Violenze Culturali

di Ennio Romano Forina

La mitologia non è una sezione della storia umana, ma il fatto che sia un artificio mentale non vuol dire che sia basata solo e prevalentemente sulla fantasia e non esclude che possa influenzare in modo concreto l’immaginario collettivo, l’educazione e il carattere degli individui che possono assimilare senza riflettere i preconcetti che anche dalla mitologia derivano e trasformarli poi in culture e comportamenti, come del resto accade anche da altre fonti di apprendimento. E non c’è dubbio che anche gli eventi umani possano subire l’influenza dei miti che spesso sono stati evocati nella storia come pretesti per giustificare nella gran parte dei casi, azioni distruttive e conflitti. Come ho scritto altrove “Gli dei sono sempre dalla parte di chi li ha inventati”.

In questo modo i miti irreali possono facilmente diventare simboli reali, che confluiscono nella cultura e in qualche modo contribuiscono a scrivere la stessa storia per molto, molto tempo a seguire anche se non ce ne accorgiamo. Spesso, senza analizzarli nel divenire della loro struttura illusoria e nemmeno nei motivi che li hanno fatti attecchire nell’immaginario collettivo e infine utilizzare come stereotipi per stabilire false identificazioni di comodo del bene e del male. Uno di questi miti, – da sempre emblematicamente accettato nel suo drammatico sviluppo ed esito, senza una seria riflessione sugli elementi che lo compongono – è quello affascinante della Gorgone Medusa, così tanto celebrato nei secoli sempre in una specifica rappresentazione minacciosa, “negativa,” sia nell’arte che nella letteratura storica e persino nei manufatti artigianali, arti orafe e più recentemente persino come marchio di imprese.

Attitudini e comportamenti singoli o collettivi e forme di pensiero che diventano costume e morale, spesso vengono legittimati sulla base di considerazioni superficiali e circoscritte nei ristretti ambiti di categorie mentali prestabilite. Osserviamo ora che tra i vari atti di prepotenza e rapina, l’appropriazione arbitraria del corpo di un’altra persona che viene definita con il termine di “stupro,” specifica precisamente l’atto della violazione – con la forza – del territorio: “corpo” di un individuo, da parte di uno o più soggetti normalmente di sesso maschile, ai danni di un altro soggetto, normalmente di sesso femminile più debole e incapace di difendersi.

La violenza della prepotenza sessuale è deleteria sia in senso etico che in senso antropologico perché non solo offende e ferisce in modo indelebile chi la subisce, ma colpisce anche tutta la comunità umana insinuando la paura e il sospetto in una specie di reazione a catena, laddove si dovrebbero invece coltivare la fiducia, la solidarietà e il rispetto nei rapporti fra individui, poiché quando un elemento di questi subisce un trauma, trasferirà inevitabilmente ai suoi simili una parte del danno subìto sotto forme diverse e spesso anche inconsce e indirette.

Chi invece propone atti gentili e altruistici fa esattamente l’opposto, contribuendo a migliorare generalmente il carattere delle interazioni fra le persone e trasmettendo un senso di fraternità e fiducia in un mondo possibile migliore. Ma ancora di più, a confondere le giuste valutazioni di questi fenomeni specifici della specie umana è il fatto che la coscienza collettiva ingloba e incapsula facilmente in sé, antichi luoghi comuni, siano essi veri o fantasiosi e li “legittima” in superficiali asserzioni che alla fine portano la parte peggiore di ogni popolo ad agire con prepotenza distruttiva e criminale, e quando questo succede si vanno a cercare definizioni e analogie del tutto improprie per definire questi episodi che distorcendo e nascondendo le vere cause originali non fanno altro che inibire la ricerca delle reali motivazioni di questi come di altri atti malevoli. Allora una fraseologia standard fatta di luoghi comuni, improvvisamente scaturisce dai media e dalla dalla mente e bocca dei cittadini viene riflessa e disseminata come una eco e così supinamente accettata senza alcuna riflessione sulla sua effettiva validità così che puntuale si genera il grido collettivo che definisce i violentatori umani come “animali o bestie!”

Ma davvero, per quanti sforzi faccia, non mi riesce di trovare nell’universo vivente esempi di animali di sesso maschile che stuprano una femmina, né in gruppo né da soli. Quindi al di là della scontata condanna verbale o della reazione più o meno forte caso per caso a episodi di violenza sul corpo e nell’anima delle donne, non si va mai oltre, alla ricerca delle possibili, reali cause generatrici. La violenza sulle donne, implica una serie di considerazioni di carattere non solo etico ma anche biologico, perché distorce la ragion d’essere della sessualità, e poiché sappiamo che, in quasi tutto l’universo animale esistente, l’elemento dominante è quello femminile e che sono infatti le femmine di quasi tutte le specie che decidono quando e con chi accoppiarsi, secondo la loro istintiva consapevolezza dei ritmi biologici più opportuni per garantire il successo della procreazione.

Gli uomini nascono solo in parte più o meno buoni o cattivi, secondo il loro corredo genetico ma con la possibilità sin dai primi mesi di vita, di scegliere e di cambiare comunque anche le loro tendenze negative che senza una guida costante e giusti punti di riferimento, possono affiorare ovunque nel tempo e nelle loro menti determinando i loro stessi destini. Essi vengono al mondo con inclinazioni diverse, che possono modificarsi nel bene e nel male secondo i sentieri che scelgono di percorrere, le scelte, le selezioni e le acquisizioni derivanti dall’assorbimento di insegnamenti e di categorie mentali comuni che provengono dall’ambiente in cui crescono, dagli esempi, dalle esperienze, sia positive che negative, da una quantità di stimoli e sensazioni nei quali un giovane carattere deve navigare spesso come in un mare in tempesta cercando in esso la giusta rotta per non perdersi o naufragare.

Allora è opportuno fare il percorso a ritroso per cercare nell’eredità culturale comune, quegli elementi deformanti potenzialmente deleteri che se non vengono analizzati nella sostanza, possono favorire e fornire alibi ai comportamenti perversi. Anche i concetti contenuti nella mitologia antropomorfica e nei miti delle religioni,  così come quelli contenuti nelle favole o nella letteratura, possono influenzare enormemente la psicologia collettiva, convogliando i comportamenti e persino le leggi, verso cattivi indirizzi.

Ho cercato invano nelle varie rappresentazioni artistiche del mito della Gorgone Medusa, nella scrittura e soprattutto nelle raffigurazioni pittoriche e scultoree, qualche elemento di compassione e considerazione o di minima solidarietà per questa ipotetica – ma verosimile – povera e giovane vita distrutta dal potere maschile, dall’arbitrio del potente dio Poseidone e dagli altri perversi personaggi coinvolti. Che il dramma sia un racconto di pura fantasia non toglie nulla alla sua realistica attinenza con la vita reale. È sufficiente sostituire i personaggi fantasiosi del mito con soggetti reali per ottenere una miriade di vicende analoghe che accadono da sempre e non hanno mai cessato di accadere.

Dunque il mito narra che questa fanciulla, colpevole unicamente della sua bellezza, avrebbe avuto la disgrazia di essere stata notata da uno degli dei più potenti: Poseidone, (maschio, naturalmente) e che, oltre ad essere preda e vittima di violenza è costretta a subire anche l’irragionevole vendetta della potentissima dea Atena gelosa dell’interesse di Poseidone per la fanciulla ( che per essere la dea dell’intelligenza per antonomasia, in questo come in altri casi non ne aveva certo dimostrata molta ), questa sarebbe una delle versioni più accreditate, va da sé che in molti casi donne che nei miti e nella realtà sono tramutate in mostri ce ne sono molte. Dunque Atena, invidiosa della bellezza della mortale fanciulla per essere stata oggetto delle attenzioni del Dio, in preda ad una furiosa gelosia la punisce trasformandola  in una creatura mostruosa e letale, costringendola a sua volta a commettere azioni distruttive verso chi le si avvicina e condannandola a diventare la prigione orribile di se stessa. Così un essere innocente viene trasformato nel mito in un mostro distruttivo che pietrifica gli uomini con il solo sguardo. Questo fino a quando entra in scena un eroe mercenario, Perseo, ( icona fittizia di eroismo maschile ), che armato da altre divine invenzioni Olimpiche, viene assunto come sicario da un tiranno criminale per ucciderla.

