Inquinamento Mentale – Mental Pollution

Ennio Forina
22 novembre alle ore 21:37 ·

Si sente continuamente parlare di natura inquinata ed a ragione, poiché ormai abbiamo superato il punto di non ritorno di una catastrofe ambientale globale di cui ora si vedono chiaramente solo le avvisaglie. Ma il genere umano è più cieco e stolto di quanto le sue conquiste tecnologiche potrebbero far supporre e dimostra di non conoscere realmente le soluzioni o di escludere a priori quelle vere e valide continuando ad insistere vanamente su sciocchi palliativi circostanziali senza rendersi conto di essere già sull’orlo di un baratro che si fa sempre più profondo e dal quale sarà ben difficile risalire e senza capire infine che la velocità dello sviluppo industriale e demografico è direttamente proporzionale alla velocità con cui il g. u. andrà a collidere presto con una realtà molto dura.

E così, si fanno riunioni ad alto livello di prestigiosi capi di stato che guidano nazioni industriose, abitate da numeri macroscopici di individui, mentre al tempo stesso si continua ad espandere le megalopoli, le città, in estensione e verticalmente, per far posto a tutte le masse umane che incessantemente si concentrano in esse. E questo vuol dire che quantunque sia la rotta che la velocità di collisione ormai non siano più modificabili, la parola d’ordine dei governi mondiali degli immensi poteri finanziari è crescere, non rallentare, non diminuire, ma dare più impulso alla crescita = più consumo.
Ma il consumo significa più inquinamento, dunque? L’immane macchina industriale mondiale è diventata una unica mostruosa e tentacolare entità, un Molok tecnologico che è stato programmato per produrre continuamente senza soluzione di continuità, pena perdite enormi di profitti e che divora miliardi di creature fatte di carne e sangue trasformandole in metalli, plastica, macchine e denaro, dai fiumi di sangue, fiumi d’oro colato.

Come il re Mida, che aveva la capacità di trasformare in oro tutto quello che toccava e alla fine rendendosi conto di non poter più nemmeno nutrirsi torna pentito a supplicare il dio che gli aveva concesso il dono richiesto e ottiene di esserne liberato, ma questo è il mito, mentre sappiamo bene che in questa realtà non verrà nessun Dioniso a liberare dal potere di trasformare la vita in oro questo incosciente e criminale popolo umano. So che quello che sto per dire può risultare impopolare, per alcuni persino odioso, ma la realtà è che i popoli e le famiglie più povere fanno paradossalmente più figli pur sapendo di non poterli nutrire e allevare per varie ragioni, alcune plausibili, altre necessarie, ma anche perché adesso hanno capito che una famiglia con bambini piccoli ha maggiori probabilità di ricevere aiuto dalle nazioni più ricche, sia in situ che in migrazione.

Io vedo che la maggior parte di coloro che migrano per vivere meglio, (molto poco per i conflitti), sono quasi tutti provvisti di smart phone, ma i preservativi costano molto meno, si tratta di avere la coscienza di non mettere al mondo figli quando non si possono mantenere e che il mondo non può sopportare. La sovra popolazione significa la “fine” della popolazione. Chi scrive è uno di coloro che coscientemente, insieme alla sua compagna, ha rinunciato con amarezza ad avere una discendenza per la precarietà economica data dalla libera professione in una realtà lavorativa così torbida e clientelare come quella di questo paese.
Ricordo un film di fantascienza degli anni ‘50 in cui il solito scienziato solitario, con l’aiuto della solita avvenente assistente, lavorava febbrilmente alla ricerca di un metodo per modificare le cellule degli animali in modo che divenissero più grandi e quindi per le loro dimensioni riuscire a garantire il cibo necessario alla crescente popolazione umana mondiale.

Quale nobile scopo, ingigantire gli animali aumentando le loro già insopportabili sofferenze! Non sarebbe stato meglio semmai cercare di diminuire le dimensioni umane? Lo hanno fatto milioni di anni fa i piccoli felini, i gatti, perché scegliendo di essere piccoli hanno ottenuto una serie incredibile di vantaggi per esempio rispetto a un leopardo o un leone: un numero maggiore di prede, proporzionale a una quantità minore di esigenze alimentari, sentire meno la forza di gravità, capacità fisiche eccezionali, quali correre velocemente e al tempo stesso saltare, arrampicarsi più rapidamente ed efficacemente, cadere da grandi altezze senza farsi male e “last but not least” una maggiore facilità di trovare un rifugio senza dover sprecare preziose energie per costruirselo o scavarlo, poiché le alcove piccole sono più reperibili e numerose di quelle grandi. E si sa, i gatti non amano sprecare energie per qualcosa che si può ottenere facilmente e con poca fatica data anche la loro formidabile capacità di persuasione. Esseri di eccezionale intelligenza.

Altrettanto intelligenti sono gli insetti, gli inestinguibili insetti, che per le stesse ragioni e ancora più efficacemente, possono sopravvivere anche in condizioni estreme, insetti sociali ed altri, ma questo è un altro discorso troppo impegnativo in questo contesto. Ma tornando alla tematica del film in oggetto, la pellicola trovava spunto dal fatto che negli anni ’50 c’era un reale condizione di fame per molti paesi nel mondo e per nazioni densamente popolate come ad esempio Cina ed India che rappresentava una problematica di giusto interesse, d’altra parte non poche guerre e rivoluzioni sono avvenute a causa della fame. Dunque, in una scena vediamo questo altruista scienziato spiegare alla sua assistente le motivazioni del suo generoso impegno asserendo di aver calcolato che negli anni 2000 (spero di non sbagliare la data, ma non fa differenza), sul pianeta ci sarebbero stati ben 3 miliardi di persone e quindi di bocche da sfamare. Bene, questo è quanto si pensava allora, negli anni 50, purtroppo questa ingenua e fallace previsione è stata ampiamente smentita perché nel 2000 di persone nel mondo ce ne erano più del doppio credo già oltre sette miliardi s.e.o.o. (potrei sbagliare anche questa valutazione ma di poco, concedetemi di non avere il tempo di andare a verificare).

