L’amore non può ammalarsi e non sa uccidere. Chi uccide non ha mai amato e non sa cosa sia l’amore, ma vuole rubare la linfa vitale ad altri e vuole il possesso, in un modo o nell’altro.

Spesso, quello che viene erroneamente definito “amore” è solo attrazione biologica, presunta compatibilità basata sui criteri di procreazione e destinata a fallire sul piano mentale spirituale. L’amore non può essere egoista, questo è un ossimoro. Se c’è egoismo non è amore ma pretesa di possesso.

Ciò che uccide è dunque l’EGOISMO ESTREMO, il vuoto esistenziale e il vuoto dell’anima e l’orrore del baratro del proprio nulla, che supera persino la paura della certezza della pena.

Ennio Romano Forina

Intelligenza Perduta


Non vi è nulla di più estremo della morte.Dunque non si comprende con quale spudorata incapacità di logica, quelli che trovano piacere nell’infliggere la morte
possano accusare di estremismo e di violenza quelli che al contrario difendono la Vita e il diritto di esistere di ogni e qualsiasi essere vivente nell’ambito assegnato dall’intelligenza della Vita, banalmente definita “Natura”.

Ennio Romano Forina

Impulsi Universali

Esiste un fenomeno emotivo, che penso si possa definire “impulso della difesa e conservazione della specie”, si manifesta fortemente all’interno di una propria specie ma si estende anche alla conservazione e alla difesa di ogni altra specie, di tutte le forme viventi in misure più o meno evidenti. Questo deriva dal fatto che il fenomeno della vita organica è unico, e non potrebbe essere altrimenti, si genera da una stessa energia differenziandosi solo nelle forme ma non nella sua essenza.

È noto che molte specie animali, insetti e piante, dimostrano un evidente, simile, innato comportamento di difesa collettiva.

Dunque, tutti gli esseri viventi in casi estremi di pericolo e di dramma collettivo sono influenzati da questo impulso che stimola in essi un forte spinta ad aiutare, perché anche i peggiori predatori sanno che la loro esistenza dipende dall’esistenza delle loro prede nel gioco crudele degli equilibri, ma i predatori non umani non predano e non uccidono per piacere distruttivo o per noia esistenziale o per supponenza, come fa il predatore umano, essi svolgono un preciso compito equilibratore contenuto, che ad procura l’energia vitale temporaneamente necessaria e null’altro.

Nessun predatore non umano esistito, uccide per ottenere qualcosa di diverso dal corpo stesso della preda da lui uccisa e non ritiene alcuna parte di essa per usarla come “moneta” di scambio.

Il mercimonio che genera profitto è prerogativa esclusiva della specie umana.

Nessun altro animale o insetto vuole ottenere beni e vantaggi dallo scambiare i corpi delle sue prede con altri animali e insetti, anche se è possibile che nell’immensamente variegato mondo vivente possa esservi qualche caso vagamente simile, ma si tratta sempre comunque di uno scambio estremamente circoscritto a semplici azioni di mutua convenienza, limitato alle infinite forme di relazioni simbiotiche che sono oltre la predazione pura, si tratta invero di un profitto di carattere simbiotica appunto e non di predazione.

Ora, questa mia tesi si basa su quanto avviene nella disposizione degli individui nelle grandi emergenze, nei grandi fenomeni distruttivi e dopo anche nei grandi esiti dei conflitti e quindi anche in questi mesi e giorni, le mobilitazioni e il coinvolgimento di tante persone che si prestano ai compiti di soccorso pur non essendo intitolate, ad esempio nel terremoto in Turchia e nell’attuale inondazione in Emilia Romagna questa mobilitazione individuale e collettiva è ammirevole e degna di grande rispetto, tuttavia non è esaltante e non è eccezionale ma risponde a impulsi profondi dell’intelligenza della vita. È normale che avvenga, perché nelle grandi emergenze, nei grandi disastri e non solo, la coscienza collettiva della specie si attiva stimolando negli individui il formidabile impulso di aiutare chi rischia di perdere la vita e chi è in grave difficoltà, spesso anche rischiando la propria incolumità e vita, tanto più se le persone da soccorrere sono le più vulnerabili e appartengono alle più nuove generazioni.

Questa manifestazione di solidarietà e altruismo è vera e genuina anche se a volte si può colorare di protagonismo ma non è auto indotta e gestita, appartiene piuttosto a quegli stimoli che noi erroneamente chiamiamo: “istinto” che significano ed esprimono la coscienza profonda e subconscia di connessione intima e di appartenenza intima alla propria specie, e per traslazione si estende anche alle altre specie, specialmente quelle con cui relazioniamo affettivamente e/o relazioniamo in ogni modo.

Il pericolo che minaccia alcuni esseri viventi, minaccia la vita organica universalmente poiché esiste questa connessione generale da cui dipende tutto. In presenza di una grande minaccia e di un grande disastro collettivo vengono attivati i sentimenti di base della compassione che nella normalità sono o assopiti o addirittura cancellati. Tutti nel pericolo, assistiti e soccorritori possono avvertire in forme più o meno forti queste energie leganti di partecipazione e compassione.

Ma questo è l’altruismo che in realtà, è massima espressione del supremo egoismo, che risponde al concetto che ogni singolo individuo può vivere solo se tutti gli altri individui e tutti gli altri esseri viventi continuano ad essere. Se non ci attivassimo per salvare ciò che rischia di perire ed essere distrutto, spezzeremmo in noi il collegamento alla Vita unica e all’amore che la esprime, rispondiamo quindi a un impulso che è al di fuori della nostra volontà e della nostra specifica e singolare attitudine di anima. È lo stesso impulso che decide per noi di essere vivi ed è un impulso universale non viene fondamentalmente da noi anche se lo possiamo alterare per il peggio o per il meglio.

Per quanto degna di lode la dedizione e anche il coraggio di chi soccorre tuttavia non è esaltante quanto una simile attitudine e scelta fosse presente SEMPRE, OVUNQUE e per CHIUNQUE, se è contingente ed eccezionalmente legata ad eventi è dovuta all’intelligenza sensibile della Vita che la genera e la fa agire.

Il vero altruismo non si riconosce nel dramma delle emergenze, ma nella normalità dell’esistenza collettiva e singola, dove piuttosto nella mente umana “duale” la solidarietà e la compassione lasciano il posto alla diffidenza, alla prepotenza, alla prevaricazione, alla competizione, al’la’ ipocrisia, all’opportunismo, al supremo egoismo.

Tutti gli esseri viventi sono un insieme collaborativo di singole cellule che formano singoli individui, ma a loro volta, i singoli individui sono parti dell’organismo “specie” e tutte le specie animali e vegetali, sono parte dell’organismo VITA e della sua intelligenza unica.

È sopra tutto nell’ambito della “normale” esistenza e senza pericoli immediati o in corso che si può riconoscere il vero altruismo e il vero Amore per la Vita che sono stati coltivati e fatti crescere nell’anima per scelta individuale e volontà.

Ennio Romano Forina

L’Intramontabile Legge del più Forte

Lo scontro fra l’ideologia dominante, che ammette, giustifica e attua l’immane olocausto degli animali, ritenendo che essi siano poco più che materia e l’altra parte, che ne conosce l’anima pulsante delle stesse emozioni che anche noi animali abbiamo, non è una questione di “punti di vista” fra due modi opposti di intendere, di sentire e di volere, ma fra una innegabile violenza e prepotenza che schiavizza, tortura e uccide e non rispetta in alcun modo il diritto naturale di vita e libertà degli animali, ignorando il loro giusto desiderio di essere, di amare, unirsi e procreare, per la stessa energia materno che abbiamo noi ma ancora più pura.

La parte quindi arcaica divoratrice, si basa su un grossolano e brutale teorema di prepotenza che non ha più ragione di essere ed esprime sé stessa senza porre limiti agli orrendi sistemi di crudeltà applicati, siano culturali che industriali, avvalendosi soltanto della legge arbitraria della forza.

Costoro applicano la teoria ipocrita, ambigua e velleitaria, della libertà “confinata”, dichiarando di agire nel loro ambito di libertà di scelta: “La mia libertà comincia dove finisce la tua”Cit.. Ma non considerano affatto, che la loro libertà annulla la libertà dei soggetti interessati e vittime che subiscono l’oppressione di un arbitrio, non di una libertà e quindi in questo ambito ritengono di esercitare tutta la violenza che fa a loro comodo, per false necessità o per piacere edonistico e ludico e lo fanno ferendo a morte la NOSTRA libertà di aver compreso di essere fraternamente legati a tutti gli esseri viventi secondo il principio che la vita deve per forza essere UNICA anche se differenziata in miriadi di forme diverse, come lo sono quelle che simbioticamente formano i nostri stessi organismi.

Loro le disprezzano, le torturano e le uccidono, noi le rispettiamo e scambiamo le energie vitali delle nostre anime e sappiamo quanto esse esprimano desiderio di affezione e amore anche fra specie diverse.

Non è una questione di modi di pensare diversi, ma più che mai assistiamo alla legittimazione arbitraria del dispotismo e della prepotenza ottusa, che insieme alle vittime offende e ferisce direttamente anche l’intelligenza sensibile che è intimamente legata agli altri esseri viventi che collide con chi ha acquisito la consapevolezza dell’anima pura e profonda degli animali.

Non si può, nell’ambito poco chiaro di una propria pretesa libertà violare la libertà di esistere di un’altra parte.

Non è vero che queste vittime non abbiano voce e che non possano far capire la loro sofferenza dolore e disperazione e terrore, sono i carnefici che non hanno l’intelligenza dei sentimenti, del cuore e dell’anima, e non possono sentire altro che la voce della loro pancia e delle loro tasche.

Nessun predatore di questo pianeta fa mercimonio delle sue prede come facciamo noi, nessuno le alleva con immensa sofferenza e le uccide per vendere i loro corpi e ottenere profitti diversi dal corpo stesso delle proprie prede.

Ennio Romano Forina

Distruzione Creativa ?

Nessuna distruzione può essere creativa, è un nonsenso, un ossimoro, semplici parole vacue ad impatto.

Quando si distrugge si distrugge, quando si crea si crea. Sono due azioni distinte, se si ha la capacità e la volontà di creare un sistema migliore universale lo si fa per mezzo della bontà delle intenzioni e della forza delle idee, senza distruggere ma superando ed evolvendo ciò che si considera sbagliato e ingiusto.

Da qualche tempo, piuttosto che sperimentare una esaltante distruzione creativa, stiamo assistendo ad una devastante creatività della distruzione.

Nello sfruttamento generale e incontrollato della globalizzazione, per il trasferimento indotto di masse e culture, per le discutibili, improprie e dogmatiche gestioni pandemiche, nell’aumento esponenziale della devastazione dei territori e degli equilibri sacrificati ai profitti energetici e nell’olocausto immane degli animali sottoposti ora anche a torture industriali sempre più perverse, imperdonabili e malvagie.

La vera evoluzione positiva si chiama “Superamento Creativo “, della prepotenza, delle ipocrisie, degli egoismi e della mistificazione delle verità.

Ennio Romano Forina

Mors Tua, Gaudium Meum.

I cultori del consumo di pezzi di cadaveri, altrimenti chiamati carne, sono assimilabili ai terra – piattisti e anche quando si ammantano di qualche tipo di autorità, si comportano come i sacerdoti di una verità assoluta che il dio di turno o la dea scienza hanno comunicato nel corso della storia. Infatti, al pari dei terra piattisti essi spudoratamente negano tutte le evidenze che connotano l’animale umano come il discendente di alcune specie arboricole mangiatrici di frutti, bacche e noci.

Se chiedessero a un ragazzino di 3/5 anni la descrizione di un predatore carnivoro, costui risponderebbe per certo con l’immagine di un quadrupede, (perché un quadrupede corre e insegue molto più velocemente e più a lungo di un bipede), munito di lunghi e acuminati denti per uccidere in breve tempo e altri, laterali e taglienti, per lacerare le carni delle loro prede. La Terra non è piatta, non lo è mai stata, eppure generazioni intere nel corso dei millenni lo hanno creduto, e il corpo umano non è quello di un predatore carnivoro.

Piuttosto le loro “tesi” a sostegno del consumo di carne, sono del tipo : “il genere umano si è sempre nutrito di carne, siamo onnivori da sempre e la carne nutre e gratifica pancia e le papille gustative, dunque considerando il cibo come un entertainment fisiologico apportatore di allegria, piuttosto che un insieme di sostanze il cui compito non sarebbe in primis, una giusta e appropriata nutrizione correlata all’organismo di cui la specie umana è costituita, ma al bisogno di ricavarne un irrinunciabile “PIACERE”, nonostante sia chiaro da tempo che il consumo forzato di carne sia statisticamente una causa determinante per una vita più breve.

Ma non insisterò ad elencare le innumerevoli evidenze che confermano l’animale umano come un predatore, sicuramente il più feroce e avido mai esistito, ma non come un mangiatore di cadaveri. Certamente non potrebbero negare che senza l’ausilio di “protesi antiche e nuove” quali lance, bastoni, pietre, archi, trappole fucili e così via, la specie umana si sarebbe estinta molto , molto tempo fa se avesse scelto di nutrirsi di carne.

Non abbiamo la vista di un carnivoro, noi vediamo i colori, come molti insetti, perché dobbiamo riconoscere i frutti quando sono maturi e distinguere gli edibili da quelli tossici, che le piante rendono vivaci nello scambio simbiotico con gli animali mobili e gli uccelli, il nostro odorato è scarso e la vista e l’udito sono di molto inferiori a quelli di un vero predatore. Noi siamo predatori e ladri, nella corteccia, non nel resto del corpo, ma queste evidenze sono sempre rifiutate in blocco dogmaticamente senza nessuno sforzo dialettico e analitico da parte del fronte carnivoro.

Piuttosto, mi sembra evidente che se un cibo non necessario che risulta quantomeno impegnativo e pericoloso sotto molti aspetti e dannoso per l’ambiente e il clima è diventato così irrinunciabile e dominante nelle culture umane, la conseguente conclusione è che il cibo nel mondo in questi ultimi millenni è diventato sempre di più un piacere esistenziale e fisiologico simile a quello delle sostanze droganti che danno assuefazione e dipendenza. E non potrebbe essere altrimenti, penso che questa dipendenza si sia formata all’inizio con la possibilità e l’uso di cuocere la carne col fuoco e a volte con il sale. La carne bruciata agisce come una droga falsamente energetica che nasconde e supera i gravi effetti collaterali ed etici. Questa tesi spiegherebbe (oltre agli immensi profitti che genera), perché il pensiero profondo, e ogni riflessione seria si spengono o vengono inesorabilmente soppresse di fronte all’irrinunciabile piacere di ingurgitare pezzi di cadaveri di animali simili a noi trasformati in leccornie da godere in compagnia e da soli. Poi resta il fatto dell’adattamento, gli organismi viventi sono talmente intelligenti da riuscire ad adattarsi ai veleni peggiori, anche se per adattarsi veramente occorrono tempi non umani. Nel frattempo, per “fortuna” abbiamo anche inventato i farmaci, spesso imitati da invenzioni vegetali, che come dice il loro etimo, sono veleni anch’essi, ma ci tengono in vita, contrastando i danni dei grassi saturi e di altre sostanze inquinanti e nocive, di un cibo non pertinente e non adatto, in modo tale che possiamo vivere felicemente intossicati e a lungo ma con il peso di un immenso olocausto di animali innocenti sui nostri stracci di anime, che nessun farmaco potrà mai guarire.

Ennio Romano Forina

Tutte le reazioni:

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LA Droga del Consumo

Le tirannie antiche si alimentavano togliendo al popolo la maggior parte della sua produzione. In questa era è il contrario; sono le industrie tiranniche tecnocratiche che producono tutto e al popolo impongono di consumare freneticamente i loro prodotti, utili o inutili che siano, purché generino profitti.

Come nel passato per il popolo produttore, anche adesso le industrie produttive hanno bisogno di un grande numero di individui in grado di assorbire in continuazione tutto quello che le suddette industrie automatizzate devono continuare a mettere sul mercato, perché le fabbriche automatizzate non possono mai fermarsi e per far questo, devono creare una dipendenza dalla droga chiamata innovazione.

E infatti la società umana globale si è trasformata in un organismo drogato in cui TUTTO è divenuto “prodotto” da quello necessario, a quello superfluo ma reso necessario da questa cosiddetta innovazione e nel nome del dio della “crescita”, dal cibo eccessivo, ai cellulari, all’entertainment, alle vacanze, al proprio corpo e all’ambiente in cui si vive.

Ed è così che dal consumo di droghe si è passati alla droga del consumo. Crescete e moltiplicatevi e se non riuscite a moltiplicarvi saranno benvenuti altri commensali per alimentare l’orgia del Mercato; il Mercato ha bisogno di tutti.

Caro Dante…

L’Inferno non è dove il Male riceve la punizione.

L’Inferno vero è dove il Male viene attuato.

E tu, con la scusa di esserti smarrito, hai generato il tuo inferno personale per metterci i tuoi nemici e le persone del tuo tempo che non ti piacevano. Forse se fossi stato un condottiero con un potente esercito, invece di uno sconfitto ed esule, avresti fatto come Silla un inferno di stragi vere, ma non hai avuto questo potere e hai sfogato in modo certamente poeticamente mirabile la tua rabbia verso i tuoi nemici e nel far questo ti sei aggiudicato il diritto semi-divino di distinguere i buoni dai cattivi e disporre arbitrariamente dei loro destini. Insomma, hai fatto come tutti gli uomini nella storia di questa razza prepotente ed egoista.

Hai messo in paradiso la giovane donna che hai amato per la sua bellezza che non era un suo merito come per tutte le donne belle, non sapendo che nessuno, uomini o donne è assolutamente buono o assolutamente cattivo.

Tutti noi dall’inizio di questo arco di stagioni che chiamiamo Vita, siamo di fronte a una scelta determinante, il sentiero del bene o quello del male, il sentiero dell’altruismo e della compassione e quello dell’egoismo e del possesso incondizionato, ma questa scelta non si fa una volta sola valida per tutta l’esistenza. è invero, una scelta che si pone di fronte a noi continuamente, ogni alba prima di levarci e ogni sera prima di dormire e ad ogni istante, ogni passo di vita.

Sei un grande poeta, giustamente celebrato per questo, ma uno scarso filosofo, perché non hai fatto che riproporre la più nefasta mistificazione, da sempre usata da tutti i popoli e da tutte le loro generazioni per giustificare la prepotenza e la brama di dominio che ha causato conflitti e sofferenze immani fra popoli e popoli e nei popoli fra individui e individui: “Gli dei sono sempre dalla parte di chi li ha inventati”. Ma non solo, questa logica di divisione arbitraria perversa che ha causato odi, rapine, vendette e distruzioni che ha posto un popolo contro un altro, è scaturita l’alleanza malefica e demoniaca di tutti i popoli da sempre per dominare, abusare e massacrare il mondo vivente che al tuo dio non interessa e lascia massacrare.

Ti sei scordato gli animali, caro Dante, un Dio giusto li avrebbe accolti per primi in paradiso, sono loro i veri puri e santi, sono come Gesù, in intima giunzione con l’Energia del divino Cosmo che palpita di amore, e chiedono di non essere abbandonati nel martirio ma nonostante questo, come lui, non odiano i loro assassini.

Ennio Romano Forina

L’invenzione del Giuramento

A che serve giurare, se l’affermazione di una certezza è sincera e onesta? E se non lo è in partenza un giuramento non può certo renderla più vera e affidabile. Ma il giuramento è una formula ritenuta necessaria a causa della attitudine umana di falsificare e deformare ciò che è vero, vuol dire una conferma impegnativa ma se si mente una volta, giurare di per sé non impedisce una nuova bugia o falsità di intenti. La sincerità non ha bisogno di essere confermata da un giuramento, è essa stessa un giuramento.

Ennio Romano Forina

LA SEMANTICA, L’IPOCRISIA E LA MORTE

Dunque lo chiamano “ abbattimento”, perché altrimenti, se lo chiamassero ”massacro” o ”uccisione” loro sarebbero degli uccisori, quindi degli assassini, poiché chi uccide un essere anima-to, quindi fornito di un’anima, non può che essere un assassino, ma loro quest’anima altrui non la sentono, io penso perché la loro anima non sia molto allenata all’esercizio della virtù della compassione.

Eh, la semantica…la scelta scaltra delle parole può svelare molte ipocrisie e nefandezze, di certo l’abbattimento non urla e non sanguina come l’uccisione; si abbatte una cosa, un muro, una porta, una casa, tutte cose in cui non riconosciamo la presenza di un’anima quindi è lecito poter ripulire l’ambiente eliminando ogni presenza ingombrante, tanto ad ”abbatterle” non si fa peccato, non si è crudeli e la gente capisce che sia necessario per il decoro della civiltà umana.

Sia dunque lode a coloro i quali sono preposti a compiere tale oneroso e nobile compito di pulizia specistica.

Tornando a casa stasera, ho sentito in radio un esponente dell’aristocrazia giornalistica (e non il solo ), esultare per l’emendamento approvato oggi che consente appunto ”l’abbattimento” dei cinghiali e che include anche il permesso di nutrirsi dei loro cadaveri.

Come è possibile confrontarsi dialetticamente con menti tanto brutali, arroganti e prepotenti, che rifiutano a priori di riconoscere l’evidente esistenza delle emozioni e delle sensazioni fondamentali in tutti gli esseri viventi che non sono diverse dalle nostre? Nelle loro vittime?

Le inconfutabili emozioni di terrore, angoscia, dolore e desiderio di sopravvivere persino alla condizione infernale che l’industria della carne li ha posti?

