Assassini Maggiori e Minori

È impossibile essere degli organismi viventi senza causare ad altri organismi viventi delle difficoltà, delle sofferenze senza spezzare le loro vite. Anche quando non sopprimiamo direttamente e volontariamente altri esseri viventi, qualsiasi meccanismo umano, prima di qualsiasi tipo di energia, come il petrolio e l’elettricità, usa e consuma il sangue e la carne degli altri animali, l’“oro rosso”, non l’oro nero, è la risorsa energetica più sfruttata e meno costosa. Ma anche individualmente, siamo perturbazioni che si muovono nello spazio calpestando altri organismi più piccoli di noi, precipitando su essi così come le valanghe e le alluvioni colpiscono noi.
 
I nostri veleni si riversano nel suolo spazzando via molte forme di vita e le nostre esigenze e abitudini ignorano e disprezzano le esigenze degli altri esseri viventi. Siamo tutti assassini in un modo o nell’altro, ma potremmo almeno cercare di esserlo il meno possibile. Siamo assassini quando mangiamo animali di qualsiasi genere…quando compriamo prodotti che implicano la sofferenza e la morte di esseri viventi, siamo assassini quando gettiamo a terra le sigarette con i loro veleni durevoli che si riversano nel terreno, lo sterilizzano e infine vengono riassorbiti da tutti, noi compresi. Siamo assassini quando gettiamo buste di plastica senza annodarle e tagliare i cappi che possono soffocare, strangolare altri animali e uccelli, siamo assassini quando gettiamo le retine della frutta senza che diventino trappole mortali, quando gettiamo lo scatolame senza piegarlo per non far intrappolare in esso il muso di piccoli animali come gatti e cani, siamo assassini quando usiamo qualsiasi tipo di sapone che non sia altamente biodegradabile, quando cerchiamo di sterilizzare le nostre case e versiamo tonnellate di acidi e sostanze inquinanti per la pulizia che si riversano nei fiumi e nei mari, siamo assassini quando per le nostre coltivazioni rapiniamo l’acqua dei ruscelli e li avveleniamo.
 
E siamo assassini con tutti i nostri mezzi di trasporto e con le nostre strade e molte, molte fabbriche di oggetti inutili e tossici per la biosfera. Ma alla fine, sui piatti della bilancia delle nostre azioni, ci sarà da un lato la somma delle vite che anche indirettamente abbiamo fatto soffrire e ucciso per le nostre scelte e sull’altro piatto, quelle che invece abbiamo aiutato a sopravvivere o che abbiamo evitato di uccidere. Da quale parte ci sarà il piatto che pesa di più, per dare o togliere valore alle nostre anime, dipende da ognuno di noi. Forse non è possibile essere perfettamente incolpevoli, ma meno crudeli sì, se invece di essere più o meno indifferenti alla sorte degli altri o semplicemente versare un po’ di cenere sulle nostre teste, riuscissimo ad affondare completamente in essa.

Il Teorema degli Uguali…

Chi può tradire un amore,

potrà tradire anche l’amante,

così come chi può uccidere un animale,

sarà capace anche di uccidere un suo simile.

ennio forina

 

Quando un amore smette di essere, in uno dei due o in tutti e due gli amanti, è meglio separarsi, e non tradire, o si tradirà sempre. Allo stesso modo, il sonno della compassione è totale e perenne e sigilla la fine dell’anima. ennio forina

9 Marzo -La Festa delle Mimose

Ci siamo, di nuovo alla vigilia di una tradizione ipocrita in cui, in nome di una fittizia ed effimera considerazione di rispetto e gratitudine per il genere che nel bene e nel male ha reso possibile la vita umana su questo pianeta, si fa scempio di un altro tipo di vita, solo perché anche da questa vita si possono trarre dei profitti, seppure di piccola entità.
Che senso ha celebrare in una manciata di ore quello che dovrebbe essere “sempre” effettivo, fingendo di ricordare ciò che dovrebbe essere presente nelle menti degli uomini ogni singolo giorno di ogni singolo anno, operativamente e non solo simbolicamente con delle misere, squallide offerte votive, facilmente reperibili sul mercato, comprate in fretta da venditori clandestini agli stop dei semafori, pensando che siano alleviare le dolorose memorie di antiche e moderne vessazioni, di discriminazioni e colpe che gli uomini hanno esercitato per millenni contro le donne, e pretendere che un semplice mazzetto di fiori gialli rubati alla primavera possa restituire le ingiustizie del passato e garantire la giustizia nel presente e nel futuro. Io non dico che gli uomini siano cattivi e le donne buone, tutt’altro, ma che la gran parte degli uomini si è coalizzata da sempre per dominare le donne e spesso è stata anche il loro carnefice. Del resto i maschi derivano da loro, proprio dalle femmine in quanto non esiste il genere maschile come punto di partenza, i maschi altro non sono che femmine modificate dalla potente azione degli ormoni, attivati dal cromosoma dominante Y. Ma anche senza avere nessun tipo di minima erudizione scientifica, basterebbe osservare il torace di un uomo per capire che i suoi capezzoli atrofizzati, non sono altro che la traccia evidente della sua origine di base come femmina, così come l’accenno di coda di un embrione e le pelurie quasi scomparse e il reggersi carponi degli infanti ci rivelano la nostra antica origine di piccoli mammiferi quadrupedi. Ma sembra che per millenni questa evidenza non sia ma stata presa in considerazione alcuna, né dall’uno né dall’altro sesso. Le donne hanno continuato a subire la cultura e le regole degli uomini che hanno continuato ad esigere sottomissione con la forza e la prepotenza brutale, adducendo pretestuose scuse di derivazione religiosa o di inspiegabili assiomi pseudo-scientifici per cui spesso, la superiore capacità intellettiva del genere femmina veniva negata o distorta, facendo passare la tempesta della sua variabilità ormonale come follia “isterica”, altre volte in modi subdoli, come avviene ancora nel mondo attuale, anche quello più evoluto. Di questa realtà tuttavia sono paradossalmente responsabili le donne stesse perché al momento di diventare madri non insegnano affatto a loro figli il rispetto per l’altro genere, anzi vedono spesso delle antagoniste nelle loro possibili compagne di vita e considerano il matrimonio di un figlio poco meno di un rapimento da parte di un’altra donna. Ed è per questo che le cose non cambiano se non di poco ad ogni generazione e per la stessa ragione si ripetono rituali che nulla hanno di sostanziale, come l’offerta di ciuffi di rami di mimose giusto perché quest’albero disgraziatamente decide di fiorire nell’anticipo della primavera. Ma qual’è il problema se qualche centinaia di tonnellate di rami d’albero vanno perdute alla fine nella spazzatura? Sembrerebbe un argomento irrilevante, risibile, invece è fondamentale, perché la salvezza delle grandi foreste parte da come consideriamo e trattiamo anche il semplice ramoscello. Invece di far finta di piangere per la distruzione di foreste in lontani continenti senza mai riflettere sulla nostra reale conoscenza del problema e su tutti i nostri quotidiani comportamenti, ci concediamo molte altre libertà domestiche a danno dei vegetali, questi esseri viventi che hanno letteralmente “costruito” l’atmosfera che ci permette di vivere, solo per soddisfare tradizioni insulse e poco significative. Care signore donne, cosa pensereste se il vostro partner vi regalasse un melograno o una patata invece? Sarebbe un regalo più consapevole, un gesto più sentito e ricco di sincere promesse per il valore nutritivo sostanziale di questi doni, ma sarebbe anche un gesto che rivelerebbe nel vostro “lui” una sensibilità superiore, che è quanto di meglio possa desiderare una donna da un suo compagno di vita. Oppure chiedetegli di comporre per voi un poema, come l’antico poeta Tibullo che scriveva i suoi versi d’amore per Delia  “sub umbra arboris”sotto l’ombra degli alberi, presso le acque scorrenti di un limpido ruscello.
Non è una cosa insignificante, è uno dei tanti aspetti del disprezzo e dell’ingratitudine che abbiamo nei confronti degli alberi. Siate consapevoli che l’otto marzo, più che la festa delle donne è il giorno del massacro delle mimose perché, per via della vostra compiacenza, manipoli di individui, indigeni, comunitari, extracomunitari, marziani, vanno ovunque a strappare selvaggiamente i rami dagli alberi fioriti, spesso danneggiandoli seriamente o uccidendoli per vendere i mazzetti di mimose agli angoli delle strade ai vostri fidanzati, che altrimenti sembra non siano in grado di trovare idee più originali e con valori più diluiti nel tempo. Suvvia dunque, mostrate al mondo di saper aspirare a qualcosa di meglio, di avere una consapevolezza della vita che scorre nel ramo di un albero, che non è un oggetto decorativo ma un organo vivente con delle funzioni. Non vi suggerisce nulla il veloce deperimento di questo trofeo? Dopo pochi giorni appassisce e si decompone, forse proprio come i sentimenti amorevoli che dovrebbe e pretende di testimoniare. Chiedete al vostro partner qualcosa di più interessante, originale e durevole, un guizzo di ingegno creativo e di profonda sensibilità e avrete una prova più vera del suo amore. Ai fiori si attribuiscono arbitrariamente caratteristiche e funzioni che non hanno affatto. I fiori sono le sirene sensuali del mondo vegetale e non esistono per decorare i nostri ambienti, le nostre vicende, le nostre relazioni. Solo gli scemi umani possono pensare ad essi come simboli di purezza e usarli in tal senso ai piedi delle icone sacre. Sono gli organi sessuali delle piante e la loro bellezza, i loro colori sgargianti servono per attrarre gli insetti o i pollini vaganti, e riprodurre le piante in altri luoghi, non per gratificare le nostre contorte interpretazioni mentali e asservirli come elementi di arredo domestico o celebrativo privandoli della loro funzione vitale .
Si diceva e ancora si usa l’accezione: “Pura come un fiore!” Ma i fiori esprimono con la loro bellezza la pornografia vegetale che meriterebbe il rispetto della funzione e della loro ragion d’essere. Coltivarli per tagliarli e metterli nei vasi è di fatto una rapina e una barbarie. Siamo da sempre indulgenti e accomodanti sui nostri molti vizi mentali e giustifichiamo le nostre azioni e le nostre prepotenze sulla Natura accettando e seguendo i soliti stereotipi culturali con l’indifferenza, la superficialità, generati dal pensiero debole. Ma se veramente volessimo vivere in un mondo migliore, dovremmo imparare il rispetto universale, la riflessione profonda sulla realtà delle cose e sopratutto sulle nostre azioni. Nel mito della mela del giardino dell’Eden c’è un fondo di verità sulla natura e sulle attitudini umane. Dovremmo decidere se vogliamo contemplare, convivere in armonia e amare questa magnifica realtà vivente o se vogliamo soltanto divorarla. Infine care donne, mi dispiace, ma io sono un uomo che, se in un anno ci fossero 1000 giorni vi rispetterei ed amerei tutti i mille giorni dell’anno, ma oggi non vi donerò né realmente né idealmente un mazzetto di fiori gialli, ma piuttosto vi amerò ancora immensamente di più quando voi tutte sbatterete in faccia agli offerenti quel misero, ingannevole, simulacro del nulla, strappato brutalmente ad altri esseri viventi, unendo così il danno alla beffa e in modo da opporvi e forse fermare l’inutile e crudele massacro degli alberi in vostro nome e con questo rifiuto dimostrando agli uomini la vostra superiore intelligenza sensibile. E quindi, invece della Festa delle Donne in questi giorni di primavera incipiente, preferisco celebrare per mio conto la Festa delle Mimose.
ennio forina -marzo 2018

Meteora Umana

Il mondo degli umani è una enorme, gigantesca macchina tritacarne azionata da 7 miliardi di persone nel cui interno tutto viene fatto a pezzi, per essere convertito in profitto e la globalizzazione ha peggiorato e aumentato ogni tipo di sfruttamento degli animali, delle piante e dei pesci.
Finché potrà saccheggiare il mondo vivente, il genere umano eviterà per un po’ di tempo i grandi conflitti fra i popoli, ma ci sono segni evidenti che questa precaria condizione “pacifica” sta per finire. E presto, molto presto, non ci sarà più molto da saccheggiare e allora si riapriranno di nuovo le porte dell’inferno anche per noi, per tutti noi, e anche i demoni subiranno le stesse pene che infliggono agli animali ingiustamente dannati…

Gli antichi dinosauri non si sono estinti per un meteorite, ma perché erano un esperimento naturale semplicemente sbagliato. Troppo grandi, troppo esigenti e poco adattabili alle variazioni. Anche noi siamo troppo grandi numericamente ed infinitamente più esigenti e voraci dei dinosauri..e anche noi potremmo essere un semplice errore perché lo stiamo dimostrando nei fatti….non ci vuole molto a prevedere anche un nostro più che probabile futuro…non serve scrutare lo spazio in attesa di una improbabile meteora, quello che stiamo facendo è sufficiente ad ottenere lo stesso risultato. La minaccia vera non sta nello spazio, ma nelle nostre mani.

Sarà Festa…di Color Rosso

Bellezz e spazzatura.
 