Perseo, il giovanotto nominato per l’impresa, viene dotato di superpoteri, non è chiaro per quali torbide ragioni, senza i quali non avrebbe evidentemente in sé né la forza, né il coraggio di affrontare il “mostro”.

Ma l’aspetto sconcertante e inaccettabile di questo racconto fantastico, è la sua influenza culturale nella letteratura e in tutta la rappresentazione artistica, perché mentre la figura di Perseo viene esaltata come quella di uno dei supereroi della Marvel, il giustiziere bello, trionfante e positivo, che libera il mondo dall’incubo di questo essere orribile, guarda caso, una femmina, colei che è la “vera” vittima viene definitivamente relegata ai posteri a guisa di icona distruttiva, terrificante e negativa.
Questo bellimbusto sicario e vile assassino, che non prova un minimo senso di pietà per la sorte subita dalla ragazza riceve tutti gli onori nel suo tempo e da tutta la cultura dei posteri e a lui nei secoli si dedicano statue e dipinti che lo raffigurano come un soggetto rappresentativo del coraggio  meritevole di sempiterna gloria maschile. E questo non va molto a vanto della sensibilità anche di grandi artisti del rinascimento che così infatti hanno interpretato il mito.

Medusa incredibilmente, viene sempre raffigurata col volto e l’espressione di una creatura feroce anche quando le si concede una fisionomia “umana” ha sempre la connotazione di un essere malvagio e terrificante. Persino il sensibilissimo Caravaggio, in un suo dipinto dedicato alla Gorgone non fa rilevare nemmeno un tratto di compassione o di nostalgico rimpianto per la giovane vita distrutta così incolpevolmente.
In alcune raffigurazioni d’arte moderna al massimo, Medusa diventa una sensuale e tragica ammaliatrice, circondata dai corpi pietrificati delle sue vittime, ma neanche in questi casi si riesce a percepire un minimo senso di dolore e di coinvolgimento sentimentale per la terribile condizione subita e non voluta, non scelta.

Nel costume e nella cultura, Medusa diventa così il simbolo universale dell’orrido femminile, del potere distruttivo della donna, che non si può più nemmeno concupire e violentare nel suo aspetto mostruoso, non importa quale sia la causa, e per neutralizzare questa inquietante presenza non c’è altro modo che tagliarle la testa e trasformare il trofeo in un simbolo iconico da apporre ai confini delle proprietà, a guardia delle porte domestiche inospitali, così come sullo scudo di Atena, per terrorizzare nemici e concorrenti, per allontanare gli estranei e i visitatori sgraditi.

Un mito così confezionato e preservato, viene assorbito nella coscienza collettiva e diventa cultura accettata per nulla inoffensiva, che in qualche modo può influire sui comportamenti e sulle attitudini di generazioni di giovani che spesso agiscono proprio in conseguenza di questi stereotipi falsi e superficiali. Quante Meduse di ogni grado di bellezza vediamo oggi come sempre, violentate, private della libertà e della indipendenza del loro territorio anima e corpi insieme, delle loro menti, dei loro affetti, dei loro sogni e delle loro aspirazioni, sacrificate all’egoismo distruttivo dei più forti per via di educazioni distorte, mistificanti o contorte e di parametri etici deformi dei quali spesso, sono responsabili anche gli stessi genitori dei giovani, che crescono pensando di dover avere tutto, di potersi permettere ogni libertà, non avendo essi la capacità di una riflessione etica profonda, ereditata o acquisita ad indirizzare le loro azioni.

Per analogia, anche le usanze di alcuni popoli, in nome di un ridicolo “onore” maschile e del costume, distruggono la bellezza delle donne che rifiutano il corteggiamento con l’insulto delle parole e dell’acido e devastandone i volti, e così come fece Atena, le tramutano in mostri. È la rappresentazione pura dell’egoismo supremo che distrugge la bellezza che non può avere, ma ancora di più è rivelatore della mortale incapacità di sentire, che pervade le miserabili menti affogate in questi istinti che non sono “animali” come sempre si ripete, ma prettamente umani e deformi, come la specie umana è. Ma a volte, la cultura ufficiale non è da meno se non si preoccupa, nei luoghi preposti all’istruzione e nella iconografia, laddove è necessario, di analizzare meglio le azioni negative ed i riflessi culturali che spesso le hanno motivate analizzandoli per fornire le risposte etiche derivanti dalle giuste e approfondite riflessioni, anche capovolgendo le conclusioni che sono state acquisite storicamente per influire in modo saggio e veritiero sull’apprendimento dei giovani.

La violenza su una donna è uno dei tanti aspetti di una realtà specifica che si può manifestare a diversi gradi e livelli, in modo occasionale o continuativo, ma che proviene tutta da una condizione e un’attitudine mentale sostanzialmente identiche: – la non percezione e il mancato rispetto della libertà e indennità di ogni altra esistenza che non sia la propria -.

Restituiamo dunque alla fanciulla innocente, che sia inventata o vera, la sua primitiva, giovanile bellezza del corpo e dell’anima che paradossalmente l’ha condannata e rendiamole giustizia, elevandola a simbolo di tutte le femminee creature torturate e uccise nella storia e tutt’oggi – per la loro bellezza, per il colore dei capelli, per le loro inclinazioni, per la loro intelligenza per il loro diritto alla libertà e all’auto determinazione per il loro semplice e naturale diritto di mostrare la loro femminile essenza come e quanto desiderino farlo – a causa dell’ignoranza, della demenza e dei pregiudizi di molti nel mondo, ottusi cuori e teste maschili contenenti poco altro che mucillagine organica.

Per quello che mi riguarda, le Meduse che raffiguro nei miei dipinti, avranno sempre il volto primigenio e le sembianze di un fiera e dolce bellezza e mi auguro che possano conservare anche lo sguardo che pietrifica, ma rivolto ai loro vili carnefici e stupratori, di ogni tempo e luogo e cultura.

