino il loro sangue, possano mettere la zampa davanti alla bocca, ai becchi per evitare di contagiare gli altri, che sono ammassati sopra e sotto di loro? E se un virus presente in un pipistrello vede l’opportunità, che modificandosi un pochino, come i virus sanno ben fare, per trovare altre territori di replicazione, pensano che vogliano rinunciare a simili occasioni?

Virus, batteri e insetti, hanno largamente dimostrato di non essere semplici e stupidi meccanismi biologici di replicazione, esistono da miliardi di anni e non sono affatto nella lista degli esseri viventi in estinzione, abbiamo imparato a difenderci in qualche misura ,ma vincerli è una illusione e tra l’altro sarebbe anche sbagliato e pericoloso, come è sbagliato e pericoloso modificare i vegetali, creando immense monocolture, clonando gli animali o facendo geneticamente aumentare i loro corpi e tutti gli altri esperimenti e stregonerie che ci piace fare e non per conoscere la vita ma per capire come la si possa sfruttare più di quanto non la stiamo già sfruttando. 

Gli OGM sono un pericolo altrettanto grande del cambiamento climatico. Le bombe nucleari ci hanno finora salvati da una terza guerra mondiale, ma gli OGM, i disinfestanti, le monocolture, potrebbero distruggerci senza nemmeno che ce ne accorgiamo. Ma anche in questo caso il problema è sempre lo stesso, l’avidità del profitto, alleata e complice del delirio di onnipotenza. L’Oro rosso, il sangue degli animali… l’Oro verde, la linfa degli animali vegetali, che possiamo trasformare nell’antico, omnipotente Oro giallo, che non si mangia e non dà vita, ma che ci dà il potere. 

I popoli umani globali sono da sempre in conflitto tra loro, si fanno guerre piccole e grandi, guerre combattute con le clave delle armi e guerre con la clava del denaro, si fanno rivoluzioni per e contro qualcuno e non per delle idee benefiche in senso universale. Si gioca al surrogato della guerra, chiamandolo sport e divertimento, ma in fondo è competizione, una forma di conflittualità mitigata, incruenta ma la sostanza del prevalere, è la stessa della guerra vera. L’impulso barbaro del conflitto pervade l’intera umanità da sempre e si placa solo dopo che ha provocato grandi disastri e massacri, ma per poco tempo, è un circolo vizioso che si ripete,  ma su due cose tutti i popoli della terra e della storia in culture diverse, sono stati e sono da sempre in accordo, fare la guerra e trattare gli altri animali come schiavi e oggetti senza diritti e in misura e modi diversi sono stati sempre d’accordo anche nel sottomettere le donne alle culture e alle varie mitologie inventate apposta per giustificare in pratica il dominio e l’arbitrio del più forte sul più debole. 

Uno stesso destino ha quindi accomunato le specie animali nell’oppressione subita e il genere femminile, proprio perché sia gli animali che le donne, rappresentano la sostanza e l’essenza del mondo vivente. Ho da tempo pensato che la vera ragione per cui l’uomo, cioè il maschio umano, odia e vuole possedere e controllare le donne, non sia solo per soddisfare i suoi impulsi sessuali quando fa comodo, se non in parte, ma per invidia, poiché sia le femmine umane che gli animali, non si annoiano mai, sostanzialmente la loro natura creativamente immersa nell’essenza dei principi vitali, rende le donne e gli animali esseri che sono semplicemente felici di esistere, e questo genera invidia nell’uomo che in fondo sente di non avere questa certezza e pienezza dell’essere dato che ai maschi è stata assegnata una posizione complementare e non sostanziale nel processo creativo e generativo, come del resto lo sono tutti i maschi nel mondo animale, che spesso, dopo aver fornito il loro bagaglio genetico alle femmine vengono tranquillamente eliminati o escono di scena. 

Un uomo non può essere creativo come la donna e non può essere felice come gli animali, perché si è distanziato dalla funzione perfetta che le donne sentono nella loro essere madri, mentre gli animali, maschi e femmine, vivono insieme senza artefici di un cervello razionale opportunista e subiscono da sempre la rapina e l’oppressione della schiavitù. 

Il Re Mida, aveva ottenuto per gratitudine dal dio Dioniso, il dono di trasformare in oro tutto ciò che toccava e questa è infatti, l’ambizione primaria di una umanità governata in grande prevalenza da uomini che per gelosia, invidia e noia, riempiono i loro vuoti esistenziali rapinando la vita degli animali e schiavizzando e imprigionando le donne in modi più o meno evidenti, più o meno oppressivi. Con questo io non scagiono le donne dal vizio umano del delirio di onnipotenza e dalla crudeltà e indifferenza a loro volta verso gli animali, esempi ne possiamo fare molti, donne cacciatrici e impellicciate che sorridono dei pezzi di cadaveri che indossano come trofei e che non esaltano la loro bellezza e semmai le rendono goffe e ridicole belle e meno belle che siano, ma è pur vero che l’amore e l’impulso materno innato le rende più naturalmente sensibili e amorevoli in senso universale, in quanto l’amore materno è un sentimento universale e non potrebbe essere altro. 

Anche nelle società più illuminate da varie rivoluzioni, che hanno dovuto ammettere una condizione di apparente parità tra uomini e donne, resta sempre un sottofondo di predominio maschile, mentre altrove esiste, si attua ed è legge, una vera e propria oppressione e sottomissione del genere femminile. 

Sembrerebbe che questa divagazione sulle specie e sui generi, non sia attinente al tema iniziale di questa riflessione, invece lo è, perché ogni nostra azione e credo, alla fine ha sempre un senso e un riflesso universali. Se siamo buoni per scelta, lo saremo sempre e per tutti, se siamo cattivi e crudeli lo saremo sempre e per tutti, chi uccide un animale con quell’atto supera un confine preciso, il confine fra compassione e una diversa dimensione, passando quel confine, dove la compassione finisce comincia la sua capacità e volontà di assassinare, quindi l’inferno. 

Se sceglie e vuole possedere, una donna, un animale, delle ricchezze, nella sua mente la “funzione” primaria sarà quella di voler possedere qualsiasi cosa. Ecco perché io penso che il tocco di re Mida è la metafora della specie umana. Il potente re che non si accontentava di ciò che aveva ma voleva tutto, usando il potere di trasformare in oro tutto quanto toccava; noi facciamo lo stesso, vogliamo sempre di più quello che non ci serve, non è cambiato niente nei millenni. Non ci accontentiamo mai, come il Mida ingordo pretendiamo e ci illudiamo di trasformare in oro tutto quello che ci circonda mentre in realtà, uccidiamo quello che vogliamo possedere, come re Mida uccide la sua propria figlia toccandola. Solo che la nostra capacità di trasformare gli elementi e di crearne di nuovi non viene da un dio, viene dalla creatività della vita, che ci ha fornito questi micidiali e onnipotenti attrezzi: le mani di cui abbiamo largamente abusato. 

 Per questo diciamo di voler salvare questo “nostro” giocattolo prezioso che non ci appartiene affatto; per la nostra  noia, il nostro vuoto e per invidia, non sopportando la felicità che il mondo vivente esprime, mentre noi, siamo così miseramente infelici, che nel tentativo di costruire un nostro paradiso artificiale in Terra distruggiamo quello vero e al suo posto realizziamo il vero inferno.

Ipocrisia! Salvare il mondo per continuare a rapinarlo di vita all’infinito e non per amore. Ma il giocattolo della vita disprezzata, umiliata e uccisa è delicato, non è come i diamanti, non è per sempre, e non è mai stato un dono. Gli uomini vedono tutto come ricchezze da possedere e da divorare, hanno trasformato le donne in “oro” e le hanno uccise nelle loro esistenze e spesso nelle loro vite, uccidono gli animali per la stessa ragione e uccidono la Vita nella Natura, ma alla fine la Vita non può amare chi non sa amarla e non la rispetta e prima o poi reclama ciò che appartiene al Suo grande Disegno .

Ennio Romano Forina – Gennaio 2020

L’intelligenza d’Amore

Splendida, dell’intelletto d’Amore mistica luce,

se tu fossi dea invocherei il tuo aiuto

per infondere benefica ispirazione

in questo arido umano mondo

pieno soltanto della sua follia,

dove solo poche anime generose,

vaganti nei deserti dell’indifferenza,

ferite dall’invidia e dalla supponenza

ora si aggregano alle forze della Vita

per far scudo con i loro cuori

agli esseri viventi e alla loro libertà,

ma ancora assistono impotenti

nella furia che aumenta,

allo scempio umano che distrugge e uccide

senza rimorso e senza compassione.

Solo un’anima vera può sentire

di un’altra anima la presenza e l’energia

Anime vere dunque, nella tua luce immerse

mentre le altre sempre insoddisfatte

nel loro erratico vagare intorno

vogliono solo saziarsi di rapina e di possesso.

Non hanno mai davvero conosciuto

del tuo intelletto la visione,

ebbre di tutto quello che come una droga

non soddisfa ma rende soggiogati,

non nutre e non sazia mai

nemmeno quella parte di mente

che è la fedele alleata della pancia.

Temono la solitudine e non lo sanno,

ma invece di nutrirsi della compagnia

di tutti gli esseri viventi

se ne stanno insieme ad altre solitudini

tra la paura di unire il proprio agli altrui destini

e il terrore di essere disgiunti e alla deriva.

Odiano ciò che vorrebbero amare

e finiscono con l’amare

ciò che dovrebbero invece detestare,

disprezzando chi tuttavia li ama

inseguono chi non li desidera davvero,

in dislivelli di coscienze e barriere diffidenti,

e per non saper riconoscere l’amore,

si perdono inesorabilmente

in precipizi alternanti a impossibili salite,

nel loro andare incerto e senza direzione.

Ingenue menti, che confidano nelle nullità.

Mani tese invano, verso mani ritratte

che si tendono e annaspano

nel vuoto abisso delle incomprensioni.

La paura nuova è un involucro, una corazza

non la crisalide di una trasformazione ma una bara,

in cui si estinguono le più alte percezioni,

la paura che non difende come quella antica,

ma incatena e lega agli artifici

negando la vera essenza delle cose,

rende orfani e persi nello sperduto mondo

fatto di certezze vane e senza consistenza.

Nemmeno il ricordo orrendo della storia

che rinnova i suoi orrori senza fine,

come se mai fossero successi,

serve a dare alcuna direzione,

dicono di non aver bisogno di nulla

mentre annaspano, aggrappandosi ai relitti

dei vascelli delle presunzione,

milioni di volte naufragati

che senza timone, spinti dai venti dell’ego,

erano stati lasciati andare alla deriva, perdendosi

senza capire che i cuori

sanno dove approdare meglio delle menti,

loro invece vanno eternamente

alla ricerca di sostegno e di un riferimento

che li renda falsamente felici

ma solo per sé stessi.

Egoismo puro, questo è il fatale errore,

cercare senza sosta la felicità propria

mentre basterebbe seguire i veri palpiti dei cuori,

verso l’armonia, come tutto ciò che esiste,

eppure non lo sanno ancora,

non possono vedere dove si son smarrite,

ancora prima di iniziare il viaggio.

Come la volpe di una antica favola

disprezzava l’uva fuori della presa,

così l’umanità disprezza sé stessa,

perché non sa parlare alle sue parti,

e pensa che siano esse a non comprendere

parole che non hanno alcun valore di sostanza.

Umanità che si prende molta cura

dell’oggetto che non dà sensazioni

mentre opprime le sensazioni vere che pulsano di vita.

Spianano territori immensi, boschi e piccoli giardini,

pensando che ciò che è sterile è sicuro,

si chiudono al sentimento che impaurisce

perché non si può sentire nulla

senza prima abbattere le inutili difese

contro una paura sconosciuta

che non è altro che la paura senza nome,

solo la paura di sé stessi.

So, di molte anime belle,

che tra le rovine dei sentimenti,

si schiudono come fiori anelanti alla luce dell’amore,

affiorano persino dai terreni ostili e spenti,

anche senza nutrimento provano a splendere

ma sono presto deluse, ferite e calpestate

e strappate a tutte le speranze.

Eppure non si stancano mai,

e ancora provano a spuntare come erbe ostinate

tra i detriti e le scorie degli oltraggi,

tra i ceppi e i sassi devastati dal passaggio

dei divertimenti delle mandrie umane.

L’amore che unisce due corpi

non è lo stesso che unisce due destini,

in un viaggio parallelo di anime cercanti,

in un gioco di attrazioni e conoscenza senza fine,

due corpi possono restare insieme

anche per sempre o per lungo tempo,

senza che le anime arrivino a toccarsi,

ma quello non è amore, è solo convivenza,

essere uniti così è solo un’illusione.

Perché un’anima possa un’altra anima sfiorare,

deve uscire dai labirinti della mente,

saper rifiutare le lusinghe che la ragione offre,

in cambio del tocco dell’essenza delle cose.

Amore non è un pacco di condizioni senza rischi

le attitudini umane falsate dalle convenienze,

affondate nel perfido egoismo,

nella paura di commettersi, di impegnarsi,

desiderando di avere ciò che non si ha

mentre si fugge da ciò che si può condividere,

amare è ben più che una connessione

o un mutuo scambio di favori,

amare è una fusione di libertà diverse,

che non perdono la loro indipendenza

pur essendo unite in un viaggio senza fine,

in flussi di energie che si allacciano

e si slegano in continuazione,

e l’una nell’altra riemergono rinnovate

generando inestinguibili ricchezze.

Tale è l’inconsistenza delle scelte

nella paura di scegliere e di essere scelti,

la paura di spendere sé stessi nelle relazioni,

di impoverirsi, nel legame o star senza legami,

eppure basterebbe donare amore e comprensione

come tutti gli animali sanno dare il loro amore,

la loro alleanza, il loro cuore

e invece noi come orchi perfidi li mangiamo,

noi, veri mostri, non come quelli immaginati e falsi

delle orrende menzogne che raccontiamo ai bimbi

che da noi imparano subito

a mentire a sé stessi ed alla vita.

Basterebbe il coraggio d’esser veri e aperti,

e saper tendere le mani,

senza paura di immergere lo sguardo

nello sguardo di un altro essere vivente

e capire che solo da quel vitale flusso di emozioni,

deriva la vera conoscenza

che vuol dire vera unione,

senza essere prigionieri.

Questo oggi a volte avviene

nella neutralità virtuale,

dove non servono regole e barriere

che nella realtà sociale la diffidenza impone,

ma tuttavia non basta, è come dissetarsi

solo di acqua immaginata.

Siamo atomi, molecole, cellule di energie

che vogliono ad altre energie essere unite

verso gli stati armonici

che tutto l’universo in sé stesso cerca

e da sempre sa trovare

ma noi viviamo nella paura antica

che da molto tempo è divenuta angoscia

per il cattivo uso del raziocinio della mente

che ha fatto scempio di ogni verità,

pur di avere la scusa di uccidere la vita

per predarla, di tutte le ricchezze ed energie,

riempiendo le mani con il fango sterile

e gettando via i germogli preziosi della vita.

Nella paura del proprio destino ignoto

nascono i germi della prepotenza.

Ma il destino vero resta ignoto

perché per sciocca convenienza

altri destini falsi sono stati costruiti

è come andar nel buio verso un precipizio.

Non la paura dei pericoli concreti,

di cadere e di essere aggrediti,

necessaria, che come il dolore, serve per la sopravvivenza,

la paura distruttiva è quella esistenziale

che solo noi abbiamo e la chiamiamo angoscia.

Gli altri animali conoscono la benefica paura

di una giusta reazione ai pericoli

perché essi sanno che vivere è un dovere,

il tempo necessario a svolgere il compito,

ma per sconfiggere e contenere

questa paura umana dell’essere,

occorre profondamente riconoscere

i fenomeni vitali e con loro cercare l’armonia,

poesia e bellezza di ogni tipo dunque,

come quando da bimbi il nutrimento

più desiderato era la meraviglia.