Il cadavere di un animale fatto a pezzi e confezionato negli scaffali viene accettato come normalità, dalla coscienza collettiva che vede il corpo, ma ignora la violenza che lo ha ucciso, pur sapendo che si trattava di un animale vivo.
Così come nelle guerre, l’assassinio viene quindi assorbito e metabolizzato trasformando la vita da annullare in oggetto; è lo stesso meccanismo di giustificazione che consente agli assassini di qualsiasi tipo di essere tali e di effettuare i loro crimini senza esitare.
Ma per la gente comune avviene un processo di offuscamento della coscienza oggettiva, poiché non vede l’azione dei carnefici e allo stesso tempo non vuole immaginarla, essendo interessata solo al risultato finale ignorando automaticamente tutti i passaggi cruenti della schiavitù e dell’uccisione violenta, poiché la morte è sempre violenta in un modo o nell’altro.
Succede che le stesse persone che maneggiano con disinvoltura il corpo spezzato e scorticato di un agnello senza provare alcuna emozione, eviterebbero di guardare il corpo di un animale che giace squartato nella strada, dopo essere stato investito, volgendo lo sguardo altrove con disgusto, pur trattandosi di una stessa morte violenta e di uno stesso cadavere, ma giacente sulla strada e non sul desco.
Se riuscissero a visualizzare nelle loro menti torpide il processo che porta al risultato finale proverebbero lo stesso disgusto e forse potrebbero iniziare a provare un barlume di compassione.
Ma ciò non avviene perché la mente umana è da sempre abituata a distorcere la realtà per giustificare le sue azioni peggiori, inventando le scuse più assurde. I casi storici di ieri, di tutti i secoli e decenni e anni di massacri e guerre confermano questa realtà. L’umanità smette di fare la guerra solo quando gli conviene non perché è giusto e solo dopo i grandi olocausti. Era solo ieri che questi sono avvenuti in tutto il mondo e virtualmente dimenticati da molte giovani generazioni pronte a ripeterli…
Per questa ragione tutte le foto che diligentemente e con speranza le persone sensibili e compassionevoli pubblicano sui loro profili documentando l’orrore delle uccisioni, non hanno alcun effetto generale, perché sono immediatamente eluse o trasformate nelle menti delle persone senza sensibilità e compassione. La mente umana è in grado di trasformare qualsiasi bellezza in spazzatura e qualsiasi spazzatura in una perversa bellezza. Così il cadavere di un animale su una tavola imbandita e a festa risulta essere bello e appetitoso, anche se è lo stesso cadavere dell’animale schiacciato da una macchina.
È l’eterna favola del lupo e dell’agnello, in cui il lupo cerca tutte le scuse per giustificare la sua brama di sacrificare l’agnello, pur non avendo fame, ma solo perché può farlo.
È quello che facciamo noi, divorando un cibo che non ci serve, rapinando le esistenza di altri esseri viventi, fatti nascere apposta per procurarci il piacere del gusto e la soddisfazione della nostra prepotenza, ma con una differenza, sappiamo che il lupo della favola che viene letta ai bimbi per fargli credere che il lupo è cattivo, è solo una metafora e quindi, noi che siamo “buoni” possiamo ammazzare tranquillamente sia il lupo che l’agnello, sicuri che nessun libro di favole darà una diversa interpretazione ai piccoli umani. Ma il lupo vero non farebbe questo, non cercherebbe pretesti e ucciderebbe un solo agnello e soltanto per la fame, non perché è festa, perché il suo organismo è formato così.
ennio forina- qualche tempo prima di pasqua- 2018

Il Parco dei Divertimenti

 Pubblicato su “noiroma.it – Domenica 01 Aprile 2012 08:18 ennio forina

Vorrei che l’impatto umano sul resto del mondo vivente non fosse sempre così doloroso e ingiusto anche rispetto a delle gravi situazioni “minori”, solo apparentemente trascurabili.

Da qualche tempo, in quello che ritengo sia il più bel parco pubblico romano, Villa Doria Pamphili, va di moda un nuovo sport molto popolare, praticato dai bambini ma con la compiacenza e l’istigazione degli adulti, vale a dire la sagra e conseguente strage dei girini. In primavera si schiudono le uova nelle acque basse vicino alla riva dei laghetti, dove i grossi pesci non possono arrivare a mangiarli e una moltitudine di girini con l’aspirazione di diventare rane o rospi, provano a svilupparsi secondo le loro fasi naturali in questi rari ecosistemi cittadini “protetti”, ma a quanto pare, per il popolo dei frequenta-parchi prevalgono le necessità ludiche sulle leggi e sul rispetto delle forme di vita, ritenendo che i girini siano stati messi là dal comune di Roma, apposta per far divertire i loro figli a costo zero.

Così nei fine settimana specialmente, molti villeggianti dotati di prole, arrivano a frotte e bivaccano intorno al piccolo lago del parco. Alcuni già attrezzati di tutto punto, con palette e retine professionali apposite per la raccolta, altri si adattano alla buona con ogni tipo di contenitore e stanno lì, tutti eccitati, a prelevare quella miriade di piccoli animaletti scuri con la codina scondizolante, che cercano inutilmente di sfuggire alla “mietitura”. E li raccolgono diligentemente fra urla e gridolini sotto lo sguardo vigile e compiaciuto dei genitori, li trasportano sui prati, li mostrano ad amichetti e genitori facendoli cadere sui prati. Mentre i più disinvolti li prendono per la codina e li esaminano divincolarsi, altri meno coraggiosi, sono presi da un moto di ribrezzo per quei viscidi piccoli esseri e con urla e movimenti inconsulti li fanno saltare per aria o li sbattono per terra nell’erba o tra i sassi, dove le loro aspirazioni metamorfiche subiscono una prematura e infausta fine .

A volte ho visto alcune di queste allegre famigle portarsi via i contenitori con i girini dentro, non si sa per quale uso, forse per darli in pasto al loro squalo domestico contenuto nell’acquario tropicale del salone. Un padre di una famiglia turistica che ne stava raccogliendo un cospicuo numero nel contenitore della pasta, al quale rimproveravo l’arbitrio cercando di fargli capire che non aveva nessun diritto di prelevare  girini sia per le leggi  che ragioni etiche, ma lui mi disse voleva portarseli nella loro dimora bolognese per mostrare ai loro figli “de visu” il miracoloso svolgersi della metamorfosi. Quale encomiabile intento educativo il primo insegnamento che dava ai suoi figli era l’appropriazione indebita o per meglio dire insegnava loro a rubare! In un altro lago ancora, più grande, quello di Bracciano, ho visto anche bambini molto più cresciuti, a ridosso del diploma di maturità, prelevare piccoli granchi dagli scogli vicino alla riva e giustificarsi dicendo che li avrebbero messi nel loro acquario tropicale marino. Ma come, sono granchi di acqua dolce e zone mediterranee e li mettono in un acquario tropicale e per giunta marino? Ma non si studiano nelle scuole, materie vagamente scientifiche o questa promettente gioventù non guarda di tanto in tanto la TV, che qualche pillola di conoscenza la elargisce ogni tanto? Queste attitudini non sono solo un problema di cultura o etica, ma rivelano anche un evidente vuoto di capacità intellettiva.

Ma la cosa peggiore l’ho vista casualmente un paio di settimane fa. Avevo appena iniziato la mia passeggiata nel parco quando, come era prevedibile ad ogni primavera, ho visto da lontano lo svolgersi della sagra e quindi a rischio della mia incolumità personale, considerando alcuni atteggiamenti minacciosi subiti altre volte da nerboruti genitori, mi sono comunque diretto verso il laghetto per protestare, solo cercando di suscitare qualche sentimento di compassionevole consapevolezza in quel nutrito popolo fautore della barbarica attività.

Avvicinandomi al gruppo più folto di villeggianti, composto da tre virgola quattro madri, moltiplicate per sei bambini di tutte le età, ho visto veramente l’orrore materializzarsi di fronte ai miei occhi: si era in fase finale dell’appassionante gioco e una delle madri, toglieva il grosso bicchiere dalle mani della bambina più grande e così com’era, colmo di girini e senza misericordia, lo stava gettando diligentemente nel secchio dei rifiuti, nonostante l’acqua del laghetto fosse molto più vicina a lei di quel contenitore.

In questo caso, il mio intervento verbale di riprovazione per il gesto, fece sì che quegli animaletti sopravvivessero forse un po’ più a lungo, ma considerata l’estensione delle giornate primaverili nei fine settimana si può statisticamente immaginare che queste azioni siano nella consuetudine e che a tentare di impedirle non ho mai visto nessuno.

Non racconto queste cose per suscitare qualche barlume di coscienza in coloro che interpretano la frequenza dei luoghi naturali in questi modi. Essi comunque trasferiscono ai loro figli quella morale distorta che alla fine non gli sarà utile per affrontare onestamente gli eventi della vita. La morale che insegna che tutto quello che ci fa comodo è lecito perché la mamma e il papà così hanno affermato con la loro condiscendenza, che si possono disprezzare e maltrattare le altre forme di vita e che porta in sé i semi negativi che prima o poi si possono manifestare in altri modi e su altri soggetti. Infatti, chi stabilisce classifiche arbitrarie tra vita e vita, come vite inferiori e vite superiori, è molto probabile che in certe condizioni, applicherà questo deforme principio anche contro i soggetti della propria specie, diventando nocivo agli individui e alla società tutta.

Scrivo invece per risvegliare l’attenzione degli organi istituzionali di polizia municipale e della salvaguardia ambientale a prendere provvedimenti solleciti ed efficaci per prevenire queste azioni e dare consistenza e attuazione alle regole e leggi stabilite che definiscono i maltrattamenti, la tortura e l’uccisione degli animali, un preciso reato, oltre alla tutela e rispetto di un parco pubblico.

Non è possibile che questi sparuti ecosistemi protetti siano lasciati in balìa di una barbarie domestica incontrollata che insieme ad essi, demolisce anche il senso del rispetto delle regole.

Se il laghetto del parco è un presidio naturale protetto, allora non si dovrebbe consentire nemmeno l’eccessivo affollamento presso le rive, che disturba e allontana gli animali che vi stanziano, le anatre ad esempio, non si vedono sostare nel lago quando la folla diviene troppo rumorosa e invadente. Ho assistito una volta a cani da caccia lasciati liberi di tuffarsi nel lago e che cercavano di catturare le anatre, inseguendole nell’acqua.

Stessa annotazione per i cani di media e grossa taglia lasciati liberi di scorrazzare in barba ai divieti e che inseguono i gatti delle colonie feline legali del parco e che forse ora non esistono più. E infatti le persone autorizzate o dedite alla loro nutrizione hanno riportato varie sparizioni specialmente di gatti giovani o ancora cuccioli. Esistono dei cartelli che indicano alcune zone delimitate e escluse dalle attività ludiche che sono totalmente ignorati, così come per il rispetto delle piante, si vedono addirittura gruppi di persone che raccolgono erbe come se fosse campagna aperta. Credo che se un cartello che indica un divieto viene considerato puramente simbolico e decorativo, allora sarebbe meglio toglierlo, per non abituare chiunque a non rispettare nessun avviso.

Faccio un appello quindi, non solo personale, ma richiesto da altri numerosi frequentatori virtuosi del parco, di controllare e far rispettare le leggi. Propongo inoltre di apporre dei chiarissimi avvisi ai margini dei laghi per vietare queste attività devastanti per la stabilità biologica degli ecosistemi indicando chiaramente anche le sanzioni previste.

Un parco dovrebbe essere un’oasi di vita naturale in mezzo alla giungla di cemento e smog. Dovrebbe rappresentare una risorsa e un rifugio per animali altrimenti condannati a perire e una risorsa culturale per le persone grandi o piccole che desiderino frequentarlo non solo per il fitness, il gioco del pallone e le esigenze canine, ma per osservare e vivere da vicino un bene che sta diventando sempre più piccolo, raro e prezioso, un Parco della Vita vera, non un parco del divertimento.

Inoltre nell’estate incipiente, ad ogni massacro di girini, corrisponderà un incremento notevole del numero di zanzare (tigre specialmente), ad allietare le nostre case e luoghi vari e i comuni forse spenderanno un sacco di soldi per effettuare inutili, quanto devastanti disinfestazioni, per gli ecosistemi e la nostra salute, per eliminare poche zanzare e al tempo stesso sterminare i loro naturali antagonisti e predatori come ragni, lumache e appunto, girini e rane.

Il Rosso dei Papaveri

A Poem, based on a real filmed event of a couple of years ago, when a bull was able to jump over the fences trying helplessly to reach his freedom.

HO SOGNATO IL TORO NEI PRATI LIBERI DEL CIELO, MACCHIATI SOLO
DAL ROSSO DEI PAPAVERI, E NON DEL SANGUE…bull177

I dreamed the Bull in the free fields of the sky, where the only red color
was not from his blood, but the poppies…

Ho visto il Toro scavalcare lo steccato e arrampicarsi sugli spalti
 
ho visto la sua dignità, la sua anima, nell’anelito di libertà.
 
Ho visto fantasmi sui palchi ebbri di sangue vermiglio
 
fuggire da vili all’impeto del coraggio e della ribellione.
 
Ho visto poi il Toro arrancare nella gabbia di panche
 
troppo intricate imprigionando impietose le possenti zampe
 
sul crinale di colle proibito, inaccessibile per lui.
 