Io penso che si vogliono uccidere i cinghiali, come i gabbiani, come i piccioni, i corvi, le volpi, come tutti gli altri animali che chiamiamo impropriamente “selvatici”, mentre essi sono semplicemente ancora un po’ ”liberi” in questo mondo umano perverso e ostile.

Li vogliono uccidere per bullismo di specie e di società e per l’antica supponenza della superiorità umana.

Si vuole ucciderli perché l’abbietto essere umano non sopporta la gioia di vivere degli animali liberi nella loro bellezza d’essere, come la strega cattiva della favola, con tutto il suo vuoto esistenziale che non le consentiva di essere soddisfatta e accontentarsi e quindi doveva eliminare la felicità frugale ed essenziale di Biancaneve.

Come Caino, che non sopportava la contentezza di Abele nel compiere giustamente il suo dovere di vivere. Gli animali dimostrano spesso, di essere molto più compassionevoli di noi, ma non è una sorpresa.

Ennio Romano Forina

Sterminio dei Cinghiali e oltre…

“L’UNICO CINGHIALE BUONO È QUELLO MORTO” Così disse il generale Custer mi sembra, anche perché i cacciatori e i carnivori ne apprezzano le carni, come per la strage dei bisonti delle vaste pianure nordamericane per le pellicce. Dopo i cinghiali, si vedranno droni armati inseguire i gabbiani e i corvi per abbatterli, (i passeri muoiono perché non sanno più dove andare, cercano cibo improprio nelle spazzature e si gettano pericolosamente tra le gambe dei tavolini dei bar e ristoranti per raccogliere briciole fra le cicche velenose e gli altrettanto velenosi olii dei motori, almeno bar e ristoranti in strada abbondano, ma i passeri hanno paura di noi, hanno paura ma sono disperati, vogliono sopravvivere e osano.

Ai gabbiani e ai corvi dovremmo essere grati, loro il riciclo degli scarti alimentari lo fanno davvero efficacemente.

Ho incontrato molte persone che si indignavano per le briciole di pane e le foglie degli alberi, non ho mai visto nessuno lagnarsi per le cicche, i nefasti vizi umani non sporcano.

Oggi tagliavano altri rami ai pini di Gregorio VII, lo fanno da anni lì come altrove nelle città italiche, pensano sia indispensabile, è un servizio richiesto a gran voce dal popolo che odia gli alberi. A volte ho chiesto perché, in Italia specialmente, si mutilano gli alberi con grande solerzia. Non ho mai ricevuto risposte scientificamente valide. È come se a noi tagliassero pezzi di polmone e parti di intestino, ma gli esperti sono convinti che sia salutare per gli alberi perdere foglie e rami così, non basta che le radici siano asfissiate dall’asfalto in terreni tossici e senza ossigeno, no, non basta, gli tolgono anche il nutrimento del sole che per i vegetali è fondamentale, e come fa un organismo a mantenersi in vita se viene deprivato dai suoi apparati vitali?

Si ammala come ci ammaliamo noi senza nutrimento, si indebolisce e al primo soffio di vento, o senza nemmeno quello, cadrà su qualche preziosa macchina o sulla testa di qualcuno e diranno poi che non era stato potato abbastanza mentre è proprio la potatura brutale ad essere la principale causa della caduta. Pini che cercano inutilmente di sfuggire ai morsi delle motoseghe elevandosi, puntando quell’ultimo misero ciuffetto di foglie aghiformi al cielo come fa un naufrago che annaspando tra le onde, tende il capo e la bocca anelante aria e respiro vitale.

Ma va bene così, il “degrado” da contrastare non sono le piazze e le strade dei giardini dove si spacciano le droghe, adibite a dormitoi e latrine, il degrado sono le chiome degli alberi, le foglie, gli uccelli, i topi? I topi nemmeno loro sono davvero responsabili ma evidenziano la realtà del nostro degrado e della nostra sporcizia perché se ne nutrono, se noi fossimo più efficacemente puliti e ordinati il loro numero si ridurrebbe drasticamente.

L’altro aspetto devastante delle città umane è la parte inferiore, se una città venisse capovolta di 180 gradi, vedremmo come è davvero l’altra faccia della medaglia, vedremmo come si avvelenano e si riducono la terra e le falde acquifere.

Così muore la terra e così muore il mare, ma i cinghiali, i gabbiani, i corvi, i caprioli, le talpe, tutti gli animali che cercano disperatamente di sopravvivere liberi sono il problema che la sapienza umana risolve con il fucile.

Definizione del sostantivo “Sterminio”: uccisione di un grande numero di esseri viventi.

Ennio Romano Forina

Pronomi Lontani

Che strano popolo religioso questo italiano, si rivolge a Dio dandogli del “Tu” senza convenevoli e al suo vicario con distacco riverente usando vari pronomi indiretti, “Voi, Santità, Vostra Santità ”, formali e ossequiosi, mentre esige che un altro figlio di Dio non familiare o sconosciuto, gli rivolga la parola con la terza persona singolare “lei” e si adira o offende se alcuno si prende la licenza di nominarlo con un immediato e semplice “Tu”. Forse credendo di meritare per sé, più rispetto del Dio che ha generato entrambi.

Un popolo che si reca nei templi della preghiera solo per chiedere favori e eternità, dal momento in cui nasce e quando muore mentre nel mezzo si comporta come se l’eternità non esistesse o gli spettasse giustamente di diritto, e se mai frequenta la cosiddetta casa divina lo fa spesso per chiedere e non per dare.

Non un suo obolo che non significa un vero dare, per quanto cospicuo possa essere, ma semmai per pregare in modo inverso: “Dio, per me non chiedo nulla, ma fa che oggi nel trascorrere delle ore io possa fare del bene qualsiasi alla Vita all’infuori di me.

È singolare, infine, che ci si rivolga a Dio e agli animali nello stesso modo, senza barriere formali, né allocuzioni di cortesia e distacco, forse perché Dio e i suoi animali si capiscono meglio e non hanno bisogno di formalità.

Ennio Romano Forina

Anche quest’anno, come ormai avviene da qualche tempo, al centro del grande abbraccio del bellissimo colonnato del Bernini, si vedranno stagliate insieme verso il cielo, altre due colonne di forma e materia diversa, ma che hanno almeno due fattori in comune, ambedue sono state strappate a un mondo lontano e ambedue saranno senza vita, ma con la differenza che mentre una di queste colonne la vita non l’ha mai avuta, l’altra invece sì, e ne aveva tanta. Era una vita bella e munifica, colma di sensazioni che aveva impiegato molti anni a svilupparsi e diventare adulta e crescendo generosamente aveva offerto il suo corpo prodigo e odoroso come sicuro conforto, riparo e cibo per molti altri esseri viventi specie nella stagione invernale, passeri, scoiattoli, corvi, caprioli, insetti, solo per nominarne alcuni e di fronte aveva ancora la certezza di una lunga esistenza nella quale avrebbe continuato a donare la sua brava parte di ossigeno a questa porzione di pianeta soffocato da gas venefici e letali immessi nell’atmosfera dalle attività umane, sostanze che solo gli alberi sanno e possono metabolizzare e rendere innocue per gli esseri viventi in genere, così come fecero consapevolmente eoni fa per mutare l’atmosfera densa, greve e tossica del pianeta primordiale in una mistura di gas gentili e che ora costituiscono il carburante per i polmoni e il sangue di quasi tutte le forme viventi, dentro e fuori dell’acqua, inclusi gli ingrati bipedi umani, sedicenti “esseri pensanti” che ancora oggi continuano a sacrificare la vita altrui per celebrare le loro tradizioni negli stessi modi barbari in cui i popoli antichi e pagani le celebravano.

Non potremmo esistere senza le piante, non saremmo comparsi su questo pianeta se non fosse stato per le prime cellule vegetali, né mai dalle distese dei mari saremmo approdati sulla terraferma senza di loro. Le studiamo per carpirne i segreti, le loro funzioni e le innumerevoli sostanze che esse hanno saputo sintetizzare per la loro sussistenza (senza aver frequentato corsi universitari e laboratori), per la loro diffusione e per l’interazione simbiotica con le altre forme di vita animale. Pensiamo agli alberi più che altro come dei grandi oggetti mutevoli e decorativi che producono semi e frutta e che lasciano cadere le foglie in autunno come se seguissero processi automatici, che sbrigativamente e superficialmente definiamo “naturali”, dando a questo termine il più vago e superficiale significato e ancora oggi come sempre, nonostante le evidenze scientifiche, quando basterebbero anche solo quelle intuitive, si pensa ad esse come forme di vita inferiore e non pensante e comunque suddita della vita umana.

Siamo immersi nella più profonda e ottusa ignoranza senza riuscire minimamente a immaginare che cosa significhi per una pianta vivere e interagire non solo con l’ambiente circostante ma con il cosmo, noi che ci reputiamo intelligenze superiori, noi che ci esponiamo ai raggi del sole seminudi sulla spiagge estive con i nostri pensieri corti, focalizzati sulle nostre banalità culturali, come far bella figura al ritorno delle vacanze con una bella abbronzatura, ma per il resto pensiamo che il sole o una fonte di luce e calore per noi non fa differenza, basta che dia luce. Noi, non i nostri organismi, che sono il più delle volte più intelligenti del nostro “superiore” cervello “sapiens” cercano la luce del sole perché sanno decifrarla e impiegarla. Non riusciamo a immaginare che le piante, oltre a “pensare” in modo del tutto autonomo, sono anche in grado di comunicare e di percepire molte più cose di noi e di quante noi possiamo immaginare. Sono esseri viventi intelligenti, senzienti e noi le trattiamo come oggetti.

Molto, molto tempo prima che noi smettessimo di considerare il sole una divinità a cui offrire sacrifici sanguinari tanto crudeli quanto idioti, le piante sapevano già sfruttare la sua energia con sistemi biochimici sofisticatissimi, tuttavia non abbiamo ancora finito di sacrificare animali alle improbabili divinità di molte culture umane, così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire, saremo spettatori dell’ulteriore sacrificio di uno di questi giganti verdi, spezzato, umiliato, soffocato dai decori luccicanti festivi, e condannato come tanti suoi simili più giovani ad una lenta agonia in cui il loro inascoltato gemito di morte si spegnerà fra le luci, le risate e gli abbracci delle festanti famiglie umane o delle loro truculenti cene e pranzi festivi. Questa splendida colonna di vita emanava vera gioia da viva nei luoghi in cui era nata, fra le pendici montane, con il suo respiro, i suoi colori il suo profumo ed ora ricoperta di luci fatue che nascondono a malapena la sua decomposizione, verrà lasciata ad avvizzire come un triste simulacro di falsa felicità coperto di addobbi che nasconderanno la sua agonia e le cui foglie durante tutto il trasporto e la collocazione in situ, avranno cercato invano di dialogare con le radici perse per sempre. Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza , la conoscenza scientifica acquisita, della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza continuiamo a considerare le piante come in secoli e millenni di storia umana incolta del passato e per questo il genere umano è doppiamente e crudelmente colpevole.

Senza contare che perseverando in queste forme culturali di uso indiscriminato delle forme di vita, significa insegnare ai piccoli della specie umana a disprezzarle invece che ad amarle e non serve poi gridare “Natura, Natura” mentre la si distrugge nelle nostre stesse case per la nostra protervia ignoranza.

E lo stesso genere umano che pretende da vari pulpiti di voler proteggere l’ambiente che pensa di possedere, non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra, nemmeno in quei comportamenti abituali, in quei gesti apparentemente innocui ma offensivi che ogni piccolo umano rivolge verso le piante in genere, come strappare i rami solo per noia e per impulso, rivelando di non aver assimilato affatto la cognizione che una pianta è un animale e che se produce rami e foglie non lo fa per il sollazzo dei bimbi ma per vivere la sua vita, e se non insegnamo nostri infanti di avere rispetto del ramoscello, dell’arbusto o del piccolo albero, non saremo mai capaci di fermare la distruzione delle foreste.

Anche questa volta un albero sarà sacrificato, in più dei tanti, che vengono fatti nascere per essere uccisi e non per produrre gioia ma profitti, sacrificati sull’altare dell’ignoranza e del sopruso, ad una interpretazione fallace e distorta del concetto di felicità e sacralità. La sua “esecuzione” finale sigillata nel fuoco che consumerà il suo corpo nei vari forni, non è diversa dal rogo di un’altra piazza, in un altro tempo. Allora non si volevano ammettere le evidenze rilevate da una mente geniale ed evoluta, qui ed oggi si ignora l’evidenza di una realtà vivente che finisce miseramente bruciata nel rogo di una tradizione peraltro aliena in questo luogo e cultura. Le puerili e insulse dichiarazioni provenienti dai media che giustificano l’uccisione dell’albero per natale con la semina compensativa di altri alberi, (anch’essi in gran parte da sacrificare) aggiungono al danno e alle ferite le beffe se anche non si riesce a capire che continuando a volere un albero vero ad ogni natale si causerà l’allevamento forzato di questi schiavi destinati al sacrificio. Noi parliamo di vite, loro parlano di prodotti, non riconoscere quest’albero come essere vivente e senziente a tutti gli effetti e la sua ingiusta condanna a morte, significa essere totalmente immersi nel buio della ragione, oltre a quello dell’anima La gioia che esige il prezzo di una vita – quale essa sia – non potrà mai essere una vera gioia. Se si trovasse un arbusto su Marte o sulla Luna grideremmo al miracolo e lo chiameremmo “vita” e faremmo di tutto per proteggerlo, ma qui, sulla terra lo chiamiamo “cosa”, questo vuol dire anche che imparare e ritenere cognizioni senza capire il loro significato sostanziale equivale a non sapere nulla.

Ma gli eventi passano e passa anche l’illusione della gioia festiva, dei fuochi artificiali, degli addobbi e dei decori e quando tutte le luci della festa si spegneranno, più tardi e altrove, si accenderanno le luci dei piccoli roghi dei pezzi del gigante verde e dei tanti piccoli roghi di tanti altri piccoli di giganti verdi che avranno subito la stessa sorte in milioni di case, ovunque nel mondo, in un atroce farsa di sangue verde. Essere nati o fatti nascere solo per essere torturati in due settimane di falsa allegria. Come si può pensare che un albero mutilato dalle radici, possa portare la vera gioia che manca negli spiriti nelle case umane abitate da esseri che non sanno distinguere ciò che è vivo da ciò che non ha vita propria, potrebbe significare che i veri morti sono tutti coloro che pur essendo consapevoli, continuano pervicacemente a celebrare una festa attorno ad una vita che muore, anelando per quella luce solare e quell’acqua piovana che aveva conosciuto nascendo e che gli aveva dato l’illusione del luminoso futuro che gli spettava di diritto.

Ennio Romano Forina – novembre 2017

Indagine sulla Perversione

Quando si fa riferimento alle perversioni il pensiero immediato va alla sfera della sessualità, come se le perversioni si verificassero solo in quell’ambito.

In realtà le perversioni sono innumerevoli e attengono a molte delle attitudini e scelte arbitrarie del genere umano.

È perverso tutto ciò che si fa per prepotenza volontaria o indifferenza e superficialità.
Ogni azione invasiva o brutale che si compie senza porsi la domanda se sia giusta o meno, se non arrechi danno alle altrui esistenze, può essere perversa. Tagliare dei fiori per farli marcire in un vaso è una perversione. Un prato d’erba gradevole ai nostri gusti è una perversione, un albero o una siepe ritagliati e costretti a rappresentare forme geometriche forzate sono una perversione, la distinzione fra piante decorative ed “erbacce” è una perversione.

Ancora per far divertire i bambini si regalano retine acchiappafarfalle, questa è una peversione.

Costringere un cavallo a trascinare un carretto o ad essere sellato per portare un centauro è altrettanto una perversione. Cosa distingue una perversione da un atto invece simbiotico e collaborativo? Tre cose essenzialmente: una motivazione opportuna in senso universale, l’assenza di un abuso di potere e infine il beneficio o il male che dall’atto consegue, tra chi lo effettua e chi lo subisce.

Nella sfera della sessualità, la perversione semantica e linguistica è la prima evidenza per un utilizzo deforme di una funzione creativa e benefica che non dovrebbe essere soggetta a regole arbitrarie e culturali imposte e corrisponde alla perversione mentale che ha deformato il concetto e la funzione della sessualità anche in senso ludico.
Nel linguaggio comune è subentrata l’espressione “fare sesso” al posto di “fare l’amore” o persino, a metafore popolari come “scopare” ad esempio, non essendovi in alternativa, altre espressioni mediane fra quelle cliniche e quelle volgari, dispregiative, popolari. Questo perché la sessualità è ancora vissuta come una cosa sporca, se esce dai parametri convenzionali del momento storico, condizionati da rituali specifici adattabili alle diverse situazioni.

L’unione di due corpi e lo scambio dei fluidi di due organismi, diventa preda e oggetto delle deformazioni culturali stratificate della mente umana e infatti l’espressione”fare sesso” è del tutto errata, il sesso è un genere con il suo ambito, quindi il sesso non si può “fare” o avere, ma si può vivere semmai.
Di fatto questa locuzione di derivazione anglosassone corrisponde alla trasformazione dell’atto in un oggetto, una cosa, un esercizio funzionale e non a una esperienza creativa e mistica che dovrebbe coinvolgere sia lo spirito dell’organismo che quello dell’anima sensibile, così come dovrebbe essere, laddove il “fare sesso” non è diverso nella sostanza di fare jogging.

Quindi la vera perversione non è nell’atto stesso quando esce dai parametri convenzionali, ma nella motivazione e nella qualità dell’impulso che lo genera “prima” ancora che si compia l’atto stesso.

L’intelligenza della vita ha ideato impulsi e stimoli del piacere che non sono limitati alla mera procreazione, poiché essi sono impulsi vitali che devono essere sempre attivi, appaganti e variegati come varia, appagante e variegata è la creatività della vita stessa, così come altri impulsi che sono attivi indipendentemente dalla nostra volontà e danno sensazioni piacevoli salutari, insite nelle funzioni del vivere e del respirare, come il battito del cuore e il respiro.
Poiché la potentissima energia espressa dalle funzioni organiche dell’amore, può avere un immenso potere di scambio, quindi economico, la mente umana, nella sua generale attitudine perversa, ha capito di poterla sfruttare per ottenere cose del tutto diverse da questa energia e dalle ragioni per cui questa energia esiste, ed è questa la vera perversione fondamentale, ma solo una delle tante che vengono attuate, per ogni cosa su cui si possono mettere le mani e che viene così deformata a piacere per saziare questa mostruosa cupidigia che caratterizza la specie.
Anche gli impulsi che possiamo in parte regolare, finiscono dunque con il subire i danni dall’attitudine di deformare le funzioni per sfruttarle narcisisticamente allo scopo di ottenere cose diverse da ciò che deriva dalla bellezza e armonia della funzione stessa.

Siamo in grado a volte di fare cose lodevoli e di estendere il sentimento della compassione ma la predisposizione alla prepotenza malefica è ancora di gran lunga dominante nella mente e nelle culture della gran parte dell’umanità.

Da “A Different Evolution” di Ennio Romano Forina

Dentro, l’Inferno.

Le cose più belle e sublimi l’umanità le fa solo quando le attinge dall’Amore Cosmico. Quando esce da sé stessa e ama davvero, collegandosi al Tutto e fraternamente a ogni singola energia vivente.

Dentro di essa vi sono le cose peggiori, la spazzatura brutale, i dispotismi, le mistificazioni religiose, l’asservimento della realtà vivente, ora una umanità intossicata dalla droga razionale e tecnocratica che genera illusioni di superpoteri e in cui tutto diventa conflitto per il possesso infinito, che infetta e distrugge sempre di più questo fenomeno che chiamiamo Vita.

L’umanità è tuttora quello che è stata nelle generazioni precedenti e ogni singolo individuo porta il retaggio delle malvagità commesse dagli antenati di noi tutti, di tutti i generi e di tutte le stirpi, se non si comprende questo l’umanità si condanna da sola a soffocare nell’ambizione del dominio invece di elevarsi e prosperare nell’ambizione dell’Amore.

Ennio Romano Forina

Due Troni

La maggior parte della politica, ignora volutamente e con suprema indifferenza l’orrore dell’olocausto degli animali, tra loro sempre da una parte e dall’altra, alcune sensibili persone pur rendendosene conto, non hanno il coraggio di fare “outing” come accade per altre correnti di comportamenti, perché non sono così numerosi e influenti come quest’ultime e evitano di usare i loro pulpiti per denunciare gli abusi umani sugli animali e chiedere con furia il rispetto della loro vita e dei loro diritti, dei diversi dalla bestia umana.

Lo fanno per indifferenza, volontaria ignoranza e paura di essere tagliati fuori da questa nuova aristocrazia che mette al primo posto gli interessi di parte e quelli individuali.

Dovrebbe intervenire la famosa “scienza” e il raziocinio evoluto a temperare la voracità di profitti e di carne e a disperdere le nebbie che da sempre avvolgono la società umana. Ma sebbene il raziocinio sia riuscito nei secoli a demolire alcune antiche perverse mistificazioni, successivamente ne ha generate di nuove.

Le antiche religioni mettevano il genere umano su un piedistallo e al di sopra delle altre specie animali per diritto divino, una buona scusa per assoggettarli e sfruttarli senza limiti. Tuttavia anche la scienza, non ha voluto e non è riuscita nel compito di destituire l’umanità dal trono imposto dalle religioni, poiché anche la scienza si è commutata in una sorta di religione con i suoi dogmi e i suoi rituali e il suo tornaconto abbietto sulla vita del mondo vivente e ha semplicemente messo l’umanità su un trono aggiuntivo, cosicché l’umana creatura oggi anziché risiedere su un solo piedistallo, ne occupa ben due.

Questo perché la maggior parte della ricerca scientifica da sempre si occupa poco di conoscenza pura e moltissimo di conoscenza tecnologica convertibile in potere e ovviamente ricchezza.