Ennio Romano Forina

Il Retaggio dell’ Hydra

La specie umana è una specie alla deriva, che agisce da sempre in base alle necessità, all’impulso del dominio delle forze naturali, ma senza una vera direzione, avendo perso nell’uso e nell’abuso delle tecnologie il contatto intimo con la realtà vivente, vale a dire con quella intelligenza della vita che noi chiamiamo “Natura”. Dunque, ogni volta che nella storia umana, nascevano fenomeni che riuscivano a dare delle direzioni anche innovative da menti illuminate o da visionari e che avevano una diffusa presa sui popoli in cerca di riferimenti, riuscendo anche a colmare i loro vuoti esistenziali, e dare direttive di vita comune progredite, questi fenomeni hanno richiamato da sempre l’attenzione dei grandi furfanti e manipolatori che se ne sono impossessati per utilizzarli, distorcendoli a loro vantaggio, per aumentare il loro potere e ricchezza e di conseguenza opprimere e controllare maggiormente, spesso stravolgendo i significati e le idee originali di base e inserendo in esse delle motivazioni fantasiose quali, ad esempio nelle religioni, la validazione delle stesse attraverso i miracoli.
Come se le idee innovative e positive da sole non bastassero come guida e indicazione di direzione e di comportamenti più evoluti ma fossero servite delle conferme “premianti” per convalidare le idee che, da sole non hanno mai avuto presa sui popoli senza un concreto tornaconto. Benessere. Vita eterna, o ambedue, meglio.
È successo con le idee religiose, il cristianesimo nelle sue varie declinazioni storiche ne è un esempio eclatante ed emblematico, considerando quante volte sia stato totalmente ignorato il senso rivoluzionario del nuovo testamento di non giudicare, non uccidere nemmeno i nemici ma anzi amarli ancora di più e perdonare le offese.
È successo con le idee filosofiche, con le ideologie e le rivoluzioni, ci sono sempre stati in ogni generazione i potenti e i furbi che hanno prevaricato e si sono appropriati a loro uso di qualsiasi cosa si innestasse nell’immaginario collettivo più che nella coscienza dello stesso. È successo anche nell’uso sproporzionato delle automobili che da mezzo utile e vitale per gli spostamenti ha rivelato di rappresentare di fatto la
metastasi di un processo tumorale che ha già devastato la natura e gli equilibri naturali e continua a farlo in modo inarrestabile. Anche i mezzi di comunicazione sono rapidamente diventati mezzi di persuasione e di condizionamento, quindi di potere, ed è successo e succede persino con le mode, con lo sport e in ultimo con le nuove tecnologie sempre distorcendo opportunamente le ragioni e il significato originale di questi fenomeni di utilizzo di massa.

Oggi quindi, com’era prevedibile sta succedendo con il fenomeno dell’informatica che fornisce strumenti di cui nessuno può fare a meno quindi altamente appetibili da chi vuole definire la realtà come da sempre il genere umano fa secondo i propri egoistici interessi e secondo il proprio punto di vista mettendo le mani e trasformando tutto quello che tocca “umanizzandolo” e al contempo rendendolo sterile, purché a somiglianza del dominatore e del suo cattivo gusto. Purtroppo basta vedere i giardini con le piante lobotomizzate e amputate delle loro mirabili forme naturali per costringerle in schemi rigidi di forme geometriche senza senso, solo perché a noi piace farlo e perché possiamo farlo.
Ma è così in tutte le cose. Come il Re Mida del mito, noi abbiamo la pretesa e la presunzione di trasformare in oro tutto quello che tocchiamo, mentre al contrario lo uccidiamo.
Ma sappiamo che tutto ciò che ha un valore per i molti superficiali e ingenui, diventa una fonte di ricchezza per i pochi furbi, quindi richiama l’avidità di potere da chi ha interesse ad esasperarne l’uso, fino a rendere ciascuno di noi un iper-controllato dai sistemi quasi invisibili ma potentissimi, collocati negli olimpi inarrivabili dove si celano le potenti divinità conflittuali, capricciose, invidiose e volubili, proprio come quelle mitologiche che si divertono a manipolare arbitrariamente le vite e i destini dei comuni mortali e delle forme viventi.

Inibire le poche aspirazioni libere e sfruttare a fondo le attitudini umane viziose e consumistiche che sono come riempitivi di esistenze essenzialmente vuote.
Oggi sta succedendo anche con questa pandemia, quale ne siano le cause, il fattore è sempre umanamente perverso, sia che si tratti di laboratori che di allevamenti infami e uccisioni barbare degli animali, sicuramente due verità parallele e sinergiche fra loro.
Ma c’è un solo modo per mettere un argine a queste perverse e nefaste attitudini di pochi, serve convincere i molti ad abbandonare le stesse attitudini perverse e nefaste, altrimenti nulla potrà mai evolvere e progredire, essendo la società umana stessa, il terreno di coltura della parte più cattiva e malevole sempre dominante. Ed è inutile sperare che tutto possa cambiare mandando a casa i Tizi e i Cai del momento se non si cambiano le basi e le fondamenta di questa realtà; cioè i popoli, poiché gli usurpatori e manipolatori sono come l’Hydra, il mostro che non si poteva vincere perché per ogni testa tagliata ne ricrescevano due e attualmente non c’é in vista nessun Eracle che possa, con l’aiuto di qualcuno, sconfiggere definitivamente il mostro. Solo la evoluta e saggia consapevolezza di un popolo intero potrebbe compiere questo miracolo.

Ennio Romano Forina

A un piccolo splendido fiore

Non so se hai mai pensato
che tra i tanti fiori vistosi e sensuali
di colori smaglianti e profumi inebrianti
l’umile e timida Margherita invece
somiglia così tanto al Sole a cui si volge
dialogando con i suoi raggi
durante tutto il giorno
e dai quali trae il suo nutrimento?

Un emisfero di vivido giallo al centro
e tutt’intorno raggi di splendente e bianca luce
che come il sole in cielo risplendono nei prati.
Nessun bianco eguaglia il bianco
dei petali di una Margherita
quando non è ferita o calpestata e subisce
oltraggi per esporsi indifesa nei passaggi
ma anche allora la Margherita si rialza
e fieramente riprende la sua forza
dalla potente energia del suo cosmico Tutore.

Se tu fossi un fiore Lisa, anima bella,
non potresti essere che una Margherita,
semplice, essenziale, nella tua candida,
eterea e d’anima pura delicata veste,
che soltanto si nutre di luce solare.

Io non colgo mai i fiori,
semmai li accarezzo gentilmente
e nel contatto fra la loro e la mia energia
sento ancor di più quella bellezza in me
che sarebbe spenta e morta se fossero recisi
e agonizzanti in uno stupido vaso,
li lascio essere e splendere nella loro luce,
specialmente una vulnerabile margherita
che è la più generosa, disprezzata e offesa
e a volte mi sdraio su un prato insieme a loro
per imparare anch’io dal Sole
come le Margherite da sempre sanno fare,
a vivere, a resistere e ad amare.

Ennio Romano Forina

FEDE E CORAGGIO

Lisa, cuore di margherita,
povero piccolo splendido fiore,
non so quali oscure minacce
come nubi cariche di pioggia prepotente,
stiano coprendo la luce del tuo cosmico tutore,
ma so per certo, che al di là di queste
i suoi raggi per te splendono sempre
e torneranno presto a restituirti tutto
il calore e l’energia che ti serve per lottare.
Ora sei avvolta nei tuoi petali richiusi
e senza la luce forse sei pervasa di paura,
ma guarda oltre le nubi con fiducia e forza
e presto le vedrai dissolversi e sparire
e sentirai la tua anima amante e dolce
riprendere sicuro il tuo molto lungo ancora
cammino nella vita.
Ne sono più che certo, credi, e questo sarà vero,
poiché tu hai l’ambito dono della fede
che attinge da ineffabili e misteriosi lidi
del Cosmo intero tutta l’energia,
qualunque sia il nome che ad essa viene dato
quel che conta e che solo l’Amore sia
la sostanza vera di qualunque fede.

Le anime come te servono a riflettere più luce
in questo perduto e folle mondo degli umani,
così sai, come le margherite, quel che devi fare:
Vivere, Resistere ed Amare.

Ennio Romano Forina

Quando

Quando ammiriamo un paesaggio quale è,
 
invece di cercare di cambiarlo
 
e sappiamo rispettare e apprezzare
 
lo svolgersi della vita in ogni stagione.
 
Quando abbiamo il palpito del cuore
 
pieno d’amore anche senza un amante.
 
Quando con meraviglia guardiamo il firmamento,
 
e salutiamo con speranza il sorriso di ogni alba.
 
Quando affidiamo ai tramonti i nostri sogni,
 
e alla dolce e placida Luna i nostri desideri.
 
Quando accarezziamo invece di colpire.
 
Quando conosciamo invece di ignorare.
 
Quando, sappiamo leggere l’anima in altri sguardi,
 
invece di volgere il nostro
 
per guardare solo un’immagine riflessa
 
nello specchio dell’insano egoismo.
 
