Si pensa alla cecità come l’incapacità di vedere, oppure metaforicamente si usa il concetto di cecità connettendolo al sentimento dell’amore e quindi si accetta la formula che l’amore possa essere cieco; vale a dire che ci si possa innamorare senza ragione di qualcuno a causa di un difetto dell’amore che sarebbe per antonomasia incapace di distinguere.
In questo modo si scarica la responsabilità al di fuori del nostro essere e del nostro volere, dando all’amore una connotazione di impulso irrazionale che ci dominerebbe in modo indeterminato al di fuori della nostra volontà e in balìa delle circostanze.
Io non credo che questa sia la spiegazione di tanti fallimenti, tradimenti, delusioni, ripensamenti e rammarichi di unioni sofferte e spezzate. Al contrario, la cecità non attiene all’amore, l’amore è una energia che come tutte le energie scaturisce da una fonte ed è quello il luogo dove si deve cercare la vera cecità.
Ma dunque, quale potrebbe essere la fonte dell’amore?
La mente? Il cuore? Tutto l’organismo?
No, la fonte è l’anima, è l’anima stessa dunque che può vedere o essere cieca, miope e incapace di sentire.
E se l’anima è una intelligenza, come spesso affermo, la vera ragione della cecità dell’anima e dell’amore erratico e inconsistente deriva dal mancato esercizio dell’intelligenza dell’anima, un esercizio che si attua facendo vibrare le sue corde all’unisono e nel riflesso di tutte le ineffabili ma VERE vibrazioni cosmiche, e delle sue armonie.
In parole semplici amando, sempre e comunque.
Ennio Romano Forina