Possiamo dunque affermare che le scienze hanno fallito il loro compito di affermare le verità universali demolendo le menzogne universali e infatti vediamo che le due mistificazioni ufficiali che stabiliscono che gli altri animali possano e debbano essere trattati come cose, risorse, oggetti, quella religiosa e quella scientifica ufficiali, convivono in perfetta sintonia e complicità, l’una garantendo il massimo benessere possibile su questa terra e l’altra promettendo il massimo premio possibile nell’altra dimensione.

Così l’umanità ottusa non si vergogna di affidarsi alla irrazionalità tanto quanto si affida alla razionalità e questo è da tempo immemore il segno dell’egoismo e della conseguente abissale ignoranza umana nonché di tutte le sue nefande azioni.

Non vi è nulla di miracoloso e magico nelle realizzazioni tecnologiche umane, noi abbiamo soltanto trovato il modo di utilizzare energie che altri animali hanno scelto di non usare o abusare.

Quindi, vi prego, amiche e amici, nella lotta per la verità e per la giustizia, non fermatevi a guardare il dito, quantificando quanti soggetti in una parte politica siano apertamente e brutalmente carnefici di animali e quanti ve ne siano ipocritamente nell’altra. Sono uniformemente rappresentati da tutte le aggregazioni umane e dalla società umana tutta.

Non esiste nessuna parte politica o mediatica o intellettuale o istituzionale, che finora si sia VERAMENTE impegnata nella difesa degli animali, solo in piccola parte, marginalmente e per gli animali così definiti di “affezione” mentre la realtà degli allevamenti intensivi e non intensivi, è diventata ancora più barbara proprio con il supporto della scienza/religione, con etica deformata e asservita e l’avallo delle istituzioni, di quanto lo fosse stata in tutti i passati. In alcuni casi i partiti hanno fatto finta di farlo – ipocrisia – per raccogliere le simpatie degli ingenui animalisti sinceri e dedicati, altri hanno biecamente dichiarato che gli animali stanno bene nella brace con il giusto condimento.

Forse è più produttivo confrontarsi con i carnefici sfrontati che con un velleitarismo ipocrita che pensa, agisce e si crogiola nel suo schizofrenico mondo di menzogne.

Esistono solo due partiti: quello della crudeltà bugiarda e quello della verità sensibile. Il grande partito trasversale globale dell’indifferenza e del profitto e il piccolo partito di opposizione della giustizia e della compassione.

Ennio Romano Forina

NOI. The Broken Words

NOI, LE PAROLE SPEZZATE

Noi siamo le voci perdute

che non saranno più ascoltate,

siamo le ombre evanescenti

di quelli che non torneranno,

frammenti che una volta erano corpi

fatti in cenere e in pezzi

dal mortale soffio

di questo improvviso fuoco d’inferno.

Per quello che l’inferno può contare.

Noi siamo quelli che saltavano

attraverso i vetri infranti e le pareti

sperando in una morte veloce

per finire il dolore insopportabile

di soffocante bruciore,

o sperando che qualche angelo

ci raggiungesse prima

della dura pietra del suolo.

Noi non sapevamo che il mondo

stava guardando attonito e sgomento,

per noi il mondo stava finendo.

Noi siamo i pensieri, evaporati

nell’acciaio incandescente

anelando per il cielo altrove.

Noi siamo le parole non dette

e le chiamate non fatte

a quelli a noi più cari.

Noi siamo morti così come molti morirono

e muoiono per violenza ottusa

in esplosioni e nubi di polvere.

Noi siamo morti, chiedendoci

perché siamo stati scelti

per finire così senza preavviso.

Noi abbiamo perso tutte le occasioni

di raggiungere i nostri amati e cari

e di possibili altri splendidi giorni futuri.

Noi siamo i nostri desideri nostalgici

non ancora e mai più espressi,

desideri e speranze non svelate

di inesplorati giorni a venire.

Noi siamo i perduti e nascosti sentieri

di conoscenza sconosciuta per sempre.

Non siamo santi o martiri, né eroi

perché distrutti così e impreparati

come per qualunque essere vivente

ucciso per disprezzo

ma nell’attimo eterno in cui perdiamo

quello che noi tutti siamo

improvvisamente possiamo capire:

-chi non sente la morte degli altri

non è affatto vivo.-

Ed ora che le parole sono inutili

e tutto il dolore sembra scomparire,

quello che possiamo imparare

andrà via con noi soltanto,

via da tutti voi, sopravvissuti

e persi in questo mondo senza amore.

Adesso, tutti voi e gli altri,

sia che guardiate piangendo

o esultando per una vittoria,

continuerete a vagare ciecamente

e ciecamente a continuare a distruggere

senza voler conoscere la ragione

e il perché dell’odio che non vede.

Noi siamo ora questo fumo che cresce

e nasconde ogni sensazione

di ciò che di noi è rimasto

mentre il respiro della vita

non è più nemmeno un sospiro.

Presto scompariremo,

nell’aria limpida del giorno,

senza un tocco o un sussurro

da coloro che ci amavano tanto

ma in qualche modo resteremo

come diamanti nelle loro anime.

E anche noi da ora in poi

come tanti prima e sempre

nella storia indegna

di questa stirpe umana

saremo spettri di memoria

per tutti i distruttori

di ogni tempo e luogo.

Per tutti quelli che hanno esultato

per la nostra morte

e acclamato una vittoria,

noi saremo sì ora null’altro

che una nuvola di fumo denso e scuro

che sale e invade lentamente il cielo

ma un fumo più denso e scuro

resta in tutte le menti e le anime

di tutti i popoli, in tutti i tempi,

generato in tutte le bare dell’odio

disperse dai venti del male,

senza aver mai toccato e sentito

nessuna parte dell’Amore

che muove, guida e dà vita

a tutto l’Universo.

WE

We are the lost voices
that nevermore you’ll hear,
we are the fading shades
of those that won’t come back,
shreds of what once were bodies
in ashes and in pieces,
made by the deadly blow
of a sudden hell’s fire.

 For what the Hell can count.

We are those who jumped off
the broken glass and walls,
hoping our death came quickly
to end the pain so unbearable
of burns and suffocation,
hoping that some angel
would save us just before
reaching the hard stone
down on the ground

We didn’t know the world
was watching all astonished.

For us the world was ending.

We are the thoughts,
evaporating in incandescent steel,
reaching the sky somewhere.

We are the words unspoken,
the calls we never did
for those we cared so much.

We died like many died and die,
for blinding violence,
in blasts and clouds of dust.

We died asking why
were we the chosen ones,
to end like this so abruptly.

We missed all the chances
to reach again our loved ones
and shining days ahead.

We are our lost and hidden pathways
of knowledge unknown forever.

We are the cry of shame
for an unjust death
as for many living beings
killed with harsh contempt.

It’s hard to feel the pain of others
until you try that on yourself
then, on the eternal moment,
of losing what you are
you suddenly realize

 – Those who don’t feel
the death of others
are not alive at all. –

But now all words are useless,
’cause all the pain has gone
and what you may learn by this
will go with us away
from all the rest of you,
survivors but lost
in this world that has no love.

Now, all of you people,
whether you watch crying
or cheer about a victory
you’ll keep wandering blind
and blindly keep destroying
until you’ll wish to find
the ousted sense of wisdom.

We are this growing smoke
that’s hiding all the feelings
of what is left of us. 

While the life’s breathing
is not even a sigh.


Soon we’ll disappear,

in this shining daylight
without a touch or whisper
from all our loved ones,
but in some way we’ll stay
like diamonds in their souls.

And shades of darkness inside
anyone who only knows to hate.

For those who cheered our death
exulting about a victory
we may well be some smoke now
scattered by winds of evil,

just raising in the sky,
but smoke more thick and dark
stays in all the minds and souls
that always are raised

in all the graves of hate.

Ennio Romano Forina 9/11 – 2001 – 2022

La Formula dell’Amore

Non si può essere capaci di amare

se non si hanno un cuore e un’anima sensibili

e allenati ad amare

e se si hanno questi due elementi

non è possibile che si possano MAI mettere da parte

né per poco, né per lungo tempo,

lasciando soffrire un’altra anima.

Così, se qualcuno nella vita vi ha ferito e fatto soffrire

per essere già impegnato in altri amori qualsiasi,

non vuol dire che non abbia amato voi perché ami altri,

siano persone o coniugi o i propri figli,

ma di non avere affatto la capacità né la volontà di amare

e quindi di donarsi ed essere sempre presente

ne a voi né a nessuno.

Molti credono che l’amore per i figli

debba trascendere e superare qualsiasi altro amore.

Falso.

Se l’Amore esclude altro amore, non è amore ma possesso.

La garanzia della propria continuazione attraverso i propri figli.

Puro egoismo che agisce nell’illusione di colmare

il proprio vuoto determinato dall’incapacità di amare

e di essere leali nell’Amore.

Quando il miracolo di amore si realizza

in una fusione e non in un inconsistente possesso,

due anime si uniscono

così che l’una non può ferire l’altra

senza ferire anche se stessa.

L’Amore è l’unica ricchezza che si rigenera

e aumenta il suo valore sperperandola.

.

Ennio Romano Forina

Meditando l’Amore in una Notte d’Estate

MEDITANDO L’AMORE D’ESTATE

Perché scrivo spesso versi d’Amore?


Perché l’Amore è la ragione di tutto ciò che esiste, 


non vi è azione che non sia da un impulso d’amore generata, 


ed ogni essere vivente è inesorabilmente immerso 


nel fluire di questa energia universale,


che al tempo stesso lega e libera le anime 


nell’infinito divenire di gesti creativi,


tanti quante nel firmamento sono le creative stelle.


Ma non è da tutti saper amare,


vuol dire conoscere un’altra anima


che schiude le sue ali per alzarsi in volo


ed avere ali altrettanto forti da poter affiancarsi a lei


nel temerario viaggio dell’amore, 


il più difficile e aspro viaggio che vi sia.



Vuol dire avere nostalgia della sua essenza,


attraversare i confini del suo vibrante impero,


ma non si può conoscere un’anima di sentimenti piena 


avendo un’anima misera e senza nutrimento.

Nelle unioni di ogni tempo, antiche e nuove,


si offrivano doni e beni a garanzia


della sussistenza di una famiglia, 


lo fanno tutti gli esseri viventi,


ma gli animali nella loro cristallina essenza, 


donano vite e anime insieme

alla compagna 
senza esitazione,

non così fanno gli umani,


che si presentano impreparati all’appuntamento dell’amore


pensando di aver trovato nella persona amata

tutta 
la ricchezza e di poter finalmente bere

impunemente alla fonte stessa dell’amore,


per colmare ciò che a loro manca.

Ma non potranno mai dissetarsi dell’anima altrui, 


non potranno mai rapirne l’energia vitale


perché le due anime per poter amarsi


devono già essere piene di diverse forme 


della stessa sostanza d’amore,


sì da poter di una stessa energia vibrare 


ed essere infine a quella eternamente avvinte.



E questo vale per ogni forma vivente


che proprio di questo Amore vive e si nutre


o non sarebbe viva e vera.


Allora, se si è dotati di energia d’amore,


si può iniziare il viaggio
 della conoscenza vera

di un’anima libera,
 volando insieme a lei 


come fanno gli uccelli nelle migrazioni,


sapere quando assecondare la sua indole


sapere quando è necessario tenerla stretta,


ma non per trattenerla,


solo per impedire che si faccia male a volte,


volando troppo in alto.



Serve coprirla di tenerezze e di sorprese,


serve essere sempre presenti


e quando occorre, allontanarsi da lei.


Come una pianta, ella ti dice quando ha sete,


allora dissetarla nel modo giusto quanto lei vuole,


capire quando serve calore e sicurezza,


serve proteggerla, aver cura di lei, farle dimenticare le ferite,


serve toccarla con mani d’artista, di poeta e mani d’eroe,


serve sfiorarla con i versi del cuore e della mente,

serve rassicurarla con parole giuste e forti,

serve prenderla per mano se è smarrita,


e condurla nella tua certa direzione,

ma serve lasciare che sia forte per sé stessa.

Di un impetuoso amante serve il fuoco e la passione

e le serve il fascino dell’intelletto che va oltre,


serve farla ridere, stuzzicare, provocare, giocare,

eccitare, incuriosire, lasciarla nascondersi nell’ombra

o splendere nella luce del suo sole quando vuole.

Guardare il rosso dei tramonti con i suoi occhi e non i tuoi,


accettare i suoi momenti oscuri come si accetta il calar del sole,


il buio della notte e la tempesta e il desiderio di stare sola,


e in te per una rinata vita voler crederti una stella, 


un faro da seguire, un rifugio e una dimora per riposare.



Ma se non sei pronto per affrontare tutto questo,


se pensi che il suo sorriso, i cuori e i “ti amo” che ti ha detto


e da te fidandosi, continuamente vuol sentire,


e se pensi che il suo amore

sia un compenso per le tue ambizioni,


sbagli, lei non è una tua conquista,

né lo sarà mai, 


lei vuole un cuore vero e sicuro

e forti mani ma dal delicato tocco,


che la tengano stretta senza farla prigioniera,

per l’inizio di un viaggio aspro e senza fine


che metterà alla prova ciò che credi di sentire.

Come una madre vera, più di sé stessa ama la sua prole


per poi lasciarla andare nel tempo del suo volo,


così un uomo deve amare colei


che come compagno lo ha pensato e scelto, 


più di sé stesso dunque, amarla

e per far questo 
tu non puoi,

non devi dipendere da lei,


ma esser vero e crescere da solo,


essere ricco di sensi generosi e dedizione.


Lei sarà mutevole, anche più del vento,

sarà nervosa a volte,
 elettrica e scostante,

ci sarà la pioggia e il temporale,

ti stupirà la sua incoerenza,

ti immergerà nei suoi nebbiosi oblii,

ti smarrirà nei suoi labirinti della mente

per poi svegliarsi d’improvviso da un torpore,

a chiederti perché non sei in quell’istante,

accanto a lei avvinto in un potente abbraccio.


Ti chiederà la luna un giorno,

solo per metterti alla prova,


incomprensioni e lacrime improvvise,

per la paura e l’indolenza di un amore stanco,


vorrà la prova della convinzione e del coraggio

che del Sole accende il fuoco e i luminosi raggi.

Ma se non hai questo in te e se hai paura,


non sei degno dell’impegno che ti attende, 


se sei uno che si offende non puoi stare con lei, 


perché lei ti offenderà sempre, è la sua natura


e ti perderai nei vortici delle sue emozioni,


e nei suoi improvvisi turbamenti

perché lei abuserà della tua comprensione,


spesso ti metterà a dura prova,

sfidando la tua volontà fino all’estremo,


solo per sapere se il tuo amore è vero

e quando infine sarà certa del tuo amore,


vorrà andar via veloce e lontano da te,


perché una donna vera


non vuol mai perdersi nella nebbia è vero, 


ma ama il mistero.


Ella ha paura di ogni incertezza,

ma al tempo stesso 


teme di essere certa

e di restare 
nella certezza prigioniera.

Ennio Romano Forina

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Wargames

“This town ain’t big enough for the both of us!…”

“Questa città non è grande abbastanza per noi due”.

La classica locuzione dei film western americani che preludeva al duello finale tra i due gunmen antagonisti, penso sia la giusta metafora di quanto sta accadendo in questi mesi.

La globalizzazione, come era prevedibile, ha fallito lasciando solo macerie del pianeta vivente, consentendo a tutti di appropriarsi di tutto, così nelle menti perverse che l’hanno pianificata e attuata che hanno rilasciato i demoni dello sfruttamento incontrollato delle “risorse”, ogni nazione per suo conto e per sua convenienza, ha avuto ancora più motivi per succhiare come parassiti voraci il sangue del pianeta.

Potrei fare un lunghissimo elenco di esempi noti, senza contare gli innumerevoli altri nascosti alla consapevolezza comune e comunque reperibili dal web.

Balene, delfini, foche, rinoceronti, elefanti, tigri, leoni, bovini, suini, oche, uccelli e poi minerali petrolio, oro, argento, rame…alberi, detti anche legname…e mi fermo qui per non tediare troppo chi vorrà addentrarsi nella lettura di questa riflessione.

Il fatto è che non parliamo più di una piccola città dove si scontrano due singoli contendenti, ma parliamo di un mondo umano divenuto sempre più imponente ma barcollante ed estremamente e drammaticamente complesso.

La corsa sfrenata allo sviluppo, al profitto e alla crescita e la disponibilità quasi illimitata di cibo animale e vegetale industriale ha prodotto l’esponenziale aumento della popolazione umana, che in un collettivo delirio di onnipotenza pensa che fare figli all’infinito sia un sacro dovere, – anche se questo va a scapito dei figli di altre specie animali e di tutti gli equilibri naturali- senza rendersi conto che se una specie, qualsiasi specie, si moltiplica troppo rispetto ad altre, i delicati equilibri del mondo vivente si rompono in breve tempo generando il disastro per tutti e senza parlare della famosa etica superiore di cui ci vantiamo non confermata dai risultati delle nostre azioni.

Dunque la locuzione iniziale dovrebbe essere declinata così: Questo mondo non è grande abbastanza per la molteplicità di tante grandi e piccole nazioni, che succhiano come vampiri la linfa vitale del pianeta mummificandolo e incendiandolo e pensando ingenuamente che possa facilmente risorgere come la Fenice dalle sue ceneri.

Purtroppo, alla fine di un ordine fittizio generato dalla volontà comune di far soldi e appropriarsi di spazi sempre più grandi nella competizione finanziaria e commerciale ciò che resta è il deserto.

A differenza di altri momenti nel passato, non ci sarà la guerra per il cibo, con l’industria carnivora e i pesticidi e le macchine produttive c’è ancora persino troppo cibo per tutti, ma il cibo si fa con l’acqua e non è così facile fare l’acqua come si fanno gli orrendi allevamenti.

E comunque, la famosa crescita agognata e bramata da tutti i popoli porta inevitabilmente alla crescita del già smisurato, mostruoso, insaziabile appetito di tutti per i territori e le “risorse” in essi contenuti.

È stato abbattuto un equilibrio prodotto da una permeabilità misurata delle nazioni, scatenando la “Gold Rush” globale e incontrollata del profitto. Ecco perché ci sarà una guerra generalizzata, della quale stiamo constatando l’inequivocabile preludio, mentre i politici e i poteri finanziari del mondo dalla visione corta, pensano soltanto ai giochi di potere e controllo, senza capire che il bubbone della crescita “whatever it takes” sta per scoppiare in mano a tutti.

Ennio Romano Forina

L’Onorevole Febbre Elettorale

C’è chi esorta gli elettori a dotarsi di occhi di tigre, quindi ad assumere uno sguardo feroce, non si sa bene per quale tipo di utilizzo se non per fornire un ulteriore motivo di bracconaggio ad uso dei tanti coglioni e rappresentanti abbietti della domanda e offerta nel mondo, che stanno facendo estinguere anche il nobile felino, credendo che i suoi testicoli possano conferire miracolose e formidabili potenzialità sessuali e mentre nessuno dai media, si pone il dilemma di cosa esattamente significhi munirsi di occhi di tigre, quale significativo messaggio rivolto alla parte politica e al popolo di elettori, per la risoluzione dei drammatici problemi di perduto benessere e mera sopravvivenza.

Ma c’è chi nell’agone della politica propone di piantare un milione di alberi, auspicando città circondate da boschi e costui viene puntualmente deriso come se avesse detto la più inverosimile e assurda stupidaggine.
Certo, gli occhi di tigre hanno il potere taumaturgico di sconfiggere le pandemie, stimolare l’economia reale, creare posti di lavoro, giustizia sociale e dulcis in fundo, di risanare i nostri guasti ed evitare il disastro climatico globale.
Macché alberi! Che se ne fanno gli elettori degli alberi? A che servono gli alberi? Tutte cose risibili: mitigano le temperature negli inverni e le rinfrescano nelle estati, causando gravi risparmi di energie, arricchiscono il suolo impedendo la desertificazione, assorbono e metabolizzano le nostre dilaganti sostanze inquinanti peggiori e rendono l’aria respirabile, mantengono l’integrità dei terreni collinari e montuosi impedendo le frane di rocce e i disastrosi, spesso letali, smottamenti fangosi, ospitano ecosistemi fondamentali per la flora e fauna di un territorio e del pianeta stesso, producono cibo per noi e tutti gli altri animali e molte, molte altre funzioni benefiche, ma volete mettere gli alberi come protagonisti di una campagna elettorale seria? E no! Serve la litania del popolo sofferente che non arriva a fine mese (io direi nemmeno alla prima decade del mese), tutti incredibilmente bravi a fare l’elenco dei problemi senza mai fare quello delle soluzioni, senza mai indicare effettivamente “come” soddisfare tutte le puntuali promesse che vengono proclamate da tempo immemore dai vari pulpiti della politica; bisogna…, si deve…, vogliamo fare…, creare posti di lavoro…, semplificare la burocrazia…, – che al contrario diventa sempre più intricata e labirintica -, migliorare la fiscalità, la giustizia, la solidarietà sociale, il compimento e la realizzazione di opere atte a dare impulso all’economia e allo stesso tempo, dicono, salvaguardare quello che loro chiamano “ambiente” ma per me si chiama il “pianeta vivente”.
L’ambiente sono le case, i salotti privati e televisivi, i supermercati e purtroppo le infinite strade che si irraggiano come metastasi di un cancro inarrestabile che divora e distrugge tutti gli spazi vitali.
No, per me ciò che vive non è “ambiente” e nemmeno “natura”, ciò che vive si chiama Vita.
Sono vivi i campi liberi, sono vive le colline e i litorali, sono vive le rocce e le montagne sono vivi i ruscelli e gli stagni e i laghi e i mari e vivi sono i venti e i cieli dove volteggiano le ali degli uccelli e tutti gli esseri che con la loro semplice presenza rendono la Vita ancora più viva.

