Violenze Culturali / Part 2

Ennio Forina

“Qui fictis causis innocentes opprimunt”

Da molte parti, dalle agorà dell’Intelligenza, dai media e dalla base popolare, la controversia sulle violenze e le discriminazioni che ancora oggi all’inizio di questo terzo millennio le donne continuano a subire in diversi , gradi e livelli viene trattata in modo superficiale e frammentario come se si trattasse di fatti episodici e localmente limitati, mentre in realtà siamo ancora di fronte a un fenomeno sostanziale e istituzionalizzato della condizione femminile che resta subalterna a quella maschile, dai gradi e livelli più infimi a quelli più subdoli e mistificati dei paesi più progrediti culturalmente. Per quello che nei millenni gli uomini collettivamente hanno fatto contro le donne, essi non solo dovrebbero comparire di fronte a un tribunale cosmico per rispondere di un incalcolabile numero di delitti compiuti sotto l’egida di falsità religiose culturali e politiche ideate appositamente per giustificare l’ingiustificabile convinzione che le donne non possono o non debbono avere gli stessi diritti e le stesse opportunità del genere maschile. Come si fa ad ignorare una simile realtà e confonderla estrapolando casi specifici e isolati dalla cronaca più o meno recente o riportati in aneddoti vari? Cosa cambia se una tale donna dimostra di essere altrettanto violenta o crudele o sadica di un maschio? Non si tratta di separare le persone e i generi come fossero pedine di scacchi…da una parte le nere e dall’altra le bianche o mischiarli fra loro nemmeno, per dimostrare cosa? Il punto non è di giudicare il carattere dei generi giustificando così le azioni e le reazioni violente. È un modo infantile di considerare i fatti. Il genere maschile ha nei millenni esercitato la sua prepotenza “collettiva” e i suoi soprusi sul genere femminile in modi esecrabili, letteralmente rapinando e devastando la vita di intere generazioni di donne. E non lo ha fatto per tenere a bada o punire una ipotetica cattiveria delle donne, lo ha fatto per poterle sfruttare al massimo, per rapinarle delle loro vite e della loro identità, lo ha fatto per pura prepotenza perversa, aggravata da futili motivi e costruendo falsità ideologiche e costumi morali ignobilmente contorti, ancora oggi attuali in tutte le società cosiddette “civili”, a livelli più o meno alti ma ancora persistenti come in una infezione mentale collettiva mai risolta. Allora a che serve dire “Ma anche le donne possono essere altrettanto violente o cattive quanto gli uomini”…Questo dovrebbe giustificare il fatto che una parte di umanità opprime e uccide l’altra perché gli somiglia? Si deve avere la capacità di osservare la storia, come se si fosse in un processo, considerando gli elementi di accusa, e accettando il verdetto di colpevolezza…e non ci sono attenuanti di sorta; il genere maschile è colpevole da sempre nei confronti delle donne e continua pervicacemente ad esserlo ovunque, eccetto qualche vago segnale di giusta evoluzione in alcuni paesi più evoluti. Inoltre, il trasferimento di responsabilità degli atti di violenza sessuale sulle donne, per il loro modo di vestire o di essere poco vestite o per avere atteggiamenti che possono suscitare il desiderio sessuale dei maschi non solo rappresenta un ragionamento abbietto nella sostanza ma è anche la prova di una incolmabile ignoranza e una ulteriore prova della distorta e vigente tirannia maschile. La biologia è il nome che noi diamo a dei processi naturali che hanno le loro leggi e le loro regole e che sono immensamente superiori alle nostre perché se così non fosse non esisteremmo nemmeno. Le donne hanno tutto il diritto di mostrare la propria natura, le caratteristiche femminili che le distinguono…hanno tutto il diritto di evidenziarle nei limiti sociali accettabili non perché sia “immorale” che una donna o un uomo girino nudi per le strade, ma perché non sarebbe opportuno in un contesto civile cioè cittadino, alterato e distante dalla natura come è quello umano. Nessuna donna deve essere biasimata per manifestare la sua femminilità che altro non è che la sua capacità di procreare …e nessun uomo può giustificare la sua prepotenza e brutalità con la scusa della provocazione sessuale. Ma l’ironia di questa concisa analisi è che paradossalmente l’uomo è più prepotente, oppressivo e brutale non perché è più forte della donna, ma perché è più debole e instabile della donna…La donna è una direzione per i maschi, è la certezza che essi non hanno poiché il genere femminile si riferisce direttamente all’essenza della natura, la femmina conosce se stessa e sa perché esiste, mentre l’uomo senza lei è solo un animale smarrito, così nei millenni si è coalizzato con gli altri uomini per imporre un sistema in cui le donne fossero i loro riferimenti fissi, così da colmare i loro vuoti e le loro angosce, ma forzatamente non per mezzo dell’amore, in pratica per avere delle schiave esistenziali e di fatto.

Deformità Linguistiche

La lingua in uso riflette il pensiero comune, o meglio lo stato dell’arte del pensiero comune, e da questo dato di fatto si evince che né il pensiero comune né la lingua siano realmente progrediti se continuiamo a definire l’intero genere umano con il sostantivo “Uomo”, quando è scientificamente provato, se non per semplice deduzione, che sia la “Femmina” ad avere il diritto assoluto di rappresentare la specie, sia per la funzione che per la sua posizione primaria, originale come soggetto da cui l’uomo, cioè il maschio, successivamente prende forma come mutazione e assume funzioni complementari e subordinate a quelle femminili. Ma è evidente che secoli di acquisizioni di evidenze scientifiche non sono bastati a cambiare la mentalità ottusa e gretta dei popoli e delle loro elite di controllo anche intellettuali e scientifiche. Così mentre il termine “Uomo” inteso come specie e come singolo individuo di sesso maschile, resta glorificato e tirannico al suo posto di rappresentante dell’intera specie, per la femmina che è ingiustamente e stupidamente rapinata della sua condizione primaria, non si trova nemmeno nella lingua, il giusto riconoscimento della sua vera natura, come principale protagonista. Infatti non c’è una parola che possa equivalere al sostantivo “Uomo” atta a definire il soggetto femminile come rappresentante della specie, poiché “femmina” è un termine specifico, usato per indicare il genere nella sua funzione, mentre il sostantivo “donna” è una categoria culturale che non potrebbe mai essere usata per definire una specie intera. Anche l’aggettivo “umano” non è giusto poiché deriva sempre da “Uomo”. Quindi, o il termine “femmina” dovrebbe essere elevato oltre la mera funzione di generatrice e assurgere al significato più ampio e fondamentale che le spetta di diritto: di rappresentare cioè tutta la specie, oppure si dovrebbe trovare un termine nuovo,, appropriato che segnerebbe anche l’evoluzione del pensiero oltreché della lingua in questo ancora decadente inizio di terzo millennio. So che è difficile cambiare consuetudini mentali e preconcetti vecchi di migliaia di anni, ma spero che la mia provocazione possa servire per invitare le menti illuminate di questo secolo a rendere giustizia finalmente alla generatrice della specie e perché no? A dare alla lingua stessa una evoluta corrispondenza dei termini alle evidenze della realtà. Non è questione da poco, credetemi, il potere delle parole e dei concetti distorti sul pensiero debole collettivo è immenso.   Ennio Forina