Oltre l’arena infame forse erano liberi ma irraggiungibili
 
i prati liberi di verde e del solo rosso dei papaveri illuminati,
 
ma all’interno del festoso cerchio mortale
 
solo un sole di sangue bagnava la sabbia di grumi sinistri,
 
calpestata da demoniache presenze sui costretti cavalli
 
scatenate per fornire i tormenti delle lance e dei pungoli, forgiati
 
nelle fucine d’inferno, ed eroi fantocci ricoperti dalla gloria del nulla,
 
mentre dagli spalti e dai banchi ondate di perverso clamore
 
e urla di piacere ad ogni colpo di pungolo e di sangue sprizzato.
 
“Breaking news!: dramma sfiorato, nessun ucciso, nessun ferito,
 
nessuno”. Dunque il Toro è nessuno? Solo sangue e spettacolo.
 
IL SOGNO
 
Ma più tardi, la realtà di una cronaca confluisce in un sogno
 
e io ho sognato il Toro, umiliato ma grande, l’ho sognato morire
 
ed il suo corpo esplodere in mille getti di sangue
 
che si riversavano su ogni spalto della cerchia infame
 
gremita da volti piccoli e grandi, bocche bavose e braccia esultanti,
 
occhi ebbri di scherno del dolore inflitto a intervalli di morte
 
e di sadica voluttà nel vedere la forza privata pezzo a pezzo
 
dal nobile corpo costretto alla furia, del possente e indifeso Toro.
 
Spettatori gaudenti del male, frementi dalla bramosia del sangue,
 
e il sangue ricadeva su loro e tutti cercavano di coprirsi
 
e ancora dimenandosi volevano farlo scorrere via
 
ma il rosso fluido restava sempre a coprirli
 
a macchiare vestiti, corpi e volti e non si levava
 
continuando a fluire dal Toro ribelle, squartato tra i sedili.
 
Fiumi di rosso continuavano a uscire come soffi di vulcano
 
schizzando in alto, eruttando fiotti di lava rubino
 
che colmava gli spalti scendendo in rivoli e torrenti
 
trascinando nei gorghi e in fondo tutta la folla
 
che adesso più non rideva del sangue e travolta,
 
alla fine affondava nella marea rossa spenta di urla,
 
mentre ormai nel centro dell’arena già colma,
 
altre mille bocche si aprivano del sangue
 
dei mille e mille Tori uccisi nel tempo.
 
Ma i sogni sono solo sogni e tutto questo non accade e non avverrà.
 
non in questo modo, non in questo tempo almeno.
 
Tutti i Tori incolpevoli sono morti così, trafitti e smembrati,
 
uccisi già moribondi e stremati, da spade vigliacche,
 
uccisi due, tre, cento volte e solo per gioco,
 
costretti alla rabbia dai giocolieri di morte,
 
dai mille anni prima e forse ai mille futuri,
 
finché gli occhi umani avranno piacere guardando la morte degli altri.
 
Ma il diluvio del sangue non è un sogno, né un’illusione
 
è l’orrenda, continua realtà, in quella ed altre piazze,
 
così, mentre l’anima dei Tori sale libera nei prati verdi del cielo,
 
qualcosa davvero affonda e si perde per sempre nel sangue delle arene:
 
Le anime spente di chi ha soffocato e tolto alla vita il diritto.
 
Le anime di quelli che hanno goduto vedendo il sangue
 
sgorgare caldo, fumante, dalle narici e dal corpo generoso,
 
e alla fine credono di uscire soddisfatti e indenni dall’atroce scena
 
pronti ad altri giochi e con i loro corpi e vestiti puliti.
 
Ma sono le loro anime ad essersi sporcate, risucchiate nei torrenti
 
e nei gorghi dell’infame gioco e di qualunque altro sangue
 
e così si avviano, sazi del dolore altrui, senza nemmeno sapere
 
di aver lasciato le loro spente anime spente
 
nel sangue dell’arena a imputridire.
 
ennio forina 2018

Le Radici del Male

È il delirio di onnipotenza insieme al vuoto dell’anima. È una combinazione distruttiva, come quando si mettono insieme due elementi da soli apparentemente inerti, ma misti fra loro diventano devastanti.

Il delirio di onnipotenza deriva dall’invidia. Distruggere la felicità di vivere che non si ha dentro di sé. La formula è: “Come fai tu Cervo, Lepre, Lupo, Orso, ad essere così contento di essere vivo mentre io ho noia e non so che fare con me stesso? Quindi ti devo distruggere perché non posso sopportare che tu sia felice se io non lo sono“. Questo è il meccanismo generale anche se, chi va a caccia non se ne rende nemmeno conto razionalmente. Seguono una pulsione elementare che deriva anche da memorie genetiche.
Essi non sopportano il loro vuoto e la loro noia e pensano di essere vivi avendo il potere di sopprimere la vita e la felicità di vivere degli altri. È la storia emblematica del Lupo e l’Agnello, dove Il Lupo/Uomo cerca tutte le scuse per mangiare l’agnello anche se non ha fame. È l’invidia della strega cattiva che avvelena Biancaneve perché non sopporta la sua dolce bellezza e di cui lei non è dotata.

È la storia di quei bambini, spesso impropriamente definiti “angioletti” che dimostrano da piccolissimi caratteristiche di prepotenza e crudeltà e se hanno fra le mani un animaletto o un giocattolo che non sanno far funzionare, lo distruggono. E se il giocattolo che non sanno far funzionare è la vita essi distruggono la vita. Gli altri animali non fanno questo perché non hanno invidia e non soffrono di vuoto esistenziale né di noia,. Quando e se uccidono raramente senza reale necessità lo fanno o per difendersi o per tenersi in allenamento come predatori perché la loro sopravvivenza dipende dalla loro capacità di catturare le prede.

IL DECIMO CERCHIO – L’Oro Rosso

IL DECIMO CERCHIO – L’Oro Rosso
Un’amica mi dice che una nuova coscienza del rispetto del mondo vivente sta sviluppandosi nel mondo degli umani. Purtroppo non è così. È aumentata la visibilità di quelli che si oppongono al macello globale grazie ad internet e anche perché il macello globale ha raggiunto tali dimensioni mostruose da non poter essere più nascosto e ignorato. Al macello industriale si aggiunge il sempiterno macello locale e rituale, quello delle sagre e delle religioni. Ormai il macello è per le strade, c’è nei cortili delle città italiane, dove si scannano animali fatti nascere appositamente per motivi rituali- religiosi che si aggiungono alle esecuzioni che già facciamo noi da sempre, mentre dall’altra parte del mondo non sono da meno per tradizioni insulse, per spettacoli e sempre per motivi religiosi come le decapitazioni in massa di capre, giumente e pecore per ingraziarsi gli dei locali. Le dimensioni degli allevamenti industriali sono così immense che sono state rase al suolo foreste intere tagliando milioni di alberi per far posto alla domanda ed alla “offerta” di carne in tutto il mondo.
 
Mai come in questa era gli animali e le piante hanno subito la malvagità umana in tale misura e con i metodi perversi che oggi si usano. Quanti esempi, si possono trovare in internet, di questa demoniaca realtà? Gli sterminati campi di scatole dove mantengono per poche settimane in vita i vitelli strappati alle loro madri, impedendo loro di vedere persino la luce del sole, per far diventare la loro carne più bianca, i trita-pulcini maschi negli allevamenti di galline ovaiole, le centinaia e centinaia di migliaia di maialini fatti nascere in eccesso, ammucchiati in cumuli di carne e ancora vivi gettati nelle fosse e seppelliti, gli interminabili massacri di cetacei, balene e delfini, reti da pesca lunghe decine di km e le preziose pellicce, simulacri inconfutabili della stupidità quanto della cattiveria umana, e quelle di gatti, cani ed altri animali meno domestici, costretti in prigionie orrende, scuoiati e bolliti vivi come cibo e per fare quegli stupidi e inutili orpelli di pelliccia che ornano i colli delle giacche di metà della altrettanto stupida e insensibile popolazione del mondo occidentale, senza che vi sia una minima volontà di chiedersi cosa comporta l’acquisto di questi indumenti, e questa tremenda macchina industriale che usa gli esseri viventi come usa il petrolio, cioè come carburante per le attività umane, non si fermerà certo perché i pochi che hanno coscienza e senso del dolore altrui vorrebbero instaurare i buoni princìpi e promuovere la filosofia eccellente della frugalità, del cibo simbiotico, più confacente alla nostra fisiologia e nel rispetto della vita universale, né per le poche centinaia di persone compassionevoli sparse qui e là nel mondo, che fanno sentire vanamente le loro grida di dolore ricevendo solo gli sghignazzi delle industrie dei carnefici e dei cacciatori.
 
Le tre scimmiette ora possono vedere, ascoltare e parlare, ma nulla cambia lo stesso se non ai margini della realtà delle grandi masse di individui che continuano ad addensarsi ed a esigere di riempirsi bene le pance sul pianeta. Il cibo ha smesso di essere un nutrimento ed è diventato una fonte di piacere e di gratificazione superiore a quella della sessualità. Il cibo viene celebrato ed esaltato da tutti i pulpiti e in tutte le occasioni e la sessualità relegata in un ambito ristretto, problematico, inibito e distorto come tutto ciò di cui gli esseri umani si appropriano.
 
Le poche anime compassionevoli vorrebbero che tutto questo cessasse, ma spesso reagiscono in modo emotivo parlando dell’evidenza dell’anima negli animali ad animali che non hanno un’anima, cioè a coloro che trasformano il sangue in soldi. La società umana attuale ha una smisurata fame di energia e quella che proviene dagli animali è quella a più buon mercato e più profittevole, si rigenera da sola con qualche piccolo aiuto artificiale e biochimico.
La coscienza collettiva umana non vuole e non può fermare o rallentare tutto questo, quanti milioni e milioni di posti di lavoro si perderebbero senza prima convertire le industrie della predazione in industrie della collaborazione?
 
C’è solo la certezza, più che la speranza, che il sistema di equilibri che hanno generato il mondo vivente così da noi perturbato, collassi alla fine, trascinando anche noi nel disastro ambientale totale senza più possibilità di tornare indietro e allora i pochi rimasti della nostra infausta specie ricominceranno a scannarsi tra loro come si scannano in modo “incruento” i tifosi delle squadre di calcio, perché non avremo modificato la nostra natura e finora ci siamo solo dati delle regole per reprimere le nostre pulsioni di ferocia distruttiva non per evolverci a livelli davvero superiori.
 
Se fino ad ora non ci sono state altre guerre globali, ma solo locali, lo si deve non ad una maggiore saggezza acquisita dal genere umano o a un cambiamento in meglio della sua natura, ma a due fattori incidenti: la consapevolezza di un olocausto nucleare e forse ancora di più al fatto la tecnologia applicata alle industrie alimentari, agli allevamenti, alla pesca, all’agricoltura e alle leggi, che hanno tolto ogni diritto al mondo vivente ed hanno concesso a noi ogni licenza, generando sovrabbondanza di cibo per tutti, il mondo non ha più fame, fino a che questa globale estorsione si potrà attuare, perché la società umana ha già iniziato a divorare se stessa.
 
ennio forina 2018

“Fatti non furon per viver da Giullari“

Animali nei circhi.

Se il sommo poeta decretava per gli umani “fatti non foste per viver come bruti”, qualcuno mi dica in quali parti delle sacre scritture, – che poi sono sempre scritte da “sacre” umane mani -, si stabilisca che gli animali, “fatti furon per viver da giullari” a nostro e per nostro piacimento. Pur non avendo letto per intero l’antico testamento, penso che di sicuro una simile affermazione non sia in esso contemplata, si dà e non sempre, piena accettazione del fatto che gli animali possano essere scannati con disinvoltura per dare il sostentamento a questa nostra specie, tanto peccaminosa e indegna quanto prediletta chissà perché, dal creatore del “tutto”, o nei numerosi rituali tali e quali a quelli antichi e pagani che stabilivano che per ingraziarsi gli dei si doveva versare il sangue e le viscere degli animali più in salute.
Ma che differenza c’è tra la richiesta del sacrificio di una capra, per aver risparmiato il fanciullo Isacco, presumibilmente innocente di qualsiasi colpa, e l’offerta a Giove e alla sua pletora di cortigiani divini viziosi, collerici e invidiosi, del sangue sicuramente innocente, degli animali già sacrificati e ridotti in schiavitù per ricavarne cibo?

Mi sembra di ricordare che Gesù aprì con furia le gabbie degli animali che venivano venduti nel tempio di Gerusalemme e non mi sorprenderebbe che avesse gridato anche che Dio non aveva certamente bisogno del sangue delle sue creature, ma della sincerità dei buoni sentimenti dei singoli umani, poiché gli altri animali al contrario di noi, non conoscono la menzogna e l’ipocrisia e sono soltanto grati di aver ricevuto il dono della vita. Ma questo è un alto discorso, poiché quando nella storia si dice che Dio parla attraverso le umane bocche e scrive usando le umane mani, è ben difficile instaurare una conversazione dialettica che possa dare risultati confortanti, almeno per la mia povera mente indagatrice, così abituata alla logica delle evidenze e alla pura riflessione oggettiva.
Spesso, i miti e le saghe umane riflettono verità inequivocabili non già sul carattere e sulle volontà presunte dei presunti dei , ma su quelle particolari degli umani, e da questi “sacri” miti, sembrerebbe che l’animale umano avrebbe avuto il permesso di prendersi tutto, meno le mele di un singolo albero, ma come si sa, nemmeno questo tutto è mai stato sufficiente a soddisfare la sua innata e mai inibita voracità.