Però in una cosa almeno il soggetto del film aveva visto giusto; gli animali che vengono sacrificati alle fauci umane SONO oggi stati fatti diventare di dimensioni maggiori, più grandi e grassi, (come del resto anche gli stessi umani che mangiano in eccesso carne e proteine che hanno trasformato lo stesso corpo umano con allungamento di arti ed estremità) realizzando in pieno il progetto dell’ipotetico scienziato che non poteva sapere che la diabolica e ingegnosa macchina industriale futura sarebbe riuscita a realizzare il suo sogno per dimensioni e per numero, senza grandi difficoltà e senza ricorrere ad astruse alchimie, semplicemente imbottendo gli animali di ormoni, antibiotici e farmaci e con cibi ad essi non pertinenti, ma anche qui, le dimensioni maggiori non significano necessariamente un vantaggio anzi, – dinosauri ed altri animali in pericolo di estinzione insegnano – e nemmeno sicuramente rappresentano un vantaggio ottimale per chi divora le carni così ottenute, Karma e world wide obesity, tumori e malattie cardiovascolari insegnano.

Se il cibo oggi manca in alcuni paesi o negli strati sociali particolarmente sfortunati è dovuto alle malevoli e spesso criminali forme di distribuzione ma la quantità totale, se non la qualità di cibo disponibile è di gran lunga superiore al fabbisogno odierno, ma questo è stato realizzato per gli allevamenti intensivi e lo sfruttamento di larghe fette di territorio per le monocolture a danno dell’equilibrio sia degli ecosistemi faunistici che di quelli vegetali. A fronte di questo stato dell’arte della situazione non saranno certo alcune ridicole misure di salvataggio in extremis del sottile strato di atmosfera respirabile a fermare il processo, ci vorrebbe ben altro, così come ci vorrebbe la piena consapevolezza che cercare di salvare l’aria senza salvare gli oceani e le terre emerse da sola non servirà a nulla. Come si può affermare che i governi si preoccupano veramente del cambiamento climatico nel momento stesso in cui invitano e spingono le industrie a produrre di più e i cittadini a consumare di più?

Ci sono continenti di plastica negli oceani e molta altra disseminata dappertutto, nei mari in cui soffocano la vita e strangolano pesci ed uccelli condannandoli a lente agonie. Nel momento in cui scrivo la plastica uccide, il petrolio uccide, gli scarichi di prodotti chimici uccidono e avvelenano fiumi e laghi, il piombo dei cacciatori uccide e inquina i boschi ed i campi, i nostri prodotti per la pulizia uccidono. Un giorno, ho avuto la bella idea di lavare la mia macchina, (solitamente molto impolverata e negletta), nella strada antistante la mia casa e ho versato mezzo bicchiere di shampoo per auto in un secchio, colmandolo poi d’acqua, finito il lavoro ho versato il resto del liquido incautamente in un tombino occluso da terra e detriti cercando anche di liberarlo per far defluire l’acqua piovana, ma dopo qualche secondo decine di lombrichi sono affiorati impazziti dalla terra in cui non defluiva rapidamente l’acqua insaponata che li stava soffocando, si agitavano vorticosamente nel tentativo disperato di respirare. Mi sono maledetto per la mia leggerezza, fortunatamente avevo il tubo dell’acqua corrente nelle mie mani e ho versato immediatamente molta acqua pulita sui malcapitati e simpatici vermetti che si sono subito ripresi e progressivamente sono tornati nella loro dimora sotterranea infilandosi nel terreno sciacquato, salvandoli da una fine certa.

Per me una grande lezione, finita bene per i lombrichi, ma anche per la mia coscienza, ma se si pensa ai milioni di tonnellate di prodotti chimici e per la pulizia che “regaliamo” ogni giorno al mondo vivente, sopra, sotto la terra e in acqua, e a quanta distruzione possiamo causare anche con una semplice doccia. viene da rabbrividire. Per non parlare di tutto quello che qualsiasi automobile sparge e fa penetrare nel terreno in tutto il mondo. Se riduciamo il co2 e le polveri sottili potrebbe forse temporaneamente servire per non finire bolliti d’estate e ridurre alcuni tumori ma tutto il resto? Si è mai parlato in questi convegni della necessità di ridurre il consumo dei prodotti chimici? Basta leggere bene le etichette delle confezioni di tutti gli “innocui“ liquidi spray per la pulizie domestiche. Consegnano alle ingenue famiglie prodotti per pulire l’interno di una casa con l’avvertenza di usarli in luoghi ben aerati o all’esterno. Ma se sono per la casa che senso ha usarli fuori? È quante case dispongono di cucine e bagni ben aerati? Come quando si invita al gioco, e alla scommessa di facili e copiose vincite qui e là, però attenzione: “il gioco può causare dipendenza patologica”. Io penso che sperare di vincere nelle varie lotterie sia ”già” una condizione patologica e ancora, non mi risulta che in nessuna strada di questo paese o d’europa eccetto la Germania credo, si possano superare i 140/150Km orari (se sbaglio correggetemi) tuttavia le industrie costruiscono macchine che arrivano a 250 Km. Dov’è la logica del buon senso, e sopratutto dov’è la tanto agognata saggezza? Se il benessere economico si ottiene con il malessere del mondo che ci ospita, e ripeto che ci ospita, non il “nostro” mondo, ciò equivale a sotterrare quel poco di mente lucida che alcuni di noi hanno sotto due metri di cemento e non sotto pochi centimetri di sabbia come gli struzzi.

