Una Diversa Evoluzione

Morire per Evolversi/2

“Non si nasce per poi dover morire, ma si muore per poter rinascere rinnovati”. E.R.F.

Forse avremmo più rispetto per il mondo vivente intorno a noi, se fossimo consapevoli di essere una semplice parte di un grande progetto creativo Cosmico, in cui le forme viventi si avvicendano e interagendo anche in rapporti cruenti e difficili da accettare per la sensibilità universale, non solo umana, come i rapporti di equilibri fra predatori e prede, ma tutte, inequivocabilmente obbedendo a un unico impulso, come se fossero un organismo singolo.
Penso inoltre che l’amore sia un’energia generata da questo impulso che noi chiamiamo Evoluzione.
Se questa specie umana, che dagli alberi scese a colonizzare la terra milioni di anni fa, non si fosse smarrita presto nella presunzione della sua coscienza e nel suo delirio di onnipotenza, se per sostenere le sue ragioni di sopravvivenza prima e di opportunismo dopo, non avesse prodotto tali e tante mistificazioni  della realtà, noi oggi saremmo sempre più fraternamente uniti al mondo vivente e non al contrario, sempre lontani dal suo intimo contatto, come risulta dal fatto che al progresso scientifico e tecnologico non corrisponde un progresso altrettanto miracoloso nella conoscenza sostanziale della Vita e nell’Etica, che anzi sembrano essere inversamente proporzionale ai primi due.
E questo accade perché lo scopo prevalente del progresso della scienza e della tecnologia da un paio di secoli è di “usare” la realtà piuttosto che di “capire” la realtà.
E per capire il senso dell’esistenza della vita su questo pianeta non è sufficiente sezionarla e misurarla nelle sue intime parti, anche giocando pericolosamente con i suoi elementi, ma serve comprendere i suoi misteriosi fenomeni senza la motivazione che si prefigge il controllo e il dominio che sulla vita possiamo avere.
È chiaro, che il motivo preponderante per cui la scienza umana studia i segreti della vita ha uno scopo opportunistico, e non mirato principalmente alla pura conoscenza delle cose.
La conoscenza vera ci renderebbe la consapevolezza di essere uguali alle altre forme viventi, tutte “animali” siano organismi di sangue rosso o sangue verde e non potrebbe essere altrimenti, così come non si può negare che la vita sia unica, solo pensando che i nostri organismi e la nostra intelligenza non sono altro che il risultato di una collaborazione di diverse forme viventi che noi erroneamente definiamo semplici.
Così come la Vita è inconfutabilmente unica, anche la morte è unica, tutte le forme di vita infatti nascono per l’impulso universale dell’amore di una madre, quale essa sia, pur sempre qualsiasi embrione di essere vivente proviene da un “grembo” formato dall’amore universale, anche se esiste un numero infinito di grembi diversissimi da quelli umani, la loro funzione e l’energia che li nutre sono le stesse.
Apparentemente, siamo consapevoli del perché la vita nasce per l’unione di umori e geni diversi, e siamo ben consapevoli del come si sviluppa crescendo per produrre altra vita, ma quando cerchiamo di spiegare i perché tutto questo accada, invece di accettare le evidenze, preferiamo inventarci favole e mistificazioni.
Le ragioni che impediscono di considerarle sono molte, ma una delle più importanti è il fatto di non voler ammettere di essere allo stesso livello di altre forme di vita che riteniamo “inferiori”, per prima cosa perché se lo facessimo non potremmo più usarle arbitrariamente e sfruttarle a nostro vantaggio, in secondo, luogo, perché lo stato patologico della nostra presunzione è ormai cronicizzato e si è attestato saldamente nelle coscienze impedendo alla nostra mente di guardare oltre il diaframma deformante e opaco che ha costruito, la vera realtà.