Ma torniamo al principio, accettato anche oggi, all’inizio di questo tecnologicamente sorprendente secondo millennio, che si definisce così evoluto ma che continua a rendere schiavi gli animali, come mai aveva fatto prima, e a forzare e distorcere la loro natura all’unico scopo di divertire i rampolli idioti di genitori altrettanto immersi nell’idiozia, incapaci di vedere la sofferenza celata dietro le quinte dello spettacolo e incapaci di provare quell’elevata qualità percettiva dell’anima, così rara in ogni epoca e ancora più rara oggi: la compassione.

Quale insegnamento didattico o etico un bambino può ricevere dal vedere la fierezza di una tigre ridursi a buffonate per evitare il bruciore della frusta o la certezza di ricevere poi un tocco di carne e un possente animale come un elefante genuflettersi per qualche nocciolina, dopo essere stato a lungo torturato con vari mezzi, e ambedue finire dopo lo spettacolo, nelle loro buie celle di clausura e follia, dove l’odore della jungla e il vento della savana non sono nemmeno ricordi? Cos’è dunque che manca in questi spettatori? Gli ammaestratori altro non sono che i sacerdoti del sacrificio della natura degli animali, non li uccidono con un colpo di daga, ma più lentamente con le catene e la frusta.

Non fanno altro che sacrificarli sull’altare del divertimento e del dileggio… e ci restano solo due possibilità per spiegare il fenomeno della blanda etica umana che permette questo scempio dell’anima e della dignità degli animali…o essi non sono compassionevoli e non sentono la loro sofferenza implicita nelle crudeli procedure di ammaestramento, o non sono intelligenti abbastanza da riconoscere la differenza fra la libertà della loro natura e l’orrore della loro schiavitù, ma io credo che ci sia una terza possibilità, quella più vera, e cioè che gli attori e gli spettatori che calpestano, deridono, vilipendono e distruggono la dignità e la vita degli animali con le fruste, con i pungoli, con le catene e infine con le risate, non hanno nessuna di queste due qualità evolute; né la compassione né l’intelligenza sufficiente per poter capire di essere “loro” stessi gli esecutori ed i mandanti di un persistente delitto contro natura e di conseguenza contro il “creato”, visto che un Creatore, alla fine sarebbe anche tutto ciò che esiste, ed ogni frammento, atomo, di questa realtà esistente è di fatto un frammento di creato e quindi di Creatore.

Il mondo vivente è permeato dalla crudeltà e dalla prepotenza dei predatori verso le loro prede, ma nessun altro animale fa schiavo e si prende gioco della sua preda, rapinandolo, oltre alla vita, anche della sua dignità esistenziale, nessuno, eccetto l’animale umano.

ennio forina 2018

Allo Stesso Modo…

Esiste una tremenda analogia

fra gli stupratori e gli assassini.

Qualunque sia il motivo

per cui feriscono qualsiasi essere vivente,

se per rapina o per odio,

per disprezzo o per profitto, per sport e per trofei,

tutte e due le categorie violano e uccidono

la libertà e i corpi di altri esseri viventi,

con la stessa prepotenza e la stessa malvagità.

Qualunque sia il mezzo con cui lo fanno.

ennio forina

We Were Witnesses

Motherly Love.jpg

Yes, my wife and I were witnesses of this miracle of motherly love, coming back from our holidays, a couple of blackbirds made the nest right in front of the window of our living room on the branch of a pine tree. At first, when we opened the window, they were very worried, but we tried not to scare them with awkward moves and so they soon felt reassured by our gentle behavior towards them. We had the privilege to see them taking care of the eggs first, then of the little ones, the male bird coming back and forth the nest, bringing food to his spouse incessantly, and delivering loud screams all around whenever a danger was in view. It was the end of summer and one afternoon a storm happened and hail poured violently down from the sky. Pine trees do not have leaves that can give enough cover from the falling rain so “she” the mother, stood on the nest above her cubs and opened her wings wrapping them around the nest to make like a shelter with her wings, thus offering her body as a shield and raising her beak straight toward the sky, in a way that the iced hail and the rain would slide away her body and feathers. Her mate too, didn’t even try to repair himself, but kept staying defiantly watching and protecting the nest on a branch right above it. Whenever I recall this scene, tears raise in my eyes. Although we didn’t need any proof of the sameness of the universal motherly love, but this is just one of the so many.

La Mente di Piombo

Neco, Ergo Sum.

Uccido, Quindi Sono.

Sembra che questo concetto rappresenti il pensiero il punto più alto in cui si spinge la mente dei cacciatori “sportivi”, di chi trova soddisfazione spezzando la vita di altre creature, lacerando i loro corpi e spezzando le loro famiglie e spargendo il terrore nelle campagne.

Il caldo è stato atroce per gli animali dei nostri esigui boschi, gli incendi degli umani li hanno decimati, uccisi ed hanno distrutto i loro rifugi e i loro nidi, non hanno acqua da bere per la siccità e quella poca che si trova è inquinata, sono stremati e affamati, in ritardo con i loro preparativi per l’autunno, e fra poco noi li aiuteremo a morire meglio con il piombo delle menti distruttive umane.

Quale scempio dei diritti universali della Vita! Quale orrore e vergogna insanabile per un gioco mortale chiamato sport, che segna col sangue i punti della vittoria!

Io sono un rinnegato di questa specie distruttrice e ingiusta. 

Mi coprirò di penne e di pelliccia, i miei occhi sapranno vedere nel buio, il mio olfatto diventerà più fine, la mia mente ancora più libera, dialogherò con gli alberi e accarezzerò le foglie e li aiuterò a propagarsi nei terreni che i loro semi non possono raggiungere.
Sarò amico dei serpenti e dei cinghiali, abbraccerò gli orsi e giocherò con i loro piccoli, chiamerò gli uccelli per cantare insieme a loro, poi starò seduto sulle rive di un torrente nel fruscio degli alberi e lascerò che il vento mi parli di una pace e di una speranza ancora lontane ma sicure e di giorni giusti, e parlerò ai popoli viventi che massacriamo e dirò loro: non disperate, non arrendetevi, finirà anche questo, ancora per poco, fino al calar del sole del giorno cosmico che ha visto il dominio umano sulla terra, fino a vederlo scomparire oltre le onde e i monti.
Poi mi immergerò nel sonno e in pace nella prima notte in questo mondo finalmente senza di noi, illuminata solo dalle stelle.

 

Perseverare Autem Diabolicum

Bestia umana

Dato l’imperversare da parte dei media e dei politici della indegna locuzione “trattati come bestie” riferendola ad umani che, sempre per cause umane, subiscono trattamenti di questo genere, sono costretto a pubblicare di nuovo il mio aforisma, sperando che serva a far riflettere qualcuno tra quelli che usano frequentemente questa analogia, senza minimamente rendersi conto del significato implicito e del messaggio culturale che ne deriva: Il trattamento “bestiale” riservato agli animali sarebbe giusto, ma non lo è per gli umani, quindi, stabilire che le bestie possono essere trattate male e che il trattamento a cui sono sottoposte è qualcosa di definitivo e immutabile, significa avallare e continuare la cultura dei trattamenti infami, riservati solo agli animali. Che fra l’altro, sarebbe un concetto contrario a quelle leggi “teoriche” che dalle nostre parti, non ammettono la crudeltà gratuita e non necessaria verso tutti gli animali. 

Stupisce, che quasi tutti quelli che hanno il privilegio di parlare dai pulpiti dei media sono anche dei super laureati con 110 e lode, si fanno chiamare dottori, – anche se non ho mai capito cosa possano insegnare,-  ma non arrivano a capire che le parole generano cultura e dalla cultura derivano i comportamenti collettivi. Quindi, se è comunemente accettato che gli umani non debbano mai essere trattati come bestie è altrettanto ammesso che per le bestie quel trattamento sia normale e attuabile e di conseguenza la politica non sentirà mai il bisogno di emanare leggi per abolire i trattamenti “bestiali”, gli allevatori avranno il permesso legale e culturale di maltrattare gli animali come vogliono e i bambini che imparano questo linguaggio continueranno a pensare che la vita animale è una vita inferiore, senza valore e senza sentimenti e può essere avvilita e annientata a nostro piacimento.

Oggi abbiamo finalmente capito che il colore della pelle e le forme del viso, non distinguono gli esseri umani in soggetti inferiori e superiori ma solo “temporaneamente” diversi nelle loro forme. Ma, riguardo agli altri animali, la nostra superiore etica si ferma ai confini delle differenze di forma, ignorando il fatto che anche i nostri progenitori nuotavano come pesciolini e progressivamente avevano acquisito quattro zampe, una pelliccia e una bella coda per abitare sugli alberi e nutrirsi di frutti in modi simbiotici. Oggi che siamo più evoluti e più intelligenti, continuiamo a perseverare in una analoga’’ideologia” razzista, applicandola ad altri esseri viventi, definendoli “vita animale” che abbiamo arbitrariamente classificato in specie diverse per comodità d’uso.

Facciamo crescere i cuccioli umani nella menzogna del perbenismo, mentre altrove nella larga parte del mondo si fanno partecipare agli orrendi massacri e alle uccisioni nei mattatoi rudimentali e nel ritualismo sanguinario definito tradizione e cultura. Da noi l’ipocrisia pervade e falsifica le informazioni che i piccoli umani ricevono da qualsiasi supporto mediatico e dai produttori di cibo animale. Così si mostrano mucche felici a pascolare nei clivi montani felici di donare il proprio latte e i propri corpi alle fameliche fauci umane, fanciulle avvenenti che sembrano tante Terese d’Avila berniniane, nell’atto di entrare in una profonda estasi sensuale mentre introducono fette di prosciutto nelle loro labbra tumultuose, e sorrisi sgargianti ovunque si consumi carne, che segnano l’apoteosi del cibo prodotto e generato proprio dai trattamenti bestiali, oggetto di queste considerazioni.

Altro che prati verdi, altro che felicità del sacrificio per il nostro benessere, altro che raggi di sole che baciano la pelle bagnata di vitelli e agnelli appena nati, altro che amorevoli effusioni delle madri che non riescono a dar loro nemmeno una piccola leccata e un sorso di latte materno. Vergogna!, Vergogna a tutti noi cuori di pietra e ipocriti.

Abbiamo costruito un mondo di falsità, di illusioni e di distorsioni che periodicamente causano i nostri rovinosi conflitti, ma che “continuamente” causano la sofferenza di tutto il mondo vivente. E i tribuni della plebe umana non si degnano di riflettere a fondo nemmeno su quello che dicono ripetendo fino alla nausea i nuovi stereotipi verbali del momento, fino a che sono così tanto sfruttati da tutti, che inevitabilmente si estinguono lasciando il posto ad un’altra nuova parola abbastanza versatile da poter essere infilata dappertutto nel vuoto frasario mediatico, per dare l’impressione che si stia dicendo qualcosa di sensato o minimamente logico e non di esercitare le mascelle e la lingua.

Adesso va di moda la “narrazione ” e tutti sono diventati narratori, anche se devono riferire quale colore di cravatta o acconciatura di capelli scelgono per la giornata. Ma ci sono stereotipi linguistici pericolosi e uno di questi è appunto il “trattamento bestiale” nonché la stessa definizione di “Bestie”. Concetti di cui forse non capiscono nemmeno il significato, perché non hanno mai imparato a riflettere profondamente sin da piccoli ma ad accettare supinamente quello che la cultura dominante imponeva di seguire, facendo rivoluzioni e sommosse,sporcando muri e rompendo vetrine, quando erano giovani, non per costruire una nuova morale più giusta e universale, ma per ricattare e chiedere più soldi alla “mamma stato” perché altrimenti, poverini, non sarebbero stati in grado di studiare, cosa che avviene anche adesso.

Io non sono un tribuno della plebe umana, sono un tribuno della vita universale, quindi sono un tribuno degli animali e lotterò fino all’ultimo respiro con le mie parole per il diritto di esistere liberi degli animali e la difesa della vita contro le parole che uccidono la vita.

ennio forina 

 

In Difesa dei Porci

27 LUGLIO 2013

Riflessioni sull’uso superficiale, inesatto e diseducativo dei termini.

  Pubblicato Sabato, 23 Marzo 2013 23:00 – noiroma.it

 Mai sottovalutare l’importanza delle parole e l’effettiva corrispondenza dei loro reali significati. L’uso arbitrario, distorto e falsificato contribuisce all’instaurazione di molte deformi culture popolari, cosa che purtroppo accade largamente sia nel mondo dell’informazione che in quello politico e di riflesso in tutto il panorama culturale della società umana. Sento ripetere in continuazione e francamente ormai con un senso di nausea crescente, i termini “maiale e porco” per definire qualcosa o qualcuno in senso estremamente dispregiativo e in questi ultimi anni abbiamo visto una recrudescenza del fenomeno con l’attribuzione indebita del termine “porcellum, porcata, maialata ecc.” per definire una legge elettorale poco limpida, più che stupida, come tante altre cose in questo paese, e che comunque non ha nulla a che vedere con questo intelligente, mite e simpatico mammifero ma è invece di umana fattura, creata, sviluppata e poi assimilata in questa veste dalla malleabile mente collettiva, oltre a tutti gli altri casi, nei quali gli insulti banali sostituiscono i concetti, le analisi e le idee importanti quando evidentemente mancano.