A quali cose siamo veramente disposti a rinunciare, collettivamente e individualmente? All’ultimo divino SUV super tecnologico del peso di due tonnellate che ci rende così onnipotenti da fregarcene se il clima diventa glaciale o infernale e che usiamo generalmente non per valicare le più impervie catene montuose in tutta sicurezza ma per andare a far la spesa e riprendere 1,5 bambini dalla scuola distante 1 km? Rinunciare a tutta la plastica che usiamo con disinvoltura per noi e i nostri figli sin dai primi giorni di vita imponendo loro di giocare e stimolarli gratificandoli con materiali, colori e tintinnii innaturali che non significano niente, per abituarli sin da piccoli alle sostanze tossiche che saranno costretti ad assimilare nel loro futuro? Vogliamo rinunciare al sempre più splendente e superbianco bucato, al fumo, ai pellami e pellicce, e ad una infinità di prodotti per una abitazione asettica dove i nostri figli possono tranquillamente leccare il pavimento libero da microbiche e lesive presenze?
La ragione vera per cui noi stiamo uccidendo il mondo senza pietà e senza vergognarci e continuiamo pervicacemente a depredarlo e inquinarlo è che sono le nostre menti, già da tempo immemore, inesorabilmente e fatalmente inquinate dalla nostra contorta visione della natura e da tutti gli orpelli inutili che abbiamo inventato per passatempo. Siamo come le tribù primitive e selvagge a cui esploratori e coloni regalavano specchietti, insulsi oggetti e acqua di fuoco e quelli in cambio concedevano ingenuamente l’uso di territori immensi, miniere d’oro e d’argento e lasciavano che massacrassero tutti gli animali che garantivano la loro sopravvivenza.

L’industria odierna ci colonizza allo stesso modo, offrendo i nuovi tipi di specchietti: gli smart phone e ci ipnotizza con i suoi trucchi e seduzioni per carpire il nostro “oro”: la nostra capacità di spendere tempo e denaro, aumentando così l’inquinamento delle nostre menti o anime, quando e se ne abbiamo una. Ma sembra che in tutto questo tempo abbiamo fatto ben poco o niente per ripulire sia l’una che l’altra. Non potremo arrestare l’inquinamento del mondo senza smettere di inquinare la nostra coscienza collettiva e individuale con questa perversa e ostinata presunzione di onnipotenza che confonde e continua a nascondere a noi stessi la realtà.

ennio forina – novembre 2017

Ave, Natalis, Morituri Te Salutant…

 

Buon Natale Albero

Anche quest’anno, come ormai avviene da qualche tempo, al centro del grande abbraccio del bellissimo colonnato del Bernini, si vedranno stagliate insieme verso il cielo, altre due colonne di forma e materia diversa, ma che hanno almeno due fattori in comune, ambedue sono state strappate a un mondo lontano e ambedue saranno senza vita, ma con la differenza che mentre una di queste colonne la vita non l’ha mai avuta, l’altra invece sì, e ne aveva tanta. Era una vita bella e munifica, colma di sensazioni che aveva impiegato molti anni a svilupparsi e diventare adulta e crescendo generosamente aveva offerto il suo corpo prodigo e odoroso come sicuro conforto, riparo e cibo per molti altri esseri viventi specie nella stagione invernale, passeri, scoiattoli, corvi, caprioli, insetti, solo per nominarne alcuni e di fronte aveva ancora la certezza di una lunga esistenza nella quale avrebbe  continuato a donare la sua brava parte di ossigeno a questa porzione di pianeta soffocato da gas venefici e letali immessi nell’atmosfera dalle attività umane, sostanze che solo gli alberi sanno processare scomponendole e metabolizzandole così come fecero consapevolmente eoni fa per mutare l’atmosfera densa, greve e tossica del pianeta primordiale in una mistura di gas gentili e che ora costituiscono il carburante per i polmoni e il sangue di quasi tutte le forme viventi, dentro e fuori dell’acqua, inclusi gli ingrati bipedi umani, sedicenti “esseri pensanti” che ancora oggi continuano a sacrificare la vita altrui per celebrare le loro tradizioni negli stessi modi barbari in cui i popoli antichi e pagani le celebravano.

Non potremmo esistere senza le piante, non saremmo comparsi su questo pianeta se non fosse stato per le protocellule vegetali, né mai dalle distese dei mari saremmo approdati sulla terraferma senza di loro. Le studiamo per carpirne i segreti, le loro funzioni e le innumerevoli sostanze che esse hanno saputo sintetizzare per la loro sussistenza (senza aver frequentato corsi universitari e laboratori), per la loro diffusione e per l’interazione simbiotica con le altre forme di vita animale. Pensiamo agli alberi più che altro come dei grandi oggetti mutevoli e decorativi che producono semi e frutta e che lasciano cadere le foglie in autunno come se seguissero processi automatici, che sbrigativamente e superficialmente definiamo “naturali”, dando a questo termine il più vago e superficiale significato e ancora oggi come sempre, nonostante le evidenze scientifiche, quando basterebbero anche solo quelle intuitive, si pensa ad esse come forme di vita inferiore e non pensante e comunque suddita della vita umana.

Siamo immersi nella più profonda e ottusa ignoranza senza riuscire minimamente a immaginare che cosa significhi per una pianta vivere e interagire non solo con l’ambiente circostante ma con il cosmo, noi che ci reputiamo intelligenze superiori, noi che ci esponiamo ai raggi del sole seminudi sulla spiaggie estive con i nostri pensieri corti, focalizzati sulle nostre banalità culturali, come far bella figura al ritorno delle vacanze con una bella abbronzatura, ma per il resto pensiamo che il sole o una fone di luce e calore per noi non fa differenza, basta che dia luce. Noi, non i nostri organismi, che sono il più delle volte più intelligenti del nostro “superiore” cervello “sapiens” cercanola luce del sole perché sanno decifrarla e impiegarla.  Non riusciamo a immaginare che le piante, oltre a “pensare” in modo del tutto autonomo, sono anche in grado di comunicare e di percepire molte più cose di noi e di quante noi possiamo immaginare. Sono esseri viventi intelligenti, senzienti e noi le trattiamo come oggetti.

