La lingua in uso riflette il pensiero comune, o meglio lo stato dell’arte del pensiero comune, e da questo dato di fatto si evince che né il pensiero comune né la lingua siano realmente progrediti se continuiamo a definire l’intero genere umano con il sostantivo “Uomo”, quando è scientificamente provato, se non per semplice deduzione, che sia la “Femmina” ad avere il diritto assoluto di rappresentare la specie, sia per la funzione che per la sua posizione primaria, originale come soggetto da cui l’uomo, cioè il maschio, successivamente prende forma come mutazione e assume funzioni complementari e subordinate a quelle femminili. Ma è evidente che secoli di acquisizioni di evidenze scientifiche non sono bastati a cambiare la mentalità ottusa e gretta dei popoli e delle loro elite di controllo anche intellettuali e scientifiche. Così mentre il termine “Uomo” inteso come specie e come singolo individuo di sesso maschile, resta glorificato e tirannico al suo posto di rappresentante dell’intera specie, per la femmina che è ingiustamente e stupidamente rapinata della sua condizione primaria, non si trova nemmeno nella lingua, il giusto riconoscimento della sua vera natura, come principale protagonista. Infatti non c’è una parola che possa equivalere al sostantivo “Uomo” atta a definire il soggetto femminile come rappresentante della specie, poiché “femmina” è un termine specifico, usato per indicare il genere nella sua funzione, mentre il sostantivo “donna” è una categoria culturale che non potrebbe mai essere usata per definire una specie intera. Anche l’aggettivo “umano” non è giusto poiché deriva sempre da “Uomo”. Quindi, o il termine “femmina” dovrebbe essere elevato oltre la mera funzione di generatrice e assurgere al significato più ampio e fondamentale che le spetta di diritto: di rappresentare cioè tutta la specie, oppure si dovrebbe trovare un termine nuovo,, appropriato che segnerebbe anche l’evoluzione del pensiero oltreché della lingua in questo ancora decadente inizio di terzo millennio. So che è difficile cambiare consuetudini mentali e preconcetti vecchi di migliaia di anni, ma spero che la mia provocazione possa servire per invitare le menti illuminate di questo secolo a rendere giustizia finalmente alla generatrice della specie e perché no? A dare alla lingua stessa una evoluta corrispondenza dei termini alle evidenze della realtà. Non è questione da poco, credetemi, il potere delle parole e dei concetti distorti sul pensiero debole collettivo è immenso. Ennio Forina
Daniela, come non darti ragione?
…infatti il mio appello all’“intelligenza” attuale era puramente ironico, ancorché permeato da un sentimento di profonda e triste desolazione…infatti da nessuno dei tanto glorificati cervelli, premi nobel inclusi, è mai giunta una flebile protesta contro questa ingiustizia verbale che riflette e smaschera l’ingiustizia reale. Non ho alcuna speranza che si prenda atto in tempi brevi della correlazione diretta della lingua con le azioni. Però ti prometto che scriverò di più sull’argomento e come ha suggerito una mia amica, invierò la mia tesi all’accademia della crusca e vediamo cosa dicono loro. Ti ringrazio, come sempre.
certo che non è questione da poco, ma non credi che alla maggioranza degli individui di sesso maschile che detengono i grandi poteri decisionali interessi mantenere le cose come stanno per il timore di essere sminuiti? Ancora adesso, la cosiddetta parità la si incontra ancora così poco sia nell’ambito famigliare che nell’ambiente di lavoro e gli ammiccamenti e le battute a dir poco “sconvenienti” e di basso profilo con allusioni alla sfera sessuale femminile ancora si sprecano dietro sorrisi stolti di un machismo che di maschio ha ben poco. Scusa lo sfogo ma secondo me siamo ancora lontani dall’intelligenza di cui parli e di cui sei un raro paladino.
Ciao Ennio