Quia Plus Valeo…En

Often, we think of Nature

as it it were a goddess,

at Science and its clergies

as it were a new religion,

and to the traditions of the ancient cultures

as if they were laws.

Always demanding that Nature,

Science and Traditions,

be all entities to serve our endless, insatiable

ambitions of supremacy

and exploitation  of the living world. 

ennio forina

Quia Plus Valeo…

Dominion

Spesso ci riferiamo alla Natura come se fosse una divinità, alla Scienza e ai suoi ministri come se fosse una nuova religione, ed alle Tradizioni delle antiche culture come se fossero leggi. Pretendendo sempre che la Natura, la Scienza e le Tradizioni, siano tutte entità al servizio delle nostre infinite, insaziabili ambizioni di sfruttamento e dominio delmondo vivente. ennio forina

I Tempi cambiano…gli umani no.

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Non mi riferisco mai al pensiero di altri, ma in questo caso questi versi mirabili sono cronaca del tempo, e di ogni tempo e sono utili per capire che nulla è davvero cambiato in questi oltre duemila lunghi anni…
“… certare ingenio, contendere nobilitate, noctes atque dies niti praestante labore ad summas emergere opes rerumque potiri. O miseras hominum mentis, o pectora caeca!” Lucrezio – Liber secundus -De Rerum Natura.

Il Rosso dei Papaveri

A Poem, based on a real filmed event of a couple of years ago, when a bull was able to jump over the fences trying helplessly to reach his freedom.

HO SOGNATO IL TORO NEI PRATI LIBERI DEL CIELO, MACCHIATI SOLO
DAL ROSSO DEI PAPAVERI, E NON DEL SANGUE…bull177

I dreamed the Bull in the free fields of the sky, where the only red color
was not from his blood, but the poppies…

Ho visto il Toro scavalcare lo steccato e arrampicarsi sugli spalti
 
ho visto la sua dignità, la sua anima, nell’anelito di libertà.
 
Ho visto fantasmi sui palchi ebbri di sangue vermiglio
 
fuggire da vili all’impeto del coraggio e della ribellione.
 
Ho visto poi il Toro arrancare nella gabbia di panche
 
troppo intricate imprigionando impietose le possenti zampe
 
sul crinale di colle proibito, inaccessibile per lui.
 
Oltre l’arena infame forse erano liberi ma irraggiungibili
 
i prati liberi di verde e del solo rosso dei papaveri illuminati,
 
ma all’interno del festoso cerchio mortale
 
solo un sole di sangue bagnava la sabbia di grumi sinistri,
 
calpestata da demoniache presenze sui costretti cavalli
 
scatenate per fornire i tormenti delle lance e dei pungoli, forgiati
 
nelle fucine d’inferno, ed eroi fantocci ricoperti dalla gloria del nulla,
 
mentre dagli spalti e dai banchi ondate di perverso clamore
 
e urla di piacere ad ogni colpo di pungolo e di sangue sprizzato.
 
“Breaking news!: dramma sfiorato, nessun ucciso, nessun ferito,
 
nessuno”. Dunque il Toro è nessuno? Solo sangue e spettacolo.
 
IL SOGNO
 
Ma più tardi, la realtà di una cronaca confluisce in un sogno
 
e io ho sognato il Toro, umiliato ma grande, l’ho sognato morire
 
ed il suo corpo esplodere in mille getti di sangue
 
che si riversavano su ogni spalto della cerchia infame
 
gremita da volti piccoli e grandi, bocche bavose e braccia esultanti,
 
occhi ebbri di scherno del dolore inflitto a intervalli di morte
 
e di sadica voluttà nel vedere la forza privata pezzo a pezzo
 
dal nobile corpo costretto alla furia, del possente e indifeso Toro.
 
Spettatori gaudenti del male, frementi dalla bramosia del sangue,
 
e il sangue ricadeva su loro e tutti cercavano di coprirsi
 
e ancora dimenandosi volevano farlo scorrere via
 
ma il rosso fluido restava sempre a coprirli
 
a macchiare vestiti, corpi e volti e non si levava
 
continuando a fluire dal Toro ribelle, squartato tra i sedili.
 