Quando ci chiediamo continuamente
 
se il nostro pensare e agire sia meno che perfetto
 
e non sia di danno alcuno fuori di noi,
 
ma non sia motivato dall’attesa di un premio
 
né dal timore di una punizione,
 
ma venga da sé stesso generato per amore.
 
Quando la paura dell’ignoto
 
non ci fa sbagliare direzione.
 
Quando le nostre parole sono vere
 
e i pensieri cristallini e puri.
 
Quando le nostre mani stringono fortemente
 
altre mani ma senza trattenere.
 
Quando restiamo invece di fuggire.
 
Quando non cerchiamo di carpire
 
la forza che a noi manca dagli altri,
 
ma diventiamo forti noi
 
solo per donarla, senza condizioni.
 
Quando la compassione è il terreno sicuro
 
in cui muoviamo tutti i nostri passi
 
senza affondare nelle sabbie mobili
 
e nel fango insensibile dell’indifferenza.
 
Quando abbracciamo invece di abbandonare.
 
Quando sappiamo distinguere la vera direzione,
 
senza affidarci al conforto dei comodi miti.
 
Quando sappiamo che un gioiello
 
si può comprare e portare via,
 
ma lasciamo stare il fiore che se colto muore.
 
Allora il legame con l’armonia del Cosmo si unisce
 
all’energia pura dell’Amore Universale
 
e qualunque cosa accada noi siamo eternamente
 
in quell’amore avvinti e rigenerati.
 
Solo allora forse, spegneremo le fiamme
 
che da sempre bruciano
 
negli inferni della mente umana.
 
Ennio Romano Forina

Sono il Senso delle Cose

Sono la Madre, nata dalla Madre Acqua sono la primigenia sono l’indefinibile sono l’Assoluto. Non nata da nessuno. Da un raggio di Sole trasformato in Acqua per Amore, null’altro. In me scorre l’energia che tutto muove. Sono l’orizzonte irraggiungibile e le lande che percorri. Sono dove mi puoi trovare, ma non cercare di legarmi, di confinarmi, di spiegarmi. Sono il senso delle cose. Rispettami, amami, e basta.
Ennio Romano Forina Primigenia2.jpg

L’Anima Svenduta

Tutti i fondamentalismi, le inquisizioni e le oppressioni moralistiche e religiose, non sono la conseguenza di spiritualità distorte, la spiritualità vera è antitetica a qualsiasi forma di oppressione, basandosi appunto sulla prevalenza dell’anima e non del corpo, e quindi non vi è nulla di spirituale nell’opprimere al contrario, esse sono il risultato della parte “razionale” della mente umana, destabilizzante del cervello antico, emotivo e sensibile, che si è servita astutamente delle angosce esistenziali e delle aspirazioni utopistiche di elezione di questa specie, che nel suo percorso evolutivo ha perso direzione e contatto con la vera essenza della vita, anche se cerca di ritrovarla continuamente senza nemmeno rendersene conto.
Tutte le formule artificiali leganti sono religiose, come le ideologie, che deificano idee e personaggi nel momento in cui servono a imporre il potere e il controllo dei pochi sui molti, e infatti in tutte le epoche sono così state utilizzate.

Ciò è potuto succedere perché il genere umano ha progressivamente svenduto la sua anima al potere razionale della mente, che garantisce la sicurezza e il controllo immediato e dominante sul mondo vivente, ma l’abuso di questo potere lo ha trascinato in un vortice rovinoso di follia di onnipotenza, che invece di armonia, realizza caos e devastazione e lo precipita sempre più nel gorgo della barbarie.Questo non è pessimismo, ma il riflesso di quanto realmente accade, la società umana è in perenne conflitto con se stessa e ordisce trame che mirano sempre alla stessa antica perversione, la brama del dominio, a tutti i livelli, il dominio delle nazioni, quanto quello delle fazioni e dei singoli individui.

Nulla di benefico potrà mai generarsi da tutto questo, l’illusione di un mondo relativamente pacifico e industrioso è alimentata solo dalla disponibilità di quello che la perversa e malevole mente umana chiama “risorse”. Cioè la vita degli esseri viventi e di tutti gli equilibri stabiliti da rapinare a piene mani illimitatamente.

E questa non è evoluzione ma barbarie pura o inferno se volete.

Ennio Romano Forina

L’Anima Svenduta

Tutti i fondamentalismi, le inquisizioni e le oppressioni moralistiche e religiose, non sono la conseguenza di spiritualità distorte, la spiritualità vera è antitetica a qualsiasi forma di oppressione, basandosi appunto sulla prevalenza dell’anima e non del corpo, e quindi non vi è nulla di spirituale nell’opprimere al contrario, esse sono il risultato della parte “razionale” della mente umana, destabilizzante del cervello antico, sede delle emozioni e della sensibilità, che si è servita astutamente delle angosce esistenziali e delle aspirazioni utopistiche di elezione di questa specie, che nel suo percorso evolutivo ha perso direzione e contatto con la vera essenza della vita, anche se cerca di ritrovarla continuamente senza nemmeno rendersene conto.

Tutte le formule artificiali leganti sono religiose, come le ideologie, che deificano idee e personaggi nel momento in cui servono a imporre il potere e il controllo dei pochi sui molti, e infatti in tutte le epoche sono così state utilizzate.

Ciò è potuto succedere perché il genere umano ha progressivamente svenduto la sua anima al potere razionale della mente, che garantisce la sicurezza e il controllo immediato e dominante sul mondo vivente, ma l’abuso di questo potere lo ha trascinato in un vortice rovinoso di follia di onnipotenza, che invece di armonia, realizza caos e devastazione e lo precipita sempre più nel gorgo della barbarie.

Questo non è pessimismo, ma il riflesso di quanto realmente accade, la società umana è in perenne conflitto con se stessa e ordisce trame che mirano sempre alla stessa antica perversione, la brama del dominio, a tutti i livelli, il dominio delle nazioni, quanto quello delle fazioni e dei singoli individui.

Nulla di benefico potrà mai generarsi da tutto questo, l’illusione di un mondo relativamente pacifico e industrioso è alimentata solo dalla disponibilità di quello che la perversa e malevole mente umana chiama “risorse”. Cioè la vita degli esseri viventi e di tutti gli equilibri stabiliti da rapinare a piene mani illimitatamente.

E questa non è evoluzione ma barbarie pura o inferno se volete.

Ennio Romano Forina

Onde di Pensieri d’Amore Waves of Love Thoughts

Non ti ho amata solo per la tua bellezza,

ma per lo sguardo e il timido sorriso

di una donna con l’anima di bimba,

sempre tradita da cuori indifferenti e vuoti.

E se la mia mente e il cuore

restano ancora in te perdutamente immersi,

non è per seguire un’illusione vana

ma perché tu mi senta lo stesso accanto a te

a tenerti per mano se ti perdi.

Non so più come parlarti

ora che sei invisibile e distante

ma so come chiamarti,

come sempre.

Amore.

E non potrei, nemmeno adesso chiamarti

in nessun altro modo

o non sarebbe stato vero

che ti chiamassi Amore prima.

So che stai percorrendo sentieri ancora sconosciuti

che sembrano indicare mete sicure,

eppure la tua anima esita a lasciare la mia mano

lo so, lo sento, perché io resto dove sono

e tu sai che questo amore

è ancora la più vera, unica forse, certezza

in vita tua mai avuta.

Amare un volto, un corpo, ci vuol poco,

ma amare un’anima è tutta un’altra cosa

e sono ancora qui, solo per esserci per te,

quando nella tempesta tu ne avrai bisogno

pensando di essere giunta nella tua nuova isola

che forse non sarà quell’isola

in cui solo io e te siamo approdati,

forse sarà un altro castello, da cui vorrai fuggire,

Tu, Rapunzel, di nuovo come allora?