Come è possibile definire col nome di un animale, un complesso di regole e norme pertinenti alla competizione politica che niente ha a che vedere con la zoologia? Che attinenza può avere, quale contorta logica lessicale ed espressiva può giustificarlo? O forse è solo una ennesima trovata verbale fatta da personaggi che dovrebbero invece possedere le caratteristiche e le capacità necessarie per esprimere concetti più precisi e sopratutto utili alla risoluzione dei problemi. Purtroppo l’insulto banale e inappropriato, specialmente se non viene prontamente rettificato, diventa cultura e la cultura determina anche la legittimazione di comportamenti negativi e i loro conseguenti effetti finali. Così, la cultura “illuminata” di questa era, accetta supinamente il concetto che i maiali siano simbolicamente e materialmente così schifosi da poterne usare il nome, per analogia, con tutte le cose umane brutte, sessualmente perverse o disgustose. Quando sono vivi, ovviamente, anche se poi acquisiscono una dignità del tutto nuova dopo essere stati uccisi e macellati, diventando un “prodotto” prelibato ed altamente profittevole. Quale ingiustizia! Che scempio si fa della dignità di una creatura vivente e persino della cosiddetta intelligenza umana!

Gli indiani delle praterie americane, così come altre culture poco progredite, potevano insegnare molto a questo mondo moderno così disincantato e presuntuoso. Essi vedevano negli animali tutti, nei bisonti, il cui corpo forniva loro tutto il necessario alla sussistenza, creature da ammirare, al punto di cercare di assimilarne simbolicamente le capacità e la forza, indossando le loro corna, la pelliccia o le penne delle aquile attribuendosi i loro stessi nomi come vanto non come spregio. Li rispettavano, li ringraziavano di esistere e generalmente, non ne uccidevano più di quanti fosse strettamente necessario al momento del bisogno o dello scambio privato. Ma l’abuso del termine “porcata”, accompagnato dal solito ghigno sarcastico e riproposto di continuo, non è tanto riprovevole per il fasullo significato dispregiativo acquisito in secoli di incultura, tuttora vigente e comunemente accettato, ma per la voluta ignoranza della condizione terribile di questo povero animale. È impossibile che chi li usa con ironia e sarcasmo non conosca questa drammatica e ignobile realtà seminascosta dietro le quinte della vita pubblica, negli allevamenti e nelle industrie della macellazione. Se il maiale nella “vostra” struttura mentale risulta come un animale schifoso, indecente, lascivo e immondo, perché lo divorate? E perché oltre a renderlo schiavo, torturato e ucciso abusate anche della sua identità? Non avete paura come avviene nei costumi di altri popoli di venire contaminati mangiandolo?

Non so chi sia stato l’autore di questa geniale definizione da III elementare, di sicuro ha trovato molti estimatori che non vedono l’ora di riempire i vuoti delle loro stanche dichiarazioni inserendovi questo infelice termine. Quasi tutte le parti politiche, la corporazione dei media e infine il comune fattore della volontaria ignoranza popolare. Personalmente non avrei nessun problema a sentirmi definire “maiale” o “porco” perché sono abituato a dare importanza alla sostanza delle parole non alla loro forma – in questo caso arbitrariamente dispregiativa – mi vergogno molto più di essere definibile come “umano” e non vedo nulla in questo simpatico, intelligente, onesto e mite animale che possa per analogia costituire una offesa, o che possa offendere la Natura stessa che lo ha generato o persino quella Entità alla quale molti pensano di somigliare, che comunque lo avrebbe fatto esistere insieme a tutte le altre creature, ma sento il dovere di reagire al sentir ripetere queste stupide, impietose e sbagliate definizioni solo per colorire frasi e concetti altrettanto vacui.

Come possono tanti “dottori” della politica, insieme ai tanti “dottori” dell’informazione, continuare ad usare questa espressione lessicale ignobile solo per ottenere un effetto volgare e stereotipo che rivela, tra l’altro, l’incapacità immaginifica e linguistica di trovare parole più interessanti e originali e dimostrando di non conoscere affatto il significato dei termini o, peggio ancora, di esserne consapevoli con tutto quello che ciò implica ma senza provare nessun senso di vergogna o tardiva compassione. Dottori? Dottori in cosa, se non sanno assegnare ai termini il loro giusto riferimento sostanziale e non il senso comune, falso, volgare e supinamente accettato? Parlano come se fossero i tutori della morale pubblica o della buona informazione ma fanno uso di primitivi stereotipi e valori da medio evo dimostrando di essere ancora ad uno stadio di infantile e sciocca goliardia.

Occorre fare un esame di apprendimento e di coscienza e ricordare di nuovo che i “maiali” sono innanzitutto vittime di un olocausto immane e continuativo la cui entità si fa vigliaccamente finta di ignorare. L’orribile sfruttamento di questa – come di altre creature – renderebbe la specie umana passibile di una pena cosmica per l’efferatezza, la crudeltà non necessaria, per i modi, i termini e le ragioni e con l’aggiunta, infine, persino del disprezzo, insegnato e tramandato a figli e alunni. I maiali sono animali, cioè hanno un’anima, altrimenti non si chiamerebbero così e sono senzienti, tanto quanto qualsiasi altra creatura vivente e forse molto più della maggior parte degli umani. Inoltre, se proprio volete fare sarcasmo a spese di creature, vittime innocenti, per il loro aspetto, per il loro sudiciume in cui noi li costringiamo a stare, pensate forse di essere animali più gradevoli d’aspetto?

Nelle stesse condizioni, negli stessi luoghi ed in quegli spazi, anche gli umani sarebbero altrettanto sporchi e disgustosi e senza le strutture che aiutano a contenere a trasportarle via, le nostre scorie organiche sarebbero più rivoltanti di quelle dei maiali. È noto che le feci dei mangiatori di carne sono molto più maleodoranti di quelle degli animali vegetariani. E ancora, un semplice specchio può riflettere la nostra immagine fedelmente, basta fare la prova, senza la maschera dei vestiti, si possono anche lasciare addosso le cravatte rosse, verdi o blu a piacere, invito gli appartenenti alla Specie Superiore a misurarsi di fronte ad uno specchio e poi a farsi una bella risata sarcastica davanti alla loro stessa immagine. E anche per quelli che possono vantarsi ora di avere un “bell’aspetto”, non c’è da preoccuparsi, basterà aspettare solo qualche anno e sarà meglio mostrarlo in giro il meno possibile, che si abbia o meno la melma addosso.

Quello che è veramente rivoltante non è il termine di paragone arbitrario e inesatto che viene usato, ma i limiti delle menti imbottite di supponenza che impediscono di vedere la realtà tragica e ingiusta della quale siamo tutti responsabili in un modo o nell’altro, della quale si dovrebbe essere ben consapevoli, della quale bisognerebbe vergognarsi, ma che, ancor peggio, da molti non è ritenuta tale a tal punto da farne uso come materia di dileggio e disprezzo. Agli utilizzatori di questo tipo di insulti dico: o siete ignoranti in modo abissale o non avete la necessaria sensibilità per qualificarvi ad essere nei posti in cui siete o aspirate di essere. Per quello che si fa ai “luridi maiali” non basterebbe coprirsi il capo di cenere ma bisognerebbe farsi seppellire in essa, mentre voi invece giocate con la sofferenza di queste sfortunate creature, torturate e uccise a milioni e milioni, ogni giorno nel mondo, sopratutto per profitto e non per vera fame. Pensate che sia cosa da poco? Non lo è. Rivela i limiti della vostra prospettiva del mondo vivente di cui ahimè siete parte, ma si sa che non tutto ciò che è generato dalla e nella Natura, riesce bene.

Le parole possono fuorviare le azioni, le parole possono uccidere, gli insulti e il disprezzo conferiscono delle indicazioni che vengono recepite e accettate dalle menti più povere. Diventano insegnamento e luoghi comuni e gli insegnamenti diventano azioni. Così se un produttore o un manovale dell’industria degli allevamenti torturerà e tratterà con disprezzo gli animali prima di ucciderli, la responsabilità è anche di quelli che abusano del senso delle parole. Nelle legislazioni attuali non è più accettabile qualsiasi atteggiamento razzista o discriminatorio nei confronti di soggetti umani diversi. Essendo ormai stabilito che l’unica cosa che differenzia le tipologie di umani è la cultura e i vari aspetti di una cultura perché una cultura è costituita da più elementi, alcuni dei quali possono essere più o meno corretti oppure più o meno sbagliati.

Ma per quello che riguarda gli altri animali i tempi sono più che mai barbari, anzi, hanno subito con la tecnologia e l’aumento incontrollato della popolazione umana, una involuzione inversamente proporzionale all’evoluzione tecnologica che quasi sempre non ha niente a che vedere con l’evoluzione intellettiva ed etica. Il linguaggio non è solo una forma, dietro le parole vi sono i pensieri e le menti che le generano, ed è proprio questa cognizione che è e resta desolante. Vi sono molti tipi di intelligenze, – la capacità di usare strumenti tecnologici è quella più banale – ma la sensibilità è unica, esisteva fin dai primordi ed è stata il principale vettore della vera evoluzione intellettiva. Senza quella non c’è una vera evoluzione. L’unica cosa che differenzia un animale dall’animale umano è la sua forma esterna, per il resto, respira, vive e si accoppia e fa nascere dei cuccioli che ama, accudisce e protegge con lo stesso amore materno, con la stessa sensibilità che pervade l’universo della vita.

Ennio Romano Forina

“Quia Plus Valeo” – La legge del più forte.

Non esistono animali predatori

che uccidono altri animali

per ottenere una cosa diversa

dal corpo dell’animale stesso.

Solo gli animali umani uccidono su commissione

come dei sicari, per ricavare denaro

dai corpi degli animali uccisi.

Con quale coraggio e intelligenza

possiamo definirci moralmente superiori mentre 

facciamo le cose più odiose e distruttive?

In tutto il mondo vivente la pietà è un bene raro

ma la crudeltà è contenuta entro i limiti del necessario,

anche se vi sono specie che hanno alcuni 

comportamenti simili ai nostri, 

ma l’esercizio del nostro potere distruttivo e oppressivo

non conosce limiti e non è basato

sulla capacità di un pensiero superiore, 

ma sulla brutalità dell’azione

senza nessun tipo di pensiero.

 

ennio forina

Quando l’Anima Comincia a Morire

Non pubblico mai sui miei blog immagini e neanche una virgola che provenga da altre fonti e produzioni ma posso descrivere la foto che gira in internet e che mi ha spinto a scrivere questo commento. – È una foto davvero emblematica dove si vedono due bambini in perfetta tenuta da combattimento e armati rispettivamente con due sofisticatissimi fucili di precisione in posa orgogliosamente dietro a un mucchio di cadaveri di coyotes uccisi o forse lupi, di taglia piccola, ma questo non fa differenza -.
E allo stesso tempo ho risposto così ad un altro commento specifico nel quale veniva posta la domanda sulla nazionalità di questi due piccoli assassini, come se l’episodio fosse raro e  ascrivibile esclusivamente a un luogo particolare del pianeta.
– Sono progenie della specie umana ed è quanto basta. Tutti i popoli del mondo commettono atrocità verso gli esseri viventi che non possono difendersi e il confine fra la crudele necessità primordiale e il sadico piacere di distruggere è stato valicato ampiamente da tutte le culture a intervalli di tempo in misura maggiore o minore, verso una specie o l’altra ed è incontestabile che il mondo intero faccia consumo della immane sofferenza degli animali con la consapevolezza del male che questo consumo causa rendendo tutti noi assassini per procura, semplicemente usando i “prodotti” che causano e provengono da questo immane olocausto. Il mondo moderno non si chiede nemmeno se sia giusto o meno ma lo fa comunque solo perché ha il potere di farlo e non gli basta sapere che ormai non abbiamo più bisogno di nutrirci di animali né di rapinarli delle loro pelli o piume, abbiamo le capacità di sostituire tutto quanto dovevamo a volte utilizzare in passato per necessità di sopravvivenza perciò la nostra colpa è ancora più grave e ancora più indegna è la nostra presunzione di essere una specie superiore quando invece abbiamo generato forme di crudeltà che in natura non esistono e non sono mai esistite. Nessun animale per quanto spietato sia uccide per gioco e per sadismo o per vendere la morte in cambio di profitto. Penso che in questo caso gli animali uccisi siano coyotes, perciò la scena si svolge in America ma i veri cadaveri non sono i lupi o i coyotes ma questi due piccoli scarti dell’evoluzione protagonisti nella foto perché hanno nella loro volontà il marchio della distruzione e cresceranno con una parvenza di anima già putrefatta senza compassione e senza veri sentimenti, senza generosità e senza altruismo come due dei molti, tanti esemplari di una pessima umanità che avvelena questa specie che diventa ogni giorno più tossica per questo piccolo mondo.
C’è un momento della adolescenza in cui i ricordi genetici dei nostri ancestrali parenti diventati predatori riaffiorano sopratutto nei giovani maschi ma è quello il punto dove un individuo qualunque sia la sua età, deve fare la sua scelta evolutiva superando la condizione di brutalità primordiale e invece di fare il predatore ottuso e distruttivo seguire il percorso dei sentimenti e dell’amicizia universale con tutte le creature viventi. Ma dobbiamo constatare e ammettere che i bambini non sono angeli per il solo fatto di essere dei bambini e come gli adulti, possono essere generosi e sensibili o malvagi e distruttivi fin dall’inizio, perciò non vanno glorificati prima che si siano rivelate le loro inclinazioni, vanno certamente difesi, allevati con cura, ma indicando loro i percorsi evoluti e virtuosi dei sentimenti, dell’amicizia e del rispetto universale di tutti gli esseri viventi che se saranno da loro assimilati diventeranno un loro codice morale che verrà applicato beneficamente prima di tutto alla stessa umana società e non è neanche vero che non si rendano conto di quello che fanno, perché sono perfettamente coscienti dei loro impulsi, delle loro azioni e degli effetti che provocano sugli altri. L’educazione conta fino a un certo punto, se un cucciolo umano non vuole fare qualcosa sa, fin dai primi giorni di vita come rifiutarsi di farla, conosciamo bene il potere ricattatorio che gli infanti hanno sugli adulti e quasi tutto dipende dalla loro volontà e dalle loro inclinazioni. La realtà desolante che non si vuole ammettere  è che purtroppo “quasi sempre” i mostri adulti sono stati mostri anche da bambini.