Io apprezzo che nel contesto politico qualcuno si avventuri a sue spese, offrendo il fianco ai vuoti sarcasmi degli avversari a dare un minimo di evidenza alla orrenda questione e condizione degli animali, ma ritengo necessaria una nota aggiuntiva al relatore della dichiarazione d’intenti: – Gli animali, non si devono amare quando e perché amano noi e sono fedeli – come del resto anche tra gli umani non ha senso e non serve a nulla amare per per un ritorno compensativo di affetto o servizi, questo non è amare.
Gli animali devono essere rispettati rispettando i loro naturali diritti esistenziali poi va da sé che si possono stabilire connessioni relazioni affettive più o meno profonde e sostanziali con loro e tra loro, secondo la specie interessate e secondo la koinè comune dei gesti, degli sguardi sopratutto e dalle auree di energie buone e/o cattive che gli animali sanno percepire e distinguere molto più di quanto possiamo farlo noi, ma questo non fa differenza, tutti gli animali sanno vivere e vogliono ugualmente godere il prezioso dono di essere quello che sono in pace.

Ennio Romano Forina

Uragani D’Amore

Gli uragani liberano energie 

che hanno un tremendo potere distruttivo,

più grande è la loro forza

più devastanti sono gli effetti che causano.

Non è così in amore,

il potere distruttivo dell’amore

non deriva da una grande forza ed energia,

ma da una grande debolezza.

Così a tutte le donne voglio dire:

“Non fidatevi di amori 

che siano di livelli inferiori 

a quello di una tempesta tropicale”.

Ma non lasciatevi ingannare

dalla violenza del possesso

di un cuore e di una vita, 

non l’energia vera 

di un uragano d’Amore, 

nient’altro che un turbine di vento,

che presto sparisce nelle sue rovine 

poiché soltanto vuole 

impadronirsi della vostra.

Ennio Romano Forina

Nel Mito della Carne

NEL MITO DELLA CARNE

La conformazione del corpo umano, le sue peculiari caratteristiche, lo rendono un velleitario predatore ridicolo senza le protesi che ha costruito per cacciare e uccidere e sarebbe certamente destinato velocemente all’estinzione se dovesse contare solo sul suo fisico, non avendo per sé né l’acutezza dei sensi né la capacità di inseguire e catturare prede più grandi di un mollusco o di insetti che non volano.

Dunque perché le culture dei popoli e le loro istituzioni, da sempre e attualmente anche con quasi tutto il sostegno della scienza ufficiale e vieppiù della religione, continuano ostinatamente a sostenere la necessità assoluta dell’alimentazione carnivora, nonostante tutte le evidenze e le ragioni anche salutistiche opposte senza contare quelle etiche?

Non considerando le tematiche del profitto e della dipendenza artificiale del consumo di carne, crudele e spietata da sempre, ma che nello sfruttamento dell’industrie alimentari ha raggiunto livelli di crudeltà e sadismo degni degli inferni peggiori che una mente perversa poteva mai immaginare e che invero sono stati realizzati da tutti i popoli senza che in loro nessuna riflessione di vergogna, barlume di compassione o pietà venga evocata per le torture e lo sfruttamento di esseri viventi costretti in condizioni orrende di prigionia e uccisione.

Da quando la specie umana ha deciso di imitare i predatori provando a uccidere altri animali e a nutrirsi delle loro carni, nessuna modificazione sostanziale è avvenuta nella morfologia umana, nemmeno nei suoi organi interni che sono rimasti quelli di un mangiatore di bacche, frutti e noci, salvo lo sviluppo di risibili canini che si sono formati più che altro come utensili di vario uso e non per velleitari sgozzamenti di improbabili prede.

La risposta quindi non sta nella modificazione del corpo umano, ma nella concreta modificazione del suo cervello; vale a dire lo sviluppo di un cervello da predatore assoluto il più feroce e insaziabile mai esistito in un corpo da frugivoro, originariamente arboricolo e dunque, la conclusione di questa analisi sommaria non può essere che una: il cervello umano è diventato peggiore di quello di un tirannosauro per l’effetto continuativo drogante della carne cotta e bruciata con il fuoco.

Al pari di altre droghe, come l’alcol e la nicotina e molte altre ancora che creano dipendenza anche la carne specialmente cotta e abbrustolita, ha influito per millenni sulla mente umana trasformandola in qualcosa che sicuramente non era nelle sue origini, come altre droghe che danno la sensazione di una maggiore forza ed energia inusitata e annessa illusione di onnipotenza, la carne ha avuto ed ha lo stesso ruolo di altre sostanze che vengono predilette non tanto per l’apporto di nutrienti che la carne ovviamente ha ma che l’organismo umano non è progettato per servirsene e se un tempo per ragioni ambientali, carestie, glaciazioni luoghi desolati il consumo di carne poteva avere qualche giustificazione di sopravvivenza oggi lo si predilige sopratutto per il godimento di un orgasmo organolettico e dei suoi effetti energetici, che non è quello di nutrire ma quello di inebriare con vigore e potenza fittizi. Senza parlare delle potentissime motivazioni generate dai profitti che derivano dagli allevamenti e dalle uccisioni di animali messi in un mercato viziato da una cultura ottusa, insensibile e ipocrita che non vuole riconoscere il potere drogante della carne modificata dal fuoco e resa più metabolizzabile dall’organismo umano e che parallelamente a tutte le droghe legali e non, rende questi altissimi profitti.

Inoltre, il costume e il vizio di uccidere, che ha superato di gran lunga nei millenni le vere necessità di sopravvivenza, facendoci precipitare nelle orge del piacere del palato e della pancia, ha sicuramente influito sul nostro carattere che in origine non doveva essere così feroce, aggressivo, conflittuale e vorace, come lo conosciamo nella storia documentata degli ultimi millenni, fino a ieri e senza soluzione di continuità persino in questi drammatici giorni segnati dalla distruttiva guerra imperialista di turno come tante, come sempre.

Tutte le guerre di conquista, i dispotismi, i pretesti delle prepotenze e le mistificazioni, forse non costituivano in modo così prevalente la nostra natura, forse la droga della carne ci ha resi peggiori, quello che siamo stati e siamo oggi, colpevoli dei più orrendi misfatti contro noi stessi ma sopratutto contro gli altri esseri viventi innocenti e più immensamente giusti di noi.

Gli animali più poderosi sono erbivori e questo lo sanno l’erba e i sassi e dovrebbero saperlo anche i bambini ma ai bambini umani viene raccontata da sempre tutta un’altra storia. Falsa.

Ennio Romano Forina

Il Genere delle Stelle

Nelle due entità, possiamo percepire l’uguaglianza delle energie creative del Cosmo e celebrare ambedue con la stessa venerazione, nella poesia dei colori, dei versi e dei suoni e le une e le altre allo stesso modo io guardo, poiché esse sono l’essenza e la guida vera e il senso del divenire creativo che si contrappone alla nullità di ogni violenza. Il femminile universale da cui tutto nasce e diviene.

Ennio Romano Forina

IL SENTIERO INVERSO DEL GOLGOTA

Cosa è mai questa Pasqua dei popoli

che ricorda il sacrificio supremo

voluto per Amore sovrannaturale, universale,

e lo celebra con gli spietati sacrifici

per la pancia e per il dio denaro?

Non è così che si diventa buoni,

spezzando il sacro amore che nel Cosmo

unisce ogni madre ai suoi figli.

Quell’Amore che proviene

dallo stesso Amore universale che lega infine

tutti gli esseri viventi.

Solo l’ipocrisia e la menzogna umana sono capaci di trasformare il Verbo che si fece carne viva, nella carne morta e sanguinante delle Sue creature.

Mi rivolgo a voi, che accompagnate l’Uomo sul simulacro di un altro golgota, per la gratitudine del messaggio dell’altruismo supremo offerto per salvare il genere umano dal suo egoismo malvagio e distruttivo, ma quando scendete da quel tragico percorso diventate anche voi carnefici di altre creature innocenti, anch’esse generate dallo stesso amore divino che ha generato voi e i suoi assassini che lo sacrificarono come adesso ancora si sacrificano orrendamente i cuccioli degli altri, senza voler capire che Lui si offrì generosamente alla tortura e alla morte per ESTINGUERE la crudeltà di ogni uccisione e l’avidità dei popoli non per PROLUNGARLE nei costumi dell’ignoranza e nel deserto della compassione in cui muore l’anima.

L’Uomo, disse che i suoi assassini non sapevano quello che facevano, ma voi, che strappate un figlio ad una madre e lo torturate e lo immolate sugli altari del vostro piacere e della vostra avidità, sapete bene cosa fate, ma siete abituati a mentire, mentire a voi stessi, al mondo, e al vostro stesso Dio che non vorrebbe MAI nutrirsi del sangue delle sue Creature.

Di certo, non ne ha bisogno.

Ennio Romano Forina

Armonia

La pace ottenuta attraverso il terrore di armi che non avrebbero mai dovuto essere concepite e realizzate dalla tanto glorificata e schizoide scienza umana, non è e non sarà mai una vera pace ma la quiete prima che una tempesta si scateni.

La pace non è soltanto il silenzio precario delle armi, l’equilibrio di forze distruttive, la certezza di nessuna possibile vittoria.

Queste sono idee senza valore sostanziale, la paura reciproca non è la ragione per cui non dovrebbero esistere i conflitti umani.

L’antica legge del più forte che la follia umana ha mostruosamente deformato e che predomina in tutte le sue attività, dalle più apparentemente innocenti, dalle competizioni finanziarie, dal denaro usato come arma e minaccia, molto più che come utile sistema di scambio simbiotico di diverse capacità e risorse, a regole e leggi che quasi sempre inibiscono le migliori attitudini dell’intelligenza sensibile, burocrazie dispotiche che livellano a stadi infimi le aspirazioni delle anime e sopratutto alla prepotente imposizione dogmatica degli abusi sugli tutti gli altri esseri viventi.

Essere in guerra costante con gli animali vuol dire avere la guerra in noi senza fare nulla per liberarsi di essa. Per “pace” l’umanità intende la regolazione dei conflitti e delle aggressività in modi accettabili, in forme contenute di guerre combattute con altri mezzi nelle quali tuttavia persiste e domina sempre la stessa legge del più forte, con la capacità e la disposizione di tutte quelle armi improprie che sono comunque in grado di devastare e distruggere le esistenze innocenti o meno.

Ma questa non è vera pace, solo piuttosto un uso controllato di violenza, e nel caso di armi totali la rinuncia all’uso delle stesse, per paura, non per virtù e saggezza ugualmente non può definirsi “pace” .

Ecco perché la pace ambita dall’umanità è così inconsistente, fallace ed effimera.

La vera pace non può realizzarsi nell’equilibrio della paura; che si chiama tregua, ma nell’armonia e negli equilibri universali che comprendono il rispetto e l’amore per tutto ciò che vive, che i sensi corrotti umani non sanno distinguere ma sono riconoscibili nei sensi molto più puri degli animali.

I governi dispotici che da sempre trascinano i popoli in conflitti tanto distruttivi quanto stupidi sono espressione dei popoli in cui si formano e che li accettano e li lasciano agire per convenienza, ed è questo il vero problema del genere umano tutto, il pensiero dominante e debole è ciò che conviene, non ciò che è giusto equilibrato e armonico, ma la natura della convenienza purtroppo è l’esclusività, quindi, la convenienza di alcuni è destinata come sempre a scontrarsi con quella di altri.

Il mai risolto dilemma umano sta nel rovesciare la formula del pensiero debole con quella del pensiero profondo e forte che antepone il “giusto”, il corretto, l’armonia, al “conveniente”.

Ma non basta. Occorre definire cosa sia il “giusto”, poiché ogni individuo, ogni popolo può definire ciò che è giusto in accordo con gli stessi elementi perversi che portano ai conflitti, così come si pretende di avere un Dio sempre dalla propria parte, si pretende di avere ben codificato il concetto migliore di giustizia, purtroppo però non è così; ciò che è giusto non è un parametro assoluto e rigido, ma piuttosto un processo intelligente che ogni volta serve a trovare la via più armonica e positiva per risolvere uno degli infiniti dilemmi dell’esistenza in un contesto di altre esistenze.

Ogni essere vivente è una “perturbazione” proprio come quelle atmosferiche o geofisiche, nello spazio in cui si trova ad agire e sappiamo che esistono perturbazioni gentili e altre devastanti. Gli esseri più senzienti – e non solo umani – hanno la possibilità e la capacità di decidere quale tipo di perturbazione vogliano essere.

Ennio Romano Forina

Strano. La Guerra

Dunque è guerra ancora, e non è una guerra nuova è sempre un misto di avidità, paure ancestrali, paure razionali, miti e deliri di onnipotenza.

È la stessa guerra primordiale, o la guerra di conquista basata sulla presunzione ingenua e nefasta di creare una stabilità per imposizione, per la legge del più forte, ignorando il fatto che nessuna prepotenza potrà mai portare stabilità ma solo odio e rancore repressi, inespressi e desiderosi di rivalsa e di vendetta.

E in effetti la specie umana, nel delirio delle sue droghe è l’unica che esprime una superiore crudeltà attraverso l’odio, la vendetta e il sadismo tutte prerogative nostre che nessuna altra specie animale possiede, nemmeno le più spietate e crudeli per loro natura.

Ed è proprio questo il problema: la sostanza della natura umana, mentre quando si esaminano i fatti che preludono ai conflitti, piccoli o grandi che siano, si pensa solo allo svolgimento degli eventi in un semplicistico esame delle relative colpe di ciascuna parte senza cercare le ragioni profonde della incapacità umana di convivere nel rispetto universale e nella collaborazione fraterna.

Di volta in volta, avviene la replicazione di attitudini, aspirazioni e atti che si accumulano nel popolo di una nazione come forze potenzialmente distruttive che prima o poi diventano irrefrenabili.

Potere e ambizioni vanno di pari passo, o meglio crescono insieme strettamente e intimamente legati tra loro.

Qualsiasi attribuzione di potere piccolo o grande, di qualsiasi livello, ricevuto o acquisito sul campo con la forza e la prepotenza o per assegnazione, genera parimenti uno stato di delirio in cui il portatore di questo potere vede se stesso come un semidio, superiore ai suoi simili e al mondo vivente tutto, nel mito di un sé stesso insignito della speciale autorità di prevaricare l’esistenza altrui e assoggettarla al suo unico e limitato modo di concepire l’ordine delle cose.

La storia umana è costellata da numerosissimi esempi emblematici arcinoti ma ce ne sono ancora molti di più rimasti nella fase minore di formazione incompiuta e tantissimi potenzialmente tali ma che non sono riusciti per condizioni diverse a svilupparsi e a entrare nel novero delle cause dei grandi eventi drammatici storici nefasti e devastanti.

Ci hanno provato in tanti, singoli personaggi, come Alessandro Magno, imperatori e condottieri tanto distruttivi quanto effimeri e inconsistenti, interi popoli come gli antichi romani o i faraoni o gli imperatori persiani, o le grandi potenze coloniali o gli psicopatici come Hitler e Stalin, i megalomani come Napoleone e Mussolini, ed erano grandi nel loro potere perché sostenuti da milioni di persone che si riconoscevano nei loro incubi pensando e illudendosi che fossero sogni, oppure anche dei semplici furfanti senza spessore, come capi religiosi e monarchi e nazioni colonialiste avide di ricchezza da depredare altrove, con la scusa di portare una civiltà superiore o per la semplice legge della barbarie.

E ci stupiamo che ora ci sia una guerra che stiamo considerando con sorpresa e con timore soltanto perché è così vicina e i contendenti sono così pericolosamente distruttivi?

Il mondo è sempre stato in guerra, dopo le due grandi guerre, le nazioni vincenti e perdenti si erano illuse che gli orrori documentati e rievocati rappresentassero un sicuro antidoto a ripetere quelle stesse azioni e a inibire le ambizioni che li avevano generati, ma è evidente che non basta il ricordo se la consapevolezza del Male non viene usata per capire e quindi liberarsi dal potere del Male.

E il Male purtroppo, è in ciascuno di noi, perché la specie umana è la specie del paradosso.

Nessuno di noi sopravvivrebbe senza essere parte di una realtà di convivenza collaborativa e rispettosa di altri come noi. Nessuno sopravvivrebbe né fisicamente e nemmeno psichicamente, siamo intimamente legati agli altri e non solo ai nostri simili umani ma al resto di tutto ciò che vive ed oltre a tutto ciò che esiste: il Cosmo.

Eppure da animali impazziti e senza direzione coltiviamo e custodiamo ancora i pregiudizi e le intolleranze distruttive antiche e in effetti finiamo con il distruggere cecamente, al di là delle dichiarazioni ipocrite e false di volere ciò che è giusto in assoluto, noi invero consideriamo “giusto” tutto quello che a noi fa comodo, come singoli individui, famiglie, gruppi e nazioni sempre con un dio inventato dalla nostra parte.

E ci stupiamo delle guerre? Il conflitto è in noi, siamo in eterna guerra anche con noi stessi, paure e pulsioni inappagate, ambizioni e motivazioni deboli e false, presunzione e visione circoscritta delle cose, pensiero debole e opportunismo. Noi coltiviamo queste orribili attitudini come fossero virtù.

Il nostro è un mondo di brutalità e opportunismi legali, legalizzati e illegali che segue una sola direttiva, e un unico dio, il profitto. Giustamente si aspira al benessere, ma il vero benessere è tale se tutti possono nutrirsi di questo benessere, e possano riuscire a produrne per beneficio proprio e altrui, in modi eqilibrati per tutti gli esseri viventi, altrimenti il benessere egoistico è solo rapina. La ormai insulsa e noiosamente famosa allocuzione : “la tua libertà finisce dove inizia la mia”, altro non è che la formula di spartizione controllata del bottino, è la regola sottintesa delle nazioni come dei condomini o delle gang criminali. È un precario equilibrio di forze e di interessi basato sulla mutua predazione di ricchezze e dello sfruttamento di chi non può difendersi, un equilibrio che si può rompere facilmente, perché i limiti di questo paradigma sono soggettivamente interpretabili secondo individuale convenienza.

La formula dovrebbe invece essere articolata in ben altro modo: ” La mia libertà è sconfinata, non ha limiti nel pensiero e nell’essere, ma non può imporsi con prepotenza sulla libertà e la dignità di tutte le forme di vita e non può e non deve causare danni e sofferenze ”. Quindi per quanto illimitata, la mia libertà è consapevole di un’etica universale che possiamo riconoscere facilmente in tutte le espressioni della vita. L’amore che ha la sua più alta espressione nell’amore materno universale, la vera essenza di questo fenomeno che chiamiamo Natura.

Questa guerra è una guerra primordiale, se fosse combattuta con le clave o con le lance e i pugnali di selce, sarebbe lo stesso, ha le stesse connotazioni e le stesse motivazioni. È una guerra generata nella paura e nell’avidità di territori, con tutto quello che vi è sopra e sotto di essi e con i passaggi che essi permettono.

È una guerra fatta di pregiudizi e diffidenze come tutti i conflitti e come tutti i conflitti generata dall’ignoranza e dalla droga del delirio di onnipotenza. È la guerra generata dagli incubi di due forme tiranniche, un capitalismo sfrenato drogato di crescita e consumo contrapposto a un potere che si è sentito escluso da questa insana frenesia di ricchezza del dispotismo finanziario “Whatever it takes” che passa come un rullo compressore devastando e distruggendo un equilibrio non di gestione del rapporto lavoro = sussitenza e benessere, ma distrugge anche un popolo di anime, come di anime è costituito il mondo degli altri animali soggiogati e vere vittime che subiscono totalmente e senza colpa l’inferno della nostra follia.

Nei colpi di cannone e nelle esplosioni dei missili muoiono e soffrono anch’essi del tutto innocenti mentre TUTTI i popoli umani hanno colpe pregresse. Alternativamente le nazioni e le tribù sono stati predatori a volte e prede altre volte, sono stati vittime in un tempo e in un altro tempo carnefici, sono stati oppressi e quando hanno potuto sono stati oppressori, nessuno escluso, tutti colpevoli e questo retaggio amici miei, persiste nei geni di ciascuno di noi, tutti noi abbiamo avuto antenati, avidi, santi, furfanti, assassini, prepotenti, tolleranti, saggi, stupidi, egoisti o generosi e altruisti. Sta a noi la scelta della giusta direzione e dei giusti compagni di viaggio nel percorso di questa esistenza affinché si possano proiettare nelle future esistenze gli impulsi migliori, costruttivi e positivi anziché quelli distruttivi.

Mi sono rivolto spesso con un semplice schema di logica elementare ai criminali di sempre, sia quelli che agiscono nell’ambito delle leggi che quelli che ne sono al di fuori.

Vi è una certezza inconfutabile, che se essi ambiscono a sopravvivere a sé stessi tramite la loro discendenza non c’è dono, eredità peggiore che possano lasciare ai loro amati figli e nipoti e pronipoti, del mondo in cui vivranno il loro futuro che sarà forgiato e pervaso dall’egoismo efferato e perverso che “loro” stessi contribuiscono a costruire nell’illusione di lasciar loro delle effimere e precarie ricchezze. l’unica ricchezza vera e sostanziale, sarebbe il poter crescere e vivere in un mondo migliore, sano, giusto e gentile, pervaso di buone attitudini e volontà, di tolleranza senza distinzione e amore incondizionato, invece pervicacemente essi continuano a credere nell’eredità di un impero, sia esso territoriale o finanziario o ideologico o religioso, tutti artifici della stupidità della mente umana inconsistenti, falsi e distruttivi.

Il mancato rispetto della vita in tutte le sue forme è l’evidenza inconfutabile invece, della nostra generale e mai sconfitta cattiva volontà.

