Non è un errore, ma un’analogia che ho coniato per definire la specie umana nella sua attuale realtà esistenziale, nei comportamenti collettivi e nel funzionamento che si avvicina sempre più a quello degli insetti sociali: gli “Imenotteri, vale a dire Api, Formiche, Termiti… che si comportano non come soggetti individuali ma come parti,cellule di un singolo organismo, essendo costretti a specializzarsi in capacità diverse e rigorose ma dipendenti e complementari fra loro. In pratica, ciò che costituisce gli organismi viventi che sono appunto fatti di unità biologiche (organi) e cellule con compiti diversi ma interagenti nell’esistenza e nell’interesse dell’organismo stesso. Quanto più la società umana diviene complessa e deve affidarsi alla tecnologia e alla burocrazia per funzionare, tanto più i suoi componenti finiscono col diventare simili alle cellule di un organismo che si modificano e specializzano per svolgere compiti essenziali e per mantenere in funzione l’organismo stesso. Poiché sia la tecnologia che la burocrazia richiedono automatismi di ideazione ed esecuzione ormai non più dettati e guidati solo dalla mente umana ma dalla tecnologia stessa che ne suggerisce tutti gli sviluppi possibili e gli utilizzi ulteriori. Questo fenomeno di spersonalizzazione degli individui e delle loro capacità speculative ed inventive fuori da ogni schema, conduce a dei percorsi obbligati di specializzazione in ogni campo, dai più umili a quelli più importanti, ma questo non fa differenza poiché nell’organismo “mondo umano” (città) che replica in tutto e per tutto, l’organismo stesso, – solo in misura molto più grande e impiegando materiali più resistenti, – ha come risultato un progresso tecnologico velocissimo, ma al tempo stesso un regresso delle peculiarità creative e intuitive proprie della specie ed ha già avviato un processo ormai inarrestabile di decadenza di queste peculiarità e quindi anche dell’etica superiore, così come non vi è un’etica creativa in un alveare o un formicaio ma solo l’etica di ciò che è opportuno per affermare l’esistenza dell’unità formicaio o alveare nel mondo vivente. Ennio Romano Forina