Fiumi di rosso continuavano a uscire come soffi di vulcano
 
schizzando in alto, eruttando fiotti di lava rubino
 
che colmava gli spalti scendendo in rivoli e torrenti
 
trascinando nei gorghi e in fondo tutta la folla
 
che adesso più non rideva del sangue e travolta,
 
alla fine affondava nella marea rossa spenta di urla,
 
mentre ormai nel centro dell’arena già colma,
 
altre mille bocche si aprivano del sangue
 
dei mille e mille Tori uccisi nel tempo.
 
Ma i sogni sono solo sogni e tutto questo non accade e non avverrà.
 
non in questo modo, non in questo tempo almeno.
 
Tutti i Tori incolpevoli sono morti così, trafitti e smembrati,
 
uccisi già moribondi e stremati, da spade vigliacche,
 
uccisi due, tre, cento volte e solo per gioco,
 
costretti alla rabbia dai giocolieri di morte,
 
dai mille anni prima e forse ai mille futuri,
 
finché gli occhi umani avranno piacere guardando la morte degli altri.
 
Ma il diluvio del sangue non è un sogno, né un’illusione
 
è l’orrenda, continua realtà, in quella ed altre piazze,
 
così, mentre l’anima dei Tori sale libera nei prati verdi del cielo,
 
qualcosa davvero affonda e si perde per sempre nel sangue delle arene:
 
Le anime spente di chi ha soffocato e tolto alla vita il diritto.
 
Le anime di quelli che hanno goduto vedendo il sangue
 
sgorgare caldo, fumante, dalle narici e dal corpo generoso,
 
e alla fine credono di uscire soddisfatti e indenni dall’atroce scena
 
pronti ad altri giochi e con i loro corpi e vestiti puliti.
 
Ma sono le loro anime ad essersi sporcate, risucchiate nei torrenti
 
e nei gorghi dell’infame gioco e di qualunque altro sangue
 
e così si avviano, sazi del dolore altrui, senza nemmeno sapere
 
di aver lasciato le loro spente anime spente
 
nel sangue dell’arena a imputridire.
 
ennio forina 2018

Le Radici del Male

È il delirio di onnipotenza insieme al vuoto dell’anima. È una combinazione distruttiva, come quando si mettono insieme due elementi da soli apparentemente inerti, ma misti fra loro diventano devastanti.

Il delirio di onnipotenza deriva dall’invidia. Distruggere la felicità di vivere che non si ha dentro di sé. La formula è: “Come fai tu Cervo, Lepre, Lupo, Orso, ad essere così contento di essere vivo mentre io ho noia e non so che fare con me stesso? Quindi ti devo distruggere perché non posso sopportare che tu sia felice se io non lo sono“. Questo è il meccanismo generale anche se, chi va a caccia non se ne rende nemmeno conto razionalmente. Seguono una pulsione elementare che deriva anche da memorie genetiche.
Essi non sopportano il loro vuoto e la loro noia e pensano di essere vivi avendo il potere di sopprimere la vita e la felicità di vivere degli altri. È la storia emblematica del Lupo e l’Agnello, dove Il Lupo/Uomo cerca tutte le scuse per mangiare l’agnello anche se non ha fame. È l’invidia della strega cattiva che avvelena Biancaneve perché non sopporta la sua dolce bellezza e di cui lei non è dotata.

È la storia di quei bambini, spesso impropriamente definiti “angioletti” che dimostrano da piccolissimi caratteristiche di prepotenza e crudeltà e se hanno fra le mani un animaletto o un giocattolo che non sanno far funzionare, lo distruggono. E se il giocattolo che non sanno far funzionare è la vita essi distruggono la vita. Gli altri animali non fanno questo perché non hanno invidia e non soffrono di vuoto esistenziale né di noia,. Quando e se uccidono raramente senza reale necessità lo fanno o per difendersi o per tenersi in allenamento come predatori perché la loro sopravvivenza dipende dalla loro capacità di catturare le prede.