Serve il riflesso di quel che siamo

oltre lo sguardo circoscritto e ottuso,

e carpire dal Cosmo la sicura ispirazione

solo quando usciamo dalle nebbie deformi della mente

ritroviamo lo stupore dell’incanto

delle percezioni ripulite dalle scorie e dai detriti

della ragione asservita all’egoismo insano

senza voler sempre imprigionare,

cambiare, costringere tutto ciò che ci circonda

alla nostra visione alterata che non rispetta

il senso e l’armonia del mondo vivente.

Serve stare attenti solo a non ferire mai

nessun anima vivente, nessun paesaggio,

nessun oceano splendente,

ma saper ritrovare anche in un filo d’erba,

in un sasso scolpito dal vento

e dallo scorrere di un fiume,

nelle chiome arboree volte

verso le onde dello spazio immenso,

nel fremito delle ali di un insetto,

il battito del cuore e quello delle stelle.

Ennio Romano Forina

Nella Ragione e nel Mito della Felicità

Infine, perché dovremmo pensare al concetto di felicità come se fosse uno stato assoluto e perfetto di beatitudine? Cosa vogliamo che sia, il Paradiso, il Nirvana, luoghi privi di dolore, ma anche privi di libertà, di desiderio e quindi di creatività, oppure luoghi in cui siano soddisfatti tutti i piaceri di solito riservati al genere maschile – che strano -mentre al genere femminile sarebbe demandato unicamente il compito di “fornire” questi piaceri.
Certo, l’idea della felicità è fortemente inquinata e distorta da tutte le religioni le cui dottrine e dettami erano generalmente scritte da menti e mani maschili e purtroppo, di recente, anche dai sacerdoti della ricerca scientifica di ambo i generi, se pensiamo che costoro in tutto il mondo stanno studiando e realizzando pillole che fornirebbero quelle dosi di felicità finalizzate a mantenere in vita artificialmente, esistenze e coesistenze, senza energia vitale e senza amore, vale a dire matrimoni e qualsiasi tipologia di unioni fallite, che potrebbero così rinsaldare e resuscitare rapporti spenti, acquistando nel mercato delle passioni i prodotti titolati della molecola della felicità.
Quindi dovremmo aver fiducia in una scienza che fornisce la felicità in dosi ottimali, così come si fornisce il latte ai poppanti, in modo tale da diventare ancora più incapaci di imparare a costruire da sé, con l’impegno e la sincerità dell’anima, gli elementi e i momenti felici, invece di andarli a comprare in farmacia o farseli prescrivere dal medico di famiglia?
Non è forse questa la ragione per cui così tante persone usano droghe che dovrebbero rendere la loro vita più interessante e le loro performance più brillanti? Piuttosto, questo ricorrere a infusioni di onnipotenza invece di renderci più perfetti e felici in realtà ci rende più simili agli insetti sociali, gli imenotteri, tanto che per analogia con quello che il genere umano sta diventando da spingermi tempo fa, per riflessioni analoghe, a coniare il termine di “Umanotteri”, che si adatta davvero a decifrare e delineare, in questa era altamente tecnologica e scarsamente etica, gli aspetti sempre più omogenei, conformi e impersonali degli individui. Ma perché poi la felicità dovrebbe essere un assoluto? Come tutto ciò che esiste nel divenire dinamico delle cose, elementi e stati di armonia sono frammisti ad altri stati di perturbazione e con essi devono convivere inesorabilmente.
Si può essere felici a vari livelli, per alcune ragioni o circostanze e al contempo provare sofferenza e dolore per altre ragioni e circostanti concomitanti, questa è la realtà e direi giustamente e per fortuna, poiché nessuno vorrebbe vivere una felicità che da un lato proteggesse da qualsiasi attacco del destino o delle azioni malevoli altrui, lasciandoci indenni da ogni calamità, ma al tempo stesso condannandoci ad una morte sensoriale, non solo del corpo ma anche dell’anima. Credo che l’intelligenza cosmica sappia meglio di noi gestire il senso della vita “organica”, facendo in modo che la felicità assoluta sia e resti inarrivabile, poiché se fosse possibile raggiungerla e imprigionarla in noi, sarebbe la fine certa della libertà creativa che si svolge nel fluire degli eventi e nella volontà individuale nel contrasto di stati differenti e la morte conseguente dell’anima.
Una prigione di pietra non è diversa da una prigione d’oro, si muore comunque in tutte e due. Io penso che invece di cercare la felicità assoluta, si debba essere impegnati a costruire stati e condizioni possibili di felicità imperfetti, lasciandoli liberi di svanire come svaniscono i sogni, così da avere lo spazio e la capacità di ricrearne sempre di nuovi parzialmente felici. È così che funzionano le cose nel Cosmo, ma non qui da noi, purtroppo.
Ennio Romano Forina / Colori e pensieri di un incipiente autunno.

Il Paradosso della Felicità. Parte/1

Penso che la felicità, al di là dei desideri soggettivi, tesi verso infiniti stati diversi di soddisfazione, è un mito, o un’utopia se preferite. In quanto presume un appagamento completo e continuativo nel tempo. Ma l’appagamento è uno stato antitetico al dinamismo creativo cosmico di cui noi siamo particelle, inoltre la mente umana ambisce e raffigura l’appagamento come una forma di possesso, che non può sussistere nell’intelligenza cosmica. Infatti per via di questo distorto ed egoistico concetto della felicità non si riesce mai nella misura umana ad essere appagati e felici se non illusoriamente e per pochi istanti. Penso che la felicità debba essere piuttosto il desiderio continuo di contatto e fusione con tutte le espressioni vitali della realtà vera che è sempre quella cosmica. Questo è ciò che i distruttori di qualsiasi tipo: egoisti, prepotenti, ambiziosi, conquistatori, uccisori di esseri viventi, non capiscono. Distruggendo per avere appagamento, essi spezzano la loro connessione con l’essenza della vita universale, uccidendo così anche la loro anima anche se non se ne rendono conto, avendola inibita dal crescere e dal sentire e alienando da essi qualsiasi stato di “vera” felicità. Uccidono per invidia, come Caino, il loro vuoto li spinge a distruggere la gioia di vivere di altri esseri viventi perché non possono sentire, in loro stessi, nessuna gioia.

Ennio Romano Forina

Le Mani dell’Anima

A volte ho chiesto alle stelle di aiutarmi a trovare la giusta direzione e ho anche cercato una guida simbolica in un semplice strumento, per me affascinante, una bussola e alla sua grande sensibilità per una energia sconosciuta.
Ma ho trovato la pace, la forza e la certezza nella mia anima e nella mente, solo quando ho scelto di mettere la compassione sopra ogni altra cosa, e questo è avvenuto molti anni fa, ma allora non me ne rendevo conto.
Ora tutto è molto più chiaro e la direzione in cui sto proseguendo è sempre più certa. Era ed è solo un problema di scelta e di voler e saper sentire ogni dolore e gioia che sono al di fuori di me, verso gli orizzonti illimitati della Compassione Universale.
Ho davvero pena, per chi non ha voluto, non vuole, non sa e non potrà più percorrere questa via, pensando di lasciare traccia di sé e memoria eterna disseminando il mondo di cadaveri di esseri viventi, lasciati a marcire al sole dopo aver strappato le ricchezze dei loro corpi, tramutati in profitto o trofei, il bottino di una prepotenza infame, spento e sterile come le loro anime.
Stolti uccisori, per volontà, indifferenza, negligenza, presunzione, scherno e disprezzo, in inutili e ingiusti atti di prepotenza.
Uccisori per la pancia e per la vanagloria, pensando nel distruggere di detenere poteri divini. Potrei avere compassione anche di voi e pena del vostro orrifico, certo destino vuoto di sentimenti e amore, ma non servirebbe a nulla, poiché i distruttori non sanno che senza anima essi sono come dei naufraghi in procinto di annegare a cui la Compassione tende ugualmente una inutile fune che non potranno afferrare, non avendo le mani per farlo, metafore tremende di un’anima, vera e viva.

Ennio Romano Forina – Prima dell’Autunno 202

Parafrasando Epicuro

Parafrasando Epicuro.
Se la politica
non riesce a controllare
il dominio della burocrazia,
vuol dire che è impotente
e che è succube della burocrazia.
Se può e non vuole farlo,
vuol dire che la politica è perversa.
Se infine non può e non vuole,
vuol dire che la politica
è impotente e perversa.
Ma se è in grado di controllare
e semplificare la burocrazia,
(come ogni governo afferma di voler fare),
perché non lo fa mai?

Epicuro… con Ennio Romano Forina

Una Diversa Evoluzione

– A Different Evolution – Premessa dal saggio di Ennio Romano Forina

È incontestabile, che il genere umano, nel suo percorso di civilizzazione, cioè di aggregazione numerosa e stabile, abbia realizzato opere di grande intelligenza per ragioni di grande stupidità. I casi emblematici sono innumerevoli ed evidenti nelle vestigia affioranti dalla polvere dei millenni, nelle pietre, opere arte, nei manufatti e nei testi e racconti storici, che hanno segnato la cosiddetta evoluzione della società umana nel molto male e in quel poco di bene che tutti i popoli comunque hanno indifferentemente prodotto nel corso del tempo.
Oggi come sempre, ammiriamo questi monumenti dell’ingegno e li celebriamo come esempi della superiore mente e anima umana rispetto a tutto il resto del mondo vivente, soffermandoci solo sui risultati tecnici ed estetici, ma dando scarsa o addirittura nessuna importanza alla “sostanza” delle opere stesse, alle ragioni spesso insulse o addirittura perverse per cui sono state costruite. Ragioni che lungi dal testimoniare l’azione di una intelligenza superiore, al contrario sono la prova evidente di una “stupidità” superiore.
Quale delirio o demone di onnipotenza può aver indotto popoli diversi, stabilitisi in luoghi favorevoli alla sopravvivenza e alla sussistenza, a sentire la necessità di creare monumenti del nulla, che sono costati un impegno e sofferenze immani ed intere esistenze di animali e umani per realizzarli? È una domanda che non viene presa in considerazione e peggio ancora non viene posta alle generazioni che dovrebbero chiedersi il perché, la ragione delle cose e non semplicemente studiare i risultati e gli effetti delle cose. Molti di questi monumenti furono costruiti per ragioni abbiette e sanguinarie, eppure anche oggi li ammiriamo come esempi della superiore “ratio” umana. Le piramidi hanno sperperato l’esistenza di migliaia di schiavi e di innocenti animali, opere usate come costosissime bare del corpo di un probabile imbecille che era ritenuto e credeva egli stesso di essere un dio, oppure le piramidi del centro America dei Maya, degli Aztechi, costruite per offrire sacrifici di animali e umani al dio sole, rivelando chiaramente di non capire minimamente cosa fosse il sole, mentre le piante cioè i proto vegetali, lo sapevano già da miliardi di anni tanto da sviluppare dei complessi e sofisticati laboratori biochimici in grado di trasformare e utilizzare la sua energia convertendola nei carburanti della vita.
E ancora adesso questa superiore coscienza collettiva umana, considera, definisce e tratta le piante come una forma inferiore di vita, ignorando di essere totalmente debitrice alla “loro” intelligenza della possibilità di esistere e quindi di pensare.
Le cellule vegetali avevano una consapevolezza a noi del tutto sconosciuta, tutti gli organismi, compreso i nostri, sapevano quello che le nostre menti ignoravano del tutto.
Quando sul lungotevere romano, passo di fronte a quello stupida costruzione moderna che funge da contenitore dell’Ara Pacis, penso tristemente alla schizofrenia umana, alla ragione per cui quel manufatto artistico è stato realizzato; i magnifici bassorilievi che la decorano sono un insulto alla memoria degli animali che sono stati sgozzati e sacrificati su quello che altro non è che il banco di marmo di una macelleria, uno stupendo monumento all’ignoranza, alla presunzione e alla crudele supponenza della perversa mente umana. Ma non vedo e non sento persone riflettere su questo, né i romani antichi, così intelligenti e razionali riuscivano a compensare con la ragione le loro angosce, invece preferivano seguire i loro incubi e le loro mostruose falsità mitiche per acquietarle nell’oblio della vera ragione, con pratiche tanto crudeli quanto assurde.
Questi ed altri molti esempi sono una dimostrazione dei limiti della ragione, poiché la ragione senza la sensibilità non è la vera intelligenza e comunque non è fra tutte le intelligenze quella superiore…e nemmeno proprietaria e specifica alla specie umana.
Segue. Ennio Romano Forina

Bilance Globali Truccate?

Da qualche tempo, stiamo vivendo due fenomeni di straordinaria entità; quello dell’immigrazione (o per meglio dire, del trasferimento di enormi masse di persone che seguono i dettami di culture diverse) e il fenomeno della cosiddetta pandemia globale. Ma è strano dover rilevare, che mentre il primo viene costantemente sminuito o addirittura esaltato dalle vigenti aristocrazie politiche e mediatiche, il secondo al contrario, è esasperato ed altamente drammatizzato da quelle stesse aristocrazie.Per il primo non si cercano soluzioni per il secondo si inventano tutte le più variegate e balzane soluzioni possibili, a rotelle e senza rotelle, vaccini improbabili e azzardati per un virus il cui comportamento così mutevole, imprevedibile rende come minimo poco credibile ed affidabile un eventuale vaccino – o più vaccini – sviluppati dalle diverse nazioni che possano avere una reale efficacia, in una atmosfera che da ogni parte, viene considerata di grande confusione e con un coro di voci scientifiche altamente discordanti, che finora hanno avuto l’effetto di disorientare più che dare indicazioni certe. Da comune cittadino del mondo, da sempre dedito alla ricerca della ragione delle cose e distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, mi aspetterei almeno, che “ambedue” i fenomeni, per le loro dimensioni e quindi intrinseca pericolosità, fossero “egualmente” sminuiti, oppure “egualmente” drammatizzati, ma è evidente che questo non è il messaggio che viene trasmesso al popolo negletto. Di sicuro però, siamo consapevoli che i suddetti fenomeni almeno in un fattore si equivalgono: ambedue gravano tremendamente sulle spalle dei cittadini comuni, inclusi tutti gli operatori coinvolti nella loro ardua gestione.
È desolante per me constatare anche in questa era, l’inclinazione conformista e fatalista di questo amato popolo, che è riuscito comunque a mantenere viva la tradizione delle irrinunciabili ferie di agosto, in attesa che i problemi si risolvano da soli.
Data l’entità di questi fenomeni, mi sarei aspettato che almeno quest’anno non si sarebbero visti tanti volti gratificati da così intense sfumature di abbronzatura, specie quelli di questa novella aristocrazia, che nonostante la crisi tremenda che attraversa il paese, sono riusciti a trovare il tempo e il modo di spassarsela per qualche giorno al mare o in montagna.
Forse nell’intento generoso di dare supporto all’industria turistica agonizzante, chissà?
Ma l’estate è stata solo la pausa di questa rappresentazione che deve andare avanti come tutti gli show e in cui si sono consumati tranquillamente bruscolini e aperitivi, in attesa che si riaprano le quinte sul secondo tempo del dramma: la morte dell’economia.

