
di Ennio Forina
Un tempo l’Europa era tutta ricoperta di boschi e foreste, nonostante gli antichi romani si dedicassero in modo industriale al taglio degli alberi e senza preoccuparsi affatto di problematiche ambientali. Se poi si guardano le prime foto o i numerosi dipinti della campagna romana di qualche secolo fa non si può fare a meno di notare la desolante mancanza di alberi, perché venivano da tutti utilizzati per legna da ardere, costruzioni varie e terreni da pascolo.
Oggi sembra che le cose non siano affatto migliorate e anzi, in Italia, non solo abbiamo conservato la stessa sprezzante indifferenza per la vita vegetale ma in commercio sono a disposizione di chiunque molti terribili mezzi di distruzione di massa per la vegetazione che superano la fantasia. Inutile parlare della rapida e continua distruzione di larghe aree della foresta amazzonica e delle foreste pluviali per le quali tutti fanno finta di indignarsi. La triste realtà del nostro rapporto col mondo vegetale si evidenzia intorno a noi, nelle nostre campagne, nei parchi cittadini, nei giardini condominiali. È qui che si vede dove sta veramente il cuore della gente. Allora si tagliavano alberi e arbusti per necessità un pò più serie, oggi si tagliano per ignoranza, disprezzo e un numero infinito di motivazioni idiote.
Anzi molti alberi vengono resi instabili e pericolanti proprio dalle potature. Le radici degli alberi sono proporzionali alle loro chiome e se i rami bassi vengono tagliati, l’albero si inclina perché il baricentro si sposta in alto mentre le radici diminuiscono, per di più essi reagiscono agli attacchi degli animali “mangiarami” crescendo in altezza per salvare la suo chioma o nel caso degli alberi che producono frutti, fruttificando esageratamente per potersi riprodurre prima di essere divorati. Sono reazioni intelligenti che rivelano la capacità delle piante di pensare, ma che purtroppo non possono cambiare la loro sorte. Nelle città italiane la potatura degli alberi sembra una sindrome nevrotica ossessiva, i condomini di qualsiasi classe e livello sociale sono tutti mobilitati ad eliminare il problema foglie. Non c’è nulla che l’italiano tipo odia più delle foglie che cadono nei pressi delle case, sui marciapiedi o peggio ancora sulle automobili. Non c’è la stessa reazione per le deiezioni non raccolte dei cani e per quelle umane persino, non per gli involucri di tutti i generi e per i miliardi di cicche di sigaretta gettati con disprezzo per terra.
Qualsiasi tipo di rifiuto è accettato basta che sia un po più in là della propria abitazione o vettura, ma le foglie appassite no, sono intollerabili. Il decoro dei balconi e degli appartamenti con piante ornamentali, i giardini addomesticati per gratificare il nostro gusto estetico sono ben povera cosa ed anzi in senso biologico rappresentano un oltraggio. I fiori non sbocciano per il nostro diletto ma per la funzione alla quale sono preposti, devono ammaliare insetti non il nostro appetito visivo. Alle indiscriminate e probabilmente “interessate” motivazioni delle potature cittadine si aggiungono anche le conseguenze dell’ignoranza, dei vizi e delle intemperanze della natura umana. Non basta la distruzione dei boschi per far spazio alle autostrade, agli insediamenti, alle coltivazioni e agli allevamenti intensivi. Non basta la forzata estinzione dei ruscelli e l’inquinamento di quelli che sopravvivono, non basta l’eradicazione delle siepi naturali che sono un formidabile baluardo contro la desertificazione per il vento, il taglio degli alberi sui clivi collinari, causa principale degli smottamenti devastanti di terra. Non basta l’uso scriteriato e indiscriminato dei diserbanti; quando, invece di lastricare un marciapiede o un’area qualsiasi, si preferisce inondarlo periodicamente di sostanze tossiche con procedimenti che oltre ad essere costosi, pericolosi e fortemente inquinanti, danneggiano e alterano drammaticamente gli ecosistemi causando nuove problematiche.
L’uso di diserbanti, di fitochimici, la continua costruzione di strade, le montagne di rifiuti e sostanze tossiche, scarichi industriali, incendi, provocati non già da piromani ma da criminali e da incauti fumatori menefreghisti, che gettano ostentatamente le sigarette accese fuori dai finestrini delle auto, dovunque si trovino, l’inquinamento delle acque, causato oltre che dalle industrie, anche da una incalcolabile quantità di saponi, decalcificanti, igienizzanti, disinfettanti, sigarette rilasciate al suolo e nelle acque a miliardi, vernici, acidi , oli e una vasta gamma di antiparassitari che distruggono interi ecosistemi, compreso gli animali e gli insetti che si nutrono di larve di zanzare, lasciandole libere di diffondersi in modo esponenziale. Ma a tutto questo si aggiungono altre offese al mondo vegetale che hanno il sapore della beffa, prima fra tutte il massacro degli alberi natalizi, che quando non finiscono nella spazzatura dei giorni dopo-festa, vengono ecologicamente riciclati per ricavarne carta e questo dovrebbe sistemare le cose. La condizione essenziale per la vita e lo sviluppo delle vegetazioni è la libertà di svilupparsi nella biodiversità e nella interazione fra loro, il mondo animale e gli eventi atmosferici, ma, ad esempio si proibisce ad alcune piante di esistere perché si fa un cattivo uso delle loro sostanze, come nel caso della marijuana; nel linguaggio istituzionale e in quello comune si stabilisce che la marijuana è una pianta “illegale” quindi criminale ed è la pianta stessa che subisce la pena più certa, perché viene condannata a non esistere. Infatti cosa vuol dire “illegale” se non che la pianta in questione non solo non può essere coltivata ma laddove cresce liberamente debba essere distrutta e di fatto condannata all’estinzione?
