Vegan Poem / Parte II

Chi avrebbe detto che anche per noi

un giorno il sole potesse spegnere i suoi raggi?

E che un invisibile nemico si nascondesse ovunque

per colpirci come noi da sempre

colpiamo gli animali?

Abbiamo sporcato questo mondo

di asfalto, plastica, cemento e sangue,

un gioiello splendente verde e azzurro

ora è solo grigio e rosso, rosso di sangue

un immenso macello,

devastazioni e sconfinate foreste annichilite

e usiamo nomi falsi per nascondere le cose,

siamo sarcofagi viventi, cuori pietrificati, anime vuote

divoratori di corpi morti

appena prima della putrescenza

che le confezioni, i veli di plastica

e allettanti etichette di vivaci colori

rendono accetti, come tutte,

della mente umana le illusioni.

Zampe e cosce di corpi appesi

e animali squartati e fatti a pezzi,

che nei supermercati sembrano allettanti

ma se visti schiacciati sull’asfalto,

con le viscere schizzate dagli addomi

e le mirabili gemme luminose degli occhi

spente e vitree come giada infranta

farebbero nient’altro che ribrezzo,

perché la mente umana guarda,

senza voler vedere quello che è vero

ma solo quello che conviene.

Né la mistificata morte violenta

dell’animale fatto a pezzi nelle confezioni

e sulle tavole imbandite fa ribrezzo,

mentre nel corpo dell’animale ucciso in strada

la morte non si può evitare nella sua brutale essenza,

poiché la mente umana sa che la morte altrui

vuol dire anche la nostra

lo stesso può accadere a noi

e infatti accade spesso,

ma nella morte esposta degli animali uccisi

c’è una scaltra e perversa mistificazione,

diventa cibo, tutta un’altra cosa,

questa è la sola differenza per noi

anche se la morte è sempre morte

e la vita è sempre vita,

non esiste una morte minore di un’altra,

meno brutale, meno crudele e più giusta.

Ma la mente umana ha le vie di conoscenza

occluse da egoismi antichi e senza fine.

Avremmo potuto, dovuto esser diversi,

ne avevamo il potere e la ragione

ma abbiamo fallito nello scopo

di raggiungere una vera evoluzione.

E ora siamo in pochi, con le nostre parole

e le nostre urla aspre di dolore

contro questa realtà orrenda

e noi che amiamo la vita universale

siamo incolpati di essere violenti

proprio da quelli che violentano la vita,

giudicati per le invettive e gli insulti

che non saranno mai duri come l’insulto del loro piombo,

delle loro lame affilate

delle vili frecce vili e delle trappole malefiche

che schiantano ossa e zampe

di animali che già a fatica sopravvivono

nelle poche riserve assediate dalle strade,

dagli incendi e dai veleni,

senza più acqua, senza più rifugi,

trappole orrende nel pensiero e nella mente

che le ha costruite e li imprigionano

fra le ganasce immonde presi nel dolore atroce

senza poter sfuggire, restando increduli da tanta cattiveria

noi che ogni giorno ci crediamo superiori

per aver tolto il fango dalle nostre tane di cemento,

ma il fango sporca solo il corpo e si può lavare via

il sangue invece sporca l’anima per sempre.

Vadano a caccia di immagini di vita con filmati e foto

e noi cambieremo i nostri insulti in lodi.

Si chiama “caccia” per i cacciatori

ma cacciare evoca avventura, sembra quasi bello

loro credono in questo, che lo sia davvero

mentre sono solo predoni,

Come zombi, insensibili questi eroi del nulla,

che si rivestono di gloria e di avventura,

mimetizzati, per celare da sicari un assassinio

colpendo alle spalle o in un agguato,

come se andassero ad affrontar nemici

muniti delle stesse armi in un duello vero.

Nemmeno la vergogna della lotta impari li ferma,

la gloria dei duelli antichi nella loro idiozia,

almeno prevedeva armi leali e pari

questa invece è vile gloria, gloria del nulla

e se ne vantano persino senza pudore di esibir trofei

strappati con l’inganno e la prepotenza,

come se avere un’arma in mano

fosse davvero il segno del coraggio,

il coraggio viene solo dall’arma di un cuore

che ama e non uccide, quello è coraggio vero,

non la canna e il grilletto di un fucile.

E si appostano, nascosti nei cespugli e plagiano

altri animali ingenui come i cani,

sfruttando biecamente la loro innocenza

no, non sono cacciatori è una menzogna

non sono altro che predoni, uccisori,

macellai, è una mestiere non un insulto, vero?