Karma Minori…

L’odore e la vista del sangue “violento” mi fa orrore anche se è solo riferito ed espresso a parole. Mi trovavo casualmente in attesa di fronte a uno studio medico odontoiatrico prima dell’apertura, che forniva varie indicazioni di prestazioni impegnative e trovandomi nella necessità di servirmi di uno di questi costosi interventi ho pensato perché no, di aspettare che lo studio aprisse per informarmi sui costi e le modalità, e infatti dopo pochi minuti ho visto arrivare un uomo che sembrava essere il titolare e direttore dell’impresa e che nell’atto di aprire lo studio si intratteneva a parlare con una sua conoscenza. Io, essendo lì vicino in attesa della fine della conversazione per parlare con l’uomo,  l’ho udito chiaramente salutare il suo amico a voce alta al momento del commiato, con queste esatte parole: “prepara un abbacchio e mezzo!”

Trattandosi naturalmente di un arrangiamento di qualche riunione conviviale in essere, in occasione della “santa pasqua”. Al suono di quelle sanguinose parole, non ho più né chiesto alcuna informazione né ho varcato la soglia di quello studio, né mai la varcherò. E il direttore di questo studio non saprà mai che l’aver causato la morte di due pecorelle gli avrà fatto perdere anche un buon cliente e un lauto guadagno e che il Karma esiste di sicuro in forme minori e maggiori e colpisce sempre in modi diretti e indiretti.

 

C’è un fondo di verità scientifica nel credere che gli errori delle vite precedenti si pagano in quelle attuali, ma non i nostri errori, bensì quelli dei nostri progenitori ed antenati dai quali ereditiamo le informazioni e le caratteristiche contenute nei geni che si trasferiscono a noi. Più quelle dei nonni che non quelle dei genitori e questo spiega perché i nonni hanno un particolare dedizione per i nipoti e sono pronti a sacrificarsi molto più dei genitori , ma, a parte questa digressione, quello che è certo è che se alcuni dei nostri avi sono stati dei biechi assassini noi potremo aver ereditato il loro nefasto bagaglio in misura tale che anche noi potremmo diventarlo se non prendiamo percorsi diversi. così come si possono ereditare talenti e o predisposizioni genetiche alle malattie. Io non credo alla reincarnazione penso che l’anima sia una intelligenza non una entità e che diventi entità solo dopo aver imparato ad essere una vera anima sensibile, unendosi all’energia universale toccando altre anime. il buddismo considera l’esperienza vitale inutile e degradante e tende a depurarsi e progressivamente a liberarsi dei cicli evolutivi rinunciando a tutti gli impulsi vitali fino a raggiungere uno stato di immobilità spirituale scevro da dolori ed emozioni e quindi senza creatività. Ma assomiglia più ad una morte spirituale che ad una vita. Nel cosmo tutto è dinamismo
e contrasto e differenze e incidenti creativi, se non fosse così il cosmo imploderebbe nel nulla, nell’inania. Ma il fenomeno “vita” è creatività pura e la creatività è sofferenza perché è un divenire continuo. La mia filosofia e il senso del mio poema è il dinamismo creativo che fa anche soffrire ma anche gioire davvero ad ogni stadio, mentre il buddismo è una specie di strada senza uscita. Io non faccio distinzione tra materia e spirito, per me sono la stessa cosa ma diversamente assemblata nel cosmo. Pensa che l’immensa forza distruttiva di un vulcano rende le terre intorno molto più fertili e ricche di vita e che la fornace tremenda del globo solare fa nascere la piccola delicata primula sulla terra a primavera. Senza quel fuoco distruttivo ma creativo, non ci sarebbe la primula non ci saremmo noi e non ci sarebbe l’esperienza che chiamiamo Vita.

Questo è il senso della sofferenza, la sofferenza che possiamo subire passa ed può essere trasformata in sofferenza creativa, ma siccome parliamo di anime e creatività, la sofferenza distruttiva è quella che “noi” causiamo/infliggiamo agli altri e che, distruggendo i corpi altrui (tipo la caccia) distrugge anche pezzo per pezzo l’anima. Chi subisce la sofferenza può perdere il suo corpo ma non l’anima chi la provoca alla fine perde ambedue le cose ed è come se non avesse vissuto.