Adesso vedremo quale dei mostri che abitano in noi avrà la prevalenza: il mostro della paura dell”altro, il mostro del risentimento, il mostro ceco dell’orgoglio e dell’invidia, il mostro del delirio di onnipotenza, oppure in questo vortice distruttivo delle menti offuscate si leverà la voce dell’anima e la compassione del cuore a disperdere la tempesta mostrando chiaro l’abisso in cui possiamo precipitare, in cui si estinguono tutti i pretesti ele pretese, i torti e le ragioni e resta solo il grande Vuoto, il Nulla del Male.

Ennio Romano Forina

Libertà e Diamanti

Seguire le regole di convivenza che sono evidenti e dimostrate nella loro mutua e benefica validità non implica una perdita della libertà di ogni individuo. Ma quando le regole sono imposte e non dimostrano alla prova dei fatti e inconfutabilmente di essere valide, utili o benefiche, allora si ha il diritto di dubitare e di resistere alle imposizioni, qualunque sia il Nume, il potere, l’ideologia, la religione, il pensiero unico, che le impone senza evidenze certe, acclarate e riconosciute da tutti e non già da una esigua e prepotente parte del sistema scientifico, peraltro settoriale, industriale, condizionato dalla religione del profitto. Per cui, tanto maggiore è la forza e la brutalità dell’imposizione applicata – di un pensiero che non è affatto unico, ma che si vuole imporre come unico, – tanto maggiore si rivela l’inconsistenza dell’imposizione e la necessità quindi di esplorare a fondo la sua validità nelle motivazioni, nella sostanza, nel metodo della sua applicazione.

Siamo una specie evoluta solo a livello tecnologico, la nostra etica, ancorché in occasioni più rare ad ogni generazione, “sembra” più evoluta, in realtà non è affatto superiore all’etica degli animali TUTTI gli animali, è solo più estesa, come reazione uguale e contraria agli orrori che siamo capaci di compiere da decine e decine di migliaia di anni, forse da sempre.

Non c’è da stupirsi se gli individui abituati ad esercitare il pensiero e la ragione sensibile siano coscienti del fatto che non c’è mai stata una età dell’oro e della pace negli equilibri, ma solo degli intervalli tra un grande orrore e un altro; gli orrori minori sono sempre continuati, lo sono anche adesso.

Nessuna evoluzione tecnologica sorprendente ci doterà per riflesso di una evoluzione etica similare, anzi forse il contrario, l’adorazione del potere tecnologico, ci porterà sempre più sul baratro del delirio di onnipotenza, come da sempre è il potere delle armi e la dipendenza dalla tecnologia drogante.

Eravamo da tempo in un circolo vizioso, ora siamo entrati in un vortice distruttivo per i nostri molti gravi sbagli, da cui sarà impossibile uscire prima di sprofondare in esso senza una mai ancora evocata, grande e superiore coscienza.

La preoccupazione dominante attuale gira ancora e sempre sulla legge del più forte e di una meravigliosa e grande torta antica che abbiamo sempre voluto divorare e di cui ormai sono rimaste solo briciole da leccare sulle nostre dita rapaci.

Ennio Romano Forina

L’Umanità degli Animali

In questa era, gli animali ci stanno insegnando un’umanità che forse non abbiamo mai avuto.
E questa loro buona volontà si manifesta paradossalmente nel momento in cui essi stanno subendo dal genere umano le più atroci e perverse sofferenze che mai hanno subito in tutta la storia crudele della vita in Natura e della nostra.

Stanno dimostrando che in loro, tutte le virtù non solo restano intatte ma sono anche in aperta evoluzione; l’affettività pura e incondizionata, la limpidezza degli intenti, la sincerità disarmante e assoluta, la mancanza di ipocrisia, la frugalità e i limiti delle loro necessità, l’assenza di odio e di desiderio di vendetta e di malizia, la compassione senza pregiudizi e il desiderio di convivenza pacifica tra specie differenti, persino tra predatori e prede posti nelle favorevoli condizioni e l’amore materno, così generoso e altruistico da far vergognare l’amore materno spesso condizionato umano, (e del padre, poiché non esiste l’amore “paterno”, la dedizione e cura dei figli è solo espressa da amore “generativo”, cioè materno, che per interposta persona agisce anche nel maschio), Questo e molto altro ancora oggi possiamo riconoscere nel rapporto con gli animali che interagiscono con noi o che si sono avvicinati a noi, essi stanno intelligentemente acquisendo alcune delle nostre più rare qualità, e allo stesso tempo ci donano le loro molto più preziose e comuni, essi dialogano e pensano giustamente di avere il diritto di vivere nelle aree cittadine amichevolmente, dato che abbiamo devastato i loro habitat naturali.
Dunque quale è il problema di questa umanità disumana da sempre?

Noi siamo diversi individualmente ma siamo anche diversi in noi stessi. Alcuni di noi scelgono le buone attitudini e la buona volontà, altri quelle cattive e ognuno di noi nel corso dell’esistenza può prosperare nelle buone e cadere in rovina nelle cattive trascinando con sé gli indifferenti e i superficiali che cedono alle lusinghe del possesso e della potere.
Abbiamo esteso e potenziato oltre ogni limite di giustificazione la crudeltà della predazione e del parassitismo e abbiamo fatto scempio di tutti gli equilibri tra noi e il mondo vivente e fra noi e noi stessi, così tanto, che solo dopo le guerre di ogni dimensione e i tremendi massacri e genocidi che rischiano da sempre l’estinzione di questa specie siamo costretti a riflettere inventando una morale e un’etica deformi e posticce che negli altri animali invece sono innate e pure.
Le nostre sono e restano più convenienti che veramente buone.

In conclusione, è vero che a volte la nostra bontà e la nostra compassione sono più estese di quelle degli animali e vanno più lontano ma non sono veramente superiori.
Siamo diventati più buoni in certi casi solo perché siamo più cattivi. Come in tutti i contrari dell’Universo, se una energia distruttiva si scatena, un’altra creativa la riporta allo stato armonico.
Paradossalmente, la conoscenza della nostra peggiore crudeltà e dei nostri sadismi hanno generato anche nella natura umana, l’aspirazione e il desiderio di un’anima migliore che sogna un mondo compassionevole e giusto, dove la legge dell’Amore Universale possa essere alfine dominante.

Ennio Romano Forina

La Forma dell’Anima

Non molto tempo fa, ho sentito un noto attore australiano, dichiarare di non avere nessun problema a sgozzare egli stesso un agnello nella sua fattoria. Ebbene, la sua dichiarazione spavalda, mi ha rivelato perché il suo sguardo di ghiaccio inespressivo risultava in una persona non piacevole da guardare negli occhi. Il Lombroso sbagliava quando attribuiva a certi tratti somatici e morfologie del volto peculiarità buone o criminali, e mi sorprende come anche oggi nella consapevolezza comune, la bellezza del volto viene associata alla bellezza dell’anima e alle buone attitudini.In realtà la sostanza di un’anima e di specifiche attitudini, buone o cattive che siano non si rivela affatto ai lineamenti e alla forma degli occhi e del volto di chiunque ma alle espressioni che un volto è abituato ad usare sotto l’impulso delle intime attitudini dell’anima.Compassione, empatia, generosità, saggezza, fierezza, tolleranza, gentilezza, comprensione, e pensiero profondo disegnano inequivocabilmente la forma dell’anima nei volti e nei gesti delle persone. Ecco perché la bellezza del volto e del corpo senza la bellezza dell’anima attrae solo i peggiori narcisi, il cui obiettivo è esclusivamente di avere qualsiasi cosa, non importa che sia un oggetto o una persona, basta che abbia un valore venale nella società umana, dato che costoro si nutrono di apparenze e non di sostanza.
Allo stesso modo del valore venale della bellezza, anche le opportunità che garantiscono e promettono alte remunerazioni attraggono i narcisi del possesso e i campioni dell’egoismo, ecco perché è sbagliato attribuire alti guadagni, emolumenti e privilegi nella politica e in molte cariche burocratiche, poiché i compensi cospicui e spesso molto esagerati, attirano le persone peggiori, avide e false che farebbero di tutto per arrivare a quelle collocazioni. Penso che se i compensi di questi elementi dello stato, fossero moderati e simili ai compensi di altre categorie meno privilegiate, vi sarebbe meno falsità nel cercare di accedere a queste classi alle quali viene affidato il compito di gestire la Res-Publica e la salvaguardia della democrazia nell’uguaglianza, e sopratutto, individui meno avidi di potere e denaro, più virtuosi, altruisti e più sinceramente e generosamente dediti al bene comune.
Ennio Romano Forina

Declinazione del Dispotismo

Imposizione…Discriminazione…Segregazione…Minaccia…Persecuzione…Il paradigma del potere da sempre. Il dispotismo è tale comunque si manifesti. Il dispotismo di una maggioranza, di una massa è sostanzialmente lo stesso del dispotismo di un tiranno, di una oligarchia, di una élite aristocratica o di una ideologia religiosa o meno, che acquisisca il potere di esercitarlo.

Una massa che accetta di conformarsi a un pensiero unico e diventa intollerante e vessatoria verso chi dissente è dispotica e tirannica altrettanto quanto lo è un singolo despota o un gruppo di potere assoluto. Il dispotismo è uguale nella sua natura e nei suoi devastanti effetti sull’evoluzione repressa del più elevato pensiero umano. Umilia e sopprime il pensiero libero autoproclamandosi unico interprete di una superiore e assoluta entità pensante, ecco perché senza l’esercizio della riflessione libera e profonda, osteggiata e nemica di tutti i dispotismi, non si può evitare il ripetersi delle abbiette perversioni dei popoli.

Ennio Romano Forina

La Mitologia della Razza

Ennio Romano Forina

LA MITOLOGIA DELLA RAZZADato che il concetto di razza si basa sulle diversità fisiche si può affermare che ogni singolo individuo essendo diverso persino da chi lo ha generato, costituisca una razza a sé, e di conseguenza è ovvio concludere che, o esistono miliardi di razze che cambiano nel tempo per ogni singola generazione, oppure semplicemente che le razze non esistono, così come non esistono i confini geografici che sono una complessa convenzione per contenere la conflittualità umana. In realtà, ciò che realmente esiste, sono le differenze evolutive, non già fra etnie o popoli, ma fra individui e individui che, (per ambiente, volontà e vocazione) determinano la differenziazione di ciascuno, non tanto solo nella forma fisica ma sopratutto nella sensibilità, intelligenza, e capacità sviluppate che a loro volta non sono elementi assoluti ma variabili anche nell’arco dell’esistenza di ciascuno. Quindi è insulso continuare a parlare di razzismo e conseguentemente di antirazzismo come se fossero delle realtà essenziali, mentre sono delle mere invenzioni, vale a dire concetti che in sé non hanno consistenza né logica, né biologica ma sono dei puri artifici della artificiosa e spesso perversa ragione umana che per opportunismo e senza direzione segue i propri incubi pensando che siano sogni e costruisce miti piuttosto di cercare di capire la vera natura delle cose. Le diversità psichiche e fisiche individuali costituiscono la caratteristica prevalente della specie umana; se fossimo tutti uguali nella forme e nel colore saremmo come le formiche, cellule che non vivono una vita propria ma quella dell’intero organismo, e se fossimo tutti uguali nella mente e nell’anima non vi sarebbe il cammino evolutivo tecnologico e tantomeno etico. La diversità in tutte le forme di vita serve all’evoluzione della Vita, ma il Cosmo stesso è dinamismo creativo di elementi diversi. Basterebbe capire questo, per estinguere l’ignoranza e i miti dei popoli e dei governi che li guidano senza conoscere la direzione.

Ennio Romano Forina

I Patiboli Degli Alberi

113 Anni di vita, per l’aria che respiriamo, per il clima e questo è il ringraziamento che gli riserviamo, la tortura e la morte. Non vedo compassione, consapevolezza e voglia di evoluzione nel popolo, vedo ottusità voluta, indifferenza e insensibilità. Io non faccio parte di questo popolo umano.

