FATTI NASCERE PER ESSERE UCCISI.
Quest’albero avrebbe dovuto essere fra i pendii di un monte o tra i suoi fratelli dei boschi, a dipingere le pianure di verde, a profumare l’aria delle valli a offrirsi come dimora per gli uccelli o almeno in un parco cittadino per attenuare lo squallore delle prigioni di cemento che chiamiamo case. Questo non doveva essere il suo destino, non era nato per questo né per essere torturato dalla gloria degli orpelli luminescenti festivi che scintillano come fuochi fatui e dispensano felicità illusoria come una droga ottica da aggiungere alla droga delle abbuffate fatte per soddisfare orgasmi organolettici e non per nutrirsi . Tutte cose che non hanno vita come quella vita che è, era nelle sue foglie e se fosse rimasto nella terra e nell’aria sarebbe stata vita donata a noi anche e che invece lentamente si spegne nello scempio di un bidone della spazzatura in cui non solo il suo corpo si disgrega ma anche la nostra etica, la nostra coscienza, la sensibilità e finanche la nostra migliore ragione. In natura quest’albero sarebbe stato un gigante di sensazioni vitali, mentre nelle nostre case è solo un attaccapanni delle nostre più artefatte illusioni ma preferiamo godere della loro morte che della loro vita, di quella piena vita che possono offrire per il solo fatto di esistere. Tale è l’insana sostanza della nostra mente e le limitate pulsazioni dei nostri cuori. Se la sacralità delle tradizioni pretende il sacrificio di esseri viventi non può esservi vera gioia né vero amore in esse, solo l’oblio del Giusto e della Compassione.