Vorrei aggiungere un concetto significativo che ricavo dalla semplice osservazione della realtà naturale. Noi cerchiamo di costruire filosofie e religioni strane mondi irreali, mostruosità e fantasmi, quando il mondo vivente può fornire tutte le risposte – non definitive – ma della direzione che sta seguendo. In esso, nel mondo vivente, la vita non si volge in modo univoco. Siamo ancora in una fase evolutiva in cui gli organismi sperimentano 4 metodi principali per sopravvivere e progredire: la predazione – il parassitismo – l’opportunismo e la simbiosi che si evidenzia in molte forme diverse, in pratica l’interazione commerciale degli organismi. Quest’ultima è senz’altro la forma più evoluta, etica ed incruenta di evoluzione e secondo me è il percorso più proficuo e conveniente per tutte le forme viventi. Noi utilizziamo tutti e 4 i metodi e abbiamo trasformato la predazione in puro saccheggio, per questo stiamo andando generalmente nella direzione contraria alla vera evoluzione con i risultati che vedremo presto.

Quindi il Karma esiste e come funziona?

È dovuto alle differenze. Noi tutti possiamo facilmente trovarci nei crocevia o punti nodali dove avvengono le differenze si incontrano e scontrano e se ci siamo in mezzo ne siamo colpiti anche se incolpevoli.

Ma le nostre anime, se sono ben curate sono immuni dalle differenze e dai loro effetti negativi.

La Stanza Segreta

Deve esserci una stanza segreta

nella tua casa d’amore

dove poterti isolare ogni tanto

lasciando scorrere pensieri e riflessioni.

Dove poter serbare i gioielli

di molte esperienze anche soltanto sfiorate.

Dove poter spazzare via la polvere

dalla libreria di tutti i tuoi sogni mai letti

e rievocare memorie prigioniere, sottomesse

ma non mai dimenticate.

Dove ogni giorno del calendario della tua vita

è diventato un cassetto arrugginito

che solo tu hai la chiave per aprire

e guardare indietro alle volte e ai luoghi

che sono stati persi in amore e comprensione.

Una stanza di insoddisfatta nostalgia

con quattro orizzonti aperti e senza fine

al posto delle sue quattro mura

con un soffitto così inconsistente

da permetterti di toccare il cielo

e invitare un gruppo di stelle

a restare a cena con te.

Cosicché lasciando questa stanza, 

sarai di nuovo lo straniero improvviso

dal tocco gentile e i luminosi occhi

che il tuo vero amore ha sempre saputo che eri,

e ancora una volta potrai presentare

il più prezioso e affascinante dono

che avrai mai la possibilità di offrire.

Quello che si conosce, sconosciuto,

da conoscere ancora.

ennio forina  3 agosto 2015

“Non c’è Trippa per Gatti!”

Spesso, da una riflessione superficiale derivano concetti sbagliati e questi concetti si esprimono poi in parole, che a loro volta si trasformano in azione collettiva e da una semplice frase che si stabilisce saldamente nel pensiero comune, possono derivare gravi conseguenze di cui nessuno generalmente riesce a risalire all’origine.
Come altre volte, è stata riesumata la famosa affermazione “Non c’è trippa per gatti!” E la rievocazione è stata fatta per commentare l’operato ritenuto positivo di un primo cittadino dell’inizio del secolo scorso, che nel lodevole intento di eliminare spese superflue dal bilancio cittadino, pronunciando questo imperativo, aveva deciso di tagliare il costo degli alimenti costituiti da scarti dei corpi degli animali uccisi nei mattatoi, – definiti spregevolmente “frattaglie” – e che venivano dati come compenso ai numerosi gatti che erano stati intelligentemente posizionati in varie aree critiche con il compito di contenere il numero esorbitante dei ratti, nella scia di una antica saggezza messa in pratica fin dagli antichi egizi e ancora in auge nel seno della civiltà romana, quando uccidere un gatto in queste culture era considerato un vero e proprio delitto.
In seguito, nei secoli più bui e oppressi dall’infausto connubio fra poteri religiosi e superstizioni, lo sterminio dei gatti si attuava continuamente nelle città con ferocia e sadismo, mentre si suppone che i contadini nelle campagne, ben consapevoli che la presenza dei gatti fosse il più valido sistema per difendere i raccolti dalle razzie dei ratti, riuscirono in questo modo a salvare sia i raccolti che la specie felina “domestica” dall’estinzione.