Non vi è nulla di speciale nell’essere umano, né nella sua tanto declamata e glorificata intelligenza, ma di questo parlerò in un altro capitolo del mio saggio su una diversa evoluzione.
Dunque, se tutti gli esseri viventi nascono per l’impulso creativo che unisce gli umori e i geni di due esseri diversi, che definiamo femmine e maschi, quale è la ragione per cui tutti gli organismi non possono perdurare oltre la funzione svolta di riprodursi e oltre la funzione stessa?
In altre parole sappiamo perché si nasce: vivere nutrirsi e procreare, ma perché gli organismi devono morire?
La mia tesi si svolge sull’evidenza che oltre al formidabile impulso di amare e procreare esiste un altro impulso universale fortissimo, non facilmente riconoscibile, anche se non possiamo fare a meno di notarlo e studiarlo da qualche secolo in quello che avviene nel mondo vivente, in quel contesto che chiamiamo Natura e che io preferisco chiamare “intelligenza cosmica” , delle particelle, degli atomi, e quindi anche di quella organica che è una propaggine e l’obiettivo di questa intelligenza sembra davvero essere l’evoluzione di tutte le forme di vita attraverso la ricerca delle migliori soluzioni per le interazioni e gli equilibri.
Questo impulso evolutivo non è affatto perfetto e non è lineare, va avanti per tentativi creativi, non in modo omogeneo, le varie specie non fanno nessuna gara fra loro ma solo con sé stesse, alcune si integrano nel sistema vivente altre si slanciano oltre e altre si estinguono. Alcune accelerano i percorsi evolutivi, altre si sembrano fermarsi accontentandosi del livello di perfezione raggiunto. Sono animali e insetti che ammiriamo per la loro funzionale ed obbiettiva bellezza. Altre specie ancora esagerano spingendo la loro creatività troppo spesso sbagliando, ma il sistema vivente non si ferma mai e corregge i suoi errori, i dinosauri erano uno di questi errori ed è stato corretto facendoli estinguere, non solo per una meteora ma per il semplice fatto di essere fuori misura per questo pianeta e non in equilibrio con il resto del mondo vivente. La ragione per cui i dinosauri  sono scomparsi è la stessa per cui gli insetti e gli animali più piccoli sono vincenti rispetto agli animali più grandi.
Un esempio di intelligenza organica perfettamente riuscito è quello del piccolo felino, il gatto, che proprio per le sue ridotte dimensioni ha ottenuto una serie di vantaggi che gli hanno permesso di sopravvivere ovunque al contrario dei suoi parenti più grandi che rischiano l’estinzione.
Le dimensioni ottimali del gatto gli consentono di avere un numero di prede illimitato e in un contesto incontaminato dalla presenza umana, può arrampicarsi facilmente e saltare da grandi altezze senza sfracellarsi sul terreno per il suo peso contenuto, può intrufolarsi in piccole tane e anfratti naturali, trovare rifugi più facilmente senza dover spendere grandi energie e porzioni di esistenza per costruirle.
Comunque, questo complesso evolutivo intelligente e dinamico si muove in un’unica direzione e sembra anche avere una gran fretta, come se fosse consapevole che l’esistenza di questo meraviglioso e raro laboratorio di vita organica, non sarà eterno, non ci sarà sempre il calore di un sole amichevole e provvido di luce e di energia e non ci saranno tutte le condizioni ottimali che consentono l’esperimento mirabile della Vita.