Non so, devo per te sperare che così non sia,

ma conosco te e conosco dell’uomo la follia.

Allora sarò di nuovo il faro che ti guida

al rifugio sicuro e ti riporta all’isola vera

che è ancora lì e aspetta il tuo approdare.

Aspetta te che sei della preziosa acqua un segno

e senti della Luna la marea,

che ogni notte solleva le onde dei tuoi sogni.

Sono rimasto a lungo sospeso sul molo del tempo

come chi davanti al vasto mare

scruta l’orizzonte degli eventi,

per sapere solo se almeno fossi arrivata

indenne alla tua meta,

vagando tra le tante anime, incomplete, perse e false

che si sfiorano senza mai toccarsi veramente,

pronte a carpire degli altri le vitali energie,

senza nulla voler o poter dare

ma cercando solo compenso ai loro vuoti.

Solo le stelle sanno

perché tra tanti sguardi d’anime

indifferenti, vaghi e spenti

i nostri due si erano accesi

sigillando le nostre aure insieme,

all’incrocio di uno spazio e di un tempo diversi

e per un istante hanno brillato nel cielo

come astri, consumati da un unico fuoco.

Non ci sarebbe il moto delle onde,

se il vento non le amasse per giocare

e solo al vento ora ho affidato questo amore.

Ricorda allora, quando sarai

sorpresa dalla marina dispettosa brezza,

che scorrendo sul tuo viso

solleverà anche dei tuoi capelli l’onde,

che quello è il tocco delle mie carezze.

Ci sono parole che sono solo rumori

e non hanno nulla da dire

altre invece sono musiche rare,

nelle limpide notti

rischiarate dalla silenziosa Luna,

dove si costruiscono i sogni

e non risuonano mai invece nella nebbia

che genera solo mostri e le illusioni.

“È successo tutto tra noi”.

Sono tue queste parole, forse il capitolo finale

di una storia perfetta nella sua imperfezione,

realizzata anche se irrealizzabile.

L’irraggiungibile distanza stessa

poteva dalle nostre anime essere valicata

o non sarebbe successo nulla,

ecco perché in questo dramma mirabile d’amore,

soltanto tra me e te scritto e immaginato,

eravamo più veri di molte realtà senza spessore.

Nel sogno, turbinavano parole come un vortice di sensi

e anche se un sogno era un sogno

quelle parole erano vere,

o cosa è meglio il contrario?

Vivere una realtà vera fatta di parole false e deboli?

Le nostre sgorgavano impetuose,

inarrestabili lo sai,

come limpida acqua dalla fonte

eravamo in esse immersi fino a naufragare.

Ora so, come sapevo, ero sicuro

che il solo modo di riaverti era di perderti,

so che mentre ti allontanavi

sentivi ancora la mia voce

e sentivi stringere le mie alle tue mani

che sfuggivano via come l’edera tenace

strappata da un’altra pianta più forte

e sentivi i miei sguardi seguirti

mentre svanivi nella nebbia fitta

delle tue paure,

ma non potevi fare a meno

di voltarti indietro pur da lontano

ed è vero, leggevi le mie note e non rispondevi

ma nemmeno le rifiutavi,

che vuol dire questo?

Nemmeno ti chiedevo di restare

non l’ho mai chiesto rispettando

la tua decisione di star per conto tuo

anche sapendo che non era vero,

dicevo solo che prima o poi saresti ritornata.

Che tornerai lo so, ne sono certo

forse non ora, ci vorrà del tempo, ma tornerai,

forse le lunghe chiome color fuoco

saranno raccolte, argentee e spente

ma non potrai fare a meno di tornare,

anche se ora dopo un aprile 

e un nuovo aprile passati invano,

non saprei nemmeno più come parlarti,

ma potresti esser tu a voler lenire

dell’anima e del cuore le ferite

che sono anche le tue quando staccandoti,

parti di esse sono rimaste in te

e non sei riuscita a liberarti a scuoterle via,

ne sono certo.

Ricorderai la sciarpa promessa,

messa via, riposta, ormai senza più

l’essenza della tua femminea pelle,

o forse regalata a un altro, nell’indecisione,

per liberarti del pensiero di me,

un ricordo solo imbarazzante, una promessa vana,

una ferita profondamente inflitta

e lo sai bene,

per tutte le mie promesse mantenute,

era quella l’unica da te e l’hai mancata.

Ma non importa, le ferite sono davvero tante

nelle tue parole nel tempo del distacco,

nel voler nella tua mente distruggere il mio viso e nome

e quello che per te e in te io ero stato,

quando hai spalancato la tua porta

e abbattuto le barriere e nel tuo cuore

e anima ero entrato senza esitazione

inesorabilmente, varcando il confine della tua paura

ma sai che non potevi nulla nel tuo cuore,

la mente inganna, ciò che soltanto il cuore e l’anima

sanno vedere.

Forse ora non sono io che ancora penso a te,

ma è il tuo pensiero che mi cerca,

attraverso l’incanto spezzato e le ferite,

non avrebbe più senso l’attesa vana di un ritorno,

eppure sono ancora qui per te e aspetto.

Non ci siamo mai incontrati,

non ti ho mai stretta nell’incanto di un abbraccio,

tu non hai voluto,

avevi troppa paura di non poter più liberarti

dalle braccia del mio potente amore,

eppure ti ho riconosciuta e tu hai riconosciuto me,

ma poi ti sei smarrita in un carosello

di luci e giochi pieni di speranze diverse,

sapevi subito che non ti avrei mai fatto male

ma volevi vedere me come fossi il gioco

troppo impegnativo e rischioso e lo hai lasciato,

anche se io ero il tuo gioco preferito,

come una bimba abbandona l’orsacchiotto

che così tanto ha abbracciato,

cullato e accolto nei suoi sogni,

e poi con occhi lucidi di stelle, cerca giochi diversi,

ma la magia dell’orsacchiotto resta,

anche se dimenticata, nella scatola

dei vecchi giochi col mio nome,

troppo piccola per contenere questo amore.

Si può soffrire per aver perso il tocco di una mano

che non si è mai realmente stretta?

Puoi nasconderti ora nei tuoi segreti altrove,

ma conosci il mio impeto e la convinzione

solo il pensiero di te, solo le mie parole

che amavi così tanto leggere e sentire nel tuo cuore,

forse lo ridestano a volte sono certo,

che puoi sentirlo anche adesso nella valle del tuo seno,

in quel  triangolo della vita dove da me

volevi così tanto essere riempita,

e so che ancora lo vorresti anche se a te lo neghi

a te e al mondo, perché l’hai avuto e lo senti tuo

e ti appartiene, so che lo vuoi sempre

come l’hai voluto,

e non sarà facile per te trovare un altro tale potente amore

tutto a te donato, in ogni giorno, in ogni singolo momento,

verso il tuo mondo alieno.

Come vedi quella fiamma era così accesa

che ancora non si è spenta nonostante tutto.

Tu dicevi: “In fondo sono solo parole”, e non credevi

che fosse un vero fuoco che non si spegne mai.

Eppure non ti cerco,

mi distraggo, ho mille e mille cose da fare,

piani, progetti, idee, scritti e versi di luna sempre pieni,

poesia e arte, non mi fermo mai lo sai.

Ma ti sento sempre,

forse non sono io che ti penso e ti sento,

mi sta sempre addosso

questa sensazione di non essere mai solo

né libero, liberato da te.

Ma ora sono io ad essere distante,

sei dalla mia mente uscita per la prima volta

e forse non sai dove cercarmi più,

per paura di lasciarmi ancora entrare in te,

ogni tanto un tuo stupido inutile cuore giallo

appariva come un fiore solitario

nel silenzio delle parole,

che non serviva a nulla anzi acuiva il dolore,

era come un insulto, una briciola d’amore

anzi, una insormontabile barriera,

poi non mi hai scritto più, non mi hai risposto,

nemmeno con le parole fredde e vuote di prima,

contenute in spazi ben precisi, ora nemmeno quelle,

non metti più alcun segno

a tutte le mie parole scritte e lanciate nella rete.