Anche quest’anno dunque, al centro di quasi tutte le capitali del mondo, ci saranno alberi agonizzanti strappati alle loro dimore che avevano vivificato con la loro presenza e le loro benefiche funzioni ricoperti di stupide luci e addobbi che dovrebbero infondere gioia mentre nascondono la sofferenza silenziosa di una vita che muore. Così anche quest’anno, al centro del grande abbraccio del colonnato della piazza di S. Pietro, ci saranno altre due colonne, di forma e materie diverse, ma che hanno almeno due fattori in comune, ambedue strappate a un mondo lontano e ambedue senza vita, ma con la differenza che mentre una di queste colonne la vita non l’ha mai avuta, l’altra invece sì e ne aveva tanta.Era una vita ricca di sensazioni che offriva profumi inebrianti nell’aria circostante, arricchiva il suolo e nutriva di prezioso ossigeno l’aria, era un sicuro riparo e forniva cibo a molti altri esseri viventi specialmente nella stagione invernale.
Passeri e altri uccelli sostavano fra i rami e alcuni l’avevano sicuramente anche scelta come dimora. Era una vita che contribuiva a purificare l’atmosfera di questo pianeta soffocato dai gas venefici provenienti dalle molteplici attività umane, sostanze che solo gli alberi sanno metabolizzare, rendere innocue scomponendole e trasformare in energia per gli organismi, nella loro immensa intelligenza, che è la ragione per cui questo pianeta è racchiuso in un involucro di preziosa atmosfera che rende possibile l’esistenza di tutto il mondo vivente.Intelligenza, sì non è un caso che questo pianeta sia avvolto da un azzurro manto che lo protegge dai raggi cosmici senza che gli ingrati bipedi umani, sedicenti “evoluti,” si rendano conto nemmeno adesso, di quanta gratitudine debbano all’intelligenza delle piante in generale e agli alberi in particolare, mentre la specie umana ancora oggi, nonostante il progresso tecnologico e scientifico continua a sacrificare esseri viventi per celebrare tradizioni insulse negli stessi modi barbari in cui i popoli antichi, primitivi e incolti celebravano le loro. Se consideriamo bene la struttura di una pianta, meglio ancora di un albero possiamo trovare una sorprendente analogia alla struttura di questo pianeta vivente, infatti un albero è costituito da tre parti evidenti allo sguardo, un tronco una chioma di foglie e delle radici. Ma anche il tronco è costituito da parti diverse, vediamo la corteccia, come un involucro protettivo di una sottile membrana al di sotto di essa che avvolge tutto il tronco ed è la parte sensibile dell’albero che comunica con l’esterno, che vede con occhi diversi e sente con sensi diversi, poi, all’interno del tronco tra gli strati lignei che di anno in anno determinano la crescita in volume e in altezza, i vasi del sangue della pianta la linfa ricavata dall’incessante lavoro di assorbimento di sostanze nutritive e acqua dal terreno. La sottile membrana sotto la corteccia sono i sensi principali della pianta, il suo cervello pensante la cui intelligenza è stata disconosciuta e disprezzata e in realtà lo è tuttora, salvo le nuove consapevolezze ed evidenze, che però non influiscono sui nostri abusi, sappiamo che non sono solo legno e foglie ma ci comportiamo lo stesso come se fossero cose, consapevolezze per lo più relegate ad una parte di mondo scientifico, ma ancora quasi del tutto ignorate e disprezzate tuttora dalla coscienza collettiva, tasche per la maggior parte di individui le piante vegetano crescono e si sviluppano in base ad automatismi biologici privi di una intelligenza e sensibilità simile alla nostra. Dove la mente umana fallisce miseramente, non è tanto nella conoscenza delle cose, ma nell’elaborazione e nell’uso perverso che fa delle consapevolezze e delle evidenze acquisite durante il percorso storico – evolutivo, e di fatto, mentre si proietta in avanti realizzando tecnologie sempre più complesse e potenti, sul piano etico dimostra di sguazzare ancora nelle paludi nebbiose e ottuse dei primordi.Ogni individuo di questa era è in grado di comprendere (se vuole, se si sforza), che tutto ciò che nasce, cresce e vive, lo fa intelligentemente e sensibilmente per le stesse ragioni, gli stessi sentimenti, seguendo gli stessi impulsi che muovono le “nostre” azioni e motivano le nostre esistenze ed i “nostri” sentimenti. Tuttavia, nonostante la attuale, maggiore consapevolezza di tutto ciò che è palese ed innegabile, noi ci comportiamo ancora con le forme di vita come se fossero sassi, delle semplici cose. Dalle famiglie e dalle istituzioni scolastiche non arriva nessuna indicazione , nessun insegnamento per sfatare i miti e i preconcetti che hanno un effetto devastante sul rapporto individuale e collettivo dell’umano con il fenomeno vitale che chiamiamo Natura. Quindi, delle due l’una: o la comprensione della mente umana è solo apparente e si ferma da sempre nella semplice constatazione di causa ed effetto, senza minimamente comprendere l’essenza e la ragione delle cose, oppure è talmente malvagia e distruttiva che non ha mai voluto generare nessun freno etico, che impedisca di fare del male al resto del mondo vivente. Io penso che siano vere ambedue le cose. Questo denota che la conoscenza, la consapevolezza anche del mondo scientifico, delle menti intellettuali, delle religioni e delle culture in genere è ancora basata su presupposti di falsità e menzogne che vengono propinate alle nuove generazioni confermando la nefasta dicotomia umano – natura che è proprio alla base di tutte le azioni distruttive umane subite dal mondo vivente, dalle altre forme di vita. È evidente che il genere umano stia ancora proseguendo nel suo delirio di egoismo ed onnipotenza seguendo la legge della clava, appena attenuata e controllata dalle leggi punitive e coercitive, che servono come argine agli eccessi agli abusi individuali, ma sono disegnate e agiscono sempre nell’ambito dell’egoismo di specie e non in quello dell’etica universale. Se un ideale tribunale cosmico chiamasse un giorno a giudizio la specie umana, non vi sarebbero attenuanti per giustificare i suoi delitti e mitigare una inevitabile condanna. Io penso che quel tribunale esista solo che non somiglia ai nostri.Questa concezione comune fa sì che il genere umano possa disporre della vita delle piante come meglio aggrada senza che vi siano insegnamenti e leggi in nessun paese che considerino l’abbattimento degli alberi in quanto esseri viventi intelligenti e senzienti come un delitto, ma solo semmai in termini di opportunità egoistica volta al benessere umano e non a quello di un singolo albero come soggetto ma ad una popolazione di alberi da sfruttare per la produzione di ossigeno e come risorse. Coloro che gridano alla salvezza delle foreste non lo fanno per il rispetto dovuto ad una forma di vita senziente e intelligente ma per conservare un “ambiente” schiavo delle nostre necessità dei nostri costumi e dei nostri vizi.Ebbene, fatta questa premessa, se consideriamo la struttura di questo pianeta vivente di cui siamo parte, possiamo renderci conto che è fatto come un albero e vive come vive un albero. L’atmosfera che lo circonda è la sua corteccia protettiva, il sottile strato di troposfera, ove si generano e si svolgono le principali forme di vita equivale alla membrana pensante dell’albero situata tra la corteccia e gli anelli lignei, i tubuli della linfa che risale dalle radici arricchita di sostanze nutritive e che si mischiano a quelle generate dalle foglie che interagiscono con la luce del sole sono i fiumi e le acque degli oceani del pianeta che raccolgono le stesse sostanze dal suolo arricchito dai processi metabolici delle piante, da tutto quello che muore e rivive sotto forma di fecondo nutrimento per i processi vitali del grande corpo del pianeta, infine, le rocce sono la parte lignea l’ossatura portante che consente lo sviluppo della vita sopra la superficie dei mari. MA questa analogia è …poiché se il pianeta è vivo e culla di vita lo è per l’azione delle piante che lo hanno reso vivo così come esse sono vive, in altre parole a loro stessa immagine e somiglianza.Nonostante queste evidenze, cosa facciamo noi di intelligente nel mondo e specificamente in questo paese? Non solo manteniamo in essere le nostre tradizioni brutali che implicano il sacrificio di un immane numero di esseri viventi, non basta; introduciamo anche le tradizioni truci e crudeli di altre culture nel nome di una falsa fratellanza dei popoli, fatte scontare come sempre sugli animali innocenti che le leggi umane rendono quasi ovunque indifendibili.I massacri tradizionali di altre culture si sovrappongono sempre di più ai nostri e per una distorta interpretazione del rispetto culturale noi le accettiamo tutte. Quindi per non offendere gli orientali, dovremmo lasciare che anche qui cani e gatti siano scuoiati e bolliti vivi? Che gli animali delle fattorie possano essere torturati anche con fiamme ossidriche per arricchire le carni con l’adrenalina generata dal terrore, dalla sofferenza della tortura, che secondo le loro culture farebbe miracoli alla loro vita sessuale o a qualche altra funzione organica?Costruiremo anche noi arene per consentire lo spettacolo infame delle corride? Siamo nella civile, comune Europa, ci potrebbero chiedere anche questo dopo le misure standard delle cozze e delle zucchine. Ogni tanto qualche pubblico censore del political correct, salta fuori con la geniale osservazione che anche da noi si uccidono gli agnelli, i maiali, le mucche e persino i cavalli e dal suo pulpito ci insegna che non c’è differenza tra un maiale e un gatto, tra un cane e una mucca o una gallina, pensando di aver battuto la nostra compassione con questa emblematica espressione del pensiero corto, e dunque per costoro quale sarebbe la logica conseguenza? Come dire ad un accanito fumatore di non preoccuparsi, poiché si respirano ovunque così tante sostanze inquinanti che tanto vale che lui fumi tutte le sigarette che vuole. Sappiamo che un fumatore rischierebbe molte volte in più un cancro ai polmoni, ma aumentare in una società civile la quantità e la “qualità” dei massacri rituali offerti alle varie divinità e al “dio” universale del profitto, provocherebbe sopratutto il cancro dell’anima che è molto peggio. Dovremmo rendere lecito ucciderli tutti, mangiarli tutti e raddoppiare, triplicare i massacri permettendo i metodi peggiori, solo per essere rispettosi dei vari costumi e tradizioni, come l’imposizione di togliere i simboli di croci della storia di questa penisola che nel bene e nel male comunque è nostra cultura e ci appartiene?Dunque, anche questa volta un albero in più, nel nome della fratellanza dei popoli e delle religioni è stato sacrificato, nel momento in cui scrivevo questo testo quel magnifico gigante era ancora immerso nella sua silenziosa sofferenza, nella sua agonia occultata dagli addobbi e dalle luci che accecano gli occhi estasiati di bimbi, ai quali si insegna la menzogna o niente, in modo che anch’essi da adulti, non saranno mai in grado di prendere le giuste decisioni, ma agiranno esattamente come i loro genitori e progenitori, ripetendo gli stessi errori della realtà ottusa e fittizia che abbiamo per noi e loro costruito. In più, oltre ai tanti abeti che vengono fatti nascere per essere uccisi, non per produrre gioia ma profitti, per una distorta concezione di felicità e sacralità. L’ “esecuzione” finale anche di questa nobile vita, sigillata nel fuoco che poi consumerà il suo corpo fatto a pezzi, nei vari forni, non è diversa dal rogo di un’altra piazza, in un altro tempo non lontano. Allora non si volevano ammettere le evidenze rilevate da una mente geniale ed evoluta, qui ed oggi si ignora l’evidenza di un essere vivente e senziente, sacrificato nel rogo di una tradizione peraltro aliena.Le puerili e insulse dichiarazioni provenienti dai media, che giustificano allegramente l’uccisione dell’albero con la semina compensativa di altri alberi, (anch’essi in gran parte da sacrificare) aggiungono al danno e alle ferite le beffe, se anche non si riesce a capire che continuando a volere un albero vero ad ogni natale si causerà l’allevamento forzato di queste vittime predestinate al sacrificio. Noi parliamo di vite, loro parlano di prodotti e di legname “ecologico”, che vuol dire ecologico come se un padre assassino che volesse uccidere i propri figli dicesse: Tanto li ho fatti nascere io”. Non riconoscere il diritto di vivere di quest’albero come essere senziente, significa essere totalmente immersi nel buio della ragione, oltre a quello dell’anima.Tuttavia, non abbiamo ancora finito di sacrificare animali ai variegati Olimpi e divinità, non ultima quella del profitto, così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire, assisteremo ad ulteriori sacrifici di questi giganti verdi, in quasi tutte le città del mondo, piccole o grandi che siano. E quest’altro ennesima prepotente rapina di una vita, estirpata da qualche parte delle montagne alpine per finire come tante altre nelle piazze di molte città italiane e persino in quella piazza che non avrebbe bisogno di introdurre una tradizione pagana, che nulla ha a che vedere con il significato profondo del vero Natale cristiano, condannandolo ad una vera e propria via crucis per un essere vivente che viene reciso brutalmente dalle sue radici, iniziando così una lenta agonia in tutte le sue “stazioni” fino a raggiungere il suo Golgota, dove l’agonia avrà fine senza che il sole si oscuri e il monito di una tempesta improvvisa cali sulle festanti folle, per ricordare che anche un abete è un figlio di quel dio in cui si crede e che comunque, vero o presunto che sia, di sicuro non richiederebbe un tale simile sacrificio inutile e perverso.Un dio è un dio se crea non se distrugge, e perché mai avrebbe dato una tale meravigliosa e generosa vita a un essere per farlo marcire su un patibolo ammantato di mistificata gioia festiva, e ferito, con il suo sangue verde che trasuda dai tagli e dalle offese del trasporto, umiliato e soffocato dai decori luccicanti, diventa solo un triste simulacro morente coperto dai fuochi fatui delle luci che celano l’agonia del suo nobile corpo e di quelli che sono i suoi polmoni: le foglie, che durante tutto il trasporto e la collocazione in situ, hanno cercato disperatamente e invano di dialogare come prima con le radici senza trovare risposta, perse per sempre.Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza, si continua a trattarle come se questo non importasse nulla, tanto non gridano come gridiamo noi, quando le spezziamo e le menomiamo. Non gridano? Nemmeno noi grideremmo senza corde vocali, soffriremmo dunque meno alle torture per non gridare come fanno gli ipocriti carnefici delle vivisezioni?E lo stesso genere umano, che pretende da vari pulpiti di voler proteggere la Natura e l’ambiente che ritiene gli appartengano, non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra. E persino i nuovi celebrati e ossequiati tribuni della salvezza climatica, usano ancora pervicacemente come grido di battaglia quel grido di morte che è la causa principale del disastro ambientale. “ Vogliamo che i governi salvino il NOSTRO pianeta, per salvare il NOSTRO futuro”. Non hai capito nulla, ragazzina del nord, proprio perché da sempre pensiamo che il pianeta e tutto ciò che in esso vive sia “nostro” che è ridotto così, mentre le cose cambierebbero se avessimo la volontà tutti di porre dei limiti alle nostre ambizioni. I governi sono l’espressione dei popoli, sono il frutto del terreno di coltura e non si cambia il frutto se non si cambia prima il terreno in cui la pianta cresce. Sono prima i popoli che non vogliono imparare dalle proprie scelte nefaste.L’ipocrisia che nasconde il delitto lo giustifica con l’insulto finale del riutilizzo “ecologico” dei tronchi, vale a dire legna da ardere. Come ci riempie di conforto! Togliamo a un albero vivo il diritto di continuare a vivere, ma va bene, perché ne piantiamo altri 40. È esattamente il ragionamento che giustificava i sacrifici umani e di animali nella storia della civiltà umana, sacrificare la vita di alcuni, per garantirsi la benevolenza e i favori del dio di turno, Cambiato qualcosa? E qual’è il dio attuale così potente e munifico da giustificare uno o più sacrifici? Io lo so e penso lo sappia anche chi ha avuto interesse a leggere fin qui.L’albero che per ora si staglia al fianco dell’albero di pietra, è stato sacrificato non alla vera gioia festiva, ma all’altare dell’ignoranza, all’interpretazione arbitraria e distorta del concetto di felicità e sacralità. Non potremmo esistere senza le piante, non saremmo comparsi su questo pianeta se non fosse stato per i plancton vegetali, né mai dalle distese dei mari saremmo approdati sulla terraferma senza di loro. Le studiamo per carpirne i segreti, tutte le meravigliose invenzioni che hanno realizzato da miliardi di anni, le loro funzioni e le innumerevoli sostanze che esse hanno saputo sintetizzare per la loro sussistenza (senza aver frequentato corsi universitari e laboratori), per la loro diffusione e per l’interazione simbiotica con le altre forme di vita animale. Invece ancora adesso pensiamo agli alberi più che altro come delle “cose” mutevoli ma poco più che sassi e rocce che producono semi, – erroneamente perché quelli che chiamiamo semi sono embrioni – e frutti e che lasciano cadere le foglie in autunno come se seguissero processi automatici, che sbrigativamente e superficialmente definiamo “naturali”, dando a questo termine il più grossolano e superficiale significato e ancora oggi come sempre, nonostante le evidenze scientifiche, quando basterebbero anche solo quelle intuitive, se si fosse in grado di pensare, si crede che siano forme di vita inferiori e non pensanti e comunque suddite della vita umana.Siamo immersi nella più profonda e ottusa ignoranza, senza riuscire minimamente a immaginare che cosa significhi per una pianta vivere e interagire non solo con l’ambiente circostante, ma con il cosmo, noi che ci reputiamo intelligenze superiori, noi che ci esponiamo ai raggi del sole seminudi sulla spiagge estive con i nostri pensieri corti, focalizzati sulle nostre banalità culturali, come far bella figura al ritorno delle vacanze con una bella abbronzatura, ma per il resto, pensiamo che il sole, fonte di luce o calore per noi non fa differenza, basta che dia luce. Noi, non i nostri organismi, che sono il più delle volte più intelligenti del nostro “superiore” cervello “sapiens,” cercano la luce del sole perché sanno decifrarla e impiegarla. Le piante fanno anche di meglio, sono altruiste, non pensano solo a loro, hanno costruito le condizioni perché la vita organica potesse colonizzare mare, terra e cielo. Non riusciamo a immaginare che le piante, oltre a “pensare” in modo del tutto autonomo, sono anche in grado di comunicare e di percepire molte più cose veramente essenziali di noi e di quante noi possiamo immaginare.Molto, molto tempo prima che noi smettessimo di considerare il sole una divinità, a cui offrire sacrifici tanto sanguinari e crudeli quanto idioti, le piante sapevano già sfruttare la sua energia in zuccheri carburanti per la vita comune, con sistemi biochimici sofisticatissimi, tuttavia non abbiamo ancora finito di sacrificare animali alle improbabili e pervicaci divinità di molte culture umane, così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire, saremo spettatori dell’ulteriore sacrificio di uno di questi giganti verdi, spezzato, umiliato, soffocato dai decori luccicanti festivi, e condannato come tanti suoi simili più giovani ad una lenta agonia in cui il loro inascoltato gemito di morte si spegnerà fra le luci, le risate e gli abbracci delle festanti famiglie umane o delle loro truculenti cene e pranzi festivi. Queste splendide colonne di vita emanavano la vera gioia quando erano vive, nei luoghi in cui erano nate, fra le pendici montane, con il loro respiro, i loro colori i loro profumi ed poi ricoperte di luci fatue nascondono a malapena la decomposizione mentre sono lasciate ad avvizzire come un triste simulacro di falsa felicità. Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza , la conoscenza scientifica le evidenze di tutto lo scibile di cui disponiamo, della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza continuiamo a considerare le piante come in secoli e millenni di storia umana incolta del passato, e per questo il genere umano è doppiamente colpevole.Senza contare che perseverare in queste forme culturali di uso indiscriminato delle forme di vita, significa insegnare ai piccoli della specie umana a disprezzarle, invece che ad amarle e non serve poi gridare “Natura, Natura” mentre la si distrugge nelle nostre stesse case, per la nostra proterva ignoranza. E lo stesso genere umano che pretende da vari pulpiti di voler proteggere l’ambiente che pensa di possedere, non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra, nemmeno in quei comportamenti abituali, nella mania di tagliare i loro rami non appena siano sviluppati, privandole dei loro polmoni, e in tutti quei gesti apparentemente innocui, ma offensivi che ogni umano piccolo o grande, rivolge verso le piante in genere, come strappare i rami solo per noia e per impulso, rivelando di non aver assimilato affatto la cognizione che una pianta è un animale e che se produce rami e foglie non lo fa per il sollazzo dei bimbi ma per vivere la sua vita, e se non insegniamo nostri infanti di avere rispetto del ramoscello, dell’arbusto o del piccolo albero, non saremo mai capaci di fermare la distruzione delle foreste.La gioia che esige il prezzo di una vita – quale essa sia – non potrà mai essere una vera gioia. Se si trovasse un arbusto su Marte o sulla Luna grideremmo al miracolo e lo chiameremmo “vita” e faremmo di tutto per proteggerlo, ma qui, sulla terra lo chiamiamo “cosa”, questo vuol dire anche che imparare e ritenere cognizioni senza capire il loro significato sostanziale equivale a non sapere nulla.Ma gli eventi passano e passa anche l’illusione della gioia festiva, dei fuochi artificiali, degli addobbi e dei decori e quando tutte le luci della festa si spegneranno, più tardi e altrove, si accenderanno le luci dei piccoli roghi dei pezzi del gigante verde e dei tanti piccoli roghi di tanti altri piccoli di giganti verdi che avranno subito la stessa sorte in milioni di case, ovunque nel mondo, in un atroce farsa di sangue verde. Essere nati o fatti nascere solo per essere torturati e agonizzanti in due settimane di falsa allegria. Come si può pensare, se si ha la capacità di intendere, che un albero mutilato dalle radici, possa portare la vera gioia che manca negli spiriti nelle case umane abitate da esseri che non sanno distinguere ciò che è vivo da ciò che non ha vita propria, potrebbe significare che i veri morti sono tutti coloro che, pur essendo consapevoli, continuano pervicacemente a celebrare una festa della vita che nasce intorno ad una vita che muore mentre ancora anela quella luce solare e quell’acqua piovana che aveva conosciuto nascendo e che gli aveva dato l’illusione del luminoso futuro che gli spettava di diritto. Natale significherebbe Nascita, non morte. Abbiamo pianto per gli incendi che hanno devastato grandi aree di ecosistemi, vale a dire vita vegetale e animale, abbiamo pianto per le tempeste e le trombe d’aria che hanno abbattuto alberi e causato devastazioni, piangiamo o fingiamo di piangere per le foreste tropicali che vengono metodicamente distrutte e piangiamo per i cambiamenti climatici, che sono sicuramente favoriti dall’ingombrante presenza della specie umana su questo pianeta, ma non piangiamo mai per il continuo martirio e massacro di alberi sacrificati alla celebrazione di tradizioni che andrebbero meglio decifrate e vissute per la loro sostanza più che per la forma. La mancanza di sensibilità impedisce la percezione corretta della realtà e induce a commettere errori ed infamie di cui non vogliamo renderci conto da sempre…ma una volta acquisita la consapevolezza delle conseguenze delle nostre azioni perché non agiamo in modo conforme, evitando scelte consapevoli del dolore e del danno che con esse causiamo ad altri esseri viventi? E di queste scelte, siamo “tutti” in un modo o nell’altro, stati o continuiamo ad essere, consapevolmente colpevoli. Fosse anche solo per convenienza, poiché abbiamo bisogno degli alberi letteralmente come dell’aria che respiriamo, invece abbattiamo giganti generosi di vita per trascinarli agonizzanti nella gogna delle piazze delle città tra la folla festante volutamente indifferente alla loro triste sorte e ingiusta fine. Quale senso di gioia può trasmettere una vita che si spegne lentamente tra gli edifici e il traffico o nei saloni delle nostre case? È solo il modo distorto e confuso in cui ci ostiniamo a respingere le evidenze, che ci porta non solo a perpetuare ma ad esaltare i nostri comportamenti più superficiali e deleteri se non perversi. Le piazze cittadine esprimerebbero più felicità con dei semplici addobbi di luci, utilizzando le nostre capacità di simulare artificialmente i simboli di vita, con dei semplici surrogati senza sacrifici crudeli e inutili…che sia rosso e si chiami sangue, o verde e si chiami linfa, il fluido che scorre vuol dire morte…gli aghi degli abeti morenti che cadono sono i rantoli della lunga agonia che sono condannati a subire nelle case umane.Come ho detto altrove, la vita si difende e si rispetta partendo dalle sue forme più minute e apparentemente insignificanti. Se si vuole salvare la foresta, si deve rispettare il singolo albero e la singola pianta, poiché la vita vegetale sa meglio di noi distribuirsi e interagire con il resto dell’ambiente e non ha certo bisogno del nostro spesso improvvido e incompetente intervento, che di solito arreca più danni e condizioni di pericolo futuro che vantaggi, come fanno molte potature spesso sbagliate, adempio quelle di pini ad ombrello la cui chioma viene continuamente privata dei rami partendo dal basso in modo che l’albero capisce che deve sollevarla per evitare che il “predatore ” di rami mangi tutta la sua chioma e cresce in altezza come le sequoie dello Yellowstone che divennero gigantesche per fuggire alle fauci dei dinosauri che in quelle zone abbondavano. Ma crescendo in altezza il baricentri si sposta in alto rendendo l’albero più esposto ai colpi di vento e ovviamente più instabile anche essendo privato dei rami bassi come bilanciere simile a quelli usati dai trapezisti per mantenere l’equilibrio e infine, le radici sono proporzionali alla chioma perché interagiscono con la chioma pompano tanta acqua quanta ne serve alla chioma e devono fare uno sforzo maggiore per raggiungerla essendo elevata e più lontana, ma non è finita qui, nelle aree cittadine dove il terreno su cui questi alberi (pochi) ancora si trovano, è sempre ricoperto di asfalto o lastricati che impedisce alle radici di respirare e al terreno di arricchirsi delle sostanze rilasciate dalle foglie che cadono, quindi si sollevano per rompere la soffocante coltre di asfalto. Per tutta queste condizioni, “colpevolmente” causate dall’intervento umano; che sorpresa! Spesso i pini cadono in testa alle persone, con o senza la minima folata di vento e distruggono anche i nostri preziosi veicoli.Quell’albero che è stato ammirato nel Natale appena passato, avrebbe invece dovuto restare fra i pendii di un monte o tra i suoi fratelli dei boschi, a dipingere le pianure di verde, a profumare l’aria delle valli, a offrirsi come dimora per gli uccelli o almeno in un parco cittadino, per attenuare lo squallore delle prigioni di cemento che chiamiamo case. Questo non doveva essere il suo destino, non era nato per questo, né per essere torturato dalla gloria degli orpelli luminescenti festivi che dispensano felicità illusoria come una droga ottica, da aggiungere alla droga delle abbuffate fatte per soddisfare orgasmi organolettici e non per nutrirsi. Tutte cose che non hanno vita, come quella vita che è, era nelle sue foglie e se fosse rimasto nella terra e nell’aria sarebbe stata vita donata a noi anche e che invece lentamente si spegne nello scempio di un bidone della spazzatura in cui non solo il suo corpo si disgrega, ma anche la nostra etica, la nostra coscienza, la sensibilità e finanche la nostra migliore ragione.In natura, quest’albero sarebbe stato un gigante di sensazioni vitali, mentre nelle nostre case è solo un attaccapanni delle nostre più artefatte illusioni, ma preferiamo godere della loro morte che della loro vita, di quella piena vita che possono offrire per il solo fatto di esistere. Tale è l’insana sostanza della nostra mente e le limitate pulsazioni dei nostri cuori. Se la sacralità delle tradizioni pretende il sacrificio di esseri viventi non può esservi vera gioia né vero amore in esse, solo l’oblio del Giusto e della Compassione. Gli alberi che dovrebbero celebrare tradizioni di altre latitudini ci offrono solo lo spettacolo della loro agonia nelle case e nelle piazze e cosa c’è di più paradossale e folle che celebrare la gioia e il calore della vita uccidendo la vita stessa?Ed è per questo che il cambiamento climatico è ormai inarrestabile, al pari della nostra inamovibile volontà di non cambiare la nostra mente.Ennio Romano Forina Dicembre 2018 – Maggio 2020Un albero ucciso è morto. Cronaca del Natale 201Questa appendice è rivolta a tutti i livelli di comunicazione, anche quelli internazionali insieme a buona parte del popolo di Roma che si erano divertiti a dileggiare la morte di un albero con un sarcasmo tanto idiota quanto abbietto, un sadismo puerile e ancora continuano a farlo anche in questo difficile evento consumistico e religioso denominato “Natale” e che ancora stanno usando l’appellativo di “Spelacchio”. In questo divertimento squallido, essi non insultano soltanto la sofferenza e la fine ingiusta di un essere vivente, ma anche l’intelligenza e la sensibilità di chi invece sa vedere la morte, non solo quella dell’albero, ma anche la morte della intelligenza sensibile e del pensiero profondo.Un essere vivente, un abete, muore anzitempo e ci si preoccupa sopratutto della brutta figura, della sua apparenza, mentre dai loculi pubblici dei “social”, spuntano come funghi tutte gli zombi insensibili, senza compassione né anima, facendo a gara per ricoprire con lazzi e sarcasmi vomitevoli e impietosi quella nobile vita, nell’ultima fase della sua agonia. Fingendo di scandalizzarsi, anche o solo per lo spreco di denaro impiegato per avere e per trasportare un cadavere “in fieri” e peggio ancora, preoccupandosi che la sua agonia non sia durata abbastanza a lungo per far gioire il popolo divoratore di “feste”.Questo è il progresso etico, la consapevolezza del valore della vita esistente? Ripianteranno 10, 100, 10.000 alberi? E che differenza fa? Dove sono i princìpi dei cambiamenti, i segni di evoluzione della mente e dei comportamenti? Quest’albero era stato ucciso comunque. Popolo stolto, che irridi alla morte altrui, se non sai sentire la morte degli altri, sei tu che non sei affatto vivo! – Era sacrificato per niente in ogni caso, anche se fosse riuscito a dare una illusione di vitalità mentre si decomponeva lentamente. Dunque dobbiamo invidiare tutti gli altri cadaveri decorati sparsi nelle piazze e nelle case del mondo perché hanno solo impiegato più tempo a decomporsi? Questa per me non è festa, ma una dolorosa constatazione che niente è cambiato e niente cambierà finché la mente umana resterà sempre ottusa a raccontarsi le stesse vere storie di orrore travestite da false favole. Possibile che questo stupido mondo umano, non sappia che la gioia e la morte non possono coesistere? Alberi di Natale e bestie da macello; è la stessa cosa, il fatto è che non esistono bestie e alberi da macello. Esistono animali e alberi e VERITA’ da noi bestialmente macellate.Ennio Romano Forina 2017/2020

Equilibri

Il concetto di “contrario alla Natura” è un’altra delle nostre arbitrarie e fantasiose invenzioni. Se la Natura inibisse ciò che diventa contrario ad un suo temporaneo stato, annullerebbe tutti i processi evolutivi, che in quanto tali sono “contrari” alla natura dello stato precedente. I pesci che si trasformarono in anfibi, erano “contro natura” rispetto al loro stato di pesci e così è per ogni passaggio evolutivo di qualsiasi organismo.
Dunque, dato che le trasformazioni sono la sostanza essenziale dell’evoluzione, non dovrebbero mai essere definite e stigmatizzate nella negatività come si fa sempre nella consapevolezza comune, al contrario, dovremmo essere consapevoli, volta per volta di quegli adattamenti e trasformazioni utili, opportuni o necessari o consequenziali a stimoli esterni e altrettanto di quelle trasformazioni che sono come dei vicoli ciechi evolutivi o addirittura distruttivi.
In un pianeta eccessivamente affollato da un’unica specie, parossisticamente iperattiva e altamente inquinante, la Natura, cioè l’intelligenza della vita organica, tende a ristabilire gli equilibri per ritrovare i suoi stati armonici nelle interazioni migliori e più corrette di tutte le specie fra loro, ed è questo che noi umani, accecati dai nostri parametri opportunistici razionali non vogliamo capire così da non riuscire a interpretare nella giusta luce certi cambiamenti.
Siamo concentrati solo su quelli climatici, perché interferiscono e sono pericolosi per il “nostro” modo di vivere e non pensiamo all’avvelenamento e alla manipolazione deformante continua di ogni metro quadrato di questo pianeta, allo sterminio di intere specie animali e vegetali, che porta come conseguenza alla proliferazione incontrollabile di altre.
Usiamo le trasformazioni che stanno avvenendo all’interno della specie umana come delle bandiere ideologiche, senza capire che esse stanno avvenendo proprio per le nostre intemperanze ed eccessi, che nulla hanno a che vedere con una ipotetica, fittizia moralità naturale.
L’omosessualità, così diffusa oggi, tanto da influenzare costumi e politica, lungi dall’essere contro natura, è al contrario, un fenomeno perfettamente naturale che segue l’impulso di armonizzazione derivante dall’intelligenza naturale: la specie umana sta esagerando, occupando e divorando ogni spazio e nel tentativo di costruire il proprio egoistico esclusivo paradiso, sta costruendo l’inferno per tutti, ma questo se va bene a noi non va bene alla intelligenza vivente.
Poiché gli organismi individuali seguono gli impulsi dell’intelligenza naturale, prima di quelli generati dall’intelligenza eventuale sovrapposta della mente umana, gli stessi impulsi che ci fanno vivere, respirando, nutrendoci delle sostanze essenziali percepiscono gli equilibri devastati e attuano delle contromisure, l’inquinamento diminuisce la fertilità dei maschi, lo stress che deriva da questi modi di vivere diminuisce drammaticamente il desiderio di proliferare dei due generi, gli ormoni si indeboliscono o sbilanciano la loro azione e la tensione affettiva psichica viene disorientata e si riversa in direzioni alternative anomale, ma tant’è che tutti i processi evolutivi non sono altro che una collezione continua di anomalie, vale a dire la vera “normalità”.
È molto semplice, basterebbe rendersi conto delle ragioni per cui avvengono i fenomeni diversi che non sono “contrari alla natura”, ma semmai contrari agli equilibri.
E la vera oscenità non sta in queste trasformazioni adattanti, interpretate per ignoranza e opportunismo in ideologie e false moralità, ma sta nel nostro supremo egoismo, che non ci fa vedere i limiti entro i quali dovremmo contenere il nostro dispotismo di specie.