ORO ROSSO

di Ennio Forina

Un fiume dilaga incessante nelle vene di questo magnifico pianeta azzurro tingendolo di rosso, è un fiume di sangue, il sangue dei suoi animali che viene versato senza sosta e senza limiti dalla specie più ingorda e predatrice che si sia mai generata in questo luogo del Cosmo: la specie umana, aggressiva, possessiva, conflittuale, distruttiva e folle che esprime la sua follia in modi orrendi ma a volte sorprendentemente in azioni nobili e generose. Tuttavia il mondo degli umani non si può dividere semplicemente come le pedine di una scacchiera in soggetti buoni e cattivi come si fa spesso, bensì in individui sensibili e altri che non lo sono e non vogliono esserlo. Ma anche la sensibilità non è uno stato esistenziale definitivo e occorre che sia nutrita costantemente dalla volontà dell’intelletto per evitare che le paure e le angosce nascoste nel profondo di noi stessi  impediscano le giuste riflessioni e rendano sopportabili le azioni più malvagie così come  rendere accettabili le fittizie categorie culturali che le giustificano.

Non esiste un popolo o una nazione di questo pianeta che in qualche segmento di tempo della propria storia non abbia commesso crimini orrendi dei quali nemmeno si vergogna, crimini verso altri popoli e verso soggetti della propria società e che, alternativamente non sia stato persecutore e altre volte vittima, ma tutti i popoli hanno sempre e continuamente commesso e commettono crimini inenarrabili verso il mondo animale.

“Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno mai, in nessuna occasione, osserva”, dice Sherlock Holmes al suo assistente Watson, ma ancora di più non c’è animale vivente che possa o voglia deformare e nascondere le evidenze più dell’animale umano. Già perché la specie umana è una specie animale, nonostante le varie pretese di tutte le religioni e anche del mondo scientifico e laico comunemente accettate, di collocarla comunque in qualche improbabile Olimpo abitato da semidei.
Saremmo quindi noi la specie eletta, un concetto tristemente affine a quello della razza superiore, sola ad avere un destino principe, sola ad essere fornita di una prerogativa e di una garanzia speciale di sopravvivenza oltre il mondo visibile. Da sempre gli “illuminati” custodi della scienza ufficiale hanno provato a comprendere e decifrare i segreti degli organismi viventi osservandone l’aspetto, giudicandoli secondo parametri antropomorfici e partendo dal presupposto che essi sono comunque attori solo per istinto, ma incapaci di pensare razionalmente e sentire emotivamente. Questi presupposti sono ancora operanti in larga misura tra i sapienti esponenti della scienza tanto quanto nella coscienza popolare diffusa e nella didattica elementare espressa dai media.
Quanto più poi un animale si comporta in modo servile e vagamente simile a quello umano tanto più viene gratificato con qualche blando attestato di intelligenza e ancora oggi gli stereotipi dei nomi di molti animali si usano per rappresentare i peggiori vizi umani e restano radicati nelle pigre coscienze collettive rivelando che ben poco progresso è stato fatto nella comprensione essenziale della vita sulla terra. Il proto-medico romano Galeno praticava disinvoltamente la vivisezione degli animali per capire i meccanismi vitali e le funzioni dei vari organi senza porsi problemi di etica o di compassione e nei secoli a seguire l’umanità non ha ancora smesso di giocherellare sadicamente con gli esseri viventi senza considerazione e senza pietà dimostrando di non possedere affatto la capacità tanto vantata di una superiore etica o dimostrando ancora più tristemente di inibirla per convenienza.
Se le culture religiose fondatrici delle attuali congregazioni “spirituali” hanno fatto nulla o poco per la conoscenza e l’evoluzione di un giusto rapporto con le altre creature viventi, ignorando il fatto che riferendosi ad un unico Creatore di tutti i mondi visibili e invisibili va da sé che quelli che vengono denominati animali in senso dispregiativo sono esseri generati da quello stesso Creatore e a Lui quindi altrettanto preziosi, anche la scienza laica ha dimostrato largamente la stessa ottusa miopia riservando alla specie umana un primato abusivo e lasciando che la morale comune così plagiata facesse scempio e strage di tutto il resto senza alcuna riflessione.
L’ “Agnello” sulla croce nell’ultimo sospiro di vita terrena invocava il Dio supplicando il perdono per i suoi assassini per non essere in grado di capire la gravità della loro azione ma in realtà essi erano perfettamente consapevoli di quello che stavano facendo come noi lo siamo di quello che accade negli allevamenti e nei mattatoi di tutto il mondo. Ma i tempi in cui la nebulosa ragione umana costruisce miti a sostegno delle proprie ambizioni predatorie e dominatrici non sono ancora finiti così la religione prima e la scienza poi, creano categorie mentali per sostenere la “moralità” della schiavitù, della tortura e dell’uccisione senza limiti degli animali. È cambiato qualcosa forse? Una piccola parte di soggetti umani particolarmente dotati di una sensibile intelligenza si impegna generosamente nella difesa dei diritti e della vita degli altri esseri viventi, ma la tecnologia applicata alla produzione alimentare ha generato una nuova deforme morale, una artefatta koinè sub-etica alla quale tutte le culture si attengono comodamente nonostante le differenze. Si dice per far mangiare i popoli affamati ma non è vero, i lager per gli animali esistono perché il loro sangue si tramuta in oro che poi è la principale e inesauribile fonte di energia e di denaro per le moltitudini umane e tutte le loro industrie. Oro rosso molto più profittevole dell’oro nero.
Altri, molti altri nel passato e ancora di più nel presente, continuano tranquillamente a rapinare gli animali delle loro vite nel modo brutale di sempre ma con molti più pretesti, facendoli protagonisti e vittime dei loro giochi “sportivi” di morte come dei loro conflitti e della loro vanità. Una ricerca scientifica obsoleta e fallace che sperimenta su loro ogni tipo di sostanza tossica, li sottopone a torture di ogni genere e intensità, alle radiazioni più nocive, alla dissezione in vivo dei loro cervelli, tutto nella asettica realtà delle sale santificate della mitica e sacra“ricerca” nei numerosi laboratori della vivisezione sparsi nel mondo che funzionano sopratutto in nome del profitto e senza limitazioni istituzionali riguardo la sofferenza a cui sono sottoposti gli animali, per pura didattica finanziata o peggio – nonostante vi siano nuovi, più affidabili e promettenti metodi di indagine e sperimentazione – spesso ripetendo esperimenti già eseguiti all’infinito e i cui dati sono stati già elaborati e acquisiti nella conoscenza medica effettuati su organismi comunque molto diversi dai nostri e quindi anche poco attendibili.
Quale ipocrisia sostenere la validità di questi arcaici e barbarici strumenti di conoscenza e allo stesso tempo promuovere qualche blando atteggiamento compassionevole verso solo alcune di queste vittime. Come se nei lager nazisti ci fossero stati degli incaricati per dare carezze e far giocare i bambini prima di asfissiarli nelle camere a gas. Nei molti, grandi allevamenti-lager di tutto il mondo si “lavorano” e vengono ammazzati maiali e polli a milioni ogni giorno. Che tipo di cure e dolce morte si può pensare che questi esseri viventi possano ricevere da una industria della carne così feroce e ingorda? Le industrie alimentari mostrano nelle loro comunicazioni pubblicitarie le loro vittime in atteggiamenti felici su improbabili prati verdi bagnati dal sole, mucche felici di donare le loro carni, maiali contenti di elargire i loro prosciutti e ai pargoli umani si insegna che non è vietato distorcere la realtà quando fa comodo, che l’ipocrisia è una convenienza comune mentre il realismo e la sincerità sono degli optional. Si dice spesso che questo è quanto accade in Natura e dunque non facciamo altro che seguire le regole naturali. È vero solo in parte e se anche fosse non abbiamo noi sedicente specie evoluta superato le “bestie” e la natura selvaggia e stabilito comportamenti e princìpi esistenziali di più alto livello? L’amore altruista, la compassione e la pietà non sono forse prerogative della specie umana? E la capacità di distinguere fra il bene e il male? Ciò che è  giusto e ciò che non lo è?
La Natura non stabilisce regole e non codifica leggi altrimenti non potrebbe essere così varia e creativa e non potrebbe evolversi ma lascia che gli organismi inventino da sé molte e diverse risposte e soluzioni al problema della sopravvivenza e se è vero che noi siamo così intelligenti e così eticamente superiori dovremmo saper scegliere fra i vari, incruenti metodi che nella Natura sono già stati realizzati e utilizzati, come i vari tipi di mirabili simbiosi. La specie umana non ha inventato lo scambio di merci, largamente praticato nelle relazioni animali e vegetali da milioni di anni. Perché noi dovremmo comportarci da predatori quando i nostri corpi rivelano inequivocabilmente una vocazione diversa? Eravamo da sempre raccoglitori di bacche e frutti sviluppando in modo eccellente la tecnologia delle mani e questo ha anche favorito la costruzione di linguaggi più articolati e complessi e di primitivi sistemi di calcolo. Altri organismi si sono specializzati in modi che consentono loro di essere quello che sono e di sopravvivere in virtù di quello che i loro strumenti possono procurargli. Così essi hanno zanne e artigli anziché denti e unghie, corrono veloci, volano o nuotano in miriadi di variazioni.
La nostra struttura morfologica e organica non è quella di un predatore carnivoro, il nostro intestino è troppo lungo e le carni ingerite sostano molto tempo tra le sue pieghe tortuose rilasciando pericolose sostanze, tutto l’apparato digerente fatica a metabolizzare la carne e deve subire l’azione deleteria e prolungata dei grassi saturi e ora anche di molte pericolose sostanze inquinanti aggiunte. Ogni serio nutrizionista avverte spesso dei rischi legati al consumo eccessivo di carne invitando comunque a una associazione alimentare costituita da dosi abbondanti di verdure, legumi, frutta e semi. La nostra dentatura è inadatta a lacerare la carne a parte la presenza di modesti canini generati dall’ultima glaciazione che costrinse gli umani a cibarsi di animali morti o uccisi per mancanza di vegetali e a conciare le pelli con i denti per difendersi dal freddo, trasmettendo così ai discendenti quelle caratteristiche. Le nostre mani non sono adatte ad afferrare le prede vive, corriamo troppo lentamente anche per una semplice lucertola. Le nostre zanne e i nostri artigli ausiliari sono costituiti da sassi, frecce, coltelli e forchette e senza il fuoco per cucinare, sarebbe davvero difficile continuare ad essere carnivori.
Ma l’aspetto più sconcertante di questa società umana attuale è il suo mai dismesso antropocentrismo, che altro non è che l’estensione dell’ottuso pensiero tolemaico. Da qualche tempo non si può più negare che la Terra sia un semplice suddito del Sole e che lo stesso sole, a sua volta condizionato da altre forze cosmiche compie complicate evoluzioni come gli altri colleghi del sistema planetario e non viceversa, ma non si è ancora smesso di riservare alla specie umana la posizione centrale di dominio e predilezione rispetto alle altre forme viventi. La cultura attuale è schiacciata dalle ganasce di una tenaglia di cui una  rappresenta una religione che si potrebbe definire razional-mitologica e oggi ha accettato con disinvoltura di utilizzare senza problemi le evidenze scientifiche quasi sempre contrastanti le certezze del mito e l’altra  ganascia è ancora figlia di un illuminismo miope, tecno-verso, cartesiano e grettamente relativista rappresentante e complice del più potente motore di questa immensa macchina tecnologica e finanziaria che domina il mondo regolandolo a sua discrezione attiguo e conforme allo spiritualismo miope e antropocentrico di molte religioni. È molto comodo e conveniente continuare ad attenersi all’assioma dell’uomo come essere”sacro” per le religioni e superiore per la scienza relegando gli altri esseri viventi dominati e vinti il ruolo di  risorse per volere di Dio o dello Stato.
Non inventavano ragioni simili per giustificare lo schiavismo? I popoli appartenenti a razze ritenute inferiori dovevano sottostare a quelli di razze ritenute superiori e si negava persino che avessero un’anima. Almeno nel lontano passato non giustificavano con false motivazioni questa orribile realtà quelli che perdevano la guerra diventavano schiavi, come regola del gioco per diritto di predazione ma non si metteva in dubbio la loro identità umana anzi, spesso i vinti asserviti di paesi diversi erano molto più colti e progrediti dei loro vincitori e diventavano tutori, insegnanti e consiglieri dei loro”padroni” “Graecia capta ferum victorem cepit”.
Sento spesso definire gli animali come una “risorsa per la fame nel mondo”, altri come fastidiosi o nocivi da eliminare totalmente e quelli più simpatici e addomesticabili come “risorsa affettiva”, il tutto senza chiedere la loro approvazione ma senza il rispetto e il profondo e sincero moto dell’anima la relazione con gli animali non porta alcun vantaggio e chi ha davvero la capacità di essere “toccato” dall’intelligenza, dalla sensibilità e dal ricambio di adamantina, sincera affettività che sopratutto loro sono in grado di dare non può ignorare l’intelligenza e la sensibilità anche di tutti gli altri a noi meno graditi. Gesù Cristo riusciva ad amare i ladri e gli assassini ma non sopportava gli ipocriti e l’ipocrisia è una prerogativa esclusiva della specie umana insieme al sadismo e gli altri animali non sono mai ipocriti per questo molte persone sono attratte dalla sincerità di un rapporto affettivo con loro molto più gratificante di quello fra soggetti della propria specie. Quelli che giocano alla guerra sentendosi padri – eterni perché spappolano gli uccellini con potentissime armi da fuoco non capiscono che a ogni colpo e animale fatto a pezzi, anche la loro possibilità di elevarsi a livelli superiori si perde in frammenti del nulla e poiché non esiste pena più grande, dolorosa e insanabile del rimorso, nel caso in cui un giorno acquisissero coscienza degli inutili e dolorosi massacri si renderebbero conto di essere gli unici fautori del loro personale inferno.
Affermare che gli animali sono esseri viventi ma che in realtà non amano e non soffrono come noi, rivela menti dal pensiero circoscritto, abilitate a valutare e gestire banalità e sentimenti rudimentali. Così come le grandi religioni hanno assimilato comodamente le usanze barbare e ottuse dei tempi precedenti continuando a scannare agnelli e cuccioli per tradizione e per far festa, anche adesso, che siamo così progrediti, il tessuto e le corporazioni scientifiche e commerciali depredano la vita trasformandola in un oggetto e da lì a “prodotto” così che consumatori superficiali e apparentemente inconsapevoli possono utilizzare come cibo i corpi fatti a pezzi degli animali chiamandoli con altri nomi. Se non si deve seguire il processo intero del “prodotto” finale messo in vendita è più facile metabolizzarlo in modo diverso prima ancora di averlo masticato e digerito.
Questo implica il fatto che la realtà degli infami allevamenti e delle brutali esecuzioni degli animali resti totalmente occulta e ignorata. La scusa che la necessità di sfamare i popoli sia prioritaria ma su questa ragione si aggiunge anche la tanto ricercata gratificazione del senso del gusto che ha un alto valore di mercato e giustifica tutti gli eccessi e gli sprechi di vite, la conseguenza è che in nome di ciò che è necessario si avvia una industria globale che supera enormemente sia il fabbisogno “necessario” che lo spreco del cibo che definirei “ludico” mettendo in moto un enorme motore industriale globale che gira solo in nome del profitto ad ogni costo dai piccoli mattatoi dei nuclei famigliari alle gigantesche macchine di macellazione di massa che le industrie hanno saputo realizzare determinando un aumento esponenziale dello sfruttamento degli esseri viventi e il peggioramento della condizione già tragica negli allevamenti e nei mattatoi tradizionali. Più volte ho cercato di esprimere a voce alta il concetto che i crimini sono composti da due elementi: gli esecutori e i mandanti, i veri, principali responsabili delle droghe che nebulizzano le menti sono innanzitutto i mandanti poi gli esecutori e i mandanti non sono altro che i consumatori.  Lo stesso si può dire della grande industria alimentare, senza dimenticare quello che avviene in tutte quelle micro – fattorie della morte dove gli animali secondo le varie culture vengono maltrattati e uccisi con una varietà enciclopedica di modi. Questa è davvero la realtà, molte persone pensano che gli animali se la passino meglio che in passato perché ce ne sono alcuni milioni che diventano parte delle famiglie umane ma questo spiraglio luminescente di conoscenza, compassione e affetto non ha nessun effetto per fermare il diluvio di sangue degli animali che scorre incessante nel mondo. Non c’è mai stato nella storia degli umanità un impatto peggiore sul mondo vivente di quello attuale. Non penso che lo stato delle cose possa cambiare nel prossimo futuro né in quello più lontano per una nostra nuova acquisizione di coscienza o reale senso di giustizia. Gli obiettivi e gli sforzi pur nobili delle migliori associazioni animaliste e delle poche leggi di tutela degli stati meno barbari sono ben poca cosa rispetto alla dimensione del massacro.
Queste riflessioni sono l’espressione di un pensiero indipendente perciò non assimilabile a nessuna associazione animalista, chi coltiva la sensibilità cercando al tempo stesso la ragione delle cose non appartiene a nessuna categoria. I falsi filosofi e i falsi scienziati si inseriscono nei recinti comodi delle aggregazioni e delle corporazioni, orientano le loro valutazioni secondo la parte politica nella quale si sono inseriti, diventano seguaci di correnti di pensiero che ignorano ciò che è al di fuori dei loro interessi.