Ennio Romano Forina – Fine di una vana Estate virale

La Ragione delle Cose

Senza la conoscenza, l’immaginazione genera sogni o incubi irreali, ma la conoscenza per sé non è sufficiente a dare direzione, né basta per agire saggiamente.
E dunque, la vera conoscenza non è la semplice “nozione” delle cose ma la “comprensione” profonda delle stesse.
Se i tanti celebrati ingegni umani, nella fisica, nella matematica, nella chimica, esploratori dei fenomeni e delle energie naturali, avessero davvero voluto comprendere ciò che stavano studiando, non sarebbero stati gli artefici delle armi distruttive più micidiali mai costruite dai sistemi organici, non sarebbero stati servi per fama e denaro delle ottuse tirannie e se queste nozioni dell’uso della tecnologia sono anche divenute spesso vantaggiose e relativamente benefiche non lo si deve ad un intento originale elevato e virtuoso della “scienza,” ma ad un differente modo di sfruttare il suo potere.
La maggior parte del sapere della civiltà culturale, scientifica e psichica, si basa in modo prevalente sulla conoscenza pratica dei fenomeni senza la comprensione della ragione degli stessi, avendo lasciato da sempre che l’esperienza prevalesse sull’intuizione, prima come necessità di sopravvivenza ma presto divenuta un vizio che progressivamente ha inibito o spento del tutto le capacità sensitive dell’anima individuale e collettiva per una specie che ha scelto di farsi guidare sopratutto dal potere della mente. Senza considerare che il potere della mente è del tutto insufficiente a dare direzione e colmare i vuoti dell’angoscia esistenziale derivanti dall’impossibilità di spiegare l’ignoto con la semplice esperienza e quindi generando i miti e i mostri della superstizione, per colmare la paura dell’inconoscibile, con i devastanti effetti e abusi evidenti in ogni fase della sua tormentata e feroce storia.
Ed è per questo che l’immaginazione umana da sempre genera più incubi che sogni, lasciando che siano proprio i mostri generati e rigenerati nel persistente vuoto di comprensione a condurla nella scelta dei percorsi più dannati piuttosto che in quelli virtuosi. È così che il multiforme genere umano ha usato male la capacità di apprendere e di tramandare la conoscenza e lo stesso potere dell’immaginazione, costruendo le verità artefatte più comode, e spendendo immani energie ed esistenze nella celebrazione dei miti del nulla, sia per placare le proprie angosce che per usare queste fittizie “verità” come strumento di dominio.
Per questo, pratica le scienze più convenienti e le scuse più confortevoli per poter definire la sua immane voracità come una imprescindibile necessità e la sua immensa ignoranza come certezza assoluta, cercando di piegare il Cosmo alla misera comprensione della sua mente, piuttosto di aprire la mente alla comprensione del Cosmo, così come a quella dell’anima e quindi, la scienza senza comprensione ha dovuto dare molte definizioni false a cose che si conoscono appena, ma che non sono state “comprese,” come la sua speciale ed unica perfidia, a cui ha assegnato il nome di “umanità,” distinguendola arbitrariamente ed elevandola a un rango immeritato sul resto del mondo vivente, che al contrario, conosce e usa la crudeltà quando necessario ma non conosce la perversione.
E senza infine, voler ammettere e comprendere che la definizione lusinghiera di “umanità, alla fine non è altro che il vestito pulito che serve a nascondere e dimenticare il corpo del Male rappresentato dalla sua smisurata prepotenza e dai suoi innumerevoli delitti.

Ennio Romano Forina – Agosto 2020

La Comprensione delle cose è sorella del sentimento della Compassione, la cui sorgente a sua volta, è l’Amore Universale.

L’Invenzione della Rotella


Di idee e realizzazioni demenziali da parte di questo genere umano, così dotato di superiore intelligenza, se ne sono viste davvero tante. Le vestigia della vanagloria, della presunzione e della follia, ancora sempre ammirate e lodate da tutti quelli che non si soffermano mai a riflettere minimamente di quali sacrifici e sperperi di vite, di animali, di alberi e umane, abbiano causato per soddisfare la presunzione e l’idiozia di fantocci elevati dall’ignoranza popolare al rango di semidei, vicari e tramiti di altre improbabili divinità.
Ma ancora di più, abbiamo visto le idee demenziali di questi ultimi secoli, assumere sembianze di mostruosa idiozia, inutilità e persino dannosità. Sono demenziali le piramidi, monumenti che per essere realizzati hanno letteralmente rapinato l’anima, la mente e i corpi di centinaia di migliaia di esseri viventi, è demenziale il Colosseo, sono demenziali gli obelischi è demenziale la torre Eiffel, o il Taj Mahal, e tanti altri enormi monumenti inneggianti alla transeunte gloria umana. Sono demenziali i grattacieli attuali alti quasi un chilometro, come erano demenziali i faccioni di pietra dell’isola di Pasqua, per citare solo alcune delle innumerevoli imprese tecnologiche perfettamente inutili, è demenziale l’energia nucleare per fissione, spesso sono demenziali le dighe, che uccidono i fiumi e le terre da essi irrigate, devastano e e generano deserti laddove vi erano splendidi ecosistemi, per citare solo alcuni casi maggiori, ma ve ne sono infiniti altri, per così dire, minori. Cosa può essere più demenziale della soppressione delle foreste? E sono demenziali le reti da pesca a strascico lunghe decine di chilometri, demenziale è la bomba atomica, per quanto paradossalmente abbia salvato il mondo più volte da una terza guerra mondiale che nessuno poteva vincere.
Demenziali infatti sono le armi, la caccia è demenziale nella sua inutile brutalità che evidenzia se ve ne fosse bisogno, di quanto perfida possa essere questa umanità. Demenziali sono i SUV, veicoli del tutto sbagliati nella realtà di movimento attuale, è demenziale l’uso spregiudicato, incontrollato della plastica, per farne oggetti senza utilità e per le confezioni di quasi tutto ciò che si produce tanto da usare una quantità di materiali plastici ben maggiore per le confezioni che per i prodotti stessi. Ed è demenziale l’ossessione della ricerca della pulizia più asettica nelle case e dei corpi, ma al prezzo di inquinare sempre di più il mondo, tanto che si può con sicurezza affermare che quanto più ripuliamo i nostri corpi all’esterno, tanto più li sporchiamo all’interno, poiché tutto ci ritorna e ci penetra inesorabilmente, dall’aria che respiriamo, nell’acqua, e nei cibi.
I casi citabili sono infiniti ed infiniti sono i danni che arrecano direttamente e indirettamente a tutti gli ecosistemi e agli equilibri naturali e di conseguenza a noi stessi. Ma il problema della demenza umana si decuplica quando si manifesta per “imposizione” sui popoli che hanno da sempre dimostrato di ragionare per mezzo della pancia e non della parte più sensibile della mente e non disdegnano di essere dominati e controllati, purché ricevano gli intrattenimenti per colmare gli spazi vuoti delle loro vite.
Di imposizioni ne vediamo di tutti i tipi e di tutte le entità ad impatto vario su questo pianeta, ma questo è un argomento attuale e mistificato dai furbi controllori del mondo di sempre che merita un esame speciale in un mia altra riflessione. Mentre questa che sto scrivendo gira attorno all’ultima idea bislacca scoccata dalle geniali meningi di questa attuale classe dirigente. Dopo il reddito di cittadinanza, collegato alla ricerca del lavoro a disoccupati, gestita da disoccupati che non erano mai riusciti a trovare lavoro per sé stessi, ai quali si è demandato il compito di trovare lavoro per altri disoccupati, (generando di fatto la costituzione di un altro enorme baraccone di gestione e controllo, costoso e quasi totalmente improduttivo), quando sarebbe stato più semplice e utile provvedere un minimo di reddito agli indigenti, che di per sé avrebbe costituito una condizione favorevole, una piattaforma da cui partire alla ricerca di lavoro secondo le proprie capacità, attitudini e voglia di intraprendere. Dopo le lotterie, connesse agli scontrini di acquisto, per un popolo come quello italiano che già sperpera enormi e preziosissime quantità di tempo e soldi nelle lotterie istituzionali tradizionali, vessato, soffocato da una intricata burocrazia che divora notevoli porzioni di tempo e di vita, nel paese in cui se non si tassa ancora l’aria che si respira, si tassa da sempre l’ingenua speranza di vincere grandi somme e che continua stupidamente a esaltarsi per la vittoria esagerata di un singolo, basata e a spese sul conseguente maggiore impoverimento in denaro e anima di altri milioni, che gettano i pochi soldi che hanno nella spazzatura delle lotterie di ogni tipo, quando semmai sarebbe più saggio stabilire premi più bassi e molto più numerosi, tali da costituire incentivi a delle necessità insoddisfatte, alla produttività, alla creazione di piccole nuove imprese o all’ampliamento di quelle più piccole esistenti o al semplice maggior consumo di prodotti in generale, poiché l’eventuale vincitore di una somma enorme utilizzerà quei soldi in modi ben diversi, egoistici e secondo me, difficilmente utili al comune benessere e ad un dinamismo benefico del sistema capitalistico interno. Sono prive di senso le proposte di chiusura degli esercizi commerciali nei giorni festivi, pensando di fare il favore agli impiegati come al resto del popolo di potersi riposare passeggiando tra le squallide saracinesche chiuse e i cassonetti smembrati e stracolmi di immondizia, mentre potrebbero riposarsi lo stesso consentendo un “turn over” tra impiegati feriali e impiegati festivi, mantenendo così attivo il ciclo economico basato sul consumo e al tempo stesso creando più possibilità di lavoro per altri, poiché questa economia si regge sui parametri della produzione e del consumo e se si volesse cambiare questa realtà ci vorrebbe un salto evolutivo di immane portata, impensabile con i cervelli dirigenti globali e il livello intellettivo dei popoli di questa era. È ripugnante l’auspicato ritorno ai mistificati “valori” di un passato regolato da oscurantismo religioso e costumi basati su famiglie di stampo patriarcale prepotentemente imposti, dove di fatto non esisteva la parità di genere, una sorta di neo patriarcato, che vedrebbe la donna di nuovo relegata devotamente alla cura della prole, allo stiramento di camicie e mutande per la famiglia e per l’amato sposo, senza una labile possibilità di poter aprire le pagine di un libro e avere tempo restante sufficiente a curare sé stessa e la propria anima, come è evidente nel racconto storico e ovviamente anche nella cronaca di persistente attualità.

SCUOLA A ROTELLE E ALTRE STORIE Gli ormai famosi banchi a rotelle, costati a quanto sembra 461 milioni, sono evocati spesso da molti come una inopportuna e tutt’altro che prioritaria spesa relativa alla istituzione scolastica. Tuttavia le critiche mosse dagli esponenti di diverse aree politiche e intellettuali sono generiche,vaghe, riferiscono di ritardi nei tempi di consegna ad esempio ma non riguardano l’effettiva necessità di preferire le rotelle alle più semplici e meno costose gambe fisse dei banchi scolastici normali. Chissà in quale recondita area della mente dell’esecutivo si è sviluppata l’idea che le ruote possano contrastare la diffusione di un virus e al contempo forse, dare un impulso alla capacità di apprendimento. In un paese già così complicato che non sa essere frugale e spartano, sopratutto nel fronteggiare una crisi di tale portata, vera, falsa, verosimile e amplificata che sia, invece di semplificare e spendere meno e per cose che servono realmente, si pensa a come impiegare soldi in cose del tutto inutili e molto impegnative da mantenere efficienti. Dopo aver attentamente esaminato queste meraviglie tecnologiche mi sono posto le seguenti domande; cosa hanno a che vedere le ruote con il contrasto all’epidemia? Premetto che io non considero nemmeno l’invenzione della ruota, – una delle più celebrate vittorie dell’ingegno umano – come il risultato di una vera intelligenza visionaria, al contrario, vorrei che tutti riflettessero sul fatto che nel corso della sua evoluzione incontrollata e incontenibile, la ruota è stata una delle più nefaste invenzioni umane. Dalla fucina dell’inferno il demone della ruota ha promesso ed ha dato una effettiva onnipotenza, ma in cambio ha chiesto il corpo e l’anima di questo mondo, poiché la ruota è solo il coperchio della pentola demoniaca dentro cui si celavano tutte i conseguenti effetti collaterali derivanti dall’uso di tale “mirabile” invenzione. La ruota è una divoratrice di spazi vitali,ha bisogno di strade su cui correre ed esige motori ed energia, che rappresentano l’altissimo prezzo derivato dal suo utilizzo. Poteva essere una invenzione benefica, se fossimo stati misurati ed equilibrati nel suo uso, ma questa non è la sostanza di cui è fatta questa specie, che non conosce e non pone limiti alla propria insaziabile ingordigia. Se fossimo adesso e se fossimo mai stati in grado di rispettare gli equilibri e contenere le nostre pretese certo, ma noi non rispettiamo nulla, nemmeno gli “altri” noi stessi, nemmeno all’interno della specie. Va da sé che l’infezione causata dalla ruota è ormai un cancro allo stadio ultimo di metastasi che sta divorando spazi ed esistenze e che alla fine non ci lascerà indenni dalla inevitabile necrosi. Ho sentito molte critiche da più parti per il tempo sprecato a parlare di banchi a rotelle mentre si doveva pensare a intervenire sui trasporti e a rinforzare il sistema sanitario con mezzi e personali in vista dell’autunno, ma non ho sentito nessuno chiedere specifiche ragioni che spiegassero la logica delle rotelle con l’epidemia. Per quanti sforzi abbia fatto di decifrare queste ragioni non ne ho trovata una valida e posso fare invece un lungo elenco di ragioni di segno opposto. È sufficiente una veloce visualizzazione del marchingegno in questione per rilevare una serie di fattori negativi e controproducenti, sia allo studio, che al problema del distanziamento dinamico. Prendiamo l’aspetto ecologico per prima cosa, ogni banchetto così concepito è costituito da almeno il triplo in più della plastica eventualmente necessaria per un normale tavolino, le cui gambe possono essere in ecologico metallo e semmai solo il ripiano laminato di plastica. In quanto a ergonomia, mi sembra un tipo di sedia che costringe a torture acrobatiche piuttosto che a fornire migliore comodità invitante alla concentrazione e allo studio, ancora di più perché il ripiano è troppo piccolo, considerando che quando si scrive a mano, le braccia devono potersi muovere in estensione ed assumere varie posizioni che sul banchetto sono impossibili e se pensiamo che possa essere confortevole stare seduti su questi sgabelli che non consentono movimenti, imprigionati fra il sedile e l’asta del ripiano per 5 ore e più di studio siamo davvero alla follia, uno studente non può appoggiarsi variando la posizione come si può fare su un tavolino normale. No, è obbligato a stare in quell’unica rigida posizione verticale con i piedi forse penzoloni o sempre raccolti, senza poter nemmeno distendere le gambe. Spazio insufficiente anche per poggiare più di un libro o un semplice quaderno o blocco notes, per un eventuale computer. Anche penne e matite sono probabilmente a rischio costante di caduta libera mentre la raccolta di altri libri contenuti nello zainetto poggiato a terra costringe gli studenti a compiere ardue e pericolose contorsioni per poterli sfilare come si è obbligati a fare sui sedili degli aerei. Può darsi che la glorificazione e la costituzione in casta intoccabile della gioventù, avvenuta in questi ultimi decenni, credo dal 68 in poi…sia arrivata a livelli parossistici di espressione, tali da far pensare che i giovani, lusingati e adorati rampolli di questa società e dai loro genitori a cui fanno fare attività fisica di tutti i tipi molto impegnative per la gloria dello sport, non siano in grado di spostare con i loro giovani e iper-allenati muscoli, dei semplici banchetti scolastici e le relative sedie? Vogliamo risparmiare loro questa tremenda, stressante fatica ulteriore, oltre a quella terribile di studiare? È prevedibile peraltro, che i nostri gioviali studenti stanchi di stare seduti su queste monoposto, trasformeranno facilmente le aule in spazi di autoscontro, come quelli dei parchi di divertimento. Ma ancor di più è evidente che le ruote a differenza delle gambe, si sporcano facilmente e raccolgono di tutto, sporcizia, polvere e capelli difficilissimi da pulire e sono di fatto un pericoloso ricettacolo di virus e batteri, le ruote vanno smontate completamente altrimenti è impossibile pulirle, con impiego di grande fatica e grandi quantità di tempo per renderle operanti. E dunque, chi avrà l’onere di questo pesante compito periodico? Serviranno altri posti di lavoro inutili e improduttivi Invece di assumere personale per gestire i tesori dell’arte e tenere i musei più aperti e più facili da visitare? Sarà necessario assumere persone addette all’inevitabile pulizia delle rotelle almeno una volta al mese, con un ulteriore aggravio di spesa di gestione delle aule, a meno di demandare la pulizia delle ruote agli alunni stessi o ai loro genitori, “Horribile dictu!”. Ma anche i denigratori di questi banchi rilevano il ritardo di consegna e non la loro effettiva utilità ed è questo che ancora di più dovrebbe farci preoccupare. Roma è disseminata di monopattini inutilizzati e sporchi che certamente non sono utili a persone che hanno borse o persone non più giovani, penso che le batterie si scarichino anche da fermi come avviene per le auto, spreco di energia elettrica quindi, senza contare il costo elevato dell’uso. Mi stupisco, perché si parla di trovare risorse e impiegare bene quelle che si hanno, ma in realtà non mi stupisco più, da molto tempo. Sento gli imbonitori della politica, dei media, e della scienza, che ripetono la stessa litania di sempre, gridata, indignata, appena sussurrata, o rispondono attraverso sorrisi sardonici e sguardi rifiutati, parole vaghe e vuote, stereotipi sprezzanti e risolini di supponenza vari come sempre. “Bisogna fare, si deve cambiare, si deve ridurre, si deve …si deve, si deve…Ma quel “si deve” è letale per molte persone reali, ha devastato e anche distrutto più esistenze di quante possiamo immaginare. Tuttavia loro sorridono…non so perché sorridono, oppure sì, lo so da sempre. Forse però, la geniale intuizione di mancanza di rotelle in questa realtà italica non è sbagliata; le rotelle ci vogliono davvero… peccato però che non le si vogliano mettere al posto giusto, cioè in testa e non sotto il culo.Ennio Romano Forina – Estate 2020

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L’aspetto della Democrazia e la Sostanza della Democrazia

Se il mondo per ipotesi, fosse tutto governato da un sistema democratico, la parte di genere umano che difende gli animali e i loro diritti sarebbe certamente sconfitta dall’evidenza dei numeri, perché la parte di umanità che massacra gli animali e le piante per profitto, per divertimento e per disprezzo è decisamente preponderante, come sempre del resto.

