My poem, based on this real filmed event of a couple of years ago, when a bull was able to jump over the fences trying helplessly to reach his freedom.
HO SOGNATO IL TORO NEI PRATI LIBERI DEL CIELO, MACCHIATI SOLO DAL ROSSO DEI PAPAVERI E NON DEL SANGUE…
Ho visto il Toro scavalcare lo steccato e arrampicarsi sugli spalti,
ho visto la sua dignità, la sua anima, nell’anelito di libertà.
Ho visto fantasmi sui palchi, ebbri di sangue vermiglio
fuggire da vili dall’impeto del coraggio e della ribellione.
Ho visto poi il Toro arrancare nella gabbia di panche
troppo intricate, imprigionando impietose le possenti zampe
sul crinale di colle proibito, inaccessibile per lui.
Oltre l’arena infame, forse c’erano liberi ma irraggiungibili,
i prati dipinti di verde e illuminati
soltanto del solo rosso dei papaveri,
ma all’interno del festoso cerchio mortale
solo un sole di sangue bagnava la sabbia di grumi sinistri,
calpestata da demoniache figure sui costretti cavalli,
scatenate per fornire i tormenti delle lance e dei pungoli,
forgiati nelle fucine d’inferno,
ed eroi fantocci ricoperti dalla gloria del nulla,
mentre dagli spalti e dai banchi ondate di perverso clamore
e urla di piacere ad ogni colpo di pungolo e di sangue sprizzato.
“Breaking news!: così la notizia: “dramma sfiorato, nessun ucciso, nessun ferito”.
“Nessuno”. Dunque il Toro è nessuno? Solo sangue e spettacolo.
IL SOGNO
Ma più tardi, la realtà di una cronaca confluisce in un sogno
e io ho sognato il Toro, umiliato ma grande, l’ho sognato morire
e il suo corpo esplodere in mille getti di sangue
che si riversavano su ogni spalto della cerchia infame
gremita da facce piccole e grandi,
da bocche bavose e braccia esultanti,
occhi ebbri di scherno del dolore inflitto
a intervalli di morte e sadica voluttà nel vedere
dal fiero corpo, la forza privata pezzo a pezzo
del possente e indifeso Toro costretto alla furia,.
Spettatori gaudenti del Male, frementi per bramosia del sangue,
e il sangue ricadeva su loro e tutti cercavano di coprirsi
e ancora dimenandosi volevano farlo scorrere via,
ma il rosso fluido restava sempre a coprirli
macchiando i vestiti, corpi e volti e non si levava,
continuando a fluire dal Toro ribelle, squartato tra i sedili.
Fiumi di rosso continuavano a uscire come soffi di vulcano
schizzando in alto, eruttando fiotti di lava rubino
che colmava gli spalti scendendo in rivoli e torrenti
trascinando nei gorghi e in fondo tutta la folla
che adesso più non rideva del sangue e travolta,
alla fine affondava nella marea rossa spenta di urla,
mentre ormai nel centro dell’arena già colma,
altre mille bocche di sangue si aprivano
dei mille e mille Tori uccisi nel tempo.
Ma i sogni sono solo sogni
e tutto questo non accade e non avverrà.
non in questo modo, non in questo tempo almeno.
Tutti i Tori incolpevoli sono morti così, trafitti e smembrati,
uccisi già moribondi e stremati, da spade vigliacche,
uccisi due, tre, cento volte e solo per gioco,
costretti alla rabbia dai giocolieri di morte,
dai mille anni prima e forse ai mille futuri,
finché gli occhi umani avranno piacere
guardando la morte degli altri.
Ma il diluvio del sangue non è un sogno, né un’illusione
è l’orrenda, continua realtà, in quella ed altre piazze,
così, mentre l’anima dei Tori sale libera nei prati verdi del cielo,
qualcosa davvero affonda
e si perde per sempre nel sangue delle arene:
sono le anime spente di chi ha soffocato e tolto alla vita il diritto.
Le anime di quelli che hanno goduto vedendo il sangue
sgorgare caldo, fumante, dalle narici e dal corpo generoso,
e alla fine credendo di uscire indenni
e soddisfatti dall’atroce scena
pronti ad altri giochi di morte e con i loro corpi e vestiti puliti.
Ma le loro anime si sono ormai sporcate,
risucchiate nei torrenti e nei gorghi dell’infame gioco
e così si avviano, sazi del dolore altrui,
senza nemmeno capire di aver lasciato forse per sempre,
le loro spente anime nel sangue dell’arena a imputridire.
Ennio Romano Forina 2018