Al centro del grande abbraccio del colonnato di S. Pietro ci sono altre due colonne di forma e materia diverse ma che hanno almeno due fattori in comune, ambedue sono state strappate a un mondo lontano e ambedue sono senza vita ma con la differenza che mentre una di queste colonne la vita non l’ha mai avuta, l’altra invece sì e ne aveva tanta. Era una vita ricca di sensazioni che offriva sicuro conforto, riparo e cibo a molti altri esseri viventi specie nella stagione invernale, passeri, scoiattoli, corvi per nominarne alcuni donando anche la sua parte di ossigeno a questo pianeta soffocato da gas venefici e letali sostanze immesse nell’atmosfera principalmente dalle attività umane, sostanze che solo gli alberi sanno metabolizzare nella loro immensa saggezza e rendere innocue per tutti gli animali mobili del pianeta, incluso gli ingrati bipedi umani, sedicenti “evoluti” che ancora oggi continuano a sacrificare esseri viventi per celebrare le loro tradizioni negli stessi modi barbari in cui i popoli antichi, primitivi e pagani celebravano le loro. Non potremmo esistere senza di loro, non saremmo nemmeno comparsi su questo pianeta se non fosse stato per loro, non saremmo approdati sulla terraferma senza di loro e da loro riceviamo sostanze e conoscenza. Sono esseri viventi, intelligenti e senzienti e noi li trattiamo come oggetti. Molto, molto tempo prima che noi smettessimo di considerare il sole una divinità a cui donare sacrifici tanto crudeli quanto idioti, le piante sapevano già sfruttare la sua energia con sistemi biochimici sofisticatissimi, tuttavia non abbiamo ancora finito di sacrificare animali agli dei così ancora una volta e chissà per quanti anni a venire abbiamo assistito all’ulteriore sacrificio di uno di questi giganti verdi, spezzato, umiliato e soffocato dai decori luccicanti festivi, un triste simulacro morente coperto di luci fatue che celano la sua agonia e le cui foglie durante tutto il trasporto e la collocazione in situ hanno cercato invano di dialogare con le radici perse per sempre. Ma quello che ancora più sconcerta è che nonostante la consapevolezza della vita che scorre nella linfa di tutte le piante e della loro evidente intelligenza si continua a trattarle come se ciò non importasse nulla e per questo il genere umano è doppiamente e perversamente colpevole.
E lo stesso genere umano che pretende da vari pulpiti di voler proteggere la Natura e l’ambiente che ritiene gli appartengano non sa insegnare ai propri figli amore e rispetto verso queste creature portatrici di protezione e benessere essenziali per tutto ciò che vive su questa terra. Se non abbiamo rispetto del ramoscello o dell’arbusto o del piccolo albero non saremo mai capaci di fermare la distruzione delle foreste. E l’ipocrisia che nasconde il delitto lo giustifica con l’insulto finale del riutilizzo “ecologico” del corpo.
Quest’albero è stato sacrificato non alla gioia festiva ma all’altare dell’ignoranza, all’interpretazione arbitraria e distorta del concetto di felicità e sacralità, la sua esecuzione non è diversa dal rogo di Campo dei Fiori, in quel luogo e in quel tempo non si volevano ammettere le evidenze rilevate da una mente geniale ed evoluta, qui ed oggi si nasconde l’evidenza di una realtà vivente che viene annientata nel più barbaro e primitivo dei modi, bruciata sul rogo di una tradizione peraltro aliena.