Quindi in termini di democrazia, dovremmo arrenderci all’evidenza di rappresentare una parte minoritaria del genere umano e coerentemente accettare la sconfitta, restando all’opposizione come di fatto chi difende la vita e l’anima degli animali è collocato in ogni era e in ciascuna nuova generazione. Perché “loro” sono di più, da sempre.

Il fatto è che in questa formula c’è un enorme vizio di fondo poiché la democrazia esiste e dà ordine alla coesistenza equilibrata e armonica di tutto l’universo quindi anche della Natura di questo pianeta e non riguarda la democrazia esclusiva all’interno della specie umana ma la democrazia del mondo vivente nella sua interezza è proprio qui sta l’inganno perverso, pretestuoso e prepotente di cui si servono le costituzioni dei popoli per giustificare l’imposizione del dominio per mezzo della prepotenza e non della democrazia, basata sulla formula “Quia sum fortior”.

Al cospetto dell’etica cosmica e naturale, noi difensori del mondo vivente, non siamo affatto numericamente sconfitti perché il mondo vivente è costituito da “soggetti” e non “oggetti” e il mondo vivente è con noi e dalla parte della fratellanza universale e della convivenza con uguali diritti esistenziali.

La democrazia è un principio naturale, per questo siamo vivi, perché le piante hanno reso possibile la colonizzazione del pianeta intero, delle sue acque, dell’atmosfera e delle terre emerse. E seppure il mondo vivente è ancora imperfetto e spesso crudele nei dettagli, risulta giusto e democratico nel grande scenario, nella ricerca e mantenimento degli equilibri che consentono a tutte le specie di sopravvivere e non alla sopraffazione di una specie sull’altra.

Poiché gli animali sanno, che se prendessero dalla vita più di quanto a loro serve per sopravvivere quotidianamente, spezzerebbero i principi della democrazia cosmica e i predatori cesserebbero di esistere quanto le loro prede. Quindi il mondo umano non detiene il potere per un processo democratico ma per una azione tirannica ipocritamente mistificate da regole inventate, artefatte come da sempre fanno i tiranni.

Nessuna legge, nessuna regola che conviene alla specie umana e la prediliga rispetto alle altre è stata scritta nel Cosmo, la realtà orrenda degli abusi e soprusi umani sugli esseri viventi sono le regole brutali dettate dalla della tirannia in base alla sua forza e non alla forza della Verità. /Segue/

Ennio Romano Forina

Dove Nascono i Narcisi

Se gli umani volessero imparare dai gatti, molte unioni si salverebbero o non si formerebbero affatto.

I gatti stanno bene in compagnia perché sanno star bene con sé stessi.
Rappresentano l’esempio perfetto della socialità, perché anche amando la compagnia, non ne dipendono e non esigono niente pur ravvivandola di gioco, suggerendo interazione e gesti affettivi, ma senza pretenderli e non si offendono se non li ricevono, come invece quasi sempre facciamo noi. Le nostre attitudini viziose sono evidenti sin nella culla: togliete un gioco dagli artigli di un cucciolo di tigre e non reagirà, cercherà di trattenerlo, ma lo lascerà andare, senza protestare, senza risentimento o dispiacere. Fate lo stesso a un cucciolo umano e vi ricatterà per ore, con la sua rabbia e il suo pianto, cosìcchè voi lo assecondiate restituendogli il gioco e offrendone molti altri pur di farvi “perdonare”, e in questo modo avrete distrutto in lui la vera essenza dell’etica, inserendolo sulla strada certa del suo egoismo della sua prepotenza futura.
Ennio Romano Forina

La Ragione delle Cose

Per superficialità e per egoismo, per la ricerca del risultato e non del merito, per opportunismo e per servilismo, per pensiero debole e circoscritto, per conformismo, per ignoranza e per evitare di analizzare la storia, per inanità, per non voler riflettere profondamente, per presunzione e per preconcetti, per affidarsi agli stereotipi e ai miti anziché alle evidenze, per scegliere quello che conviene e non quello che è saggio, per preferire il disprezzo fazioso alla considerazione, per odio e amore viscerali e non per i sentimenti che provengono dall’anima, per non impegnarsi a costruire idee, ma accontentarsi e farsi guidare dalle opinioni, per avere sensibilità canalizzate e parziali, per non avere compassione in senso universale, per prepotenza, per cercare l’impossibile verità assoluta disprezzando e ignorando le parti evidenti di verità, per tutte queste ragioni i popoli hanno da sempre i governi e le realtà esistenziali che meritano.Ennio Romano Forina

A Cosa Servono i Rami degli Alberi /2 Le Colonne della Vita abbattute

Breve saggio di biologia vegetale etica.

Anche quest’anno, al centro del grande abbraccio del colonnato della piazza di S. Pietro, c’erano altre due colonne di forma e materie diverse, ma che avevano almeno due fattori in comune, ambedue strappate a un mondo lontano e ambedue senza vita, ma con la differenza che mentre una di queste colonne la vita non l’ha mai avuta, l’altra invece sì e ne aveva tanta.

Era una vita ricca di sensazioni, che offriva profumi inebrianti nell’aria circostante, arricchiva il suolo e nutriva di prezioso ossigeno l’aria, era un sicuro riparo e forniva cibo a molti altri esseri viventi specialmente nella stagione invernale. Passeri e altri uccelli sostavano fra i rami e alcuni l’avevano sicuramente anche scelta come dimora. Era una vita che contribuiva a purificare l’atmosfera di questo pianeta soffocato dai gas venefici provenienti dalle molteplici attività umane, sostanze che solo gli alberi sanno metabolizzare e trasformare in energia per gli organismi, nella loro immensa intelligenza, che è la ragione per cui questo pianeta è racchiuso in un involucro di preziosa atmosfera che rende possibile l’esistenza di tutto il mondo vivente.

Intelligenza, sì non è un caso che questo pianeta sia avvolto da un azzurro manto che lo protegge dai raggi cosmici senza che gli ingrati bipedi umani, sedicenti “evoluti” si rendano conto nemmeno adesso, di quanta gratitudine debbano all’intelligenza delle piante in generale e agli alberi in particolare, mentre la specie umana ancora oggi, nonostante il progresso tecnologico e scientifico continuano a sacrificare esseri viventi per celebrare le loro tradizioni insulse negli stessi modi barbari in cui i popoli antichi primitivi e incolti celebravano le loro.

E cosa facciamo di intelligente in questo paese? Non solo manteniamo in essere le nostre tradizioni brutali che implicano il sacrificio di un immane numero di esseri viventi, non basta; introduciamo anche le tradizioni truci e crudeli di altre culture in nome di una tolleranza e falsa fratellanza dei popoli, fatte scontare come sempre sugli animali innocenti che le leggi umane rendono quasi ovunque indifendibili.

I massacri tradizionali di altre culture si sovrappongono sempre di più ai nostri e per una distorta interpretazione del rispetto culturale noi le accettiamo tutte. Quindi per non offendere gli orientali, dovremmo lasciare che anche qui cani e gatti siano scuoiati e bolliti vivi? Che gli animali delle fattorie possano essere torturati anche con fiamme ossidriche per arricchire le carni con l’adrenalina generata dal terrore, dalla sofferenza della tortura, che secondo le loro culture farebbe miracoli alla loro vita sessuale o a qualche altra funzione organica?

Costruiremo anche noi arene per consentire lo spettacolo infame delle corride? Siamo nella civile, comune Europa, ci potrebbero chiedere anche questo dopo le misure standard delle cozze e delle zucchine. Ogni tanto qualche pubblico censore del political correct, salta fuori con la geniale osservazione che anche da noi si uccidono gli agnelli, i maiali, le mucche e persino i cavalli e dal suo pulpito ci insegna che non c’è differenza tra un maiale e un gatto, tra un cane e una mucca o una gallina, pensando di aver battuto la nostra compassione con questa emblematica espressione del pensiero corto, e dunque per costoro quale sarebbe la logica conseguenza? Come dire ad un accanito fumatore di non preoccuparsi, poiché si respirano ovunque così tante sostanze inquinanti che tanto vale che lui fumi tutte le sigarette che vuole. Sappiamo che un fumatore rischierebbe molte volte in più un cancro ai polmoni, ma aumentare in una società civile la quantità e la “qualità” dei massacri rituali offerti alle varie divinità e al “dio” universale del profitto, provocherebbe sopratutto il cancro dell’anima che è molto peggio. Dovremmo rendere lecito ucciderli tutti, mangiarli tutti e raddoppiare, triplicare i massacri permettendo i metodi peggiori, solo per essere rispettosi dei vari costumi e tradizioni, come l’imposizione di togliere i simboli di croci della storia di questa penisola che nel bene e nel male comunque è nostra cultura e ci appartiene?

Dunque, anche questa volta un albero in più, nel nome della fratellanza dei popoli e delle religioni è stato sacrificato, nel momento in cui scrivevo questo testo quel magnifico gigante era ancora immerso nella sua silenziosa sofferenza, nella sua agonia occultata dagli addobbi e dalle luci che accecano gli occhi estasiati di bimbi, ai quali si insegna la menzogna o niente, in modo che anch’essi da adulti, non saranno mai in grado di prendere le giuste decisioni, ma agiranno esattamente come i loro genitori e progenitori, ripetendo gli stessi errori della realtà ottusa e fittizia che abbiamo per noi e loro costruito. In più, oltre ai tanti abeti che vengono fatti nascere per essere uccisi, non per produrre gioia ma profitti, per una distorta concezione di felicità e sacralità. L’ “esecuzione” finale anche di questa nobile vita, sigillata nel fuoco che poi consumerà il suo corpo fatto a pezzi, nei vari forni, non è diversa dal rogo di un’altra piazza, in un altro tempo non lontano. Allora non si volevano ammettere le evidenze rilevate da una mente geniale ed evoluta, qui ed oggi si ignora l’evidenza di un essere vivente e senziente, sacrificato nel rogo di una tradizione peraltro aliena.

Le puerili e insulse dichiarazioni provenienti dai media, che giustificano allegramente l’uccisione dell’albero con la semina compensativa di altri alberi, (anch’essi in gran parte da sacrificare) aggiungono al danno e alle ferite le beffe, se anche non si riesce a capire che continuando a volere un albero vero ad ogni natale si causerà l’allevamento forzato di queste vittime predestinate al sacrificio. Noi parliamo di vite, loro parlano di prodotti e di legname “ecologico”, che vuol dire ecologico come se un padre assassino che volesse uccidere i propri figli dicesse: Tanto li ho fatti nascere io”. Non riconoscere il diritto di vivere di quest’albero come essere senziente, significa essere totalmente immersi nel buio della ragione, oltre a quello dell’anima.

Tuttavia, non abbiamo ancora finito di sacrificare animali ai variegati Olimpi e divinità, non ultima quella del profitto, così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire, assisteremo ad ulteriori sacrifici di questi giganti verdi, in quasi tutte le città del mondo, piccole o grandi che siano. E quest’altro ennesima prepotente rapina di una vita, estirpata da qualche parte delle montagne alpine per finire come tante altre nelle piazze di molte città italiane e persino in quella piazza che non avrebbe bisogno di introdurre una tradizione pagana, che nulla ha a che vedere con il significato profondo del vero Natale cristiano, condannandolo ad una vera e propria via crucis per un essere vivente che viene reciso brutalmente dalle sue radici, iniziando così una lenta agonia in tutte le sue “stazioni” fino a raggiungere il suo Golgota, dove l’agonia avrà fine senza che il sole si oscuri e il monito di una tempesta improvvisa cali sulle festanti folle, per ricordare che anche un abete è un figlio di quel dio in cui si crede e che comunque, vero o presunto che sia, di sicuro non richiederebbe un tale simile sacrificio inutile e perverso.

Un dio è un dio se crea non se distrugge, e perché mai avrebbe dato una tale meravigliosa e generosa vita a un essere per farlo marcire su un patibolo ammantato di mistificata gioia festiva, e ferito, con il suo sangue verde che trasuda dai tagli e dalle offese del trasporto, umiliato e soffocato dai decori luccicanti, diventa solo un triste simulacro morente coperto dai fuochi fatui delle luci che celano l’agonia del suo nobile corpo e di quelli che sono i suoi polmoni: le foglie, che durante tutto il trasporto e la collocazione in situ, hanno cercato disperatamente e invano di dialogare come prima con le radici senza trovare risposta, perse per sempre.

Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza, si continua a trattarle come se questo non importasse nulla, tanto non gridano come gridiamo noi, quando le spezziamo e le menomiamo. Non gridano? Nemmeno noi grideremmo senza corde vocali, soffriremmo dunque meno alle torture per non gridare come fanno gli ipocriti carnefici delle vivisezioni?

E lo stesso genere umano, che pretende da vari pulpiti di voler proteggere la Natura e l’ambiente che ritiene gli appartengano, non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra. E persino i nuovi celebrati e ossequiati tribuni della salvezza climatica, usano ancora pervicacemente come grido di battaglia quel grido di morte che è la causa principale del disastro ambientale. “ Vogliamo che i governi salvino il NOSTRO pianeta, per salvare il NOSTRO futuro”. Non hai capito nulla, ragazzina del nord, proprio perché da sempre pensiamo che il pianeta e tutto ciò che in esso vive sia “nostro” che è ridotto così, mentre le cose cambierebbero se avessimo la volontà tutti di porre dei limiti alle nostre ambizioni. I governi sono l’espressione dei popoli, sono il frutto del terreno di coltura e non si cambia il frutto se non si cambia prima il terreno in cui la pianta cresce. Sono prima i popoli che non vogliono imparare dalle proprie scelte nefaste.