Molto, molto tempo prima che noi smettessimo di considerare il sole una divinità a cui offrire sacrifici sanguinari tanto crudeli quanto idioti, le piante sapevano già sfruttare la sua energia con sistemi biochimici sofisticatissimi, tuttavia non abbiamo ancora finito di sacrificare animali alle improbabili divinità di molte culture umane, così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire, saremo spettatori dell’ulteriore sacrificio di uno di questi giganti verdi, spezzato, umiliato, soffocato dai decori luccicanti festivi, e condannato come tanti suoi simili più giovani ad una lenta agonia in cui il loro inascoltato gemito di morte si spegnerà fra le luci, le risate e gli abbracci delle festanti famiglie umane o delle loro truculenti cene e pranzi festivi. Questa splendida colonna di vita emanava vera gioia da viva,  nei luoghi in cui era nata, fra le pendici montane, con il suo respiro i suoi colori il suo profumo ed ora ricoperta di luci fatue che nascondono a malapena la sua decomposizione verrà lasciata ad avvizzire come un triste simulacro di falsa felicità coperto di addobbi che nasconderanno la sua agonia e le cui foglie durante tutto il trasporto e la collocazione in situ, avranno cercato invano di dialogare con le radici perse per sempre. Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza , la conoscenza scientifica le evidenze di tutto lo scibile di cui disponiamo, della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza continuiamo a considerare le piante come in secoli e millenni di storia umana incolta del passato, e per questo il genere umano è doppiamente e crudelmente colpevole.

Senza contare che perseverando in queste forme culturali di uso indiscriminato delle forme di vita, significa insegnare ai piccoli della specie umana a disprezzarle, invece che ad amarle e non serve poi gridare “Natura, Natura” mentre la si distrugge nelle nostre stesse case per la nostra protervia ignoranza. E lo stesso genere umano che pretende da vari pulpiti di voler proteggere l’ambiente che pensa di possedere, non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra, nemmeno in quei comportamenti abituali, in quei gesti apparentemente innocui ma offensivi che ogni piccolo umano rivolge verso le piante in genere, come strappare i rami solo per noia e per impulso, rivelando di non aver assimilato affatto la cognizione che una pianta è un animale e che se produce rami e foglie non lo fa per il sollazzo dei bimbi ma per vivere la sua vita, e se non insegnamo nostri infanti di avere rispetto del ramoscello, dell’arbusto o del piccolo albero, non saremo mai capaci di fermare la distruzione delle foreste.

Anche questa volta un albero sarà sacrificato, in più dei tanti, che vengono fatti nascere per essere uccisi e non per produrre gioia ma profitti, sacrificati sull’altare dell’ignoranza e del sopruso, ad una interpretazione fallace e distorta del concetto di felicità e sacralità. La sua “esecuzione” finale sigillata nel fuoco che consumerà il suo corpo nei vari forni,  non è diversa dal rogo di un’altra piazza, in un altro tempo. Allora non si volevano ammettere le evidenze rilevate da una mente geniale ed evoluta, qui ed oggi si ignora l’evidenza di una realtà vivente che finisce miseramente bruciata nel rogo di una tradizione peraltro aliena in questo luogo e cultura. Le puerili e insulse dichiarazioni  provenienti dai media che giustificano l’uccisione dell’albero per  natale con la semina compensativa di altri alberi, (anch’essi in  gran parte da sacrificare) aggiungono al danno e alle ferite le beffe se anche non si riesce a capire che continuando a volere un albero vero ad ogni natale si causerà l’allevamento forzato di questi schiavi destinati al sacrificio. Noi parliamo di vite, loro parlano di prodotti, non riconoscere quest’albero come essere vivente e senziente a tutti gli effetti e la sua ingiusta condanna a morte, significa essere totalmente immersi nel buio della ragione, oltre a quello dell’anima  La gioia che esige il prezzo di una vita – quale essa sia – non potrà mai essere una vera gioia. Se si trovasse un arbusto su Marte o sulla Luna grideremmo al miracolo e lo chiameremmo “vita” e faremmo di tutto per proteggerlo, ma qui, sulla terra lo chiamiamo “cosa”,  questo vuol dire anche che imparare e ritenere cognizioni senza capire il loro significato sostanziale equivale a non sapere nulla.

Ma gli eventi passano e passa anche l’illusione della gioia festiva, dei fuochi artificiali, degli addobbi e dei decori e quando tutte le luci della festa si spegneranno, più tardi e altrove, si accenderanno le luci dei piccoli roghi dei pezzi del gigante verde e dei tanti piccoli roghi di tanti altri piccoli di giganti verdi che avranno subito la stessa sorte in milioni di case, ovunque nel mondo, in un atroce farsa di sangue verde. Essere nati o fatti nascere solo per essere torturati in due settimane di falsa allegria. Come si può pensare che un albero mutilato dalle radici, possa portare la vera gioia che manca negli spiriti nelle case umane abitate da esseri che non sanno distinguere ciò che è vivo da ciò che non ha vita propria, potrebbe significare che i veri morti sono tutti coloro che, pur essendo consapevoli, continuano pervicacemente a celebrare una festa attorno ad una vita che muore anelando per quella luce solare e quell’acqua piovana che aveva conosciuto nascendo e che gli aveva dato l’illusione del luminoso futuro che gli spettava di diritto.

ennio forina  – novembre 2017

Every Bloody Day – The Global Slaughterhouse

Every Bloody Day.jpg

Every new day.

a part of me suffers and dies

along with all the animals

who suffer and die

because of the wickedness

of the species I belong to.

And there’s no ray of sunlight,

no brisk or gentle breeze,

no heady flower scent,

no cascade of soft moonlight,

no fog of mystic oblivion,

neither blanket of a deepest sleep,

that can, for a few instants,

make me forget or lessen

the horrendous nightmare 

that we make withstand

to the whole living world.

Mattatoio Globale

La violenza2.jpg

Ogni nuovo giorno,

una parte di me soffre e muore

insieme a tutti gli animali

che soffrono e muoiono per la malvagità

della specie di cui sono parte.