Ma il ricordo dell’impeto d’amore che ti schiacciava

al muro e strappava i tuoi vestiti

che ti teneva a freno come un’indomita puledra

e le mie mani ostaggio dei tuoi capelli selvaggi

catturate e perse nella tela del ragno

e l’impeto dei nostri corpi nelle menti impresso,

quello non puoi scordarlo ne son certo,

anche se adesso lo provi con un altro.

Ero una distrazione? Non credo,

avevi capito che io ero chi poteva darti

quel vero amore che da sempre il tuo cuore aveva amato

e più e più volte lo hai detto, sono le tue parole ancora,

che davvero ero io l’uomo dei tuoi sogni

senza confronti con nessuno,

che veniva da un inverosimile futuro

o da un’altra impossibile galassia,

da un dislivello di tempo che tu vedevi

come un abisso di anni luce in cui cadere,

così ti sei tirata indietro, allontanata,

come una cometa s’allontana per molto tempo

dal suo fuoco, ma sa che sempre al fuoco resta legata,

e deve prima o poi tornare indietro.

Ma questo amore ormai l’hai conosciuto,

ed ora amore mio dovrai per sempre averne conto,

per ogni altro amore che non sia abbastanza

e non sia tale per fuoco e convinzione,

come un uragano,

come un vulcano,

niente di meno o non sarai contenta,

dovrai voltarti indietro,

a pensare a quel fuoco che stringevi fra le mani,

che era entrato in te così potente da lontano,

che ne sono certo, lo sento

me lo dicono le stelle e me lo dice la luna, tua sorella,

che non ha smesso di bruciare nel tuo cuore.

 

Ma forse sbaglio e tutto questo non è vero,

sono solo folate di vento nella mente,

forse il volto di Luna a cui ho dedicato

così tanti versi di vero Amore intrisi,

non sei tu e non esiste.

Forse eri solo della Primavera un sogno,

un semplice incanto, della dispettosa Luna.

Ennio Romano Forina    Da un Aprile a un Aprile

Waves of Love’s Thoughts Onde di Pensieri d’Amore

Onde Di Pensieri D’Amore
Waves Of Love’s Thoughts
 

Non ti ho amata solo per la tua bellezza,

 

ma per lo sguardo e il timido sorriso

 

di una donna con l’anima di bimba,

 

sempre tradita da cuori indifferenti e vuoti.

 

E se la mia mente e il cuore

 

restano sempre in te perdutamente immersi

 

non è per seguire un’illusione vana

 

ma perché tu mi senta lo stesso accanto a te

 

a tenerti per mano se ti perdi.

 

Non so più come parlarti

 

ora che sei invisibile e distante

 

ma so come chiamarti,

 

come sempre.

 

Amore.

 

E non potrei, nemmeno adesso chiamarti

 

in nessun altro modo

 

o non sarebbe stato vero

 

che ti chiamassi Amore prima.

 

So che stai percorrendo sentieri ancora sconosciuti

 

che sembrano indicar mete sicure

 

eppure la tua anima esita a lasciare la mia mano

 

lo so, lo sento, perché io resto dove sono

 

e tu sai che questo amore

 

è ancora la più vera, unica certezza

 

in vita tua mai avuta.

 

Amare un volto, un corpo ci vuol poco,

 

ma amare un’anima è tutta un’altra cosa

 

e sono ancora qui, solo per esserci per te,

 

quando nella tempesta tu ne avrai bisogno

 

pensando di essere giunta nella tua nuova isola

 

che non sarà quell’isola sperduta

 

in cui io e te siamo approdati,

 

forse sarà un castello, da cui vorrai fuggire ancora,

 

Rapunzel, come allora?

 

Non so, devo per te sperare che così non sia,

 

ma conosco te e conosco dell’uomo la follia.

 

Allora sarò di nuovo il faro che ti guida

 

al tuo sicuro rifugio

 

e ti riporta all’isola vera che è ancora lì

 

dove sono io e aspetta il tuo approdare.

 

Aspetta te che sei della preziosa acqua un segno

 

e senti della Luna la marea,

 

che ogni notte solleva le onde dei tuoi sogni.

 

Sono stato a lungo sospeso sul molo di questo tempo

 

come chi davanti al vasto mare

 

scruta l’orizzonte degli eventi,

 

soltanto per sapere se almeno sei arrivata

 

indenne alla tua meta.

 

Vagando tra le tante anime, incomplete, perse e false

 

che si sfiorano senza mai toccarsi veramente,

 

pronte a carpire degli altri le vitali energie

 

senza nulla voler o poter dare

 

ma cercando solo compenso ai loro vuoti.

 

Solo le stelle sanno

 

perché tra tanti sguardi d’anime

 

indifferenti, vaghi e spenti

 

i nostri due si erano accesi

 

sigillando le nostre aure insieme,

 

in uno spazio e di un tempo diversi

 

e per un istante hanno brillato nel cielo

 

come astri, consumati da un unico fuoco.

 

Non ci sarebbe il moto delle onde,

 

se il vento non le amasse per giocare

 

e al vento ho affidato questo amore.

 

Ricorda, allora quando sarai

 

sorpresa dalla marina dispettosa brezza,

 

che scorrendo sul tuo viso

 

vorrà sollevare anche dei tuoi capelli l’onde,

 

che quello è il tocco delle mie carezze.

 

Ci sono parole che sono solo rumori

 

e non hanno nulla da dire

 

altre invece sono musiche rare,

 

nelle limpide notti

 

rischiarate dalla silenziosa Luna,

 

dove si costruiscono i sogni

 

e non risuonano mai invece nella nebbia

 

che genera solo mostri e le illusioni.

 

“È successo tutto tra noi”.

 

sono tue queste parole, forse il capitolo finale

 

di una storia perfetta nella sua imperfezione,

 

realizzata anche se irrealizzabile.

 

L’irraggiungibile distanza stessa

 

poteva solo dalle nostre anime essere valicata

 

o non sarebbe successo nulla,

 

ecco perché in questo dramma mirabile d’amore,

 

soltanto tra me e te scritto e immaginato,

 

eravamo più veri di molte realtà senza spessore.

 

Nel sogno, turbinavano parole come un vortice di sensi

 

e anche se un sogno era un sogno

 

quelle parole erano vere,

 

o cosa è meglio il contrario?

 

Vivere una realtà vera fatta di parole false e deboli?

 

Le nostre sgorgavano impetuose,

 

inarrestabili lo sai,

 

come limpida acqua dalla fonte

 

eravamo in esse immersi fino a naufragare.

 

Ora so, come sapevo, ero sicuro

 

che il solo modo di riaverti era di perderti,

 

so che mentre ti allontanavi

 

sentivi ancora la mia voce

 

e sentivi stringere le mie alle tue mani

 

intrecciare le dita come l’edera

 

si aggancia a un’altra pianta più forte

 

e sentivi i miei sguardi seguirti

 

mentre svanivi nella nebbia fitta

 

delle tue paure,

 

ma non potevi fare a meno

 

di voltarti indietro pur da lontano

 

ed è vero, leggevi le mie note e non rispondevi

 

ma nemmeno le rifiutavi,

 

che vuol dire questo?

 

Che tornerai lo so, ne sono certo

 

forse non ora, ci vorrà del tempo, ma tornerai,

 

forse le lunghe chiome color fuoco

 

saranno raccolte, argentee e spente

 

ma non potrai fare a meno di tornare,

 

sarai tu a voler lenire

 

dell’anima e del cuore le mie ferite

 

che sono anche le tue

 

quando staccandoti, parti di esse sono rimaste in te

 

e non sei riuscita a liberarti a scuoterle via ne sono certo.