Comunque, lasciando da parte la saggia perspicacia dei popoli antichi, stupisce come all’inizio del terzo millennio inondato da pillole di conoscenza imboccate qua e là dagli esperti dei vari settori la gente comune e anche gli stessi imbonitori mediatici del popolo non sappiano ragionare da sé, semplicemente osservando le evidenze e riflettendo attentamente su di esse.

Decine di volte, nella mia esperienza ho visto ratti uccisi con la gola trafitta dai denti felini, senza che nessuna parte dei loro corpi fosse mai servita come cibo e il motivo è semplice: i gatti sono animali molto puliti e selettivi nelle loro scelte alimentari, cani e molti uccelli sono spesso anche saprofiti cioè mangiano cadaveri in via di putrefazione, “..e di cani e d’augelli orrido pasto lor salme abbandonò…”i gatti no, si nutrono solo di carne fresca, inoltre i ratti assorbono la sporcizia e i parassiti, virus e batteri degli ambienti in cui vivono, mangiano di tutto, anche cose che per un gatto sarebbero tossiche perciò la ragione per cui un gatto qualsiasi “deve” cacciare e uccidere un ratto ovunque si trovi, non è per cibarsi ma è un’altra, ben precisa: i ratti sono nemici giurati della specie felina perché uccidono e divorano i cuccioli dei gatti, e questa informazione è contenuta chiaramente nei geni felini. I gatti a volte vivono insieme come i leoni in clan, ma non hanno vere e proprie gerarchie e strategie comuni da seguire, non hanno un capo branco che si pappa tutte le femmine ma allo stesso tempo si assume il compito di difenderle, ci sono gatti più forti e gatti più deboli e comunque anche in gruppo conservano la loro indipendenza e auto sufficienza, ma i gatti maschi non sono “mariti”, sono solo amanti, perciò una gatta madre è completamente sola nel compito di nutrire accudire e difendere i suoi piccoli, salvo trovare qualche forma di convenienza di gruppo laddove è possibile per una comunità coesistere in spazi favorevoli.
In condizioni normali una gatta, al momento di partorire si apparta nel luogo vicino che le sembra più sicuro e per alcuni giorni allatta i piccoli e li accudisce senza nutrirsi e senza abbandonarli, ma a un certo punto è costretta a lasciarli per procurarsi del cibo e dato che non ha un compagno che la sostituisce nel compito della protezione i cuccioli restano esposti agli attacchi dei predatori e i ratti sono appunto tra i principali predatori dei cuccioli. Ecco perché nella mente felina è impressa la determinazione di uccidere i ratti.

Perciò la convinzione comune di non dare cibo ai gatti perché altrimenti non caccerebbero i topi è totalmente falsa, anzi al contrario, un gatto indebolito dalla mancanza di cibo sarà meno efficiente nel compito di cacciare i topi e se è così affamato da comunque rosicchiare qualche parte dei loro corpi correrà anche il rischio di ammalarsi.
Conosciamo bene le conseguenze nefaste della religione e delle superstizioni, che attribuendo ai gatti affinità demoniache hanno causato torture e massacri infami per secoli e allo stesso tempo hanno punito i loro stessi persecutori con varie pestilenze devastanti per la presenza incontrollata dei topi.
Oggi non sarebbe più possibile avere gatti ovunque, perché verrebbero sterminati dalle macchine e senza i gatti i topi stanno ballando allegramente. I veleni che continuiamo a spargere in giro e che rendono ancora più inquinata la terra e le acque e quindi anche l’aria non servono a niente se non ad avvelenare noi. Perché i topi sono talmente prolifici da colmare e superare le perdite in brevissimo tempo.

Quindi, togliere la trippa ai piccoli felini non è mai stata affatto una decisione di lungimirante saggezza, ma ha contribuito notevolmente alla proliferazione dei piccoli e pericolosi purtroppo per noi roditori, eppure la claque degli studi televisivi ha applaudito questo stereotipo fuorviante, come se fosse un concetto di esemplare intelligenza gestionale. Ma sappiamo che di questi tempi si applaude tutto e il contrario di tutto, come per le risate automatiche che intercalano puntualmente le battute degli show americani, senza nemmeno riflettere, purché la frase sia d’effetto, mentre invece di battere sempre le mani con estrema facilità, sarebbe meglio che tutte le comparse mediatiche attivassero i tanti neuroni addormentati delle loro menti.