L’ipocrisia che nasconde il delitto lo giustifica con l’insulto finale del riutilizzo “ecologico” dei tronchi, vale a dire legna da ardere. Come ci riempie di conforto! Togliamo a un albero vivo il diritto di continuare a vivere, ma va bene, perché ne piantiamo altri 40. È esattamente il ragionamento che giustificava i sacrifici umani e di animali nella storia della civiltà umana, sacrificare la vita di alcuni, per garantirsi la benevolenza e i favori del dio di turno, Cambiato qualcosa? E qual’è il dio attuale così potente e munifico da giustificare uno o più sacrifici?

Io lo so e penso lo sappia anche chi ha avuto interesse a leggere fin qui.

L’albero che per ora si staglia al fianco dell’albero di pietra, è stato sacrificato non alla vera gioia festiva, ma all’altare dell’ignoranza, all’interpretazione arbitraria e distorta del concetto di felicità e sacralità. Non potremmo esistere senza le piante, non saremmo comparsi su questo pianeta se non fosse stato per i plancton vegetali, né mai dalle distese dei mari saremmo approdati sulla terraferma senza di loro. Le studiamo per carpirne i segreti, tutte le meravigliose invenzioni che hanno realizzato da miliardi di anni, le loro funzioni e le innumerevoli sostanze che esse hanno saputo sintetizzare per la loro sussistenza (senza aver frequentato corsi universitari e laboratori), per la loro diffusione e per l’interazione simbiotica con le altre forme di vita animale. Invece ancora adesso pensiamo agli alberi più che altro come delle “cose” mutevoli ma poco più che sassi e rocce che producono semi, – erroneamente perché quelli che chiamiamo semi sono embrioni – e frutti e che lasciano cadere le foglie in autunno come se seguissero processi automatici, che sbrigativamente e superficialmente definiamo “naturali”, dando a questo termine il più grossolano e superficiale significato e ancora oggi come sempre, nonostante le evidenze scientifiche, quando basterebbero anche solo quelle intuitive, se si fosse in grado di pensare, si crede che siano forme di vita inferiori e non pensanti e comunque suddite della vita umana.

Siamo immersi nella più profonda e ottusa ignoranza, senza riuscire minimamente a immaginare che cosa significhi per una pianta vivere e interagire non solo con l’ambiente circostante, ma con il cosmo, noi che ci reputiamo intelligenze superiori, noi che ci esponiamo ai raggi del sole seminudi sulla spiagge estive con i nostri pensieri corti, focalizzati sulle nostre banalità culturali, come far bella figura al ritorno delle vacanze con una bella abbronzatura, ma per il resto, pensiamo che il sole, fonte di luce o calore per noi non fa differenza, basta che dia luce. Noi, non i nostri organismi, che sono il più delle volte più intelligenti del nostro “superiore” cervello “sapiens,” cercano la luce del sole perché sanno decifrarla e impiegarla. Le piante fanno anche di meglio, sono altruiste, non pensano solo a loro, hanno costruito le condizioni perché la vita organica potesse colonizzare mare, terra e cielo. Non riusciamo a immaginare che le piante, oltre a “pensare” in modo del tutto autonomo, sono anche in grado di comunicare e di percepire molte più cose veramente essenziali di noi e di quante noi possiamo immaginare.

Molto, molto tempo prima che noi smettessimo di considerare il sole una divinità, a cui offrire sacrifici tanto sanguinari e crudeli quanto idioti, le piante sapevano già sfruttare la sua energia in zuccheri carburanti per la vita comune, con sistemi biochimici sofisticatissimi, tuttavia non abbiamo ancora finito di sacrificare animali alle improbabili e pervicaci divinità di molte culture umane, così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire, saremo spettatori dell’ulteriore sacrificio di uno di questi giganti verdi, spezzato, umiliato, soffocato dai decori luccicanti festivi, e condannato come tanti suoi simili più giovani ad una lenta agonia in cui il loro inascoltato gemito di morte si spegnerà fra le luci, le risate e gli abbracci delle festanti famiglie umane o delle loro truculenti cene e pranzi festivi. Queste splendide colonne di vita emanavano la vera gioia quando erano vive, nei luoghi in cui erano nate, fra le pendici montane, con il loro respiro, i loro colori i loro profumi ed poi ricoperte di luci fatue nascondono a malapena la decomposizione mentre sono lasciate ad avvizzire come un triste simulacro di falsa felicità. Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza , la conoscenza scientifica le evidenze di tutto lo scibile di cui disponiamo, della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza continuiamo a considerare le piante come in secoli e millenni di storia umana incolta del passato, e per questo il genere umano è doppiamente colpevole.

Senza contare che perseverare in queste forme culturali di uso indiscriminato delle forme di vita, significa insegnare ai piccoli della specie umana a disprezzarle, invece che ad amarle e non serve poi gridare “Natura, Natura” mentre la si distrugge nelle nostre stesse case, per la nostra proterva ignoranza. E lo stesso genere umano che pretende da vari pulpiti di voler proteggere l’ambiente che pensa di possedere, non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra, nemmeno in quei comportamenti abituali, nella mania di tagliare i loro rami non appena siano sviluppati, privandole dei loro polmoni, e in tutti quei gesti apparentemente innocui, ma offensivi che ogni umano piccolo o grande, rivolge verso le piante in genere, come strappare i rami solo per noia e per impulso, rivelando di non aver assimilato affatto la cognizione che una pianta è un animale e che se produce rami e foglie non lo fa per il sollazzo dei bimbi ma per vivere la sua vita, e se non insegniamo nostri infanti di avere rispetto del ramoscello, dell’arbusto o del piccolo albero, non saremo mai capaci di fermare la distruzione delle foreste.

La gioia che esige il prezzo di una vita – quale essa sia – non potrà mai essere una vera gioia. Se si trovasse un arbusto su Marte o sulla Luna grideremmo al miracolo e lo chiameremmo “vita” e faremmo di tutto per proteggerlo, ma qui, sulla terra lo chiamiamo “cosa”, questo vuol dire anche che imparare e ritenere cognizioni senza capire il loro significato sostanziale equivale a non sapere nulla.

Ma gli eventi passano e passa anche l’illusione della gioia festiva, dei fuochi artificiali, degli addobbi e dei decori e quando tutte le luci della festa si spegneranno, più tardi e altrove, si accenderanno le luci dei piccoli roghi dei pezzi del gigante verde e dei tanti piccoli roghi di tanti altri piccoli di giganti verdi che avranno subito la stessa sorte in milioni di case, ovunque nel mondo, in un atroce farsa di sangue verde. Essere nati o fatti nascere solo per essere torturati e agonizzanti in due settimane di falsa allegria. Come si può pensare, se si ha la capacità di intendere, che un albero mutilato dalle radici, possa portare la vera gioia che manca negli spiriti nelle case umane abitate da esseri che non sanno distinguere ciò che è vivo da ciò che non ha vita propria, potrebbe significare che i veri morti sono tutti coloro che, pur essendo consapevoli, continuano pervicacemente a celebrare una festa della vita che nasce intorno ad una vita che muore mentre ancora anela quella luce solare e quell’acqua piovana che aveva conosciuto nascendo e che gli aveva dato l’illusione del luminoso futuro che gli spettava di diritto. Natale significherebbe Nascita, non morte. Abbiamo pianto per gli incendi che hanno devastato grandi aree di ecosistemi, vale a dire vita vegetale e animale, abbiamo pianto per le tempeste e le trombe d’aria che hanno abbattuto alberi e causato devastazioni, piangiamo o fingiamo di piangere per le foreste tropicali che vengono metodicamente distrutte e piangiamo per i cambiamenti climatici, che sono sicuramente favoriti dall’ingombrante presenza della specie umana su questo pianeta, ma non piangiamo mai per il continuo martirio e massacro di alberi sacrificati alla celebrazione di tradizioni che andrebbero meglio decifrate e vissute per la loro sostanza più che per la forma. La mancanza di sensibilità impedisce la percezione corretta della realtà e induce a commettere errori ed infamie di cui non vogliamo renderci conto da sempre…ma una volta acquisita la consapevolezza delle conseguenze delle nostre azioni perché non agiamo in modo conforme, evitando scelte consapevoli del dolore e del danno che con esse causiamo ad altri esseri viventi? E di queste scelte, siamo “tutti” in un modo o nell’altro, stati o continuiamo ad essere, consapevolmente colpevoli. Fosse anche solo per convenienza, poiché abbiamo bisogno degli alberi letteralmente come dell’aria che respiriamo, invece abbattiamo giganti generosi di vita per trascinarli agonizzanti nella gogna delle piazze delle città tra la folla festante volutamente indifferente alla loro triste sorte e ingiusta fine. Quale senso di gioia può trasmettere una vita che si spegne lentamente tra gli edifici e il traffico o nei saloni delle nostre case? È solo il modo distorto e confuso in cui ci ostiniamo a respingere le evidenze, che ci porta non solo a perpetuare ma ad esaltare i nostri comportamenti più superficiali e deleteri se non perversi. Le piazze cittadine esprimerebbero più felicità con dei semplici addobbi di luci, utilizzando le nostre capacità di simulare artificialmente i simboli di vita, con dei semplici surrogati senza sacrifici crudeli e inutili…che sia rosso e si chiami sangue, o verde e si chiami linfa, il fluido che scorre vuol dire morte…gli aghi degli abeti morenti che cadono sono i rantoli della lunga agonia che sono condannati a subire nelle case umane.

Come ho detto altrove, la vita si difende e si rispetta partendo dalle sue forme più minute e apparentemente insignificanti. Se si vuole salvare la foresta, si deve rispettare il singolo albero e la singola pianta, poiché la vita vegetale sa meglio di noi distribuirsi e interagire con il resto dell’ambiente e non ha certo bisogno del nostro spesso improvvido e incompetente intervento, che di solito arreca più danni e condizioni di pericolo futuro che vantaggi, come fanno molte potature spesso sbagliate, adempio quelle di pini ad ombrello la cui chioma viene continuamente privata dei rami partendo dal basso in modo che l’albero capisce che deve sollevarla per evitare che il “predatore ” di rami mangi tutta la sua chioma e cresce in altezza come le sequoie dello Yellowstone che divennero gigantesche per fuggire alle fauci dei dinosauri che in quelle zone abbondavano. Ma crescendo in altezza il baricentri si sposta in alto rendendo l’albero più esposto ai colpi di vento e ovviamente più instabile anche essendo privato dei rami bassi come bilanciere simile a quelli usati dai trapezisti per mantenere l’equilibrio e infine, le radici sono proporzionali alla chioma perché interagiscono con la chioma pompano tanta acqua quanta ne serve alla chioma e devono fare uno sforzo maggiore per raggiungerla essendo elevata e più lontana, ma non è finita qui, nelle aree cittadine dove il terreno su cui questi alberi (pochi) ancora si trovano, è sempre ricoperto di asfalto o lastricati che impedisce alle radici di respirare e al terreno di arricchirsi delle sostanze rilasciate dalle foglie che cadono, quindi si sollevano per rompere la soffocante coltre di asfalto. Per tutta queste condizioni, “colpevolmente” causate dall’intervento umano; che sorpresa! Spesso i pini cadono in testa alle persone, con o senza la minima folata di vento e distruggono anche i nostri preziosi veicoli.

Quell’albero che è stato ammirato nel Natale appena passato, avrebbe invece dovuto restare fra i pendii di un monte o tra i suoi fratelli dei boschi, a dipingere le pianure di verde, a profumare l’aria delle valli, a offrirsi come dimora per gli uccelli o almeno in un parco cittadino, per attenuare lo squallore delle prigioni di cemento che chiamiamo case. Questo non doveva essere il suo destino, non era nato per questo, né per essere torturato dalla gloria degli orpelli luminescenti festivi che dispensano felicità illusoria come una droga ottica, da aggiungere alla droga delle abbuffate fatte per soddisfare orgasmi organolettici e non per nutrirsi. Tutte cose che non hanno vita, come quella vita che è, era nelle sue foglie e se fosse rimasto nella terra e nell’aria sarebbe stata vita donata a noi anche e che invece lentamente si spegne nello scempio di un bidone della spazzatura in cui non solo il suo corpo si disgrega, ma anche la nostra etica, la nostra coscienza, la sensibilità e finanche la nostra migliore ragione.

In natura, quest’albero sarebbe stato un gigante di sensazioni vitali, mentre nelle nostre case è solo un attaccapanni delle nostre più artefatte illusioni, ma preferiamo godere della loro morte che della loro vita, di quella piena vita che possono offrire per il solo fatto di esistere. Tale è l’insana sostanza della nostra mente e le limitate pulsazioni dei nostri cuori. Se la sacralità delle tradizioni pretende il sacrificio di esseri viventi non può esservi vera gioia né vero amore in esse, solo l’oblio del Giusto e della Compassione. Gli alberi che dovrebbero celebrare tradizioni di altre latitudini ci offrono solo lo spettacolo della loro agonia nelle case e nelle piazze e cosa c’è di più paradossale e folle che celebrare la gioia e il calore della vita uccidendo la vita stessa?

Ed è per questo che il cambiamento climatico è ormai inarrestabile, al pari della nostra inamovibile volontà di non cambiare la nostra mente.

Ennio Romano Forina Dicembre 2018 – Maggio 2020

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Un albero ucciso è morto. Cronaca del Natale 2017

Questa appendice è rivolta ai media, anche quelli internazionali e a buona parte del popolo di Roma che, si è divertito a dileggiare la morte di un albero con un sarcasmo tanto idiota quanto abbietto, da terza elementare. Usando l’appellativo di “Spelacchio” essi non hanno solo insultato la sofferenza e la fine ingiusta di un essere vivente, ma anche l’intelligenza e la sensibilità di chi invece sa vedere la morte, non solo quella dell’albero, ma anche la morte della intelligenza sensibile e del pensiero profondo.

Un essere vivente, un abete, muore anzitempo e ci si preoccupa sopratutto della brutta figura, della sua apparenza, mentre dai loculi pubblici dei “social”, spuntano come funghi tutte gli zombi insensibili, senza compassione né anima, facendo a gara per ricoprire con lazzi e sarcasmi vomitevoli e impietosi quella vita nell’ultima fase della sua agonia. Fingendo di scandalizzarsi, anche o solo per lo spreco di denaro impiegato per avere e per trasportare un cadavere “in fieri” e peggio ancora, ci si preoccupa che la sua agonia non sia durata abbastanza a lungo per far gioire il popolo vorace di “feste”.

Questo è il progresso etico, la consapevolezza del valore della vita esistente? Ripianteranno 10, 100, 10.000 alberi? E che differenza fa? Dove sono i princìpi dei cambiamenti, i segni di evoluzione della mente e dei comportamenti? Quest’albero era stato ucciso comunque. Popolo stolto, che irridi la morte altrui, se non sai sentire la morte degli altri, sei tu che non sei affatto vivo! – Era sacrificato per niente in ogni caso, anche se fosse riuscito a dare una illusione di vitalità mentre si decomponeva lentamente. Allora dobbiamo invidiare tutti gli altri cadaveri decorati sparsi nelle piazze e nelle case del mondo perché hanno solo impiegato più tempo a decomporsi? Questa per me non è festa, ma una dolorosa constatazione che niente è cambiato e niente cambierà finché la mente umana resterà sempre ottusa a raccontarsi le stesse vere storie di orrore travestite da false favole.

Possibile che questo stupido mondo umano, non sappia che la gioia e la morte non possono coesistere?

Alberi di Natale e bestie da macello; è la stessa cosa, il fatto è che non esistono bestie e alberi da macello. Esistono animali e alberi e VERITA’ da noi bestialmente macellati.

Ennio Romano Forina 2017/2020

Lettera Aperta Sulla Questione Animali

Il mondo degli umani non si divide in buoni e cattivi come spesso si pensa ma in individui che sono capaci di sentire e altri che non hanno questa facoltà. Facoltà che del resto, come per tutte le virtù, si può coltivare e far crescere o inibire.

Ma a volte, sono le paure e le angosce nascoste nel profondo di noi stessi che impediscono le giuste riflessioni e rendono sopportabili le azioni più orribili così come accettabili le categorie culturali artefatte e insulse.