é quel che fanno, dunque è questo il nome vero,

non si dovrebbe chiamare caccia, ma uccisione,

Il fucile e le pallottole sono entrate nella loro mente

sono le zanne predatrici di prede che non servono

ma essi non sono nemmeno predatori,

i predatori veri inseguono la preda per vivere un sol giorno

gli uccisori per passare il tempo e sfogare le loro frustrazioni

questa è la differenza, se anche fossimo noi costretti

dalla forma dei corpi ad esser predatori,

ma non lo siamo e chiunque afferma il contrario

sa senza pudore di mentire.

E le pellicce, di cui tante donne vanno fiere,

proprio loro, vittime da sempre di prepotenze infami

che subiscono la brutalità della predazione dell’uomo

e della prepotenza in mille modi perversi

posano, sorridenti coperte di cadaveri fatti a pezzi

a cui è stato con gli artifici della mistificazione

tolto l’olezzo della morte,

girano in involucri di pelli, senza i corpi degli animali

per coprire altri corpi senza anime.

E sorridono, con quel sorriso sinistro, senza gioia che disgusta,

come il volto e lo sguardo freddo e senza compassione

che ho notato di una star del cinema,

e mi chiedevo perché i suoi occhi erano vitrei e morti

perché conosco lo sguardo freddo di chi muore,

il suo era lo stesso, poi sento che dichiara con vantato orgoglio

di sgozzare agnelli nella sua fattoria con le sue mani

e ho ottenuto insieme la risposta chiara

e la conferma ancora un’altra volta

che dallo sguardo si rivela un’anima se c’è,

solo in quel caso.

Vile, è un insulto? Gli uccisori, i predoni si offendono?

Come possiamo dire allora: duello impari?

Ma se non è nemmeno un duello,

quelli che vengono massacrati per divertimento

sono anime e vite che vivono tranquille,

uccise in agguati e a tradimento,

perché sanno esser felici di essere, fanno famiglie,

si uniscono senza mai tradirsi,

costruiscono il nido o trovano una tana,

fanno le loro prole e ne hanno cura,

come fa qualsiasi altra madre,

ma gli uccisori spezzano l’incanto,

che non sanno provare nelle loro spente e aride famiglie

altrimenti non avrebbero bisogno

di andare a distruggere le vite e le famiglie altrui,

per sentirsi eroi sazi di sangue e della loro gioia.

Sono i Caini, che non sopportano

di Abele la gioia di vivere nel sole e produrre nuova vita

e persino offendono quella libertà di vivere,

per libertà intendono solo la loro,

la libertà di vivere degli altri non importa

e chiamano libertà accettare d’essere uccisi dalla prepotenza,

quello vuol dire esser liberi?

Ma se loro sono liberi e gli altri sono schiavi

chi decide chi debba esser libero e chi schiavo?

Una guerra di secessione umana?

La storia umana è costellata di stragi

decise dai più forti che dicevano sempre

di avere un dio dalla loro parte

e che i deboli e gli sconfitti erano fatti in fondo

per questo, il loro destino era di esser schiavi dei più forti

e dicono di essere per la pace e di amare la natura

che è fatta di vita e l’amano uccidendola

come l’amante che non sa amare uccide

perché in lui o lei non c’è ombra di amore

ma solo invidia dell’amore altrui.

E saremmo noi i violenti?

Io la chiamo prepotenza bruta mi dispiace,

il linguaggio lo so usar bene da sempre

il significato preciso delle parole è micidiale,

perché non ammette scuse e distorsioni

chi usa la violenza, diceva un grande illuminato,

sappia che quella stessa violenza sarà a lui restituita

e la vera violenza verrà anche per loro

sicura nell’ultimo attimo di vita,

cosa si porteranno dietro dunque allora?

Li ucciderà una semplice domanda,

ancora prima della morte stessa

perché si muore tutti prima o poi,

ma il biglietto che serve a continuare il viaggio

può comprarlo solo l’anima che

nelle sue segrete tasche è d’amore piena,

e si chiederanno:

“ Ma cosa ho fatto io in quest’arco di tempo?

Ora che sono giunto al termine delle mie nefaste imprese

e un’altra canna di fucile che non sbaglia mai un colpo

ora punta su me, pronta a sparare e colpirmi senza scampo?

Porterò la pelle del leone ucciso a marcire nella tomba?

La testa del cervo e le sue corna?

Il profitto della tortura immane degli allevamenti?

Hanno mostrato trofei ignobili, pezzi di corpi ai loro amici

che hanno fatto solo finta di ammirare

il loro improbabile coraggio,

semmai invidia, per i trenta denari spesi

concessi ai satrapi della ragion di stato,

che dovrebbero invece salvare e custodire

la preziose forme di vita ereditate

per avere la licenza di spegnere

i cuori pulsanti di selvaggi e esseri viventi

solo per divertimento, un malefico colpo e una nobile
vita è spenta nel sangue e nella polvere.