                                                                                                                                                                                Ma il tempo non è come dicevo, infinito, dunque l’evoluzione deve essere veloce, deve accelerare se vuole raggiungere la destinazione creativa prima che il sole si spenga o esploda o prima che un evento estraneo venga a turbare questo attuale miracoloso e fortunato gioiello cosmico fatto di acqua e fuoco.
Ecco perché è necessario che gli organismi muoiano, non solo per evolversi in forme sempre più perfette ma anche per purificarsi dagli errori e dalle deviazioni che derivano dalle diverse energie che li fanno esistere. Il perfezionamento degli organismi non sembra essere strettamente correlato con l’intelligenza dell’anima, sono due intelligenze che coesistono, ma possono viaggiare insieme e dialogare fra loro così come possono totalmente ignorarsi, morire quindi non rappresenta la fine dell’energia pensante che li ha fatti formare, ma solo il passaggio possibile di una trasformazione evolutiva dell’una e dell’altra, separatamente o insieme. “Mens sana in corpore sano” .
Userò una metafora per definire meglio la mia tesi che invero non ho mai sentito da nessun altra fonte e comunque non fa parte della consapevolezza comune dei popoli da sempre e anche adesso, le risposte sulla legge della decadenza fisica e della morte sono demandate alle fantasie, ai misteri delle religioni affidate a un imprecisata volontà e disegni divini da sempre oppure considerate dalla scienza nella per il “come” il processo si svolge e non per il suo “perché”.
Come accennavo, morire è il modo migliore per evolversi rapidamente e più efficacemente e al tempo stesso correggere gli errori nel punto di inizio di un nuovo organismo, non solo della parte organica tangibile ma anche di quella energetica, invisibile ai sensi tuttavia esistente.
Immaginate di essere alla guida di un’automobile, poniamo, una delle prime automobili anni 20 e di percorrere una strada qualsiasi, mentre voi guidate quest’auto, la vostra intelligenza acquisisce dall’esperienza del viaggio,  nuovi elementi di perfezionamento sul veicolo, che non potreste avere se non provandolo su strada, dunque vi accorgete che i freni non frenano abbastanza che il motore scalda troppo che occorrono dei fari e che le gomme sono troppo rigide, o semplicemente che le condizioni ambientali suggeriscono di modificare la struttura e la carrozzeria del veicolo, cambiando i materiali e migliorandoli o che vorreste modificarla per percorrere terreni impervi, e quindi vogliate realizzare tutte queste implementazioni che non avreste potuto immaginare di fare se l’auto fosse stata ferma, ma il problema è che qualsiasi modifica non potrebbe essere messa in opera mentre state guidando, ma sarà necessario fermarvi, portarla in officina smontare la macchina e apportare le migliorie e gli adattamenti in base all’esperienza ricavata dalla guida in movimento, e al percorso effettuato.
Ecco a cosa serve morire, serve ad apportare le modifiche più importanti necessarie e volute e desiderate al veicolo organico e fargli fare un piccolo ma deciso salto evolutivo per via delle informazioni acquisite nell’arco di vita (cioè la strada percorsa in movimento) consegnandole al costruttore di un nuovo veicolo così modificato. Tutto questo non può avvenire ovviamente nello spazio ambito di una generazione o due, ma passo per passo di moltissime generazioni e per talune modifiche anche di poche generazioni.
Certo gli organismi si rinnovano e modificano continuamente ogni giorno. Ogni individuo adulto non è più il ragazzino che giocava a pallone nei prati 30, 40 anni prima, quel ragazzino si è trasformato? Quel ragazzino è come se fosse morto perché non esiste più, esistete voi adulti e questa trasformazione è potuta avvenire gradualmente e in modo incruento perché era possibile farlo, per l’organismo era possibile modificarsi nell’ambito di una crescita graduale, ma non sarebbe stato possibile se la modificazione fosse stata necessaria in modo più significativo e più veloce. Ad esempio, il rettile che saltando di ramo in ramo capiva che sarebbe stato conveniente saltare spazi più ampi per nutrirsi o difendersi dai predatori aveva delineato nella sua intelligenza nella considerazione di superare gli spazi troppo grandi modificando il suo organismo, lo spessore dell’aria suggeriva l’estensione delle dita e degli arti, l’alleggerimento dell’ossatura e il ridimensionamento del corpo. Ma questa trasformazione non sarebbe stata possibile se non forse in tempi lunghissimi, perciò occorreva riporre la macchina organica, in officina, smontarla rapidamente restituendo al sistema vivente i suoi componenti ma trasportando le informazioni e degli adattamenti ricavati dalla esperienza esistenziale, in un corpo nuovo in grado di implementare e realizzare quelle modifiche in tempi relativamente molto, molto più brevi.
Questa tesi trova conferma nella formidabile accelerazione dell’evoluzione degli organismi nelle ultime ere, dai primordi alle trasformazioni delle ultime centinaia di migliaia di anni a testimoniare l’evidenza che i processi evolutivi hanno una terribile fretta di raggiungere gli obiettivi.
Non sappiamo esattamente quali siano questi obiettivi, anzi forse non si tratta di obiettivi o traguardi finali come noi li concepiamo, la mente umana si è adattata a pensare che tutto sia razionalmente e geometricamente descrivibile, affidandosi alla misurazione delle cose e del tempo in modo numerico e non intuitivo, che non sembra il modo in cui l’intelligenza cosmica pensa e agisce.
Se fossimo stati noi gli organizzatori dei astri nello spazio cosmico, li avremmo disposti secondo il nostro gusto e la nostra mania di ordinarli secondo schemi geometrici e contemplare il firmamento sarebbe stata una noia mortale.
Possiamo essere impressionati dallo skyline di una grande città, ma il profilo erratico delle catene montuose risponde a un concetto estetico superiore e infonde meraviglia mentre nessuno si fermerebbe a “contemplare” una città per quanto impressionante e piena di opere d’arte possa essere, la visione non può competere con la meraviglia ispirante che deriva invece dal guardare un paesaggio naturale assolutamente libero e non costretto dalla limitata razionalità della mente umana. 
Io penso piuttosto all’armonia, cioè alla vita organica come ad un esperimento di creatività artistica cosmica, che deriva comunque dalle energie e dall’intelligenza dell’Universo stesso, che crea per il gusto di creare e persegue equilibrio e armonia in ogni suo luogo e azione, e la conseguente bellezza che ci affascina e che ci rassicura, da quella del firmamento a quella degli alberi, dei fiori, delle nuvole, del mare, delle montagne e di tutte le innumerevoli  forme che percepiamo solo in parte con l’uso dei sensi preposti alla esistenza di specie, come gli altri animali, ma fra noi e questa energia purtroppo si sono frapposte le barriere che abbiamo costruito nei millenni di falsità e di invenzioni bizzarre, che gli altri organismi vegetali ed animali non hanno, per questo essi sanno già quello che noi dobbiamo imparare di nuovo, e questa è la ragione per cui abitiamo in un mondo fatto di meraviglie organiche e inorganiche, ma tutte viventi, tutte espressioni di una  stessa intelligente Energia.