Non c’e un popolo di questo pianeta che in qualche segmento di tempo della propria storia non abbia commesso crimini orribili dei quali nemmeno si vergogna, crimini verso altri popoli e all’interno della sua stessa società, ma tutti i popoli hanno da sempre compiuto e commettono continuativamente, crimini inenarrabili verso il mondo animale.

Conan Doyle fa dire al suo magnifico personaggio Holmes: “Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno mai, in nessuna occasione, osserva”, ma ancora di più, non c’è animale vivente che possa o voglia deformare e nascondere queste evidenze più dell’animale umano.

Sì, perché la specie umana è una specie animale, nonostante i vari tentativi di tutte le religioni e in tutti i contesti sociali, (anche quelli relativisti e laici) di collocarla in qualche improbabile olimpo abitato da semidei. Una specie eletta, concetto tristemente affine a quello della razza superiore, sola ad avere un destino principe, sola ad essere fornita di una prerogativa e di una garanzia speciale di sopravvivenza oltre il mondo visibile.

Da sempre gli “illuminati” cultori della scienza hanno provato a comprendere e decifrare i segreti degli organismi viventi osservandone l’aspetto, giudicandoli secondo parametri antropomorfici e partendo dal presupposto che essi sono comunque attori per istinto ma incapaci di pensare razionalmente e sentire emozionalmente. Questi presupposti sono ancora operanti in larga misura nel mondo scientifico ufficiale tanto quanto nelle coscienza diffusa di istituzioni e popolo e nella didattica dei media. Quanto più poi un animale si comporta in modo servile e vagamente simile a quello umano, tanto più viene gratificato con qualche blando attestato di intelligenza ma ancora oggi stereotipi e parallelismi falsi sono radicati nelle pigre coscienze collettive rivelando che ben poco progresso sia stato fatto nella comprensione della vita sulla terra. Il proto-medico romano Galeno praticava disinvoltamente la vivisezione degli animali per capire i meccanismi vitali e le funzioni dei vari organi senza porsi problemi di etica, e nei secoli a seguire, l’umanità ha continuato a giocherellare con gli esseri viventi senza considerazione e senza pietà, dimostrando di non possedere affatto la capacità tanto vantata di una superiore etica, o dimostrando ancora più tristemente di inibirla per convenienza.

Se le culture religiose fondatrici delle attuali congregazioni “spirituali” hanno fatto nulla o poco per la conoscenza e l’evoluzione del rapporto con le altre creature viventi (ignorando totalmente il fatto che, riferendosi a un unico creatore di tutti i mondi visibili e invisibili va da sé che quelli che noi chiamiamo animali in senso dispregiativo sono esseri generati e altrettanto preziosi, dallo nostro stesso Creatore), anche la scienza laica ha dimostrato largamente la stessa ottusa miopia riservando alla specie umana un primato abusivo e lasciando che la morale comune così plagiata facesse scempio e strage di tutto il resto senza alcuna riflessione.

L’ “Agnello” sulla croce, nell’ultimo sospiro di vita terrena, invocava il Creatore-Padre supplicando il perdono per i suoi assassini che non sapevano quello che stavano facendo, ma in realtà essi erano perfettamente consapevoli di quello che stavano facendo come noi lo siamo di quello che accade negli allevamenti e nei mattatoi di tutto il mondo.

I tempi in cui la nebulosa ragione umana costruiva miti a sostegno delle proprie ambizioni predatorie e dominatrici non sono ancora finiti. Così la religione prima e la scienza poi, creano categorie mentali per sostenere la validità dell’uccisione e della tortura senza limiti per gli animali.

È cambiato qualcosa forse? In piccola parte, umani particolarmente dotati di una sensibile intelligenza e grazie anche alla diffusione globale della conoscenza della biosfera, si impegnano generosamente nella difesa dei diritti e della vita degli altri esseri viventi, ma la realtà tecnologica che muove e controlla la produzione d”energia” alimentare su questo pianeta ha generato una nuova deforme morale, una artefatta koinè etica alla quale tutte le culture si attengono comodamente, nonostante le differenze.

Altri, molti altri, nel passato e ancora di più nel presente, continuano tranquillamente a rapinare gli animali delle loro vite, nel modo brutale di sempre ma con molti più pretesti, facendoli protagonisti e oggetti dei loro giochi “sportivi” di morte, come dei loro conflitti. Ancora una ricerca scientifica obsoleta e fallace, che sperimenta su loro ogni tipo di sostanza tossica, li sottopone a torture di ogni genere e intensità, alle radiazioni più nocive, alla dissezione in vivo dei loro cervelli, tutto nella asettica realtà delle sale dei numerosi laboratori della vivisezione sparsi nel mondo che agiscono principalmente in nome del profitto, con ben poco controllo, (nonostante vi siano nuovi, più affidabili e promettenti metodi di ricerca grazie al progresso dell’informatica e della microbiologia molecolare), spesso ripetendo esperimenti già eseguiti all’infinito per pura didattica o peggio e i cui dati sono stati già elaborati e acquisiti, su organismi comunque molto diversi dai nostri.

Quale ipocrisia, sostenere la validità di questi arcaici e barbarici strumenti di conoscenza e allo stesso tempo promuovere qualche blando atteggiamento compassionevole verso alcune di queste vittime. Come se nei lager nazisti ci fossero stati degli incaricati per dare carezze e far giocare i bambini prima di asfissiarli nelle camere a gas. Negli allevamenti-lager di tutto il mondo si “lavorano” e vengono ammazzati maiali e polli a decine di migliaia, ogni giorno. Che tipo di cure e dolce morte si può pensare che questi esseri viventi possano ricevere da una industria della carne così feroce e ingorda? Quando si uccidono degli esseri viventi si è comunque assassini e lo siamo tutti in qualche misura, direttamente o indirettamente, solo che alcuni lo sono occasionalmente, per necessità o debolezza di intento o reale ignoranza, mentre altri sono volutamente e perversamente dei “serial killers”, spesso per motivi futili e mai, come in questo tempo, la parte più consistente della società umana è composta da questi ultimi.

Si dice spesso che questo è quanto accade in Natura e dunque non facciamo altro che seguire le regole naturali. È vero solo in parte e inoltre, non abbiamo noi sedicente specie evoluta, superato le “bestie” e stabilito comportamenti e principi esistenziali di più alto livello? L’amore altruista, la compassione e la pietà non sono forse prerogative della specie umana?  La Natura non stabilisce regole e non codifica leggi, altrimenti sarebbe una immensa, monotona noia viverci dentro ma fornisce molte e diverse risposte e soluzioni al problema della sopravvivenza degli organismi e se è vero che noi siamo così evoluti e intelligenti e così eticamente superiori dovremmo saper scegliere fra i vari, incruenti metodi che dalla Natura sono già realizzati e utilizzati come i vari tipi di simbiosi.

La specie umana non ha inventato lo scambio di merci, largamente praticato nelle relazioni animali, vegetali, soprattutto. Perché noi dovremmo comportarci da predatori quando i nostri corpi rivelano inequivocabilmente una vocazione diversa?  Perché eravamo da sempre dei raccoglitori di cibo abbiamo sviluppato in modo eccellente la tecnologia delle mani e questo ha anche favorito la costruzione di linguaggi più articolati e complessi e di primitivi sistemi di calcolo. Altri organismi si sono specializzati in modi  che consentono loro di essere quello che sono e di sopravvivere in virtù di quello che i loro strumenti possono procurargli.  Così essi hanno zanne e artigli, anziché denti e unghie, corrono veloci, volano o nuotano in miriadi di forme  e funzioni. La nostra struttura morfologica e organica non è quella di un predatore carnivoro, il nostro intestino è troppo lungo e le carni ingerite impiegano molto tempo tra le sue pieghe tortuose rilasciando pericolose sostanze al suo interno, l’apparato digerente fatica a digerire e metabolizzare la carne e deve subire l’azione deleteria e prolungata dei grassi insaturi e anche delle pericolose sostanze additive. Ogni serio nutrizionista avverte spesso dei rischi legati al consumo eccessivo di carne invitando a una complementazione alimentare costituita da dosi abbondanti verdure, frutta e semi.

La nostra dentatura è inadatta a lacerare la carne salvo un lieve sviluppo di canini, generato dall’ultima glaciazione che costrinse gli umani a cibarsi di animali morti o uccisi per mancanza di vegetali e a conciare le pelli con i denti per difendersi dal freddo, trasmettendo così ai discendenti le caratteristiche genetiche dei denti canini. Le nostre mani non sono adatte ad afferrare le prede vive, corriamo troppo lentamente anche per una semplice lucertola. Le nostre zanne e i nostri artigli ausiliari sono costituiti da sassi, frecce, coltelli e forchette e senza il fuoco per cucinare, sarebbe davvero difficile continuare ad essere carnivori.

Ma l’aspetto più sconcertante dell’attuale società umana è nel suo mai dismesso antropo-centrismo, che altro non è che l’estensione del pensiero tolemaico della Terra al centro dell’universo.

L’umanità attuale non può negare che la Terra sia un suddito del Sole come gli altri colleghi del sistema planetario e non viceversa, ma non ha mai smesso di riservare a se stessa la posizione centrale di dominio e predilezione rispetto alle altre forme viventi.

Pensatori molto antichi come Pitagora, Leonardo da Vinci e altri ancora, sembra avessero capito l’evidenza delle diverse forme di intelligenze naturali. Siamo ancora principalmente figli di un illuminismo miope, tecno-verso e relativista che rappresenta il più potente motore di questa immensa macchina tecnologica e finanziaria che domina il mondo regolandolo a sua discrezione ed è attiguo e conforme allo spiritualismo miope e antropocentrico di molte religioni.

È molto comodo e remunerativo continuare ad attenersi all’assioma dell’uomo “sacro” e dell’animale come risorsa per volere di Dio o dello Stato. Non si inventavano ragioni simili per giustificare l’utilizzo di schiavi nelle colonie es. nei latifondi americani? Almeno i popoli antichi come i romani,  non inventavano false motivazioni, chi perdeva la guerra diventava schiavo come regola del gioco, ma non si metteva in dubbio la loro identità, anzi, spesso  gli asserviti di altri paesi erano molto più colti e progrediti dei loro vincitori e diventavano tutori, insegnanti e consiglieri dei loro”padroni” mentre la società schiavista dell’era moderna falsificava le evidenze affermando che i negri erano subumani e dovevano sottostare alla schiavitù e alla ghettizzazione. Esattamente come noi ora pensiamo e agiamo nei confronti degli altri animali, e non ha valore, se ho sentito bene, il definire gli animali, quelli più simpatici, come risorsa affettiva e altri come risorsa alimentare, gli animali non sono una risorsa degli umani, sono esseri viventi generati da una natura che non prevede l’istituzione di classi sociali.  Comunque, senza un profondo e sincero rapporto affettivo, il contatto con gli animali non porta alcun vantaggio, e chi ha davvero la capacità di essere “toccato” dall’intelligenza e dalla sensibilità e dal ricambio di adamantina, sincera affettività che sopratutto loro sono in grado di dare, non può ignorare l’intelligenza e la sensibilità anche di tutti gli altri.

Quelli che giocano alla guerra e si sentono eroi spappolando uccellini con potentissime armi da fuoco, non capiscono che ad ogni colpo e animale fatto a pezzi, anche la loro possibilità di elevarsi a livelli superiori si perde in frammenti del nulla, e poiché non esiste pena più grande, dolorosa e insanabile del rimorso, nel caso in cui un giorno essi acquisissero coscienza degli inutili dolorosi massacri si renderebbero conto di essere gli unici fattori del loro personale inferno.

Dire che gli animali sono esseri viventi ma che in fondo non amano e non soffrono come noi rivela menti dal pensiero circoscritto, abilitate a valutare e gestire banalità e sentimenti rudimentali.  Così come le grandi religioni hanno assimilato senza obiezioni le usanze barbare e ottuse dei tempi precedenti continuando a scannare agnelli e cuccioli per tradizione e per far festa, anche adesso, che siamo così progrediti, il tessuto e le corporazioni scientifiche e commerciali depredano la vita oggettivizzandola e trasformandola in semplici “prodotti” così che consumatori superficiali e apparentemente inconsapevoli possono utilizzare come cibo i corpi  fatti a pezzi degli animali chiamandoli con altri nomi. Se non si deve seguire il processo intero del “prodotto” finale messo in vendita è più facile metabolizzarlo in modo diverso prima ancora di averlo masticato e digerito. Questo implica il fatto che la realtà degli ignobili allevamenti e delle brutali esecuzioni degli animali resti totalmente occulta e ignorata. La scusa è che la necessità di sfamare i popoli sia prioritaria ma su questa ragione si sovrappone la tanto ricercata gratificazione del senso del gusto che ha un alto valore di mercato e giustifica tutti gli eccessi e gli sprechi di cibo, la conseguenza è che in nome di ciò che è necessario si avvia una industria globale che supera enormemente il fabbisogno “necessario” e agisce solo in nome del profitto ad ogni costo, determinando un aumento esponenziale della attività predatoria sulle specie viventi e la realtà tragica degli allevamenti e mattatoi.

Per di più non penso che lo stato delle cose possa cambiare nel prossimo futuro né in quello più lontano per una nostra acquisizione di coscienza o senso di giustizia. Gli obiettivi e gli sforzi pur nobili delle migliori associazioni animaliste e delle leggi a tutela degli stati meno barbari è ben poca cosa rispetto alla dimensione del massacro che si attua ogni giorno, ogni secondo, sulle creature viventi.

Chi legge queste righe non le assimili alle categorie facilmente degli  “animalisti”,  perché chi coltiva la sensibilità cercando al tempo stesso la ragione delle cose, non appartiene a nessuna categoria. I falsi filosofi e i falsi scienziati si inseriscono nei recinti comodi delle aggregazioni e delle corporazioni, orientano le loro valutazioni secondo la parte politica nella quale si sono inseriti, diventano seguaci di correnti di pensiero che ignorano ciò che è al di fuori dei loro interessi. Ma agli animalisti sinceri, rivolgo un messaggio, l’informazione e la visione degli orrori commessi sugli animali è doverosa e indispensabile, ma purtroppo non serve a nulla. Salvare il panda o le balene dall’estinzione quando si continua allegramente a scannare agnelli e maialini per tradizione, è un abbozzo di generosa virtù ma non risolve il problema primario dell’olocausto animale.

E l’umanità, proprio perché dotata di una maggiore capacità di auto-riflessione soggettiva, avrebbe potuto capire da sempre che la predazione e l’uccisione di altri esseri viventi per la propria sopravvivenza è solo uno dei possibili metodi di sopravvivenza, mentre ce ne sono altri, efficientissimi e incruenti, evidenti e sostenibili. Invece la specie cosiddetta superiore ha scelto sopratutto di praticare quello più barbaro e primitivo contraddicendo se stessa e le proprie aspirazioni. Si tortura e uccide per sport, per vanità, per divertimento, per occupazione di aree, si uccide per disprezzo e per disgusto o per fastidio, si distruggono gratuitamente ecosistemi e territori abitati da altri, si uccide per andare più veloci.

  1. Il cibo, si dirà è necessario e il mondo è pieno di popolazioni affamate e anche nelle città e nelle campagne delle zone più ricche esiste la fame; questo è un altro problema del quale conosco tutte le risposte che allungherebbero di molto questa esposizione di fatti, ma anche ammettendo di non poter fare a meno per ragioni umanitarie di disporre degli animali in questi modi, allora non possiamo vantarci di essere quello che non siamo, attribuendo a noi stessi una sacralità non confermata dai fatti.

Nessuno può contestare che noi siamo immensamente più feroci e spietati di qualsiasi altro animale in natura, se solo volessimo instaurare condizioni diverse da quelle in atto nella generale lotta per la sopravvivenza, allora potremmo con orgoglio tirarci fuori dal crudele contesto naturale. Che lo si faccia in minima parte e solo per via di pochi soggetti non è sufficiente a collocarci, come specie, a livelli così elevati.