In conclusione cari nutrizionisti video-immanenti di regime, le vostre supponenti, pedanti, suadenti e paternali dichiarazioni sul rapporto popolo umano-animali a volte elargisce qualche misera concessione ai diritti degli animali per non parlare del loro benessere ciò che in altri termini si potrebbe definire una formale elemosina di comprensione per lo stato delle cose auspicando una utopica, umana sensibilità e attenzione anche per gli animali da macello (quali?) – giusto per migliorare un tantino le loro condizioni senza rinunciare alle nostre sacre necessità.
Certamente dopo i vostri interventi di buona alimentazione seguiti , gli allevatori, i produttori di latte e di uova investiranno un sacco di soldi per ristrutturare le stalle, faranno uscire le mucche dalle gabbie melmose liberandole dalle catene, lasceranno che i vitelli passino sei mesi con le loro madri prima di scannarli per la tanto preziosa carne bianca, compreranno migliaia di ettari di terreno per allevare le decine di migliaia di polli all’aria aperta senza tagliarli il becco e senza riempirli di farmaci, assumeranno costosa mano d’opera e macchinari adeguati per gestire il tutto, così risolveremo in parte anche il problema dell’occupazione, gli allevatori di pellicce “ecologiche” non faranno più crescere gli animali nelle graticole metalliche con il fondo aperto per le deiezioni e al freddo intenso per ottenere un pelo più gonfio e soffice. E anche per i maiali si cambierà tutto per infondere questa nostra umana cura nella produzione di carne più felice.
I maiali si sa, sono molto prolifici e remunerativi e spesso ne nascono più di quanti se ne possano allevare e “processare” nei mattatoi, così allevatori e ristoratori si sono inventati il menù del prelibato “maialino” che viene largamente richiesto e offerto nei ristoranti. Quindi oltre alla carne, le ossa, gli organi, le zampe, anche i cuccioli tolti brutalmente alle madri possono essere messi in commercio con grande profitto e senza l’onere di farli crescere e ingrassare perché l’offerta supererebbe la domanda.

Mi capita spesso di vedere per un po’ questi ameni programmi televisivi dove gli intervistatori dei carnefici vanno ad accarezzare gli animali nelle orrifiche gabbie degli allevamenti “modello”.
Si vedono spesso in note trasmissioni televisive queste escursioni didattiche all’interno degli stabilimenti, ricordo che in una di queste andavano a visitare una allevamento esemplare dove alcune decine di maiali contenuti in spazi appena sufficienti a mantenerli in piedi affondavano nel fango e nei loro escrementi mentre una provvida ragazzotta in camice bianco dispensava mangime con grande impegno e alle femmine veniva concesso di allattare sette o otto cuccioli ma inglobate in gabbie di robuste sbarre di ferro e subito dopo senza un miserabile segno di emozione, dai corpi scannati, grondanti sangue e penzolanti dagli uncini si passava alla presentazione dei prodotti finali così ottenuti, nella forma di succulente “leccornie” (così ho sentito definirli) saltando opportunamente alcune fasi “sensibili” del processo di lavorazione.
Il cibo si dirà, è necessario, il mondo è pieno di popolazioni affamate e anche nelle città e nelle campagne delle zone più ricche esiste la fame, questo è un altro problema del quale conosco tutte le risposte ma questa è un’altra storia che allungherebbe di molto questa esposizione dei fatti ma anche ammettendo di non poter fare a meno di disporre degli animali depredandoli del loro diritto di vivere in questi modi, allora non dovremmo smettere di vantarci di essere quello che non siamo, attribuendo a noi stessi una superiorità e sacralità non confermata dai fatti. Nessuno può osare contestare che noi siamo immensamente più feroci e spietati di qualsiasi altro animale in natura e solo se volessimo instaurare condizioni diverse da quelle in atto nella generale lotta per la sopravvivenza allora potremmo davvero con orgoglio tirarci fuori dal crudele contesto naturale.
Solo una percentuale molto bassa di pochi individui  ad ogni generazione agisce secondo la compassione rinunciando ad uccidere per procura gli animali ma non è sufficiente a collocare l’intera specie ai livelli così elevati declamati. Per quanto mi riguarda non penso che la mia vita nell’universo sia più importante di quella di un lombrico, anche se la difenderei a scapito del lombrico o di altri più feroci animali se fossi attaccato così come penso che qualsiasi altro animale ha lo stesso diritto di difendere la sua esistenza a danno della mia se fossi io ad attaccare lui e mi dispiacerebbe comunque di dovermi tristemente attenere al terribile teorema “mors tua vita mea”.
Ma non è così che la pensa la maggior parte del genere umano il cui predominio durerà forse molto, molto a lungo imponendo agli altri esseri viventi di continuare a nascere non vivere e morire nell’inferno che ha costruito per loro, per questo a differenza degli altri sinceri, appassionati relatori e difensori dei diritti degli altri esseri viventi, piuttosto che invocare la salvezza dall’estinzione perpetrando le loro sofferenze e questo ingiusto infinito olocausto io spero che gli animali si estinguano scompaiano tutti miracolosamente, che vengano rapiti da un’arca senza un Noè e senza umani che li trasporti forse su altri mondi lasciando noi, vincitori e persi in questo mondo finalmente dominatori del deserto che meritiamo della nostra squallida e barbara solitudine e forse faremo la fine degli abitanti dell’isola di Pasqua, che dopo aver distrutto alberi ed ecosistemi per realizzare quegli insulsi faccioni di pietra, non avendo più nulla da mangiare si sono massacrati tra loro, fino al punto che la nostra ultima destinazione potrebbe essere non già il paradiso degli eletti, ma l’inferno dei folli.
Ennio Forina

La Giustizia Nelle Parole

Non esistono
“bestie da macello”.

Esistono animali
da noi bestialmente
macellati.

ennio forina

Perché non c’è giustizia nei fatti, vi sia almeno giustizia nelle parole. Tutti noi conosciamo la verità, facciamo agli altri quello che non vorremmo mai che fosse fatto a noi stessi… inventando ogni tipo di giustificazione e sigillandola anche con le espressioni verbali.

Quando gli Angeli sono uccisi dai Diavoli.

Il titolo vale per tutti gli atti di violenza assassina e sadica commessi

verso qualunque essere vivente.

Quasi sempre la crudeltà umana, specialmente giovanile, di ogni livello e grado, viene espressa per compensare il vuoto esistenziale che caratterizza  alcuni soggetti, che purtroppo rappresentano una buona parte del genere umano. Essendo vuoti dentro e non potendo veramente sentire la vita pulsare nelle loro vene e nei loro cuori  essi sono invidiosi della vita che scorre felice nelle vene, nei cuori e nella mente degli altri esseri viventi. Questa è la condizione che ha provocato il martirio di un meraviglioso cane bianco rimasto vittima  – e testimone – dunque, di questo vuoto distruttivo a cui la società umana non dà molta importanza, fino a quando esso non si esprime in tutta la sua sadica e nefasta violenza. Sicuramente i protagonisti di questa infame azione di cronaca hanno visto in un meraviglioso cane dolce, affettuoso e amato da molti, la gioia di vivere e di relazionare che loro non hanno e non possono nemmeno immaginare e perciò non restava loro che l’impulso di “distruggerlo” così come i bambini sadici distruggono il giocattolo che non sanno far funzionare. Lo hanno ucciso con sadismo e per bieca invidia, perché Angelo,- questo era il suo nome – era “vivo” e loro al contrario sapevano e sanno di essere morti dentro, simili a zombi privi di sentimenti e senza sensibilità.