 

Ricorderai la sciarpa

 

messa via, riposta, ormai senza più

 

l’essenza della tua femminea pelle,

 

o forse regalata a un altro, nell’indecisione

 

per liberarti del pensiero di me,

 

un ricordo solo imbarazzante, una promessa vana,

 

una ferita profondamente inflitta

 

e lo sai bene, per tutte le mie promesse mantenute

 

era quella l’unica da te e l’hai mancata.

 

Ma non importa, le ferite sono davvero tante

 

nelle tue parole nel tempo del distacco,

 

nel voler nella tua mente distruggere il mio viso e nome

 

e quello che per te e in te io ero stato,

 

quando hai spalancato la tua porta

 

e abbattuto le barriere e nel tuo cuore e anima

ero penetrato senza esitazione

 

inesorabilmente, varcando il confine della tua paura

 

ma sai che non potevi nulla nel tuo cuore,

 

la mente inganna, ciò che cuore e anima sanno vedere.

 

Forse ora non sono io che ancora penso a te,

 

ma è il tuo pensiero che mi cerca,

 

attraverso l’incanto spezzato e le ferite,

 

non avrebbe più senso l’attesa vana di un ritorno,

 

eppure sono ancora qui per te e aspetto.

 

Non ci siamo mai incontrati,

 

non ti ho mai stretta nell’incanto di un abbraccio,

 

tu non hai voluto,

 

avevi troppa paura di non poter più liberarti

 

dalle braccia del mio potente amore,

 

eppure ti ho riconosciuta e tu hai riconosciuto me,

 

ma poi ti sei smarrita in un carosello

 

di luci e giochi pieni di promesse diverse,

 

sapevi subito che non ti avrei mai fatto male

 

ma volevi vedere me come fossi il gioco

 

troppo impegnativo e rischioso e lo hai lasciato,

 

anche se io ero il tuo gioco preferito,

 

come una bimba abbandona l’orsacchiotto

 

che così tanto ha abbracciato,

 

cullato e accolto nei suoi sogni,

 

e poi con occhi lucidi di stelle, cerca giochi diversi,

 

ma la magia dell’orsacchiotto resta,

 

anche se dimenticata, nella scatola

 

dei vecchi giochi col mio nome,

 

troppo piccola per contenere questo amore.

 

Si può soffrire per aver perso il tocco di una mano

 

che non si è mai realmente stretta?

 

Puoi nasconderti ora nei tuoi segreti altrove,

 

ma conosci il mio impeto e la convinzione

 

solo il pensiero di te, solo le mie parole

 

che amavi così tanto leggere e sentire nel tuo cuore,

 

forse lo ridestano sono certo,

 

che puoi sentirlo anche adesso nella valle del tuo seno,

 

nel triangolo della vita dove da me

 

volevi tanto essere riempita,

 

e so che ancora lo vorresti anche se a te lo neghi

 

a te e al mondo, perché l’hai avuto e lo senti tuo

 

e ti appartiene, so che lo vuoi sempre

 

come l’hai voluto,

 

non troverai un tale potente amore

 

tutto a te donato e in ogni giorno

 

verso il tuo mondo alieno.

 

Come vedi quella fiamma era così accesa

 

che ancora non si è spenta nonostante tutto.

 

Tu dicevi: “In fondo sono solo parole”, e non credevi

 

che fosse un vero fuoco che non spegne mai.

 

Eppure non ti cerco,

 

mi distraggo, ho mille e mille cose da fare,

 

piani, progetti, idee, scritti e versi di luna sempre pieni,

 

poesia e arte, non mi fermo mai lo sai.

 

Ma ti sento sempre,

 

non sono io che ti penso e ti sento,

 

mi sta sempre addosso

 

questa sensazione di non essere mai solo

 

né libero, liberato da te.

 

Ma ora sono io ad essere distante,

 

sei dalla mia mente uscita per la prima volta

 

e forse non sai dove cercarmi più,

 

per paura di lasciarmi ancora entrare in te,

 

ogni tanto un tuo stupido inutile cuore giallo

 

nel silenzio delle parole,

 

che non serviva a nulla anzi acuiva il dolore,

 

era come un insulto, una briciola d’amore

 

anzi, una insormontabile barriera,

 

poi non mi hai scritto più , non mi hai risposto,

 

nemmeno con le parole fredde e vuote di prima,

 

contenute in spazi ben precisi, ora nemmeno quelle,

 

non metti più alcun segno

 

a tutte le mie parole scritte e lanciate nella rete.

 

Ma il ricordo dell’impeto d’amore che ti schiacciava

 

al muro e strappava i tuoi vestiti come volevi tu

 

che ti teneva a freno come un’indomita puledra
 

e l’impeto dei nostri corpi nelle menti impresso,

 

quello non puoi scordarlo ne sono certo,

 

anche se adesso lo provi con un altro,

 

presto forse vedrai che non è lo stesso fuoco.

 

Ero una distrazione? Non credo,

 

avevi capito che io ero chi poteva darti

 

quel vero amore che da sempre il tuo cuore aveva amato

 

e più e più volte lo hai detto

 

che ero io davvero l’uomo dei tuoi sogni

 

che veniva da un inverosimile futuro

 

o da un’altra lontana costellazione,

 

da un dislivello di tempo che tu vedevi

 

come un abisso di anni luce in cui cadere,

 

così ti sei tirata indietro, allontanata

 

come una cometa s’allontana per molto tempo

 

dal suo fuoco ma sa che al fuoco resta legata,

 

e deve prima o poi tornare indietro.

 

Ma questo amore tu l’hai conosciuto,

 

ed ora amore mio dovrai per sempre averne conto,

 

per ogni altro amore che non sia abbastanza

 

e non sia tale per fuoco e convinzione,

 

come un uragano,

 

come un vulcano,

 

niente di meno o non sarai contenta,

 

dovrai voltarti indietro,

 

a pensare a quel fuoco che stringevi fra le mani,

 

che era entrato in te così potente da lontano,

 

che ne sono certo, lo sento

 

me lo dicono le stelle e me lo dice la luna, tua sorella,

 

che non ha smesso di bruciare nel tuo cuore.
 

Ma forse sbaglio e tutto questo non è vero,

 

sono solo folate di vento nella mente,

 

forse alla fine, il volto di Luna a cui ho dedicato

 

così tanti versi di vero Amore intrisi,

 

non sei tu e non esiste.

 