Per quanto mi riguarda, non penso che la mia vita nell’universo sia più importante di quella di un lombrico, anche se la difenderei a scapito del lombrico o di altri più feroci animali per il solo istinto di conservazione, ma mi dispiacerebbe comunque di dovermi tristemente attenere al terribile teorema “mors tua vita mea”.

Il predominio degli uomini durerà forse molto a lungo imponendo agli altri esseri viventi di continuare a nascere e morire nell’inferno che hanno costruito per loro, per questo, a differenza degli altri sinceri, appassionati relatori e difensori dei diritti degli altri esseri viventi, piuttosto che invocare la salvezza dall’estinzione perpetrando le loro sofferenze e questo ingiusto olocausto, io spero che gli animali scompaiano tutti, lasciando noi, vincitori e dominatori del nostro alla e persi in questo mondo,  nella squallida solitudine delle nostre anime deserte a tal punto che la nostra ultima destinazione potrebbe non essere il paradiso degli eletti che che da sempre  pensiamo di meritare, ma la follia.

Ennio Romano Forina

Lo Sguardo dell’Anima

Vi sono due modi di guardare le cose. Con lo sguardo della mente e con quello dell’anima. La vera differenza che esiste tra noi e il resto del mondo vivente è che gli animali tutti, compreso gli animali che noi spesso chiamiamo con spregio “vegetali”, osservano e interagiscono nella vita per mezzo dello sguardo dell’anima, mentre il genere umano privilegia da sempre quello della mente.
L’anima guarda e considera le cose secondo ciò che è bene nel grande scenario della Vita, la mente al contrario, vede solo quello che conviene nel particolare, per questo l’anima è per sua natura altruista e aperta alla conoscenza e impara e può crescere, mentre la mente è sempre egoista e preclude qualsiasi conoscenza che non serva a soddisfare i suoi bisogni individuali o di aggregazione, e i suoi egoismi e si ripiega su sé stessa, ripetendo quasi sempre gli stessi errori perché è troppo concentrata su quello che è utile e non su quello che è giusto e sano. La buona o la cattiva natura del genere umano e di ogni singolo individuo alla fine, dipende dalla scelta di affidarsi allo sguardo dell’anima o al contrario, a quello della mente. La guida della mente serve come è sempre servita per la sopravvivenza il benessere e per il progresso scientifico, ma se lo sguardo della mente prevale su quello dell’anima, la natura umana sarà senza difese da opporre alle infezioni delle forze egoistiche, ottuse e distruttive,      

Ennio Romano Forina

Vegan Poem / Parte II

Chi avrebbe detto che anche per noi

un giorno il sole potesse spegnere i suoi raggi?

E che un invisibile nemico si nascondesse ovunque

per colpirci come noi da sempre

colpiamo gli animali?

Abbiamo sporcato questo mondo

di asfalto, plastica, cemento e sangue,

un gioiello splendente verde e azzurro

ora è solo grigio e rosso, rosso di sangue

un immenso macello,

devastazioni e sconfinate foreste annichilite

e usiamo nomi falsi per nascondere le cose,

siamo sarcofagi viventi, cuori pietrificati, anime vuote

divoratori di corpi morti

appena prima della putrescenza

che le confezioni, i veli di plastica

e allettanti etichette di vivaci colori

rendono accetti, come tutte,

della mente umana le illusioni.

Zampe e cosce di corpi appesi

e animali squartati e fatti a pezzi,

che nei supermercati sembrano allettanti

ma se visti schiacciati sull’asfalto,

con le viscere schizzate dagli addomi

e le mirabili gemme luminose degli occhi

spente e vitree come giada infranta

farebbero nient’altro che ribrezzo,

perché la mente umana guarda,

senza voler vedere quello che è vero

ma solo quello che conviene.

Né la mistificata morte violenta

dell’animale fatto a pezzi nelle confezioni

e sulle tavole imbandite fa ribrezzo,

mentre nel corpo dell’animale ucciso in strada

la morte non si può evitare nella sua brutale essenza,

poiché la mente umana sa che la morte altrui

vuol dire anche la nostra

lo stesso può accadere a noi

e infatti accade spesso,

ma nella morte esposta degli animali uccisi

c’è una scaltra e perversa mistificazione,

diventa cibo, tutta un’altra cosa,

questa è la sola differenza per noi

anche se la morte è sempre morte

e la vita è sempre vita,

non esiste una morte minore di un’altra,

meno brutale, meno crudele e più giusta.

Ma la mente umana ha le vie di conoscenza

occluse da egoismi antichi e senza fine.

Avremmo potuto, dovuto esser diversi,

ne avevamo il potere e la ragione

ma abbiamo fallito nello scopo

di raggiungere una vera evoluzione.

E ora siamo in pochi, con le nostre parole

e le nostre urla aspre di dolore

contro questa realtà orrenda

e noi che amiamo la vita universale

siamo incolpati di essere violenti

proprio da quelli che violentano la vita,

giudicati per le invettive e gli insulti

che non saranno mai duri come l’insulto del loro piombo,

delle loro lame affilate

delle vili frecce vili e delle trappole malefiche

che schiantano ossa e zampe

di animali che già a fatica sopravvivono

nelle poche riserve assediate dalle strade,

dagli incendi e dai veleni,

senza più acqua, senza più rifugi,

trappole orrende nel pensiero e nella mente

che le ha costruite e li imprigionano

fra le ganasce immonde presi nel dolore atroce

senza poter sfuggire, restando increduli da tanta cattiveria

noi che ogni giorno ci crediamo superiori

per aver tolto il fango dalle nostre tane di cemento,

ma il fango sporca solo il corpo e si può lavare via

il sangue invece sporca l’anima per sempre.

Vadano a caccia di immagini di vita con filmati e foto

e noi cambieremo i nostri insulti in lodi.

Si chiama “caccia” per i cacciatori

ma cacciare evoca avventura, sembra quasi bello

loro credono in questo, che lo sia davvero

mentre sono solo predoni,

Come zombi, insensibili questi eroi del nulla,

che si rivestono di gloria e di avventura,

mimetizzati, per celare da sicari un assassinio

colpendo alle spalle o in un agguato,

come se andassero ad affrontar nemici

muniti delle stesse armi in un duello vero.

Nemmeno la vergogna della lotta impari li ferma,

la gloria dei duelli antichi nella loro idiozia,

almeno prevedeva armi leali e pari

questa invece è vile gloria, gloria del nulla

e se ne vantano persino senza pudore di esibir trofei

strappati con l’inganno e la prepotenza,

come se avere un’arma in mano

fosse davvero il segno del coraggio,

il coraggio viene solo dall’arma di un cuore

che ama e non uccide, quello è coraggio vero,

non la canna e il grilletto di un fucile.

E si appostano, nascosti nei cespugli e plagiano

altri animali ingenui come i cani,

sfruttando biecamente la loro innocenza

no, non sono cacciatori è una menzogna

non sono altro che predoni, uccisori,

macellai, è una mestiere non un insulto, vero?

é quel che fanno, dunque è questo il nome vero,

non si dovrebbe chiamare caccia, ma uccisione,

Il fucile e le pallottole sono entrate nella loro mente

sono le zanne predatrici di prede che non servono

ma essi non sono nemmeno predatori,

i predatori veri inseguono la preda per vivere un sol giorno

gli uccisori per passare il tempo e sfogare le loro frustrazioni

questa è la differenza, se anche fossimo noi costretti

dalla forma dei corpi ad esser predatori,

ma non lo siamo e chiunque afferma il contrario

sa senza pudore di mentire.

E le pellicce, di cui tante donne vanno fiere,

proprio loro, vittime da sempre di prepotenze infami

che subiscono la brutalità della predazione dell’uomo

e della prepotenza in mille modi perversi

posano, sorridenti coperte di cadaveri fatti a pezzi

a cui è stato con gli artifici della mistificazione

tolto l’olezzo della morte,

girano in involucri di pelli, senza i corpi degli animali

per coprire altri corpi senza anime.

E sorridono, con quel sorriso sinistro, senza gioia che disgusta,

come il volto e lo sguardo freddo e senza compassione

che ho notato di una star del cinema,

e mi chiedevo perché i suoi occhi erano vitrei e morti

perché conosco lo sguardo freddo di chi muore,

il suo era lo stesso, poi sento che dichiara con vantato orgoglio

di sgozzare agnelli nella sua fattoria con le sue mani

e ho ottenuto insieme la risposta chiara

e la conferma ancora un’altra volta

che dallo sguardo si rivela un’anima se c’è,

solo in quel caso.

Vile, è un insulto? Gli uccisori, i predoni si offendono?

Come possiamo dire allora: duello impari?

Ma se non è nemmeno un duello,

quelli che vengono massacrati per divertimento

sono anime e vite che vivono tranquille,

uccise in agguati e a tradimento,

perché sanno esser felici di essere, fanno famiglie,

si uniscono senza mai tradirsi,

costruiscono il nido o trovano una tana,

fanno le loro prole e ne hanno cura,

come fa qualsiasi altra madre,

ma gli uccisori spezzano l’incanto,

che non sanno provare nelle loro spente e aride famiglie

altrimenti non avrebbero bisogno

di andare a distruggere le vite e le famiglie altrui,

per sentirsi eroi sazi di sangue e della loro gioia.

Sono i Caini, che non sopportano

di Abele la gioia di vivere nel sole e produrre nuova vita

e persino offendono quella libertà di vivere,

per libertà intendono solo la loro,

la libertà di vivere degli altri non importa

e chiamano libertà accettare d’essere uccisi dalla prepotenza,

quello vuol dire esser liberi?

Ma se loro sono liberi e gli altri sono schiavi

chi decide chi debba esser libero e chi schiavo?

Una guerra di secessione umana?

La storia umana è costellata di stragi

decise dai più forti che dicevano sempre

di avere un dio dalla loro parte

e che i deboli e gli sconfitti erano fatti in fondo

per questo, il loro destino era di esser schiavi dei più forti

e dicono di essere per la pace e di amare la natura

che è fatta di vita e l’amano uccidendola

come l’amante che non sa amare uccide

perché in lui o lei non c’è ombra di amore

ma solo invidia dell’amore altrui.

E saremmo noi i violenti?

Io la chiamo prepotenza bruta mi dispiace,

il linguaggio lo so usar bene da sempre

il significato preciso delle parole è micidiale,

perché non ammette scuse e distorsioni

chi usa la violenza, diceva un grande illuminato,

sappia che quella stessa violenza sarà a lui restituita

e la vera violenza verrà anche per loro

sicura nell’ultimo attimo di vita,

cosa si porteranno dietro dunque allora?

Li ucciderà una semplice domanda,

ancora prima della morte stessa

perché si muore tutti prima o poi,

ma il biglietto che serve a continuare il viaggio

può comprarlo solo l’anima che

nelle sue segrete tasche è d’amore piena,

e si chiederanno:

“ Ma cosa ho fatto io in quest’arco di tempo?

Ora che sono giunto al termine delle mie nefaste imprese

e un’altra canna di fucile che non sbaglia mai un colpo

ora punta su me, pronta a sparare e colpirmi senza scampo?

Porterò la pelle del leone ucciso a marcire nella tomba?

La testa del cervo e le sue corna?

Il profitto della tortura immane degli allevamenti?

Hanno mostrato trofei ignobili, pezzi di corpi ai loro amici

che hanno fatto solo finta di ammirare

il loro improbabile coraggio,

semmai invidia, per i trenta denari spesi

concessi ai satrapi della ragion di stato,

che dovrebbero invece salvare e custodire

la preziose forme di vita ereditate

per avere la licenza di spegnere

i cuori pulsanti di selvaggi e esseri viventi

solo per divertimento, un malefico colpo e una nobile
vita è spenta nel sangue e nella polvere.

Per sentirsi onnipotenti nel distruggere null’altro .

Spesso portano i loro cuccioli umani

pensando che l’impressione crudele

valga per essere ammirati e amati

non sono nemmeno sicuri della stima dei loro figli,

mogli, amanti amici,

vogliono farsi ammirare sembrare grandi ai loro occhi.

Miserabili cuori vuoti, anime marce,

non ci sarà nessuna ammirazione, nessun vanto,

nessun orgoglio, solo un arido cuore per i vostri figli

che così non sapranno mai dare carezze, ma solo offese,

quando i potenti fucili prenderanno il posto di un’anima.

I criminali di ogni tipo e luogo che hanno famiglie

e conquistano ricchezze

non capiscono che quelle ricchezze non serviranno a nulla

se condannano i loro amati figli e la discendenza

a vivere in un mondo peggiore dell’inferno

dove ognuno impone la sua forza e non si ferma solo agli animali

un inferno che loro stessi fanno diventare vero

dove altri demoni come loro nel delirio dell’onnipotenza

si faranno vanto di levare ai loro figli la pelle

e di versare il loro sangue

nella perenne umana lotta di competizione,

che sia fatta con le clave, con missili e armi di ogni tipo o sorta

o con il semplice potere del denaro

il culto della prepotenza farà

del loro presunto paradiso in terra

l’inferno, e la loro certa dannazione.

Appendono nelle loro ricche abitazioni

i pezzi e le pelli di cadaveri

salvati con artefici dalla putrefazione

ma la putrefazione dell’azione resta in loro

quella non si può trattare

uccidere è questo; fa putrefare l’anima

e l’olezzo di un’anima putrefatta

è molto più nauseante, orrendo e persistente

di quello di un corpo, quello viene digerito

e presto trasformato in altra vita,

l’anima no, puzza per sempre.

Che strano in questa lingua

non esiste un termine preciso per definire

chi non combatte ad armi pari

vile non è la stessa cosa, vile è colui che scappa

non chi tende un agguato

come si dovrebbe chiamare allora “carneficiatore”?

mi sembra che non funzioni,

certo, la viltà è implicita nel colpire alle spalle e di nascosto,

poiché chi si nasconde mentre uccide

a distanza è sempre vile,

si può nascondere dietro la canna di un fucile

con arco e frecce o una balestra è viltà lo stesso,

quindi non serve una parola nuova, “vile” va bene.

E quindi loro si lamentano dei nostri insulti

mentre insultano a morte i nostri sentimenti

e ci costringono ad assistere

senza poter far nulla, inermi all’atroce sofferenza

per la vita che amiamo davanti ai nostri occhi

distrutta, umiliata, squarciata,

e si vantano persino di questa loro libertà,

di privare brutalmente noi dei nostri fratelli

e noi non dovremmo nemmeno piangerli e stare zitti?

Ma se non usiamo le parole

come lo fermiamo il loro piombo?

Con le preghiere agli dei che voi dite sempre

sono dalla vostra parte, la parte umana?.

Sapendo che fanno sanguinare i nostri cuori

che feriscono insieme a tutti quelli degli animali uccisi.

Noi invece del piombo usiamo le parole

che gridano forte di dolore

nella nostra libertà siamo fratelli degli esseri viventi

ma i predatori sentono il diritto di togliere

a noi il diritto di essere fratelli e sorelle

a quelli a cui loro vogliono

spezzar le ossa e togliere le viscere e la pelle

e dobbiamo accettare questo come un ipocrita

esercizio di libertà, mentre è un sopruso?

C’è qualcosa che non quadra.

Lo stesso vale per chi toglie la libertà e la vita

e tortura nella prigionia infame

altri esseri viventi per decorare la propria pelle

e gli abiti di sofferenza e morte,

donne vane, deboli pensanti, cuori di stoffa,

che indossano sorridendo orgogliose le pellicce donate

riflettano sul fatto che se un uomo

per farsi amare regala una pelliccia,

vuol dire che non sente e non ha veri sentimenti

e se non ha compassione per il cuore dell’essere vivente

a cui indifferente ha strappato la vita

poi non l’avrà nemmeno per loro

quando la bellezza sarà sbiadita

e una pelliccia addosso di certo non le farà

restare belle anzi, accentuerà la differenza.