E non c’è raggio di sole,

né brezza di vento, né profumo di fiori,

né soffice luce lunare,

né nebbia di mistico oblio,

né coltre di sonno profondo che possano,

per un solo istante, farmi dimenticare

o attenuare l’orrendo incubo

che facciamo subire

a tutto il mondo vivente.

 

Tristia: L’Esilio della Ragione

Io sono una persona che osserva il mondo da sempre, il fenomeno della vita in tutti i suoi aspetti, e oggi c’è un mondo parallelo che è il riflesso di quello reale ma dove accadono le stesse cose ed è frequentato dalle stesse persone, ed è internet, nient’altro che il vaso di Pandora, che rende possibile la visualizzazione concreta di quanto prima non era possibile immaginare con precisione. Io osservo il web come ho sempre osservato la realtà, dal momento che non mi sono mai accontentato di essere confortevole nella mia realtà soggettiva ignorando il resto della realtà vivente, oltre le sue bellezze, sopratutto i suoi drammi e le sue sofferenze anche se non mi toccavano direttamente. E poiché la realtà esterna al mio ambito esistenziale non mi è mai sembrata confortevole, io non sono mai riuscito ad essere confortevole nella mia. Internet mi ha dato due possibilità che prima non avevo che limitatamente, quella di osservare e investigare più ampiamente e graficamente la realtà attuale e quella d esprimere verso gli altri le considerazioni che derivavano dall’osservazione attenta e analitica della realtà. Ma internet, come tutto ciò che ha un uso diffuso e un valore intrinseco, è diventato un bene di cui impossessarsi, una merce e strumento di controllo e potere, e così come è successo per le religioni e le ideologie, l’oro, il petrolio, la sessualità e la droga, si è trasformata anche in un’arma nelle mani dei malevoli che sono pronti ad utilizzare contro fazioni e parti opposte o soggetti individuali anche per sola antipatia o desiderio di distruggere. È il caso emblematico della rivoluzione francese, quando furono costituiti gli scellerati e insani comitati di salute pubblica fondati sul presupposto che sarebbero stati utilizzati da cittadini virtuosi e di alta levatura intellettuale e patriottica per individuare e colpire la reazione in tutti i suoi aspetti, ma finirono invece nelle mani di rozzi, ignoranti e barbari individui che usarono le delazioni e un potere mal demandato per vendicarsi o colpire persone con cui avevano avuto discordie o liti condominiali o per semplici antipatie, così la rivoluzione che avrebbe dovuto aiutare ad affermare le presunte virtù di un popolo rispetto ai suoi tiranni, finì nel rivelare che in gran parte gli oppressi erano persino peggiori dei loro oppressori. Oggi siamo nel mezzo di una rivoluzione tecnologica dove tutto è permesso e tutto è proibito, dove una massa di soggetti confluisce per scopi e obiettivi diversi, buoni o malevoli o anche semplicemente per lasciare una traccia di sé. Questa rivoluzione tecnologica ha dato poteri immensi ai controllori e ha generato una nuova genìa di sub-poteri gestiti da controllori auto nominati con scopi diversissimi, – oltre a quelli giustamente utilizzati dalle autorità per la sicurezza sociale, – una schiera di “pirati” e cacciatori di taglie, che hanno il vuoto dentro, che non hanno nulla da esprimere, che non sanno nemmeno perché esistono, si avventano sui profili degli individui per carpirne i desideri e le tendenze, per vendere i dati come scavengers saprofagi, divoratori di cadaveri senza nemmeno saper distinguere quello che è marcio e quello che non lo è. E c’è una terribile analogia con chi va a uccidere animali innocui spezzando a fucilate le loro esistenze non per sport o divertimento, ma per invidia poiché essi non sopportano che altri esseri viventi siano felici come sono felici gli animali nel loro ambiente e nella loro libertà. Siamo continuamente spiati, anche nelle nostre case, attraverso i computers, i televisori, gli smart phone, nostri e dei nostri amici e dobbiamo stare ben attenti a non mettere un clic in fallo in questa pericolosa giungla comunicativa, piena di insidie e sabbie mobili, perché possiamo essere inesorabilmente colpiti dai “comitati di salute virtuali”, giudicati sommariamente e ghigliottinati, sempre virtualmente, dagli stessi rozzi, barbari e ignoranti individui che da sempre costituiscono la maggior parte del genere umano. A me personalmente non fa nessun effetto, molto tempo fa ho rifiutato di accettare i parametri di rispettabilità sociale dovuti solo al conseguimento di attestati e di seguire i comodi percorsi delle aggregazioni di potere per trarne un vantaggio personale e sono restato ai margini delle attività, contando solo sulle mie capacità professionali in cambio di modestissime remunerazioni, ma sono rimasto libero e libero di pensare, di osservare e di analizzare le cose. Io seguo la logica della natura più delle leggi umane, seguo le regole di convivenza civile, rispetto delle precedenze e della gentilezza, e nella logica della natura vedo lo stesso principio che costituisce la parte più importante della mia etica, non far male a nessuno, in nessun modo, se non per difesa o per difendere qualcun altro, innocente che subisce una violenza. Ma questo principio largamente presente nel mondo vivente è quasi del tutto inesistente nel mondo degli umani. Per il resto la bio – logica è di gran lunga superiore e positiva delle regole, delle leggi e dei costumi umani, non a caso ci riferiamo alla Natura quando parliamo di armonia, generosità, intelligenza e saggezza. Quando esprimo le mie riflessioni non lo faccio mai indicando delle persone, né per biasimare né per lodare, io osservo e analizzo i fatti, le evidenze e le conseguenze in azioni del volere dei singoli o dei gruppi di individui o dei sistemi di potere, chiunque essi siano, e in base a questi e in base a queste evidenze cerco la ragione delle cose. Le mie intenzioni sono contenute nei testi che scrivo e nei dialoghi pubblici e privati che ho finora sostenuto in rete, qualsiasi altra maldicenza o valutazione negativa e approssimativa che potrebbe essere riferita sul mio conto in rete non mi sorprende e non mi turba affatto, a meno che qualche perverso hacker sia in grado di manipolare i miei testi o dialoghi ma se anche questo potesse succedere non avrebbe effetto su di me, non mi causerebbe un dolore maggiore di quello che sento per la consapevolezza delle ingiustizie e sofferenze imposte a tutto il mondo vivente e a tutte quelle poche persone sensibili e con buone intenzioni. E sarebbe solo una ulteriore conferma della inutilità di continuare a credere che vi sia una minuta possibilità che questa specie possa realmente evolversi prima di implodere in se stessa dopo aver distrutto un mondo. So bene, da tempo immemore, che nella società umana, manifestare liberamente le proprie idee credendo in esse, vuol dire diventare una preda in un mondo di predatori. È così da sempre e di solito sono le menti più libere che vengono prese di mira e diventano bersagli non appena diventano visibili. Mi succedeva quando ero un piccolo uomo e un adolescente, succede anche ora in altre forme; è la predominante natura umana, disgregante, distruttiva, intollerante e invidiosa che non sopporta quelli che hanno una fede aliena, che credono in quello che dicono e che cercano di costruire invece di distruggere.