È lecito chiedersi se sia etico causare l’estinzione di una specie solo perché vi sono individui che ne fanno un uso scellerato? E quale danno e conseguenze potrebbero derivare dall’estinzione di un elemento che potrebbe contenere proprietà ancora da scoprire di utilità fondamentale per la salute umana? Alcune acacie, anche nei nostri parchi e giardini hanno spine così lunghe e rigide che potrebbero tranquillamente uccidere un uomo al pari di un coltello d’acciaio, dovremmo per questo considerarle fuori legge e distruggerle e mettere in galera chi non lo fa? Altre piante vengono considerate cattive, infestanti, solo erbacce, quando invece posseggono qualità curative importanti. Chi può dirci che eliminando la marijuana o la gramigna o l’ortica non causiamo una serie di devastanti conseguenze su altre, possibili, utilissime specie vegetali, dato che il mondo vivente è così tutto interconnesso? Le foglie e i rami dei pomodori contengono alcaloidi e sono velenosi. Spesso le piante rendono tossiche le parti vitali per proteggere il proprio sviluppo così che gli animali non le mangino prima che i semi in esse contenute siano formati completamente ed avere quindi il tempo di produrre un frutto intorno ai semi ed offrirlo agli animali come pagamento del biglietto di trasporto per terreni più lontani. Quindi il frutto acerbo generalmente è indigeribile o addirittura velenoso, come il pomodoro, ma diventa buono e nutriente quando è maturo e quando con esso matura il seme. Quale intelligenza! E noi che pensiamo di aver inventato il commercio internazionale.
Purtroppo gli interventi distruttivi e disequilibranti che imponiamo alla Natura derivano non solo dal libero arbitrio dei molti: aziende, strutture e privati, ma anche dalle leggi e dalle normative che cercano di risolvere i problemi guardando il particolare ma ignorando l’aspetto ambientale generale . E dopo aver fatto queste considerazioni che sono solo un breve riassunto di alcune dolorose realtà globali veniamo alla festa delle donne, ancora celebrata con il dono del classico mazzetto di rami di mimose. Sembrerebbe un argomento irrilevante, risibile, invece è fondamentale perché la distruzione delle grandi foreste parte dal come consideriamo e trattiamo il ramoscello. Invece di piangere per questo massacro di alberi globale e rivedere la nostra conoscenza e le nostre azioni, ci concediamo altre libertà a danno di questi esseri viventi che hanno “fabbricato” l’aria che ci permette di vivere, solo per soddisfare tradizioni insulse e poco significative. Care signore donne, cosa pensereste se il vostro partner vi regalasse un melograno o una patata invece? Sarebbe un regalo più consapevole, un gesto più sentito e significativo, per il valore nutritivo di questi doni ma sarebbe anche un gesto che rivelerebbe in lui una sensibilità superiore che è quanto di meglio possa desiderare una donna da un suo compagno di vita.
Oppure chiedetegli di comporre per voi un poema come l’antico poeta Tibullo che scriveva i suoi versi d’amore per Delia sotto l’ombra degli alberi presso le acque scorrenti di un limpido ruscello. Siate consapevoli che l’otto marzo, più che la festa delle donne è il giorno del massacro delle mimose, perché, per via della vostra compiacenza, manipoli di individui, indigeni, comunitari, extracomunitari, vanno ovunque a strappare selvaggiamente i rami dagli alberi fioriti spesso danneggiandoli seriamente o uccidendoli per vendere i mazzetti di mimose agli angoli delle strade ai vostri fidanzati che altrimenti sembrano non essere in grado di trovare idee più originali e più diluite nel tempo. Suvvia dunque, mostrate al mondo di saper aspirare a qualcosa di meglio, di avere una consapevolezza della vita che scorre nel ramo di un albero, che non è un oggetto decorativo ma un organo vivente con delle funzioni. Non vi suggerisce nulla il veloce deperimento di questo trofeo? Dopo pochi giorni appassisce e si decompone, forse proprio come i sentimenti amorevoli che dovrebbe testimoniare. Chiedete ai vostri partner qualcosa di più interessante, originale e durevole, un guizzo di ingegno creativo e di profonda sensibilità e avrete una prova più vera del suo amore.