Ennio Romano Forina

Libertà di Imparare

Voglio ricordare a tutti gli egregi giornalisti, professori, politici e intellettuali del mainstream, titolari della “potestas loqui” nei pulpiti mediatici, che la costituzione – di un paese che si suppone essere ancora democratico (ancora per poco) – concede ai comuni mortali cittadini, non solo la “libertas loqui” ma anche la “libertas discere”…la libertà di parlare e di imparare, che sono due diritti fondamentali della democrazia, perché il sapere = la scienza, non è una prerogativa esclusiva di una casta o di una aristocrazia – che chiamar si voglia – di nuovi sacerdoti eletti a custodire i sacri testi della conoscenza, gli unici ad avere la facoltà di dire o riferire cosa sia vero e cosa non lo sia, considerando a priori, come fantasia demenziale o eresia qualsiasi intervento intellettuale non qualificato o se qualificato, non aderente alla linea unica di questa versione moderna del codice di Hammurabi che viene declamata ogni giorno. Questo vuol dire che ciascuno può seguire legittimamente i sentieri della conoscenza, anche al di fuori delle istituzioni scolastiche ufficiali, come del resto è sempre stato, visto che Pitagora e Archimede non avevano nessuna laurea, e nemmeno Bramante e Michelangelo nonostante l’architettura richieda conoscenze matematiche specifiche, che colui che ha scoperto i campi magnetici che usiamo in innumerevoli applicazioni come ad es. i cellulari, era un rilegatore di libri, che studiava nottetempo tutti i libri da rilegare prima di riconsegnarli ai legittimi proprietari, che lo scopritore della genetica era una persona che non aveva mezzi per studiare, per questo aveva preso i voti, la sua materia di studio era la fisica, non la biologia, e coltivando fagioli per integrare la povera dieta scoprì per caso la trasmissione dei geni, ma il suo lavoro fu rifiutato per anni dai biologi rappresentanti ufficiali della “scienza” del tempo, perché lui non era biologo e quindi pretendeva di insegnare ai biologi scienziati la loro materia? Ma gli esempi di scienza libera rivoluzionaria contrastata o inibita dalla scienza ufficiale sono davvero innumerevoli. È bene che io sottolinei, giusto per prevenire qualche scaltra obiezione, che sono ovviamente consapevole che specifiche professioni richiedono un iter di studio istituzionale che rilasci un attestato del conseguimento della specifica competenza. Essere medici, ingegneri edili e meccanici, chirurghi, architetti, piloti di aerei tutte le professioni che richiedono la conoscenza dei metodi e dei mezzi che riguardano appunto la sicurezza e la salute degli altri necessitano di uno status ufficiale riconosciuto di conoscenza, ma tutto il resto, tutto ciò che riguarda la sfera puramente intellettiva teorica, può essere esplorato da chiunque e non necessita di nessun attestato. Filosofo è chiunque si ponga delle domande ed elabori delle tesi, storico è chiunque si interessi al passato, la biologia teorica può essere materia di chiunque, come la zoologia e la botanica. Se compro un telescopio posso studiare astronomia. La psicologia e la sociologia come tante altre materie, possono essere esplorate da chiunque in linea teorica, di studio, ovviamente non come esercizio di professione, ma possono avere follower del pensiero, e i “chiunque”possono tuttavia discuterne su qualsiasi piattaforma, avendo tutto il diritto di elaborare le loro tesi, di esprimerle e riferire le considerazioni delle loro esperienze pubblicamente. In fondo, i veri studiosi sono tutti autodidatti, dentro e fuori le istituzioni.
L’elenco dei percorsi di conoscenza indipendenti è infinito. Il principio naturale che appartiene di diritto a tutti gli individui, afferma che sono tutti percorribili, ma alcuni ovviamente, non sono praticabili, basta un minimo di analisi intelligente per capire quali. Perciò cari dottori giornalisti, professori e annessi alunni e portavoce, sappiate che impedire alle persone comuni come il sottoscritto, autodidatta puro da tempo immemore, di pensare, di esprimersi, di studiare e di elaborare tesi e pubblicare teorie su tutto, si chiama “dispotismo” o nei vari sinonimi, tirannia, assolutismo, dittatura.
Ennio Romano Forina

Come Posso…?

Come posso dare fiducia alla politica e ai governi, indifferenti per gli immani abusi sugli animali?
Alla religione, che mistifica, disprezza e nega l’anima degli animali?
Alle istituzioni della scienza, che non hanno un atomo di compassione per le vittime dei loro perversi e ormai da tempo inutili esperimenti?
Come posso avere stima degli intellettuali, che si riempiono la bocca di “umanità ed etica” e non degnano di attenzione la sorte orrenda che questa “umanità” e la loro “etica” riservano agli esseri viventi, tralasciando disinvoltamente di usare la loro abile dialettica contro la vergogna dell’olocausto degli animali?
Come posso credere ai media, che non hanno speso un minuto di doverosa cronaca sul fatto che migliaia di sensibili persone stanno raccogliendo firme per un referendum contro l’esecrabile vizio della caccia, e al pari delle altre categorie, dedica un’insignificante attenzione alla questione delle sofferenze inflitte agli animali direttamente e indirettamente per volontà umana, senza minimamente toccare il “cuore” della questione, salvo in rari casi, e comunque al di fuori del mainstream dell’informazione? Come posso accettare la licenza di cui godono le industrie alimentari, che consente loro di imprigionare, seviziare e uccidere barbaramente miliardi di animali, anche progettando infernali macchine di tortura, di sfruttamento e uccisione di massa, per facilitare e incrementare la produzione e i profitti?
Come posso sentire fratellanza, per i popoli e gli individui, che con prepotenza seviziano gli esseri viventi per scopi spregevoli, che non riguardano nemmeno la sussistenza del nutrimento, e come posso sentirmi uguale alle persone che si arrogano il diritto di spezzare la vita, le ossa, di strappare la pelle e i cuori amorevoli delle madri di qualsiasi specie, per rituali religiosi, per il mercato delle pellicce, per le mode, gli spettacoli, le ricorrenze e le tradizioni sanguinarie senza senso e senza pietà?
Mai come ora, queste verità sono state rivelate in tutti i loro aspetti sinistri e malefici. Non è, e non sarà possibile per nessuno dire: “Io non sapevo”. Nè dire altresì, di non potere e voler credere che fosse ed è così atroce il destino degli animali, che in modo perversamente grottesco si chiama proprio “umanità”.
Ennio Romano Forina

Una Diversa Evoluzione

Morire per Evolversi/2

“Non si nasce per poi dover morire, ma si muore per poter rinascere rinnovati”. E.R.F.

Forse avremmo più rispetto per il mondo vivente intorno a noi, se fossimo consapevoli di essere una semplice parte di un grande progetto creativo Cosmico, in cui le forme viventi si avvicendano e interagendo anche in rapporti cruenti e difficili da accettare per la sensibilità universale, non solo umana, come i rapporti di equilibri fra predatori e prede, ma tutte, inequivocabilmente obbedendo a un unico impulso, come se fossero un organismo singolo.
Penso inoltre che l’amore sia un’energia generata da questo impulso che noi chiamiamo Evoluzione.
Se questa specie umana, che dagli alberi scese a colonizzare la terra milioni di anni fa, non si fosse smarrita presto nella presunzione della sua coscienza e nel suo delirio di onnipotenza, se per sostenere le sue ragioni di sopravvivenza prima e di opportunismo dopo, non avesse prodotto tali e tante mistificazioni  della realtà, noi oggi saremmo sempre più fraternamente uniti al mondo vivente e non al contrario, sempre lontani dal suo intimo contatto, come risulta dal fatto che al progresso scientifico e tecnologico non corrisponde un progresso altrettanto miracoloso nella conoscenza sostanziale della Vita e nell’Etica, che anzi sembrano essere inversamente proporzionale ai primi due.
E questo accade perché lo scopo prevalente del progresso della scienza e della tecnologia da un paio di secoli è di “usare” la realtà piuttosto che di “capire” la realtà.
E per capire il senso dell’esistenza della vita su questo pianeta non è sufficiente sezionarla e misurarla nelle sue intime parti, anche giocando pericolosamente con i suoi elementi, ma serve comprendere i suoi misteriosi fenomeni senza la motivazione che si prefigge il controllo e il dominio che sulla vita possiamo avere.
È chiaro, che il motivo preponderante per cui la scienza umana studia i segreti della vita ha uno scopo opportunistico, e non mirato principalmente alla pura conoscenza delle cose.
La conoscenza vera ci renderebbe la consapevolezza di essere uguali alle altre forme viventi, tutte “animali” siano organismi di sangue rosso o sangue verde e non potrebbe essere altrimenti, così come non si può negare che la vita sia unica, solo pensando che i nostri organismi e la nostra intelligenza non sono altro che il risultato di una collaborazione di diverse forme viventi che noi erroneamente definiamo semplici.
Così come la Vita è inconfutabilmente unica, anche la morte è unica, tutte le forme di vita infatti nascono per l’impulso universale dell’amore di una madre, quale essa sia, pur sempre qualsiasi embrione di essere vivente proviene da un “grembo” formato dall’amore universale, anche se esiste un numero infinito di grembi diversissimi da quelli umani, la loro funzione e l’energia che li nutre sono le stesse.
Apparentemente, siamo consapevoli del perché la vita nasce per l’unione di umori e geni diversi, e siamo ben consapevoli del come si sviluppa crescendo per produrre altra vita, ma quando cerchiamo di spiegare i perché tutto questo accada, invece di accettare le evidenze, preferiamo inventarci favole e mistificazioni.
Le ragioni che impediscono di considerarle sono molte, ma una delle più importanti è il fatto di non voler ammettere di essere allo stesso livello di altre forme di vita che riteniamo “inferiori”, per prima cosa perché se lo facessimo non potremmo più usarle arbitrariamente e sfruttarle a nostro vantaggio, in secondo, luogo, perché lo stato patologico della nostra presunzione è ormai cronicizzato e si è attestato saldamente nelle coscienze impedendo alla nostra mente di guardare oltre il diaframma deformante e opaco che ha costruito, la vera realtà.
Non vi è nulla di speciale nell’essere umano, né nella sua tanto declamata e glorificata intelligenza, ma di questo parlerò in un altro capitolo del mio saggio su una diversa evoluzione.
Dunque, se tutti gli esseri viventi nascono per l’impulso creativo che unisce gli umori e i geni di due esseri diversi, che definiamo femmine e maschi, quale è la ragione per cui tutti gli organismi non possono perdurare oltre la funzione svolta di riprodursi e oltre la funzione stessa?
In altre parole sappiamo perché si nasce: vivere nutrirsi e procreare, ma perché gli organismi devono morire?
La mia tesi si svolge sull’evidenza che oltre al formidabile impulso di amare e procreare esiste un altro impulso universale fortissimo, non facilmente riconoscibile, anche se non possiamo fare a meno di notarlo e studiarlo da qualche secolo in quello che avviene nel mondo vivente, in quel contesto che chiamiamo Natura e che io preferisco chiamare “intelligenza cosmica” , delle particelle, degli atomi, e quindi anche di quella organica che è una propaggine e l’obiettivo di questa intelligenza sembra davvero essere l’evoluzione di tutte le forme di vita attraverso la ricerca delle migliori soluzioni per le interazioni e gli equilibri.
Questo impulso evolutivo non è affatto perfetto e non è lineare, va avanti per tentativi creativi, non in modo omogeneo, le varie specie non fanno nessuna gara fra loro ma solo con sé stesse, alcune si integrano nel sistema vivente altre si slanciano oltre e altre si estinguono. Alcune accelerano i percorsi evolutivi, altre si sembrano fermarsi accontentandosi del livello di perfezione raggiunto. Sono animali e insetti che ammiriamo per la loro funzionale ed obbiettiva bellezza. Altre specie ancora esagerano spingendo la loro creatività troppo spesso sbagliando, ma il sistema vivente non si ferma mai e corregge i suoi errori, i dinosauri erano uno di questi errori ed è stato corretto facendoli estinguere, non solo per una meteora ma per il semplice fatto di essere fuori misura per questo pianeta e non in equilibrio con il resto del mondo vivente. La ragione per cui i dinosauri  sono scomparsi è la stessa per cui gli insetti e gli animali più piccoli sono vincenti rispetto agli animali più grandi.
Un esempio di intelligenza organica perfettamente riuscito è quello del piccolo felino, il gatto, che proprio per le sue ridotte dimensioni ha ottenuto una serie di vantaggi che gli hanno permesso di sopravvivere ovunque al contrario dei suoi parenti più grandi che rischiano l’estinzione.
Le dimensioni ottimali del gatto gli consentono di avere un numero di prede illimitato e in un contesto incontaminato dalla presenza umana, può arrampicarsi facilmente e saltare da grandi altezze senza sfracellarsi sul terreno per il suo peso contenuto, può intrufolarsi in piccole tane e anfratti naturali, trovare rifugi più facilmente senza dover spendere grandi energie e porzioni di esistenza per costruirle.
Comunque, questo complesso evolutivo intelligente e dinamico si muove in un’unica direzione e sembra anche avere una gran fretta, come se fosse consapevole che l’esistenza di questo meraviglioso e raro laboratorio di vita organica, non sarà eterno, non ci sarà sempre il calore di un sole amichevole e provvido di luce e di energia e non ci saranno tutte le condizioni ottimali che consentono l’esperimento mirabile della Vita.

                                                                                                                                                                                Ma il tempo non è come dicevo, infinito, dunque l’evoluzione deve essere veloce, deve accelerare se vuole raggiungere la destinazione creativa prima che il sole si spenga o esploda o prima che un evento estraneo venga a turbare questo attuale miracoloso e fortunato gioiello cosmico fatto di acqua e fuoco.
Ecco perché è necessario che gli organismi muoiano, non solo per evolversi in forme sempre più perfette ma anche per purificarsi dagli errori e dalle deviazioni che derivano dalle diverse energie che li fanno esistere. Il perfezionamento degli organismi non sembra essere strettamente correlato con l’intelligenza dell’anima, sono due intelligenze che coesistono, ma possono viaggiare insieme e dialogare fra loro così come possono totalmente ignorarsi, morire quindi non rappresenta la fine dell’energia pensante che li ha fatti formare, ma solo il passaggio possibile di una trasformazione evolutiva dell’una e dell’altra, separatamente o insieme. “Mens sana in corpore sano” .
Userò una metafora per definire meglio la mia tesi che invero non ho mai sentito da nessun altra fonte e comunque non fa parte della consapevolezza comune dei popoli da sempre e anche adesso, le risposte sulla legge della decadenza fisica e della morte sono demandate alle fantasie, ai misteri delle religioni affidate a un imprecisata volontà e disegni divini da sempre oppure considerate dalla scienza nella per il “come” il processo si svolge e non per il suo “perché”.
Come accennavo, morire è il modo migliore per evolversi rapidamente e più efficacemente e al tempo stesso correggere gli errori nel punto di inizio di un nuovo organismo, non solo della parte organica tangibile ma anche di quella energetica, invisibile ai sensi tuttavia esistente.
Immaginate di essere alla guida di un’automobile, poniamo, una delle prime automobili anni 20 e di percorrere una strada qualsiasi, mentre voi guidate quest’auto, la vostra intelligenza acquisisce dall’esperienza del viaggio,  nuovi elementi di perfezionamento sul veicolo, che non potreste avere se non provandolo su strada, dunque vi accorgete che i freni non frenano abbastanza che il motore scalda troppo che occorrono dei fari e che le gomme sono troppo rigide, o semplicemente che le condizioni ambientali suggeriscono di modificare la struttura e la carrozzeria del veicolo, cambiando i materiali e migliorandoli o che vorreste modificarla per percorrere terreni impervi, e quindi vogliate realizzare tutte queste implementazioni che non avreste potuto immaginare di fare se l’auto fosse stata ferma, ma il problema è che qualsiasi modifica non potrebbe essere messa in opera mentre state guidando, ma sarà necessario fermarvi, portarla in officina smontare la macchina e apportare le migliorie e gli adattamenti in base all’esperienza ricavata dalla guida in movimento, e al percorso effettuato.
Ecco a cosa serve morire, serve ad apportare le modifiche più importanti necessarie e volute e desiderate al veicolo organico e fargli fare un piccolo ma deciso salto evolutivo per via delle informazioni acquisite nell’arco di vita (cioè la strada percorsa in movimento) consegnandole al costruttore di un nuovo veicolo così modificato. Tutto questo non può avvenire ovviamente nello spazio ambito di una generazione o due, ma passo per passo di moltissime generazioni e per talune modifiche anche di poche generazioni.
Certo gli organismi si rinnovano e modificano continuamente ogni giorno. Ogni individuo adulto non è più il ragazzino che giocava a pallone nei prati 30, 40 anni prima, quel ragazzino si è trasformato? Quel ragazzino è come se fosse morto perché non esiste più, esistete voi adulti e questa trasformazione è potuta avvenire gradualmente e in modo incruento perché era possibile farlo, per l’organismo era possibile modificarsi nell’ambito di una crescita graduale, ma non sarebbe stato possibile se la modificazione fosse stata necessaria in modo più significativo e più veloce. Ad esempio, il rettile che saltando di ramo in ramo capiva che sarebbe stato conveniente saltare spazi più ampi per nutrirsi o difendersi dai predatori aveva delineato nella sua intelligenza nella considerazione di superare gli spazi troppo grandi modificando il suo organismo, lo spessore dell’aria suggeriva l’estensione delle dita e degli arti, l’alleggerimento dell’ossatura e il ridimensionamento del corpo. Ma questa trasformazione non sarebbe stata possibile se non forse in tempi lunghissimi, perciò occorreva riporre la macchina organica, in officina, smontarla rapidamente restituendo al sistema vivente i suoi componenti ma trasportando le informazioni e degli adattamenti ricavati dalla esperienza esistenziale, in un corpo nuovo in grado di implementare e realizzare quelle modifiche in tempi relativamente molto, molto più brevi.
Questa tesi trova conferma nella formidabile accelerazione dell’evoluzione degli organismi nelle ultime ere, dai primordi alle trasformazioni delle ultime centinaia di migliaia di anni a testimoniare l’evidenza che i processi evolutivi hanno una terribile fretta di raggiungere gli obiettivi.
Non sappiamo esattamente quali siano questi obiettivi, anzi forse non si tratta di obiettivi o traguardi finali come noi li concepiamo, la mente umana si è adattata a pensare che tutto sia razionalmente e geometricamente descrivibile, affidandosi alla misurazione delle cose e del tempo in modo numerico e non intuitivo, che non sembra il modo in cui l’intelligenza cosmica pensa e agisce.
Se fossimo stati noi gli organizzatori dei astri nello spazio cosmico, li avremmo disposti secondo il nostro gusto e la nostra mania di ordinarli secondo schemi geometrici e contemplare il firmamento sarebbe stata una noia mortale.
Possiamo essere impressionati dallo skyline di una grande città, ma il profilo erratico delle catene montuose risponde a un concetto estetico superiore e infonde meraviglia mentre nessuno si fermerebbe a “contemplare” una città per quanto impressionante e piena di opere d’arte possa essere, la visione non può competere con la meraviglia ispirante che deriva invece dal guardare un paesaggio naturale assolutamente libero e non costretto dalla limitata razionalità della mente umana. 
Io penso piuttosto all’armonia, cioè alla vita organica come ad un esperimento di creatività artistica cosmica, che deriva comunque dalle energie e dall’intelligenza dell’Universo stesso, che crea per il gusto di creare e persegue equilibrio e armonia in ogni suo luogo e azione, e la conseguente bellezza che ci affascina e che ci rassicura, da quella del firmamento a quella degli alberi, dei fiori, delle nuvole, del mare, delle montagne e di tutte le innumerevoli  forme che percepiamo solo in parte con l’uso dei sensi preposti alla esistenza di specie, come gli altri animali, ma fra noi e questa energia purtroppo si sono frapposte le barriere che abbiamo costruito nei millenni di falsità e di invenzioni bizzarre, che gli altri organismi vegetali ed animali non hanno, per questo essi sanno già quello che noi dobbiamo imparare di nuovo, e questa è la ragione per cui abitiamo in un mondo fatto di meraviglie organiche e inorganiche, ma tutte viventi, tutte espressioni di una  stessa intelligente Energia.