Il Lato Oscuro della Parola “Libertà”

Libertà fine

IL LATO OSCURO DELLA PAROLA “LIBERTA’”
Cito : “La mia libertà finisce dove comincia la tua.” –

Non mi riferisco mai ai pensieri espressi da altri, ma raramente devo fare una eccezione, quando alcune idee vengono promosse e celebrate così tanto da influire sulla mentalità comune e la cultura. Non capisco perché questa frase sia menzionata così spesso e glorificata come se fosse l’apoteosi del senso della giustizia e della tolleranza, mentre in realtà, queste poche parole ad effetto, si prestano a molte interpretazioni ed utilizzi che hanno ben poco a che vedere con la vera etica e il senso di giustizia. Analizzando i significati reconditi di questa asserzione si può evidenziare per prima cosa il suo carattere circoscritto, autoreferenziale tra due soggetti, escludendo una possibile parte sofferente della disputa, una specie di accordo fra umano a umano che esclude altri umani e anche tutti gli altri esseri viventi, vale a dire: “purché tu non interferisca nel mio ambito di libertà, io non interverrò nel tuo, indifferentemente da quello che tu fai nella tua libertà”, perché secondo questa formula è il tuo ambito e devo rispettarlo, così se nel tuo ambito tu fai cose perverse io non potrò intervenire per impedirle.

Nulla di nuovo sotto il sole, è sempre stato così, è la primitiva legge umana del “farsi gli affari propri”. I popoli creano i loro sistemi di vita, le loro leggi, i loro usi e costumi e non ammettono l’ingerenza di altri popoli, che significherebbe una invasione di territorio e quindi un conflitto. È stato così in passato, e lo è anche oggi, ogni volta che questa formula veniva violata una guerra si scatenava, dopo la lezione dell’ultima grande rottura di questa formula, costata milioni di morti e immani distruzioni, si cerca di evitare un’altro simile conflitto, ma resta la formula in vigore, cioè ognuno a casa sua fa quello che vuole, ma solo per evitare guai maggiori, e questa non è etica, è la realtà umana. Il problema etico sorge veramente quando in questo ambito di libertà umana decisa dagli umani, che sono i fruitori delle sue conseguenze nel bene e nel male, entrano altri soggetti che rappresentano un bene per se stessi e al tempo stesso un bene comune ma non mercificabile e che non dovrebbero essere vincolati ai teoremi umani né ai loro trattati; gli animali e gli animali- piante. 
Se nel mio ambito di libertà esistono dei princìpi che riguardano il rispetto della vita e della compassione universale, io non posso tollerare che un altro paese, nell’ambito della sua libertà eserciti la sua prepotenza e brutalità su esseri viventi che non gli appartengono, poiché essendo viventi appartengono a sé stessi prima di tutto e contemporaneamente al mondo vivente, che non può essere divisibile se non con la prepotenza. Quindi la formula non funziona, perché o sono io a dover cedere alla prepotenza dell’altro o è l’altro che deve astenersi da esercitare quella prepotenza, smettendo di appropriarsi e uccidere esseri viventi che non gli appartengono. Ma scendendo in uno scenario più piccolo possiamo fare altri esempi. Una frase simile può essere anche di fatto, il suggello di un accordo fra bande criminali, come dire: “noi siamo liberi di fare quel che vogliamo nel nostro territorio e voi fate quello che vi pare nel vostro territorio”, basta che non invadiate il nostro e quindi la libertà di agire in esso. Lo stesso vale per gli esseri umani. Se – la mia libertà finisce dove comincia quella altrui – senza specificare come si usa questa libertà, vuol dire che sia io che l’altro ci stiamo appropriando di qualcosa che non ci appartiene, uno spazio di azione in cui potremmo fare qualsiasi cosa a condizione di non oltrepassare i confini dello spazio del nostro concorrente o del nostro mutuo accordo di non ingerenza, così siamo in due o innumerevoli duplicati di noi due, ad appropriarci della libertà di azione illimitata perché non specificata dai principi, in uno spazio limitato nel quale noi siamo i dominatori di qualcosa che in realtà non ci appartiene; quello degli altri abitanti del pianeta, che sono esclusi dal teorema, non lasciando loro né spazio né libertà dato che la nostra reciproca libertà diventa di fatto il nostro reciproco arbitrio mantenuto in determinati confini, purché divisibile solo tra noi.
Bisogna distinguere tra la libertà di essere e quella di agire. La libertà di essere è infinita, non ha e non può avere limiti, è una libertà dinamica che scorre nel tempo e nello spazio e non è circoscrivibile da una formula o da un teorema, mentre la libertà di agire ha precisi limiti etici che dovrebbero seguire il principio della tolleranza universale e del rispetto dell’esistenza di qualsiasi altra forma vivente. E non può essere decisa solo da un contesto di due soggetti o due parti. Io direi piuttosto che la mia libertà è infinita quanto quella di qualsiasi altro essere vivente, ma questa libertà deve fermarsi quando può nuocere agli altri, tutti gli altri, senza ragione di difesa. 
Il semplice fatto che una sola specie sia troppo numerosa, alterando gli equilibri naturali è di per sé un arbitrio e una prepotenza.
Solo per fare un esempio fra i tanti : – che cosa sarebbe successo se per ipotesi la Germania nazista non fosse stata del tutto sconfitta, ma si fosse decisa una pace tra le nazioni lasciando alla parte sconfitta le sue prerogative e scelte, consentendole dunque in base alla sua ideologia e al suo ambito di libertà nazionale, il permesso di continuare a sterminare persone nei “suoi” campi di concentramento? – Anche qui il teorema non funziona, così come non funziona a livello individuale nel caso in cui il mio vicino di casa, secondo il suo concetto di libertà, voglia bollire vivi cani e gatti e altri animali, dopo averli scuoiati, sempre da vivi. Parimenti dovrei tollerare il costume indigeno di bollire vive le aragoste o le lumaca secondo il concetto di libertà in vigore da queste parti e quindi per tutti i casi in cui io lascio fare a te tutto quello che vuoi finché non  impedisci me di fare  tutto quello che voglio io.
Io non posso rispettare questa formula di libertà perché rispetto prima di tutto la libertà e il diritto di vivere e di non soffrire delle persone, dell’aragosta e del capretto e di qualsiasi essere vivente. E anche qui si generano le premesse conflittuali che annullano ineluttabilmente la validità del teorema. Quindi a meno che non si verifichi un conflitto di sopravvivenza, alle diverse libertà esistenziali dovrebbe essere permesso di intersecarsi, sovrapporsi, toccarsi e comunicare in reciproci rapporti positivi e costruttivi.