Nel pubblicare il video della tortura inoltre, hanno voluto sfidare il mondo che li circonda pensando nel loro delirio di onnipotenza, di attirare su sé stessi quella attenzione che non avrebbero potuto avere altrimenti essendo delle nullità di base. Individui che fanno simili ingiustificate azioni di sadica crudeltà sono sicuramente pericolosi per tutta la società umana più “giusta”, non perché e non soltanto perché hanno commesso un atto infame e vile verso una creatura che non poteva difendersi, ma per il loro incolmabile vuoto esistenziale che è e resta un’arma potente e distruttiva, sempre pronta a colpire qualsiasi bersaglio che gli venga a tiro, quindi anche umano. Non c’è distinzione fra i soggetti che subiscono i devastanti effetti del vuoto distruttivo, siano essi umani o animali. Il “Nulla” è la matrice di tutti i delitti.

ennio forina

R.I.F. Rest In Freedom.

Free horse

Peace is Freedom.

Freedom to think,

to choose, to doubt, to search,

to follow or forsake,

to study, to analyze,

to criticize, to agree or dissent, 

to speak, to be,

to believe in something or deny it,

to change one’s mind

and let the the others

 free to be and do the same.

Peace is not to give or get harm

for your beliefs.

Peace is a state of mind

not a command. 

ennio forina

TRIBUNUS ANIMALIUM

TRIBUNUS ANIMALIUM

Pubblicato su noiroma.tv

24  Giugno 2012 – 00:42

Di  Ennio Forina

Gira, in internet, la foto di una cagnolina meticcia sdraiata per terra, sul fianco, nell’atto di allattare quattro cuccioli da poco nati, così componendo una scena idilliaca di amore materno. Peccato però che questa piccola madre abbia la testa fracassata e immersa nel sangue, mentre i cuccioli, miracolosamente ancora vivi stanno succhiando l’ultimo latte della loro mamma e probabilmente l’ultimo della loro vita.

Ma questa è solo una delle tante foto e video che in internet documentano il massacro di decine di migliaia di cani e gatti liberi o precedentemente “liberati” in alcuni territori dell’europa dell’Est.

Sembra che in questi casi le imponenti operazioni di “bonifica” siano state attivate per agevolare i flussi di tifosi e appassionati richiamati dai giochi europei di calcio che non dovevano essere “disturbati” dalla ingombrante presenza degli animali. La conseguente protesta internazionale delle varie ma discordanti associazioni animaliste è stata recepita come puro ronzio di insetto nelle orecchie dei fautori delle stragi, mentre si è avvertita la mancanza di una molto più efficace condanna della diplomazia, dei media, delle associazioni sportive e degli sponsor che avrebbero forse potuto impedire il massacro forse anche prospettando ripercussioni di carattere turistico e consumistico.

Alcuni giorni fa, la nazionale di calcio degli italiani si è recata ad Auschwitz per ricordare quelle vittime ascoltando il silenzio assordante della morte in quei luoghi, dove l’erba, la terra e persino l’aria sono ancora sature delle polveri e delle ceneri dell’olocausto – e tuttavia la squadra e tutto il suo seguito non è riuscita a “sentire” attraverso le molte denunce dei difensori degli animali, il dolore e la morte dei cani e dei gatti da quelle parti del mondo, sparsi nelle campagne e nelle città trasformate in nuovi, rigenerati, campi della cultura dello sterminio. Se uno solo tra giocatori, allenatori e giornalisti al seguito, avesse espresso indignazione e rabbia per quanto stava accadendo per l’orrore dei modi e dell’entità dei massacri, io sarei stato il primo a essergli riconoscente, ma purtroppo non ho recepito nessuna informazione di questo genere.

Sempre più spesso lo sport del calcio offre scenari di folle barbarie a stento repressa che tutti ignorano o a cui si dà poca importanza, prima, durante e dopo le partite, direttamente e indirettamente. Frequentemente si vedono ai margini delle nostre strade dei mazzetti di fiori legati agli alberi o ai pali della luce con delle sciarpe dagli inequivocabili colori di squadre di calcio. Che queste morti siano più o meno collegate allo svolgimento delle gare calcistiche è ipotizzabile. Si può causare un incidente per l’euforia di una vittoria o il disappunto di una sconfitta comunque, nella grande maggioranza dei casi il delirio del pallone ha la sua determinante importanza.

I durissimi scontri a Varsavia di pochi giorni fa nella civilissima Europa, sono un altro motivo di riflessione su quanto periodicamente accade nel nome di questo nobile “gioco” e che accadrebbe ancora di più se ogni volta non si mobilitassero imponenti e costosi sistemi di sicurezza per impedire la violenza. Ma, ogni volta, gli imperturbabili addetti ai lavori smorzano l’eco degli eventi con le solite formule risolutive, attribuendo sempre la responsabilità e il biasimo a “pochi” esaltati teppisti. Cosa poco credibile, dal momento che questi pochi teppisti riescono a tenere in scacco migliaia di appartenenti alle forze dell’ordine in pieno assetto anti-guerriglia.

Le violenze di Varsavia non sono cosa nuova, non mi stupiscono e le considero disastri naturali inevitabili, considerato che la Natura partorisce i campioni di intelligenza che li causano. Ma poiché il mio interesse per lo sport in genere equivale a zero, mi era sfuggito in questi giorni quest’altro devastante “effetto collaterale”, correlato al campionato europeo. In questo caso, la violenza si è riversata sugli animali, colpevoli soltanto di essere vivi e sembra, troppo numerosi, in un territorio alterato e inquinato dalla civiltà umana. Così da qualche mese si ha notizia che sia in corso un massacro indiscriminato e feroce di cani e gatti in una colossale caccia diventata sport collettivo, a cui partecipano con grande diletto anche i ragazzini, ma i media globali, anche quelli italiani non si interessano di queste inezie, preferendo occuparsi delle strategie di gioco, delle scialbe interviste ai protagonisti e dei pronostici delle gare.

Anche se in queste ore internet trasmette qualche debole segnale di riflessione sull’impatto che la risonanza mondiale di questo olocausto comunque avrà per alcuni milioni di persone nel mondo che rispettano e amano anche le altre creature viventi, credo improbabile che le forze malefiche che sono state scatenate possano ascoltare questi tardivi appelli formali e arginare la strage, fermare gli autori, i loro mandanti e gli indifferenti consenzienti internazionali, convertendoli al pentimento per la barbarie in cui sono sprofondati. Ormai gran parte dello sterminio è stato fatto e di certo i sadici, grandi e piccoli, che vagano per le strade e nelle campagne, stanno continuando la mattanza di quel che rimane infischiandosene di una eventuale e fiacca, protesta internazionale.

Parliamo quindi degli “animalisti”, un’altra definizione stanca e inesatta per chi, come chi scrive, non si fa catalogare da nessuno. Sostanzialmente, un individuo che rispetta, ama o semplicemente difende gli animali per senso di giustizia è un “non violento” perciò le etichette di estremismo che spesso vengono attribuite a quelli che levano alta la voce in difesa degli animali è una mistificazione di comodo per poter continuare ad usarli come materiale ludico e per compiacere quelle industrie che traggono dallo sfruttamento degli animali enormi profitti, perfino ignorando regole già stabilite come quelle che, ad esempio, riguardano l’importazione di pellicce di indefinita natura e che invece si vendono tranquillamente nei nostri grandi magazzini e quelle ancora legali purtroppo, della tortura generalizzata mondiale effettuata sugli animali, nonostante la comprovata inutilità e inattendibilità della vivisezione, che rappresenterà  in futuro la vergogna epica di gran parte del mondo scientifico attuale.

Anche questa volta la sacra industria del calcio, i suoi sacerdoti e i milioni di proseliti, hanno dimostrato cosa conta veramente per loro, hanno dimostrato di quale dura pietra siano i loro cuori e di quale materia siano fatte le loro menti. L’indifferenza di coloro che potevano impedire il massacro ha fornito l’energia e la giustificazione per attuarlo. Giocatori e atleti, i loro dirigenti e gli sponsor, i bravi ragazzi gentili del mondo sportivo, si presentano sempre al pubblico con un’aura di mite e saggia responsabilità, come se l’unica cosa che conti per loro sia la gioia di partecipare alle gare con spirito veramente altruista per regalare agli appassionati ore serene di fervido, innocente divertimento. E quindi essendo così gentili d’animo e venendo a conoscenza dei massacri feroci, avrebbero dovuto con un guizzo di coscienza, riflettere sulla gravità di quanto nel nome dello sport stava succedendo e almeno come protagonisti tentare di impedirlo.

“Cosa faremo noi dunque, noi chiamati con disprezzo o ironia gli “animalisti? Noi, rinnegati della specie umana, noi che crediamo all’uguaglianza della vita, qualsiasi forma essa abbia, noi che non mettiamo l’uomo al centro dell’Universo e non accettiamo l’assioma che basa la ricerca del benessere sulla predazione, la schiavitù, la tortura incontrollate e illimitate degli animali e di altre realtà naturali, che a torto chiamiamo risorse. Noi che soffriamo e speriamo che non ci succeda un giorno di dover assistere direttamente ad azioni simili per non essere, come Amleto, costretti a rispondere al fatale dilemma dell’opporsi al Male con tutte le forze, o subirlo, senza reagire, arrendendosi ad esso”.

Ma se non siamo violenti, cosa faremo dunque? I responsabili in carica che avrebbero potuto fermare d’autorità il massacro, non lo hanno fatto, la voce di protesta di coloro che hanno preso coscienza è ancora troppo debole per determinare dei veri cambiamenti di rotta. Quello che è stato eseguito è un delitto con occultamento di cadaveri, e come per ogni delitto, non resta dunque che cercare prima il movente, per arrivare poi ai colpevoli e infine stabilire la pena. E la pena giusta e più efficace sarebbe stata la non partecipazione alle partite. Si sa, peraltro, che il movente principale, come sempre, è il profitto, quello facile, sicuro e cospicuo mentre la brutalità è la conseguenza del delirio che l’ottenimento di questo denaro implica, ma la malvagità pura è innata e non ha bisogno di ricompensa, si premia da sé nel piacere perverso di distruggere.

Quindi, se io fossi un giocatore, mi rifiuterei di partecipare alle gare. Se fossi un cronista mi rifiuterei di essere inviato. Se fossi un commentatore TV mi rifiuterei di seguire la cronaca. Se fossi un diplomatico annullerei la visita. Se, per il rispetto delle leggi che da noi sanzionano la crudeltà e l’uccisione di animali come reato, per coerenza e rispetto delle nostre leggi penali e etiche bisognerebbe rifiutarsi di essere complici dell’ orrore e disertare qualsiasi relazione connessa con gli eventi. Niente pietà, niente gioco, niente denaro. E se io fossi un tifoso farei ben sapere agli organizzatori, governanti, media e sponsors, che per me il gioco avrebbe sorpassato tutti i limiti di tolleranza e sarebbe un gioco finito. E altresì farei ben sapere che in nessun modo utilizzerei qualsiasi prodotto pubblicizzato nell’evento responsabile dell’eccidio ed escluderei quei paesi come meta turistica, per sempre.

Ma tutto questo non è avvenuto e non avverrà, confermando che a volte, anche l’etica italica è solo una infarinatura ipocrita di auto-incensamento che si può spolverare via facilmente quando conviene.

La consapevolezza degli orrori che nel passato sono stati compiuti e si continuerà a compiere non mi stupisce più da lungo tempo, ma farò ugualmente il mio appello, per senso del dovere e coerenza, rivolto a tutte quelle anime sensibili ed evolute che sono in grado di sentire il dolore degli altri.

Non dimentichiamo. Facciamo risuonare queste tragedie nella coscienza collettiva senza soluzione di continuità. Diventiamo tutti “Tribuni degli Animali”, in base ai principi universali che tutte le creature viventi hanno gli stessi diritti che sono stati loro conferiti per il semplice fatto che esistono. Diventiamo tanti, uniti, e facciamo scudo ai fucili, alle clave, ai veleni, ai daghe, alle crudelissime trappole, con le nostre voci, la nostra presenza i nostri messaggi, con i nostri appelli, con le nostre astinenze commerciali. Internet dà a chiunque la possibilità di vedere gli orrori senza misericordia, e questa conoscenza senza reagire ci rende tutti responsabili, tutti colpevoli.

Comunque, da questo come da altri esempi è chiaro che questa società sedicente civile ed evoluta (se mai lo è veramente stata) stia scivolando sempre più nella barbarie. L’indifferenza dei governi, la complicità e l’indolenza dei media, di chi potrebbe impedire, protestare e denunciare, forniscono le basi sulle quali si costruirà la realtà futura. Non si potrà parlare di rispetto per l’ambiente, salvaguardia delle risorse e amore per la Natura se si accetta che si compiano crimini simili. Queste attitudini, lasciate incontrastate, diventano i capricci viziosi che le generazioni si passano di volta in volta, con effetti disastrosi, da padri e madri ai figli e da stati ai popoli, diventano infima cultura, inibiscono i principi di giustizia e saggezza e sono foriere di sciagure prossime venture che solo la compassione e l’amore universale potrebbero fermare.