 “A Different Evolution”. Ennio Romano Forina/

IL Dominio Del Pensiero Debole

Il social network non è responsabile del pensiero debole, ma è la rappresentazione dell’evidenza del pensiero debole che domina tutti i settori della società civile attuale. Dalle alte sfere intellettuali e mediatiche, che non sono quasi mai espressione del pensiero veramente libero, ma sono inserite nei flussi delle parti, siano esse ideologiche o politiche, religiose o legate ad altre oscure influenze.

Discriminare a priori e tentare di inibire questo mezzo di espressione libera, vuol dire imporre un pensiero unico dominante, vuol dire imporre una tirannia. Una ulteriore, fondamentale distinzione va fatta piuttosto sull’uso violento del pensiero, il pensiero meramente violento non può essere libero e non può essere profondo, è solo un altro aspetto del pensiero debole, anzi debolissimo, anch’esso evidente nell’era decadente in cui ci troviamo.

Ma la violenza non è solo quella convenzionale e volgare che minaccia le persone, anche la violenza supponente, aristocratica, che deride, disprezza e vuole sopprimere le idee che contrastano con il pensiero (debole) dominante, è una forma di violenza e prepotenza brutale, ancorché espressa con semplice alterigia, contiene anch’essa subdole forme di minacce velate che possono a loro volta provocare reazioni e polarizzazioni conflittuali sempre nell’ambito di un pensiero debole in questo modo maggiormente stimolato. In una vera democrazia ideale, anche un “solo” individuo ha il diritto in ogni caso di obiettare, analizzare e contestare le idee accettate dal 100% meno 1 del restante popolo vincente.

Il pensiero profondo non può che essere libero, mentre il pensiero debole si genera proprio nell’imposizione culturale e dei costumi, sia essa di base popolare che da qualsiasi altro potere influente sulla vita pubblica, che impedisce lo sviluppo di qualsiasi idea creativamente benefica per la società tutta…

Ennio Romano Forina

Il Teorema del Bacio

Tutti gli esseri viventi sono permeati dell’energia dell’amore materno, che si esprime prima di tutto nell’atto di fornire alla prole un nutrimento che è generato dal corpo della madre, ma questo amore si estende anche in molteplici modi diversi.
I mammiferi in genere, compreso gli umani, hanno acquisito la capacità di vivere questo amore in modi più complessi rispetto ad altri esseri viventi, proprio per via della funzione e del piacere che deriva dal nutrire un altro essere vivente con l’essenza del proprio corpo, con il risultato di far sviluppare maggiormente la parte di cervello in cui albergano le emozioni e i sentimenti affettivi.
Da questa capacità deriva anche l’amore in senso lato tra femmine e maschi, inteso appunto come il trasferire nutrimento da un corpo all’altro, che si riflette anche nel riversare il nutrimento da un’anima all’altra.
Penso sia questa l’origine del piacere insito nell’atto di baciarsi, poiché attraverso il contatto profondo delle bocche, che sono organi sensibilissimi al tatto e ai sapori proprio per stimolare l’azione di succhiare il latte materno, che viene replicata nell’atto di baciarsi come un surrogato dell’atto di nutrire e di riflesso di ricevere nutrimento, tanto che nel baciarsi i fluidi si mescolano e si scambiano allo stesso modo in cui si scambiano e si confondono i ruoli alternandosi nel gioco del dare e del ricevere, cosicché le bocche diventano metaforicamente capezzoli attraverso i quali sgorga il prezioso nettare che deriva sempre dall’energia universale dell’amore materno.
Quindi è logico pensare che l’origine dell’amore sia proprio questa, la gratificazione che deriva dall’offrire nutrimento incondizionatamente.
Questo non vuol dire che anche gli altri animali, come quelli che nutrono i piccoli con il becco invece delle mammelle, non abbiano gli stessi amorevoli impulsi.
Gli uccelli infatti usano il becco come i mammiferi usano le mammelle quali contenitori di cibo pre-digerito, e anch’essi strofinano i loro becchi nelle effusioni d’amore, pur non potendo scambiare i fluidi, ma nella vita organica esistono infiniti modi di esprimere lo stesso fondamentale amore universale.

Da: Una Diversa Evoluzione – Ennio Romano Forina