La condizione base è che non si possa agire liberamente causando danno agli altri, semplicemente stabilendo limiti di azione soltanto fra un “te e un me”, e nell’ambito di spazi d’azione circoscritti, ma stabilendo dei princìpi etici che riguardano universalmente le azioni in essere da non superare, che non riguardano solo una relazione di tolleranza duale, fra due singoli soggetti intesi come entità, che possono anche essere culture, popoli e nazioni, non solo individui, escludendo tutto il resto, ma considerando dei principi che rispettino i diritti di tutto il mondo vivente che considerino ambiti di libertà condizionati dagli stessi princìpi.

Ennio Romano Forina

Fondamentalismo Specista

In risposta alla definizione di “fasciovegani” diffusa da alcune fonti dei media, per definire quelli che difendono i diritti, la libertà e la vita degli altri animali.

“Nam saepe ante deum vitulus delubra decora turicremas propter mactatus concidit aras…” Lucrezio – Liber secundus

Stasera in libreria, mi è capitato sotto gli occhi un libro con una copertina bianca, asettica e con una icona del giornalista che lo ha scritto – più credo, la fotina di una bistecca discretamente cruda – Nel libro, stando a quello che viene riferito online, si difende ad oltranza la priorità del genere umano su tutto il mondo vivente e il suo diritto assoluto di disporre della vita altrui nel nome della “libertà” di scelta e contro le “imposizioni” animaliste e di tutti quelli che nel libro sono definiti i “fasciovegani”, che vorrebbero deprivare il genere umano del sacro diritto di scannare gli animali nei modi e nella misura che conosciamo bene. Ho cercato in rete e mi è subito apparso il libro e vari riferimenti, tra questi, un articolo che un quotidiano ha scritto a convalida di questa tesi ed a elogio del giornalista. Se avete tempo leggetelo anche voi, è breve e superficiale…

Io ritengo che essere definito “fascista vegano”, (perché sono un vegano e sono contro i massacri degli animali), sia un insulto intollerabile. Io sono vegano e opero in difesa degli animali per mezzo della dialettica, non vado in giro con un bastone o l’olio di ricino per punire i carnivori, ma sono un esponente sincero di una rivoluzione etica ed evolutiva che sta acquisendo sempre più consistenza, per volontà, consapevolezza e presa di coscienza di popolo e non per squadrismo.

Uso la forza degli argomenti, degli elementi di analisi, non la forza della prepotenza e della supponenza che hanno invece i sostenitori dello status quo e della barbarie vigente. Loro versano il sangue, io/noi versiamo parole e sentimenti di compassione. Spesso molti di quelli che piangono per la sorte degli animali reagiscono anche con insulti, emotivamente per la frustrazione, per non poter fare altro di fronte allo strapotere delle leggi e degli interessi che “impongono” agli animali di essere vittime. E dato che il giornalista accusa noi vegani di essere compassionevoli solo per gli animali e indifferenti alla sorte degli umani, rivela con estrema chiarezza la sua incapacità di comprendere il sentimento della compassione nel suo significato sostanziale, poiché la compassione vera è universale, vale per il lombrico quanto per l’umano – considerando ancheche senza il lombrico e l’albero nemmeno noi potremmo esistere – e si esprime per qualsiasi forma vivente riconoscendo il principio dell’unicità della vita. Il fatto che l’amicizia per gli animali e la preferenza di rapporti affettivi con essi e l’impulso di difendere i loro diritti naturali si stia così diffondendo è dovuto al desolante riconoscimento della miseria e della falsità dei rapporti umani in confronto.

Ci sono state altre rivoluzioni nel mondo degli umani per sancire i diritti naturali di ogni individuo che erano stati rapinati dalle varie tirannie in atto di tempi non troppo lontani e le rivoluzioni sono servite a ridare ai popoli e agli individui quei diritti naturali depredati. Ma queste rivoluzioni sono ancora incomplete e malfatte, ci sono ancora schiavi e padroni, ancora prìncipi e sudditi, con nomi diversi e usando poteri diversi, e la società umana non è ancora perfetta perché non si è ancora evoluta eticamente e preferisce rapinare il pianeta in cui vive anziché convivere in esso rispettandolo. Il riconoscimento dei diritti e il rispetto di tutte le forme viventi rappresenterebbe un salto significativo di una vera evoluzione della specie, che porterebbe anche un immenso beneficio non solo alle vittime animali ma alla stessa specie umana.