Per sentirsi onnipotenti nel distruggere null’altro .

Spesso portano i loro cuccioli umani

pensando che l’impressione crudele

valga per essere ammirati e amati

non sono nemmeno sicuri della stima dei loro figli,

mogli, amanti amici,

vogliono farsi ammirare sembrare grandi ai loro occhi.

Miserabili cuori vuoti, anime marce,

non ci sarà nessuna ammirazione, nessun vanto,

nessun orgoglio, solo un arido cuore per i vostri figli

che così non sapranno mai dare carezze, ma solo offese,

quando i potenti fucili prenderanno il posto di un’anima.

I criminali di ogni tipo e luogo che hanno famiglie

e conquistano ricchezze

non capiscono che quelle ricchezze non serviranno a nulla

se condannano i loro amati figli e la discendenza

a vivere in un mondo peggiore dell’inferno

dove ognuno impone la sua forza e non si ferma solo agli animali

un inferno che loro stessi fanno diventare vero

dove altri demoni come loro nel delirio dell’onnipotenza

si faranno vanto di levare ai loro figli la pelle

e di versare il loro sangue

nella perenne umana lotta di competizione,

che sia fatta con le clave, con missili e armi di ogni tipo o sorta

o con il semplice potere del denaro

il culto della prepotenza farà

del loro presunto paradiso in terra

l’inferno, e la loro certa dannazione.

Appendono nelle loro ricche abitazioni

i pezzi e le pelli di cadaveri

salvati con artefici dalla putrefazione

ma la putrefazione dell’azione resta in loro

quella non si può trattare

uccidere è questo; fa putrefare l’anima

e l’olezzo di un’anima putrefatta

è molto più nauseante, orrendo e persistente

di quello di un corpo, quello viene digerito

e presto trasformato in altra vita,

l’anima no, puzza per sempre.

Che strano in questa lingua

non esiste un termine preciso per definire

chi non combatte ad armi pari

vile non è la stessa cosa, vile è colui che scappa

non chi tende un agguato

come si dovrebbe chiamare allora “carneficiatore”?

mi sembra che non funzioni,

certo, la viltà è implicita nel colpire alle spalle e di nascosto,

poiché chi si nasconde mentre uccide

a distanza è sempre vile,

si può nascondere dietro la canna di un fucile

con arco e frecce o una balestra è viltà lo stesso,

quindi non serve una parola nuova, “vile” va bene.

E quindi loro si lamentano dei nostri insulti

mentre insultano a morte i nostri sentimenti

e ci costringono ad assistere

senza poter far nulla, inermi all’atroce sofferenza

per la vita che amiamo davanti ai nostri occhi

distrutta, umiliata, squarciata,

e si vantano persino di questa loro libertà,

di privare brutalmente noi dei nostri fratelli

e noi non dovremmo nemmeno piangerli e stare zitti?

Ma se non usiamo le parole

come lo fermiamo il loro piombo?

Con le preghiere agli dei che voi dite sempre

sono dalla vostra parte, la parte umana?.

Sapendo che fanno sanguinare i nostri cuori

che feriscono insieme a tutti quelli degli animali uccisi.

Noi invece del piombo usiamo le parole

che gridano forte di dolore

nella nostra libertà siamo fratelli degli esseri viventi

ma i predatori sentono il diritto di togliere

a noi il diritto di essere fratelli e sorelle

a quelli a cui loro vogliono

spezzar le ossa e togliere le viscere e la pelle

e dobbiamo accettare questo come un ipocrita

esercizio di libertà, mentre è un sopruso?

C’è qualcosa che non quadra.

Lo stesso vale per chi toglie la libertà e la vita

e tortura nella prigionia infame

altri esseri viventi per decorare la propria pelle

e gli abiti di sofferenza e morte,

donne vane, deboli pensanti, cuori di stoffa,

che indossano sorridendo orgogliose le pellicce donate

riflettano sul fatto che se un uomo

per farsi amare regala una pelliccia,

vuol dire che non sente e non ha veri sentimenti

e se non ha compassione per il cuore dell’essere vivente

a cui indifferente ha strappato la vita

poi non l’avrà nemmeno per loro

quando la bellezza sarà sbiadita

e una pelliccia addosso di certo non le farà

restare belle anzi, accentuerà la differenza.