Ennio Romano Forina – Da un Aprile a un Aprile

Elogio della Segregazione

Non dovremmo lamentarci troppo
per non poter girare a nostro piacimento
senza le distrazioni e le lusinghe,
di una fittizia libertà nell’agorà comune della vita,
esser costretti a chiudere i cancelli della libertà di agire
può servire ad aprire quelli della mente o dell’anima
che molti hanno da tempo serrati dietro le loro spalle
senza più ricordare dove siano le chiavi per aprirli.
Siamo puniti come dei discoli bambini
che non hanno ricevuto insegnamenti
dai loro genitori e dalla scuola
a loro spesso viene detto che possono far tutto
nelle leggi senza farsi mai male
ma non dicono di non far male ad altri
quando con le loro azioni e scelte
feriscono i loro simili, la vita e gli animali,
senza pensare mai che la vita è unica
quando una parte viene ferita e disprezzata
anche TUTTA la vita è offesa e danneggiata.
Hanno da sempre tutti i permessi e le licenze
di disporre del mondo come fosse un loro giocattolo
per dar piacere non per imparare
in modo tale che da adulti trattano come un gioco
anche chi dovrebbero amare
e quando a loro il gioco viene tolto
diventano pazzi di furore
e distruggono il gioco che non sapevano far funzionare.
Voi madri e padri ai vostri figli non dovete dar tutto
ma insegnare rispetto e compassione.
Gli altri animali vivono la vita, noi la consumiamo
loro l’arricchiscono, noi la sperperiamo.
Ho cercato invano e ovunque i veri luoghi
senza confini e restrizioni della libertà
e gli unici che ho trovato erano nella mia anima.
Restare a casa per me non è una restrizione
il mio mondo è la mente il mio cuore la casa
l’anima è il mio giardino
l’immaginazione il mio laboratorio,
i miei strumenti sono penne e tastiere,
i carboncini matite e i colori
le distese bianche di tele e cartoncino
i miei orizzonti inesplorati
in cui proietto i pensieri che riflettono tutte
le realtà che percepisco
e come i colori le fondo insieme con i sogni.
Vedo ampie porzioni di cielo da una parte all’altra
di questo mio rifugio,
ad est i raggi del sole mattutino
superano scintillando le chiome arboree
per riscaldare la mia colazione e i gatti che pigramente
assorbono energia da quel calore e luce
leggendo messaggi ineffabili
negli odori trasportati dalle turbinose brezze.
Ad ovest, quando scende oltre la collina
di viola, e rossastro invade cielo e nubi.
Venere gareggia spesso con la Luna e Giove
in un concerto di bellezza,
poco a destra vedo il grande e il piccolo carro
che mi guida alla stella del nord lungo il suo asse,
anche se la luce umana offende e spegne il cielo
e lo preclude allo sguardo dell’anima.
Ci sono ancora alberi tutt’ intorno
che attenuano l’oltraggio dell’asfalto e del cemento,
i miei gatti si affacciano al balcone e annusano odori
e sensazioni che non potrei conoscere
se non fossero loro a raccontarli a me,
essi ricevono messaggi a noi preclusi
ma per loro tramite posso anche io sentire, intuire
le ineffabili essenze e i messaggi della vera vita.
Ma stando dentro come del resto sono solito fare
provo un dolore nel ricordo di presenze perdute
quando lei era qui e per molto tempo allora
si udiva insieme il verso ritmico dei cuculi
e a notte, persino gli usignoli si esibivano
in melodiosi canti sempre diversi.
Mi manca sempre quel sorriso
e ora non sento più quei sublimi notturni canti,
né il gorgoglio del ruscello di limpida acqua
e i due filari di pioppi che si ergevano splendidi
ai lati del solco dove la vita si riproduceva
come per magia nel fluire argenteo scintillante al sole
le loro foglie vibravano nel vento
come un’orchestra di crespe onde marine
sinfonie di moltitudini di suoni.
Ora, davanti alle finestre c’è lo scempio umano
di palazzi circondati da cadaveri di costruzioni,
scheletri e scorie di cemento abbandonate da anni
fatte per finta e per profitto
che hanno lasciato, detriti infami
e ferite profonde nel terreno avvilito e fatto schiavo.
L’acqua del ruscello è stata rapinata dalle ville
e gli alberi estirpati, insetti e lucciole scomparsi.
Ma ora vedo nuove costruzioni e ampi parcheggi
sono queste le nostre vere prigioni.
Stare in casa, forse per una volta genera riflessione
siamo molto più prigionieri credendo di esser liberi
andando intorno in modo erratico
come le api che devono volare di fiore in fiore
per raccogliere il nutrimento,
facciamo anche noi le stesse cose
ma le api, le farfalle e gli insetti, gli uccelli e tutti gli animali
sono nel mondo vero, che abbiamo rapinato,
liberi nel fremito di vita universale
mentre il nostro andare sempre insoddisfatti
alla ricerca di compensazioni
dei vuoti e delle angosce
è un andare invano, dentro un mondo falso
che ci spinge sempre più nelle prigioni che noi stessi
abbiamo costruito intorno alle nostre esistenze
con l’acciaio più duro che soffoca
tutte le sensazioni ormai spente.
Vorrei chiedere agli usignoli e alle lucciole di tornare
ma loro conoscono ormai questa genia folle,
stanno alla larga dal velenoso deserto umano
in quel che è rimasto della selvaggia vita
e quando anche quello finirà dietro il manto falso
delle nostre illusioni, falsità e ipocrisie,
i mostruosi totem dell’immaginazione,
pensando di costruire un paradiso in terra
ci renderemo conto che quel che abbiamo davvero realizzato era un inferno.
C’è un Universo intero in un semplice angolo di prato,
uguale a quello che con un solo sguardo al cielo notturno
possiamo abbracciare di milioni di anni luce di distanze,
di sterminate stelle irraggiungibili ma vere,
mentre scrivo nel crepuscolo, vedo Venere
in alto che splende di una intensa luce.
Le stelle brillano anche per noi ovunque siamo.
Basta ascoltare il canto degli uccelli.
Basta saper vedere.
Basta alzare lo sguardo.

Ennio Romano Forina

I Nascondigli della Tua Anima

Prova LORI.jpeg

 

Ed è solo un altro gioco a nascondino

quando sulla porta della mia anima appari

e stai come una puledra selvaggia

fremente e scalpitante

che vuole solo fuggire al galoppo sfrenato

più veloce della fine di un sorriso,

come vedo nella mente l’altro mistico incanto

sparire dai tuoi selvaggi occhi scintillanti.

”Ecco, ora mi vedi, ora non mi vedi più,

solo un momento prima di volgerti via

e correre a infilarti nei nascondigli della tua anima.

Ma nel gioco senza fine che diverte tutti i bimbi

quelli che cercano e quelli che si nascondono

non possono essere sempre gli stessi

devono scambiarsi i ruoli,

è nelle regole del gioco, come nella vita,

nessuno può nascondersi sempre

e nessuno può cercare per sempre,

anche se sembra che in questo nostro strano gioco

io sono sono stato il cercatore senza fine

e tu quella che senza fine si nasconde,

nelle segrete stanze della tua anima

con tutti i sentimenti imprigionati

ma non ho io la chiave

per aprire tutte le tue serrate porte.

Il nascondino è un gioco di libertà e di volontà

ti insegna a perdere ciò che ti è più caro

e ti sfida anche a ritrovarlo

così ora è il tuo turno di assecondare me

se ancora resto qui a scriverti

queste parole che ti cercano tenaci

nei recessi rifugi della tua cercante anima.

 

Ennio Romano Forina

Amore Fase 2

Broken Hearts.jpgLa maggior parte delle unioni si basano su impulsi biologici finalizzati alla procreazione.
Sono molto potenti e imperativi ma di breve durata. Vengono scambiati per amore e considerati come un punto di arrivo, un raggiungimento completato che non prevede passi ulteriori di conoscenza. Ma la stabilità e la continuazione di questi rapporti è illusoria perché una volta assolta la funzione che ha generato la coppia ci si accorge di trovarsi con un/una perfetta sconosciuta/o. E questo accade anche senza che avvenga alcuna procreazione, ma si riferisce a un tempo biologico specifico. Di solito questo accade nella fascia di età dai 25 – 40 anni, il tempo in cui la frattura diventa inevitabile. Ma spesso, anche oltre questa soglia di età si pensa solo di aver incontrato la persona sbagliata e non di aver “scelto” nel modo sbagliato. Quindi si tende a ripetere l’errore di affidarsi ancora all’impulso biologico, di pancia, continuando a scegliere le persone sbagliate.
Al contrario, serve scegliere secondo criteri diversi che includono oltre agli impulsi vitali dell’organismo quelli della mente e dell’anima che sembrano meno potenti e meno desiderabili ma in realtà sono la vera energia formidabile e durevole che rende possibile un reale “entanglement” quantistico, quasi una fusione, di due anime e anche di due corpi e di due futuri insieme.
Ennio Romano Forina