La compassione e la saggezza sono sorelle e viaggiano insieme. Da prima di Empedocle in poi, molti umani compassionevoli e saggi hanno detto queste cose, donne e uomini, ma la voracità e la presunzione umana dominante cerca di soffocarle pervicacemente più che mai nel nostro tempo, sia la compassione che la saggezza. Ma per meglio chiarire le idee ai sostenitori dei massacri degli animali possibile che non riescano a capire che a rigor di logica che il confronto vero non è fra due fazioni dell’umana società che hanno idee diverse, escludendo la parte in causa, cioè gli animali. Non si tratta di sinistra contro destra o rosa bianca rosa nera, ma complessivamente di genere umano versus animali. Chi parla a vanvera di diritti e libertà, vada a chiederlo a loro, agli animali, se sono felici di offrirsi come vittime sacrificali per far fare agli umani operosi un sacco di soldi con la loro pelle e con il loro sangue. Essi sono in grado di rispondere, con le loro grida strazianti, con il terrore degli sguardi, con l’inutile resistenza alle mani dei carnefici, vadano a chiederlo a loro mentre li trascinano nel sangue dei loro fratelli e dei loro figli e delle loro madri. Guarda caso anch’essi hanno madri, figli e fratelli. Sono esseri viventi, come noi, nascono, si accoppiano, fanno figli che accudiscono amorevolmente e senza il nostro egoismo, anche quelli più forti e feroci si nutrono solo di quello che a loro occorre in un giorno, sono crudeli quanto basta, ma non conoscono il sadismo, le perversioni e le falsità che abbiamo noi, sono disposti a diventare docili e ad amarsi anche fra specie diverse di prede e predatori se si trovano in condizioni favorevoli, mentre noi ci scanniamo persino in un condominio e fra parenti stretti. Non hanno loro il diritto di rifiutare di essere considerati come dei prodotti? Quale giustizia per le madri di qualsiasi specie a cui vengono strappati i figli per trasformarli in denaro? Chi potrà restituire alla vita universale l’amore materno di cui il genere umano ha fatto scempio?

E a proposito del fondamentalismo di cui ci accusate, dai pulpiti delle vostre confortevoli alcove mediatiche, cari divoratori di bistecche sanguinolente, il fondamentalismo è un termine molto più confacente al vostro ostinato rifiuto di qualsiasi confronto dialettico e di riconoscimento di tutte le evidenze intuitive e scientifiche che rivelano l’anima sensibile e l’intelligenza di tutta la vita, così come un tempo molto vicino a questo attuale si rifiutava la giusta collocazione di questo pianeta nel cosmo. C’è un brano meraviglioso del “De Rerum Natura” che narra del dolore di una madre di una specie diversa, una mucca, alla quale è stato tolto il piccolo per sacrificarlo agli dei. Il poeta descrive così minuziosamente il vagare penoso di questa madre, dalla stalla al prato, annusando ovunque alla ricerca disperata del figlio che si capisce che deve aver osservato lui stesso la scena e di aver provato quel sentimento a voi sconosciuto: – la compassione-, così fortemente da sentire la necessità di riferire l’episodio nella sua grande opera.

Lucrezio, signori, uno scienziato visionario e rivoluzionario che è nato circa cent’anni prima di Cristo, vi deve insegnare la compassione? Che evoluzione c’è stata in questi duemila anni? Oggi non ci dovrebbero essere più gli dei fasulli inventati per giustificare le nefandezze umane, purtroppo quelli arcaici sono rimasti da noi e in molte altre culture e a questi se ne sono aggiunti altri, tutte le persone che pensano di essere divine entità terrestri e che pretendono che a loro si sacrifichino gli stessi animali che si sacrificavano duemila anni fa per la stessa prepotenza, con la stessa crudeltà.

Without you…For You…With You

The Perfect Love,

that beyond the happiest moments,

passing through the life’s storms,

the small and harsher failures,

all through every regrets and mistakes,

the obstinacies and defenses,

the barriers, and misunderstandings,

the disillusions, the fears and the tears,

through all the unspoken words 

and unexpressed thoughts,

the retained kisses and buried caresses… 

is the love that not only has overcome intact

all the adversities and hindrances,

but that kept growing

and became still greater in all them…

 

“I’m still holding the empty space where your hand held mine”


Dedicated to Margaret Mary Healy.  March 11, 2017

…For maybe our life together hasn’t been perfect,

but our love was and is…

ennio forina

The Book of True Love

True Love is like a book

narrating a story

which is written while reading it.

A book in which for every page

read with true passion,

another one is added following,

and so on for each day of reading

another one and more again to read,

so that in the last chapter

can’t ever be written the “End” word,

but the page for a new beginning.

ennio forina

But when there are no words to write it means there’s no story to tell and no love to live.

Il Libro dell’Amore – 1

 L’amore vero è come un libro

che racconta una storia

che si scrive mentre lo si legge,

un libro in cui per ogni pagina

letta con passione sincera,

se ne aggiunge un’altra di seguito, 

e così per ogni giorno di lettura

un’altra e un’altra ancora da leggere

senza che all’ultima pagina dell’ultimo capitolo

possa mai apparire la parola “Fine”

ma quella di un nuovo inizio.


ennio forina

Ma se non ci sono parole da scrivere in ogni pagina, ogni giorno, non c’è una storia da raccontare e nessun Amore da vivere.

Allo Stesso Modo…

Esiste una tremenda analogia

fra gli stupratori e gli assassini.

Qualunque sia il motivo

per cui feriscono qualsiasi essere vivente,

se per rapina o per odio,

per disprezzo o per profitto, per sport e per trofei,

tutte e due le categorie violano e uccidono

la libertà e i corpi di altri esseri viventi,

con la stessa prepotenza e la stessa malvagità.

Qualunque sia il mezzo con cui lo fanno.

ennio forina