 “A Different Evolution”. Ennio Romano Forina/

IL Dominio Del Pensiero Debole

Il social network non è responsabile del pensiero debole, ma è la rappresentazione dell’evidenza del pensiero debole che domina tutti i settori della società civile attuale. Dalle alte sfere intellettuali e mediatiche, che non sono quasi mai espressione del pensiero veramente libero, ma sono inserite nei flussi delle parti, siano esse ideologiche o politiche, religiose o legate ad altre oscure influenze.

Discriminare a priori e tentare di inibire questo mezzo di espressione libera, vuol dire imporre un pensiero unico dominante, vuol dire imporre una tirannia. Una ulteriore, fondamentale distinzione va fatta piuttosto sull’uso violento del pensiero, il pensiero meramente violento non può essere libero e non può essere profondo, è solo un altro aspetto del pensiero debole, anzi debolissimo, anch’esso evidente nell’era decadente in cui ci troviamo.

Ma la violenza non è solo quella convenzionale e volgare che minaccia le persone, anche la violenza supponente, aristocratica, che deride, disprezza e vuole sopprimere le idee che contrastano con il pensiero (debole) dominante, è una forma di violenza e prepotenza brutale, ancorché espressa con semplice alterigia, contiene anch’essa subdole forme di minacce velate che possono a loro volta provocare reazioni e polarizzazioni conflittuali sempre nell’ambito di un pensiero debole in questo modo maggiormente stimolato. In una vera democrazia ideale, anche un “solo” individuo ha il diritto in ogni caso di obiettare, analizzare e contestare le idee accettate dal 100% meno 1 del restante popolo vincente.

Il pensiero profondo non può che essere libero, mentre il pensiero debole si genera proprio nell’imposizione culturale e dei costumi, sia essa di base popolare che da qualsiasi altro potere influente sulla vita pubblica, che impedisce lo sviluppo di qualsiasi idea creativamente benefica per la società tutta…

Ennio Romano Forina

Il Teorema del Bacio

Tutti gli esseri viventi sono permeati dell’energia dell’amore materno, che si esprime prima di tutto nell’atto di fornire alla prole un nutrimento che è generato dal corpo della madre, ma questo amore si estende anche in molteplici modi diversi.
I mammiferi in genere, compreso gli umani, hanno acquisito la capacità di vivere questo amore in modi più complessi rispetto ad altri esseri viventi, proprio per via della funzione e del piacere che deriva dal nutrire un altro essere vivente con l’essenza del proprio corpo, con il risultato di far sviluppare maggiormente la parte di cervello in cui albergano le emozioni e i sentimenti affettivi.
Da questa capacità deriva anche l’amore in senso lato tra femmine e maschi, inteso appunto come il trasferire nutrimento da un corpo all’altro, che si riflette anche nel riversare il nutrimento da un’anima all’altra.
Penso sia questa l’origine del piacere insito nell’atto di baciarsi, poiché attraverso il contatto profondo delle bocche, che sono organi sensibilissimi al tatto e ai sapori proprio per stimolare l’azione di succhiare il latte materno, che viene replicata nell’atto di baciarsi come un surrogato dell’atto di nutrire e di riflesso di ricevere nutrimento, tanto che nel baciarsi i fluidi si mescolano e si scambiano allo stesso modo in cui si scambiano e si confondono i ruoli alternandosi nel gioco del dare e del ricevere, cosicché le bocche diventano metaforicamente capezzoli attraverso i quali sgorga il prezioso nettare che deriva sempre dall’energia universale dell’amore materno.
Quindi è logico pensare che l’origine dell’amore sia proprio questa, la gratificazione che deriva dall’offrire nutrimento incondizionatamente.
Questo non vuol dire che anche gli altri animali, come quelli che nutrono i piccoli con il becco invece delle mammelle, non abbiano gli stessi amorevoli impulsi.
Gli uccelli infatti usano il becco come i mammiferi usano le mammelle quali contenitori di cibo pre-digerito, e anch’essi strofinano i loro becchi nelle effusioni d’amore, pur non potendo scambiare i fluidi, ma nella vita organica esistono infiniti modi di esprimere lo stesso fondamentale amore universale.

Da: Una Diversa Evoluzione – Ennio Romano Forina

Buoni Propositi Ardenti

BUONI PROPOSITI ARDENTI

Vedo il mondo politico e mediatico sfoggiare belle abbronzature e vedo gli alberi e i corpi arsi vivi degli animali e immagino di vedere i milioni di esseri viventi sacrificati negli olocausti nascosti di sempre, e in questi nuovi degli incendi e degli effetti per gli animali si cerca di parlare poco e di mostrare meno.
Si contano i danni a livello di costi e profitti perduti non di sofferenza immane tra le fiamme.
Invece di inutili e costosi monopattini e inutili e idioti banchi a rotelle, mascherine costose e fallaci, non avrebbero potuto usare quel denaro per migliorare e potenziare i mezzi per contrastare gli incendi CHE SI SAPEVA SAREBBERO STATI CAUSATI e sarebbe stata LA priorità, cercare di prevenirli e prepararsi ad affrontarli adeguatamente, anche guardando agli eventi analoghi, es. Australia e Canada etc…
Vanno imbellettati ai congressi sul disastro del cambiamento climatico, sulla plastica che soffoca ormai tutta l’aria del globo, gli oceani e le terre emerse e uccide un numero infinito di animali, ma nulla accade per arginare lo scempio.
Obiettivo: la fatidica “crescita” senza specificare che questo termine vuol dire rapina e distruzione senza limiti della vita di questo povero pianeta.

Vi sono diavoli che scatenano le fiamme dell’inferno. Diavoli che si arricchiscono con le fiamme dell’inferno. Diavoli che lasciano bruciare milioni di animali innocenti nelle fiamme dell’Inferno.

Ennio Romano Forina

Una Diversa Evoluzione/ Premessa

Penso che se ciascuno di noi indagasse a fondo sul fenomeno intero della vita organica e della apparente anomalia della presenza umana su questo pianeta, molti miti e mistificazioni che sono serviti al genere umano per giustificare e persino “divinizzare” le sue abbiette azioni e la sua pretesa egemonica sul pianeta, crollerebbero come castelli di sabbia, scoprendo gli elementi di verità che continuiamo ostinatamente, anche in questa era tecnologica sorprendente, a voler ignorare e a non poter capire.

La società umana si è differenziata, aggregandosi nei territori del pianeta in forme culturali diverse, che sono state e sono tuttora una delle ragioni principali dei grandi conflitti, ma anche in queste grandi diversità, tutti i popoli hanno da sempre coltivato l’idea che l’essere umano sia stato dotato di qualità speciali che lo collocano su un piano unico di superiorità rispetto al resto del mondo vivente.

Di re e dittatori che si sono incoronati da soli è piena la storia, usando varie mistificazioni come assiomi e dogmi non verificabili poiché provenienti da presunti poteri trascendenti.
Quasi sempre, per giustificare le tirannie e le prepotenze di ogni genere venivano coinvolte divinità alleate di eserciti e condottieri, e ancora oggi il concetto di divinità che scelgono di essere al fianco di…è pienamente attivo.
Per analogia, anche la storia dell’evoluzione umana si è sviluppata intorno a dei comodi miti, che allo stesso modo dei dispotismi storici, sono serviti a collocare l’umanità su un livello di controllo e dominio senza limiti, sulla vita e su quelle che la società umana chiama le “risorse” del mondo vivente, per stabilire il diritto arbitrario di disporre a proprio piacimento di quanto esiste intorno al genere umano stesso.

La speciale prepotenza che la caratterizza è ovviamente causa di conflitti tanto distruttivi quanto insulsi, privi di vera logica da sempre. I diversi popoli umani si fanno la guerra da tempi lontanissimi, individualmente, in gruppi e in nazioni, e da sempre litigano per le diversità e le intolleranze reciproche e hanno sviluppato culture e costumi diversissimi, ma su due cose tutti i popoli sono stati sempre d’accordo: trattare gli animali come cose e sottomettere le donne.
Queste due condizioni ancora oggi e più che mai prevalenti a vari livelli, nelle società umane globali hanno un fondamento in scelte evolutive sbagliate, nel senso che non portano a una vera evoluzione unitamente al grande organismo vivente del pianeta ma portano alla rapina del pianeta vivente inseguendo una fittizia e probabilmente nefasta evoluzione attinente la sola specie umana.
L’egoismo estremo e cieco che sta dominando questa era, nel suo strabiliante potere tecnologico, non può portare ad una ”buona” evoluzione ma ad accumulare una massa pericolosa di azioni che collidono con gli equilibri della Vita, tali da costituire una “involuzione” piuttosto che una vera evoluzione.

Decido quindi di pubblicare a puntate sui social e il mio sito, le considerazioni che derivano da una serie di evidenze da me raccolte nel corso degli anni che mi hanno portato a deduzioni ben diverse da quelle accettate e stabilite nel pensiero comune, dalle credenze, dai miti e dalla stessa scienza, che troppo spesso per pragmatismo e profitto concentra la ricerca sugli effetti piuttosto che sulle ragioni delle cose.

Così, coloro i quali avranno la pazienza di accompagnarmi in questo viaggio di conoscenza e riflessione, potranno condividere con me la convinzione che solo demolendo una ad una, tutte le falsità e le mistificazioni che abbiamo costruito come alibi, per giustificare i delitti sul mondo vivente, si potrà aprire una vera strada di giustizia, rispetto e liberazione, per tutti gli esseri viventi e, al tempo stesso, verso una evoluzione umana migliore di quella raggiunta finora, proprio rivedendo dall’inizio le ragioni che hanno consentito alla specie umana di raggiungere risultati diversi ma solo apparentemente superiori a quelli della Natura intera.

Esporrò le mie deduzioni tratte per individuare l’origine della particolare intelligenza umana e la capacità di esprimere una affettività più estesa rispetto a quella degli altri animali, e della natura e sostanza di quella forma di energia cosmica che definiamo Anima, che, per chi scrive non è una entità in dotazione esclusiva a tutti gli esseri umani, ma una intelligenza, una capacità intellettiva e sensibile che richiede di crescere come una pianta per fruttificare attraverso scelte ed esperienze “sensibili”, in caso contrario, proprio come una pianta che non riceve acqua e nutrimento, si avvizzisce e muore.

Ennio Romano Forina

L’Arte della Pancia


Pensare che l’arte sia sempre e comunque l’espressione di un valore elevato e specifico del genere umano è del tutto sbagliato.
C’è arte che è espressione dell’anima sensibile umana e arte che è espressione della pancia umana.
Sono due cose abissalmente diverse, anzi antitetiche.
Questo è un chiaro esempio di arte espressa dalla pancia e per la pancia, che fra l’altro viene “imposta” e non proposta, come per qualsiasi artista che vuole esibire le sue opere alla valutazione del pubblico in privato o nei canali appositi.
E l’arte della pancia in questo caso non ha la sensibilità necessaria per parlare all’anima degli spettatori, serve piuttosto ad evocare il piacere del sapore della carne cotta, non certo a far vibrare le corde dell’anima e i riflessi della mente.
Infine, non essendo arte sensibile ignora il dolore, la sofferenza e la crudeltà insita nella sua rappresentazione peraltro non raffinata come ad esempio nei bassorilievi dell’Ara Pacis in Roma, che richiama molti turisti e indigeni ammiratori e parla della nostra storia e dell’ignoranza dei tempi, che usava sacrificare gli animali per ottenere favori e predizioni da improbabili divinità.
Io chiamo quel monumento il banco di marmo fatto bene di una semplice macelleria.
A conferma della mia asserzione che il genere umano da sempre, ha realizzato opere tecnologicamente e formalmente “belle”, per scopi e motivazioni insulse, orrende e abbiette. Nel caso di questo “banchetto” di macelleria, non si vede nemmeno la maestria formale.
Se l’opera avesse voluto e saputo rappresentare la realtà dell’orrore di questo sacrificio alla pancia, avrebbe avuto forse qualche valenza concettuale, ma così non è.
Peraltro non si vede come possa rappresentare degnamente la lodata e lodevole dieta mediterranea che è costituita sopratutto da alimenti vegetali. Niente di specifico, i maiali li torturano e scannano in quasi tutto il resto del mondo.
Non dispongo di una mia foto del manufatto in questione e non amo pubblicare foto altrui.
Dopo gli inutili monopattini, l’asfalto sul lungotevere, i costosi banchi a rotelle spezzaschiena e altre amenità degli ultimi anni, ora abbiamo anche la rappresentazione della porchetta felice di essersi fatta ammazzare per la gloria della crapula di Roma.

Ennio Romano Forina

Nei Campi Liberi del Cielo. Il Toro

My poem, based on this real filmed event of a couple of years ago, when a bull was able to jump over the fences trying helplessly to reach his freedom.

HO SOGNATO IL TORO NEI PRATI LIBERI DEL CIELO, MACCHIATI SOLO DAL ROSSO DEI PAPAVERI E NON DEL SANGUE…

Ho visto il Toro scavalcare lo steccato e arrampicarsi sugli spalti,

ho visto la sua dignità, la sua anima, nell’anelito di libertà.

Ho visto fantasmi sui palchi, ebbri di sangue vermiglio

fuggire da vili dall’impeto del coraggio e della ribellione.

Ho visto poi il Toro arrancare nella gabbia di panche

troppo intricate, imprigionando impietose le possenti zampe

sul crinale di colle proibito, inaccessibile per lui.

Oltre l’arena infame, forse c’erano liberi ma irraggiungibili,

i prati dipinti di verde e illuminati 

soltanto del solo rosso dei papaveri,

ma all’interno del festoso cerchio mortale

solo un sole di sangue bagnava la sabbia di grumi sinistri,

calpestata da demoniache figure sui costretti cavalli,

scatenate per fornire i tormenti delle lance e dei pungoli, 

forgiati nelle fucine d’inferno, 

ed eroi fantocci ricoperti dalla gloria del nulla,

mentre dagli spalti e dai banchi ondate di perverso clamore

e urla di piacere ad ogni colpo di pungolo e di sangue sprizzato.

“Breaking news!: così la notizia: “dramma sfiorato, nessun ucciso, nessun ferito”.

“Nessuno”. Dunque il Toro è nessuno? Solo sangue e spettacolo.

IL SOGNO

Ma più tardi, la realtà di una cronaca confluisce in un sogno

e io ho sognato il Toro, umiliato ma grande, l’ho sognato morire

e il suo corpo esplodere in mille getti di sangue

che si riversavano su ogni spalto della cerchia infame

gremita da facce piccole e grandi, 

da bocche bavose e braccia esultanti,

occhi ebbri di scherno del dolore inflitto 

a intervalli di morte e sadica voluttà nel vedere 

dal fiero corpo, la forza privata pezzo a pezzo

 del possente e indifeso Toro costretto alla furia,.

Spettatori gaudenti del Male, frementi per bramosia del sangue,

e il sangue ricadeva su loro e tutti cercavano di coprirsi

e ancora dimenandosi volevano farlo scorrere via,

ma il rosso fluido restava sempre a coprirli

macchiando i vestiti, corpi e volti e non si levava,

continuando a fluire dal Toro ribelle, squartato tra i sedili.

Fiumi di rosso continuavano a uscire come soffi di vulcano

schizzando in alto, eruttando fiotti di lava rubino

che colmava gli spalti scendendo in rivoli e torrenti

trascinando nei gorghi e in fondo tutta la folla

che adesso più non rideva del sangue e travolta,

alla fine affondava nella marea rossa spenta di urla,

mentre ormai nel centro dell’arena già colma,

altre mille bocche di sangue si aprivano 

dei mille e mille Tori uccisi nel tempo.

Ma i sogni sono solo sogni 

e tutto questo non accade e non avverrà.

non in questo modo, non in questo tempo almeno.

Tutti i Tori incolpevoli sono morti così, trafitti e smembrati,

uccisi già moribondi e stremati, da spade vigliacche,

uccisi due, tre, cento volte e solo per gioco,

costretti alla rabbia dai giocolieri di morte,

dai mille anni prima e forse ai mille futuri,

finché gli occhi umani avranno piacere 

guardando la morte degli altri.

Ma il diluvio del sangue non è un sogno, né un’illusione

è l’orrenda, continua realtà, in quella ed altre piazze,

così, mentre l’anima dei Tori sale libera nei prati verdi del cielo,

qualcosa davvero affonda 

e si perde per sempre nel sangue delle arene:

sono le anime spente di chi ha soffocato e tolto alla vita il diritto.

Le anime di quelli che hanno goduto vedendo il sangue

sgorgare caldo, fumante, dalle narici e dal corpo generoso,

e alla fine credendo di uscire indenni 

e soddisfatti dall’atroce scena

pronti ad altri giochi di morte e con i loro corpi e vestiti puliti.

Ma le loro anime si sono ormai sporcate, 

risucchiate nei torrenti e nei gorghi dell’infame gioco

e così si avviano, sazi del dolore altrui, 

senza nemmeno capire di aver lasciato forse per sempre, 

le loro spente anime nel sangue dell’arena a imputridire.

Ennio Romano Forina 2018

Archi e Frecce Collaterali

Colpire un bersaglio inanimato ma che rappresenta un vero animale potrebbe essere da molti praticanti di questa disciplina una premessa nell’uso della stessa arma contro animali veri.
E infatti, i social sono pieni di documenti filmati o fotografici, di uccelli e altri animali trafitti da frecce vaganti. Uccisioni collaterali accidentali o atti voluti? Direi ambedue.
Le armi fatte per uccidere prima o poi uccidono.
Non credo che la maggior parte di coloro i quali hanno il culto dell’abilità di colpire un bersaglio, sia così consapevole della differenza che passa tra una raffigurazione e un animale vero.
Può darsi che nei centri sportivi di pratiche venatorie antiche tutti siano estremamente rispettosi del diritto di vivere altrui, ma le armi che offendono non possono essere concettualmente considerate un’innocente “arte” sportiva.
Di sicuro, in assenza di vere leggi efficaci, molti praticanti sono spinti ad usarle per provare la loro onnipotenza. Sport venatori? Perché simulare una cosa che se i nostri progenitori hanno dovuto fare per la sopravvivenza in condizioni estreme, ora non avrebbe e non ha nessun senso?
Come del resto, molte altre cose crudeli e ingiuste che facciamo senza davvero conoscerne le ragioni profonde, attribuendo ad esse dei significati virtuosi fittizi.
E semmai si possa ammettere l’esistenza e la capacità di uso di armi concepite per “difendere” il diritto di esistere di ciascuno di noi, di sicuro l’arco e le frecce sono nella loro concezione esclusivamente armi offensive.
Quindi, perché nobilitare l’uso di armi che colpiscono da lontano e a tradimento, se non per allenare e ammettere una forma concettualmente vile di sussistenza, quando anche di vera sopravvivenza si tratti?.
È una semplice considerazione analitica della soddisfazione che si può ricevere dal colpire un bersaglio lontano, sia che rappresenti una vita o il surrogato di una vita.
Non credo che chi sia attratto dall’acquisire queste abilità si ponga questi quesiti. Più spesso la più apparentemente innocente delle simulazioni può diventare realtà.

Ennio Romano Forina

Philosophia et Ratio

La filosofia non è una scienza basata su dati ed esperienze inconfutabili, ma un’attitudine dell’anima e della mente. Non si può essere quindi “docenti” di un’attitudine, ma più esattamente docenti del pensiero filosofico storico.
Vale a dire, della “storia dei filosofi” e delle teorie che hanno divulgato. La filosofia non è, al pari di altre scienze, basata su conoscenze specifiche e scientificamente convalidate, quindi anche nel caso in cui si elaborino le proprie teorie queste non possono essere insegnate ma solo rese note.Non esistono tesi filosofiche che possano essere considerate vere e che possano dare direzioni certe, tanto più quando sono costruite nella presunzione di comprendere e asserire una verità unica, similmente alla presunzione delle certezze sostenute dalle religioni.
La mente umana raziocinante non può capire e spiegare nessuna verità unica e assoluta, semplicemente non è lo strumento adatto, è come se si volesse dipingere un capolavoro artistico con una forchetta e senza colori, piuttosto, attiene all’intelligenza sensibile estesa e allenata, non al raziocinio, la capacità di “intuire” quello che la ragione non può comprendere, non già la verità unica, ma solo “parti”, elementi di verità, che servono come segnali di direzione nei sentieri infiniti della consapevolezza universale.

Ennio Romano Forina