Quante donne venali, che superata la bellezza antica,

si vestono invano con gli orpelli della morte,

ma quando non saranno più belle come prima,

non sarà certo il pelo folto della sofferenza

a restituir loro il fascino perduto,

saranno solo goffe, ridicole, squallide e pietose,

mentre sarebbero sempre luminose e belle,

indossando l’immortale bellezza della compassione,

dell’anima ricca di sentimenti ed emozioni

quella bellezza non si sciupa mai,

e allora sì, degne d’essere amate senza fine

dagli uomini migliori in ogni loro età,

non dai bastardi che le tratteranno

con uguale indifferenza con cui hanno ignorato

il dolore della tortura e della morte,

la pelliccia varrà più del loro viso senz’anima

e del loro sguardo perso e folle

persa l’illusione che quello fosse amore

ma non ama mai chi non sente compassione

è solo falso amore se include il costo del disprezzo

per la vita di un essere vivente,

quando per loro sarà opportuno

le metteranno nella spazzatura dei ricordi

per cercare altra carne senz’anima più fresca

a cui regalare un’altra pelle di dolore intrisa.

Ed ora un diverso cacciatore irride

alle potenti armi che abbiamo costruito,

ci insegna che le ambiziose torri dell’orgoglio umano,

che le potenti armi e la nostra prepotenza,

non servono a nulla contro l’intelligenza della vita,

a cui dovremmo essere grati invece

di rapinarla di altra vita insoddisfatti,

perché non sappiamo vivere la nostra.

L’intelligenza che ha consegnato gli strumenti

per costruire nuove realtà buone per tutti,

ma non per essere tiranni, dominare

e opprimere e sopprimere libertà e vite a piacer nostro,

forse ora ne verremo fuori senza imparare nulla

la pandemia passerà, come una lezione inascoltata,

la memoria corta degli umani li porterà a divorare

tutto ciò a cui hanno dovuto per poco tempo rinunciare

e il circolo vizioso si chiuderà fuori del pericolo per noi

ma pesando ancora più sugli animali,

nel veleno delle stesse coscienze ancora addormentate.

Ma il circolo vizioso è una via folle e senza sbocco,

alla fine c’è solo un precipizio e la dissoluzione

l’anima è come un drone, che elevandosi al di sopra

della follia umana, vede chiaramente

ciò che la vista corta impedisce di vedere

quello che è in fondo alla direzione scelta

ma per vedere questo occorre

un’anima in grado di volare.

Insieme alle nuvole nel cielo

veleggiano anime vaporose di cangianti piume

bagnandosi di sole e fresca brezza

come punte di frecce composte da cuori palpitanti

ma non è il vento a spingerle come le nuvole sospese

che scivolano senza fatica nei fluidi sentieri aerei,

a far navigare decise queste ali piumate nella tersa aria

è la loro gioia di esser vive e avere una direzione,

trasmigrare, sfuggendo l’asprezza degli inverni

per nutrirsi e diventare forti

per la rinascita in una nuova stagione,

anime che volano alte con un cuore

che serba la memoria delle altezze

e negli occhi orizzonti lontani ma sicuri,

esse volano sì, ma con grande fatica,

le loro ali sfidano il peso e la distanza,

solo i loro generosi cuori danno a queste ali

l’incredibile forza che serve per solcare i cieli,

esse non sono come nuvole impalpabili e leggere,

devono contare solo su se stesse

e sul loro indomabile volere

e sulla scia dei turbini di altre ali sorelle

volando insieme in un vascello fatto d’aria

per compiere l’aspra e faticosa traversata

spinte da quell’unica energia d’amore

che unisce tutti gli esseri viventi.

Ma al suolo, nascosti fra infide rocce,

si celano due occhi di rosso sangue pieni

e insieme ad essi, altri due neri occhi vuoti

che contengono null’altro che la morte.

I primi due sono occhi umani,

che erano fatti un tempo per provare meraviglia,

invece sono così pieni di vuoto e torbidi pensieri

che da essi l’anima, nauseata, è già scappata via

cacciata dai dèmoni della predazione

per il sadico sapore dell’onnipotenza,

gli altri due neri e torvi occhi invece,

sono i fori delle canne del fucile

puntati per lacerare e offendere quel cielo,

al cui interno altri demoni predoni alloggiano

pronti ad uscir fuori veloci e a dispensare morte.

Ecco, questo è il tradimento del dono a noi concesso;

un’evoluzione oltre la crudeltà della sopravvivenza

e degli equilibri resi dalla predazione,

noi siamo diventati invece più crudeli

della crudeltà stessa e del suo nome

e senza una ragione vera,

se non l’illusione di colmare il deserto dell’amore

l’alcova vuota di un’anima ormai morta,

la droga del piacere di distruggere la vita.

La crudeltà che si unisce al profitto e al divertimento

si chiama solo sadismo e perversione

è questo dunque il vero volto umano

di quella che mentendo, solo per noi chiamiamo:

superiore evoluzione.

Ennio Romano Forina

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