Quante donne venali, che superata la bellezza antica,

si vestono invano con gli orpelli della morte,

ma quando non saranno più belle come prima,

non sarà certo il pelo folto della sofferenza

a restituir loro il fascino perduto,

saranno solo goffe, ridicole, squallide e pietose,

mentre sarebbero sempre luminose e belle,

indossando l’immortale bellezza della compassione,

dell’anima ricca di sentimenti ed emozioni

quella bellezza non si sciupa mai,

e allora sì, degne d’essere amate senza fine

dagli uomini migliori in ogni loro età,

non dai bastardi che le tratteranno

con uguale indifferenza con cui hanno ignorato

il dolore della tortura e della morte,

la pelliccia varrà più del loro viso senz’anima

e del loro sguardo perso e folle

persa l’illusione che quello fosse amore

ma non ama mai chi non sente compassione

è solo falso amore se include il costo del disprezzo

per la vita di un essere vivente,

quando per loro sarà opportuno

le metteranno nella spazzatura dei ricordi

per cercare altra carne senz’anima più fresca

a cui regalare un’altra pelle di dolore intrisa.

Ed ora un diverso cacciatore irride

alle potenti armi che abbiamo costruito,

ci insegna che le ambiziose torri dell’orgoglio umano,

che le potenti armi e la nostra prepotenza,

non servono a nulla contro l’intelligenza della vita,

a cui dovremmo essere grati invece

di rapinarla di altra vita insoddisfatti,

perché non sappiamo vivere la nostra.

L’intelligenza che ha consegnato gli strumenti

per costruire nuove realtà buone per tutti,

ma non per essere tiranni, dominare

e opprimere e sopprimere libertà e vite a piacer nostro,

forse ora ne verremo fuori senza imparare nulla

la pandemia passerà, come una lezione inascoltata,

la memoria corta degli umani li porterà a divorare

tutto ciò a cui hanno dovuto per poco tempo rinunciare

e il circolo vizioso si chiuderà fuori del pericolo per noi

ma pesando ancora più sugli animali,

nel veleno delle stesse coscienze ancora addormentate.

Ma il circolo vizioso è una via folle e senza sbocco,

alla fine c’è solo un precipizio e la dissoluzione

l’anima è come un drone, che elevandosi al di sopra

della follia umana, vede chiaramente

ciò che la vista corta impedisce di vedere

quello che è in fondo alla direzione scelta

ma per vedere questo occorre

un’anima in grado di volare.

Insieme alle nuvole nel cielo

veleggiano anime vaporose di cangianti piume

bagnandosi di sole e fresca brezza

come punte di frecce composte da cuori palpitanti

ma non è il vento a spingerle come le nuvole sospese

che scivolano senza fatica nei fluidi sentieri aerei,

a far navigare decise queste ali piumate nella tersa aria

è la loro gioia di esser vive e avere una direzione,

trasmigrare, sfuggendo l’asprezza degli inverni

per nutrirsi e diventare forti

per la rinascita in una nuova stagione,

anime che volano alte con un cuore

che serba la memoria delle altezze

e negli occhi orizzonti lontani ma sicuri,

esse volano sì, ma con grande fatica,

le loro ali sfidano il peso e la distanza,

solo i loro generosi cuori danno a queste ali

l’incredibile forza che serve per solcare i cieli,

esse non sono come nuvole impalpabili e leggere,

devono contare solo su se stesse

e sul loro indomabile volere

e sulla scia dei turbini di altre ali sorelle

volando insieme in un vascello fatto d’aria

per compiere l’aspra e faticosa traversata

spinte da quell’unica energia d’amore

che unisce tutti gli esseri viventi.

Ma al suolo, nascosti fra infide rocce,

si celano due occhi di rosso sangue pieni

e insieme ad essi, altri due neri occhi vuoti

che contengono null’altro che la morte.

I primi due sono occhi umani,

che erano fatti un tempo per provare meraviglia,

invece sono così pieni di vuoto e torbidi pensieri

che da essi l’anima, nauseata, è già scappata via

cacciata dai dèmoni della predazione

per il sadico sapore dell’onnipotenza,

gli altri due neri e torvi occhi invece,

sono i fori delle canne del fucile

puntati per lacerare e offendere quel cielo,

al cui interno altri demoni predoni alloggiano

pronti ad uscir fuori veloci e a dispensare morte.

Ecco, questo è il tradimento del dono a noi concesso;

un’evoluzione oltre la crudeltà della sopravvivenza

e degli equilibri resi dalla predazione,

noi siamo diventati invece più crudeli

della crudeltà stessa e del suo nome

e senza una ragione vera,

se non l’illusione di colmare il deserto dell’amore

l’alcova vuota di un’anima ormai morta,

la droga del piacere di distruggere la vita.

La crudeltà che si unisce al profitto e al divertimento

si chiama solo sadismo e perversione

è questo dunque il vero volto umano

di quella che mentendo, solo per noi chiamiamo:

superiore evoluzione.

Ennio Romano Forina

Stati Liberi di Armonia Dinamica

Proof Harmony.jpgLa matematica non genera armonia e non può spiegare l’armonia, ma è l’armonia delle vibrazioni cosmiche che genera la matematica. Quando, nel loro divenire le vibrazioni cosmiche in cerca continua di armonia la definiscono in uno stato, quello stato può essere interpretato e descritto dalla matematica, ma non creato dalla stessa. Quindi la matematica che si usa per qualsiasi conquista tecnologica organica e umana non fa altro che “assecondare” le energie cosmiche, che sono sempre e continuamente tese a generare stati di armonia e di bellezza. Ennio Romano ForinaArmonia e matematica.jpg

Il Retaggio dell’ Hydra

La specie umana è una specie alla deriva, che agisce da sempre in base alle necessità, all’impulso del dominio delle forze naturali, ma senza una vera direzione, avendo perso nell’uso e nell’abuso delle tecnologie il contatto intimo con la realtà vivente, vale a dire con quella intelligenza della vita che noi chiamiamo “Natura”. Dunque, ogni volta che nella storia umana, nascevano fenomeni che riuscivano a dare delle direzioni anche innovative da menti illuminate o da visionari e che avevano una diffusa presa sui popoli in cerca di riferimenti, riuscendo anche a colmare i loro vuoti esistenziali, e dare direttive di vita comune progredite, questi fenomeni hanno richiamato da sempre l’attenzione dei grandi furfanti e manipolatori che se ne sono impossessati per utilizzarli, distorcendoli a loro vantaggio, per aumentare il loro potere e ricchezza e di conseguenza opprimere e controllare maggiormente, spesso stravolgendo i significati e le idee originali di base e inserendo in esse delle motivazioni fantasiose quali, ad esempio nelle religioni, la validazione delle stesse attraverso i miracoli.
Come se le idee innovative e positive da sole non bastassero come guida e indicazione di direzione e di comportamenti più evoluti ma fossero servite delle conferme “premianti” per convalidare le idee che, da sole non hanno mai avuto presa sui popoli senza un concreto tornaconto. Benessere. Vita eterna, o ambedue, meglio.
È successo con le idee religiose, il cristianesimo nelle sue varie declinazioni storiche ne è un esempio eclatante ed emblematico, considerando quante volte sia stato totalmente ignorato il senso rivoluzionario del nuovo testamento di non giudicare, non uccidere nemmeno i nemici ma anzi amarli ancora di più e perdonare le offese.
È successo con le idee filosofiche, con le ideologie e le rivoluzioni, ci sono sempre stati in ogni generazione i potenti e i furbi che hanno prevaricato e si sono appropriati a loro uso di qualsiasi cosa si innestasse nell’immaginario collettivo più che nella coscienza dello stesso. È successo anche nell’uso sproporzionato delle automobili che da mezzo utile e vitale per gli spostamenti ha rivelato di rappresentare di fatto la
metastasi di un processo tumorale che ha già devastato la natura e gli equilibri naturali e continua a farlo in modo inarrestabile. Anche i mezzi di comunicazione sono rapidamente diventati mezzi di persuasione e di condizionamento, quindi di potere, ed è successo e succede persino con le mode, con lo sport e in ultimo con le nuove tecnologie sempre distorcendo opportunamente le ragioni e il significato originale di questi fenomeni di utilizzo di massa.

Oggi quindi, com’era prevedibile sta succedendo con il fenomeno dell’informatica che fornisce strumenti di cui nessuno può fare a meno quindi altamente appetibili da chi vuole definire la realtà come da sempre il genere umano fa secondo i propri egoistici interessi e secondo il proprio punto di vista mettendo le mani e trasformando tutto quello che tocca “umanizzandolo” e al contempo rendendolo sterile, purché a somiglianza del dominatore e del suo cattivo gusto. Purtroppo basta vedere i giardini con le piante lobotomizzate e amputate delle loro mirabili forme naturali per costringerle in schemi rigidi di forme geometriche senza senso, solo perché a noi piace farlo e perché possiamo farlo.
Ma è così in tutte le cose. Come il Re Mida del mito, noi abbiamo la pretesa e la presunzione di trasformare in oro tutto quello che tocchiamo, mentre al contrario lo uccidiamo.
Ma sappiamo che tutto ciò che ha un valore per i molti superficiali e ingenui, diventa una fonte di ricchezza per i pochi furbi, quindi richiama l’avidità di potere da chi ha interesse ad esasperarne l’uso, fino a rendere ciascuno di noi un iper-controllato dai sistemi quasi invisibili ma potentissimi, collocati negli olimpi inarrivabili dove si celano le potenti divinità conflittuali, capricciose, invidiose e volubili, proprio come quelle mitologiche che si divertono a manipolare arbitrariamente le vite e i destini dei comuni mortali e delle forme viventi.

Inibire le poche aspirazioni libere e sfruttare a fondo le attitudini umane viziose e consumistiche che sono come riempitivi di esistenze essenzialmente vuote.
Oggi sta succedendo anche con questa pandemia, quale ne siano le cause, il fattore è sempre umanamente perverso, sia che si tratti di laboratori che di allevamenti infami e uccisioni barbare degli animali, sicuramente due verità parallele e sinergiche fra loro.
Ma c’è un solo modo per mettere un argine a queste perverse e nefaste attitudini di pochi, serve convincere i molti ad abbandonare le stesse attitudini perverse e nefaste, altrimenti nulla potrà mai evolvere e progredire, essendo la società umana stessa, il terreno di coltura della parte più cattiva e malevole sempre dominante. Ed è inutile sperare che tutto possa cambiare mandando a casa i Tizi e i Cai del momento se non si cambiano le basi e le fondamenta di questa realtà; cioè i popoli, poiché gli usurpatori e manipolatori sono come l’Hydra, il mostro che non si poteva vincere perché per ogni testa tagliata ne ricrescevano due e attualmente non c’é in vista nessun Eracle che possa, con l’aiuto di qualcuno, sconfiggere definitivamente il mostro. Solo la evoluta e saggia consapevolezza di un popolo intero potrebbe compiere questo miracolo.

Ennio Romano Forina

Quando

Quando ammiriamo un paesaggio quale è,
 
invece di cercare di cambiarlo
 
e sappiamo rispettare e apprezzare
 
lo svolgersi della vita in ogni stagione.
 
Quando abbiamo il palpito del cuore
 
pieno d’amore anche senza un amante.
 
Quando con meraviglia guardiamo il firmamento,
 
e salutiamo con speranza il sorriso di ogni alba.
 
Quando affidiamo ai tramonti i nostri sogni,
 
e alla dolce e placida Luna i nostri desideri.
 
Quando accarezziamo invece di colpire.
 
Quando conosciamo invece di ignorare.
 
Quando, sappiamo leggere l’anima in altri sguardi,
 
invece di volgere il nostro
 
per guardare solo un’immagine riflessa
 
nello specchio dell’insano egoismo.
 
Quando ci chiediamo continuamente
 
se il nostro pensare e agire sia meno che perfetto
 
e non sia di danno alcuno fuori di noi,
 
ma non sia motivato dall’attesa di un premio
 
né dal timore di una punizione,
 
ma venga da sé stesso generato per amore.
 
Quando la paura dell’ignoto
 
non ci fa sbagliare direzione.
 
Quando le nostre parole sono vere
 
e i pensieri cristallini e puri.
 
Quando le nostre mani stringono fortemente
 
altre mani ma senza trattenere.
 
Quando restiamo invece di fuggire.
 
Quando non cerchiamo di carpire
 
la forza che a noi manca dagli altri,
 
ma diventiamo forti noi
 
solo per donarla, senza condizioni.
 
Quando la compassione è il terreno sicuro
 
in cui muoviamo tutti i nostri passi
 
senza affondare nelle sabbie mobili
 
e nel fango insensibile dell’indifferenza.
 
Quando abbracciamo invece di abbandonare.
 
Quando sappiamo distinguere la vera direzione,
 
senza affidarci al conforto dei comodi miti.
 
Quando sappiamo che un gioiello
 
si può comprare e portare via,
 
ma lasciamo stare il fiore che se colto muore.
 
Allora il legame con l’armonia del Cosmo si unisce
 
all’energia pura dell’Amore Universale
 
e qualunque cosa accada noi siamo eternamente
 
in quell’amore avvinti e rigenerati.
 
Solo allora forse, spegneremo le fiamme
 
che da sempre bruciano
 
negli inferni della mente umana.
 
Ennio Romano Forina

Sono il Senso delle Cose

Sono la Madre, nata dalla Madre Acqua sono la primigenia sono l’indefinibile sono l’Assoluto. Non nata da nessuno. Da un raggio di Sole trasformato in Acqua per Amore, null’altro. In me scorre l’energia che tutto muove. Sono l’orizzonte irraggiungibile e le lande che percorri. Sono dove mi puoi trovare, ma non cercare di legarmi, di confinarmi, di spiegarmi. Sono il senso delle cose. Rispettami, amami, e basta.
Ennio Romano Forina Primigenia2.jpg

L’Anima Svenduta

Tutti i fondamentalismi, le inquisizioni e le oppressioni moralistiche e religiose, non sono la conseguenza di spiritualità distorte, la spiritualità vera è antitetica a qualsiasi forma di oppressione, basandosi appunto sulla prevalenza dell’anima e non del corpo, e quindi non vi è nulla di spirituale nell’opprimere al contrario, esse sono il risultato della parte “razionale” della mente umana, destabilizzante del cervello antico, emotivo e sensibile, che si è servita astutamente delle angosce esistenziali e delle aspirazioni utopistiche di elezione di questa specie, che nel suo percorso evolutivo ha perso direzione e contatto con la vera essenza della vita, anche se cerca di ritrovarla continuamente senza nemmeno rendersene conto.
Tutte le formule artificiali leganti sono religiose, come le ideologie, che deificano idee e personaggi nel momento in cui servono a imporre il potere e il controllo dei pochi sui molti, e infatti in tutte le epoche sono così state utilizzate.

Ciò è potuto succedere perché il genere umano ha progressivamente svenduto la sua anima al potere razionale della mente, che garantisce la sicurezza e il controllo immediato e dominante sul mondo vivente, ma l’abuso di questo potere lo ha trascinato in un vortice rovinoso di follia di onnipotenza, che invece di armonia, realizza caos e devastazione e lo precipita sempre più nel gorgo della barbarie.Questo non è pessimismo, ma il riflesso di quanto realmente accade, la società umana è in perenne conflitto con se stessa e ordisce trame che mirano sempre alla stessa antica perversione, la brama del dominio, a tutti i livelli, il dominio delle nazioni, quanto quello delle fazioni e dei singoli individui.

Nulla di benefico potrà mai generarsi da tutto questo, l’illusione di un mondo relativamente pacifico e industrioso è alimentata solo dalla disponibilità di quello che la perversa e malevole mente umana chiama “risorse”. Cioè la vita degli esseri viventi e di tutti gli equilibri stabiliti da rapinare a piene mani illimitatamente.

E questa non è evoluzione ma barbarie pura o inferno se volete.

Ennio Romano Forina